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Il mio primo bagno e “calamari” dal numero 43 in sù

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di Piero Murineddu

Forse qualche d’uno scetticone non ci crederà, ma ieri sera, domenica, finalmente ho fatto il mio primo bagno della stagione.Siiiiiii….e mi è piaciuto, anche. E chi l’avrebbe mai detto che prima del 14 agosto avrei avuto il coraggio di bagnarmi dalla “cintura” in su? Invece è successo. Ho dovuto scendere una centoventina di scalini, lì a Lu Bagnu, presso Castelsardo, ma alla fine il bagnetto l’ho fatto. L’ho fa-ttooooo !! Oia, quella centoventina di scalini però, in più col pensiero che per andar via li avrei dovuti rifare, e questa volta in salita, con tutto quel popò di equipaggiamento addosso. Comunque, l’ho fatto. L’ho fa-ttoooooo…..il mio primo bagnetto 2015.

Calzati i miei sandaletti in plastica (“calamari”? Forse), e lasciata la mia mugliera alle sue telefonate, mi son pian pianino incamminato, più in là, dove l’affollamento era più sopportabile e meno asfissiante. Roccia e un po’ di sabbia. Un po’ di sabbia e roccia. Ad un certo punto è successo l’imprevisto. Mi blocco, mi giro verso il mare, lo guardo con aria di sfida e via, barcollando e cadendo, cadendo e barcollando,  cercando anche di evitare i tanti ricci disseminati quà  e là facendosi gli affaracci loro, arrivo a bagnarmi le ginocchia, le coscette, quella cosa lì centrale  sempre pendente (anche per questo conosciuto come pendaglio…da riproduzione) , l’ombelico, le spallette e…… no, il tuffo no. Avevo gli occhiali da vista che senza  ci vedo meno che niente di niente e il cappello d’ordinanza, per cui, il tuffo quello no.

Ah, che fresca e piacevole goduria. Dopo le solite due o tre bracciatte, per forza di cose faccio dietro front. Mentre faticosamente cerco di stare in equilibrio e attento a non mettere i piedini sopra qualcuno di quei ricci disseminati in ogni dove, vedo poco in là due giovanottoni di pelle scura, ma molto scura. Ah, non ve l’avevo ancora detto. Qui a Lu Bagnu, una delle tante casone che si affacciano sul mare e di proprietà di non so bene quale ordine religioso femminile, è stato adibito ad accogliere parte dei profughi che si stanno riversando sulla sospirata (per loro) Europa, di cui noi siamo la porta d’ingresso, insieme alle coste siciule e del meridione italiano.

Vedo che uno dei due entra in acqua, mentre l’altro più prudentemente se ne rimane sulla roccia. Inaspettatamente, pur essendo un timidone e raramente di prima iniziativa, mi dirigo verso di loro. Come rompere il ghiaccio? Vedo che il lungo giovanottone esce dall’acqua barcollante, e vedo sopratutto che non ha i preziosi sandaletti di plastica come quelli che porto io. Ecco l’appiglio. Col dito e con la mimica, a fatica  gli faccio capire che qui, col fondo roccioso, questi particolari calzari sono molto ma mooooolto  utili, se non addirittura necessari. Vedo anche che cerca di togliersi una spina dal dito della mano. Eureka! Ecco l’argomento: i ricci. Col mio zero assoluto d’inglese e lo scarso francese rimasto alla quinta ginnasiale di non so più quanti anni fa, ci inoltriamo nell’argomento. La mimica facciale e la gestualità più di tutti ci aiutano ad entrare in relazione. Preso qualche riccio, faccio loro capire che sono esseri viventi e che a mia mugliera piacciono umbè, con gli spaghetti ma anche …lisci. Si tagliano così, a metà, col coltello. Col pane si prende tutta la loro rosea essenza, e giù, nello stomachino che riceve felice e soddisfatto. Certuni, specialmente da gennaio in poi, li vanno a prendere, ne riempiono dei vasettini e se li fanno pagare mica poco. Il giovanottone, ormai sorridente e non più diffidente, mi chiede quanto può costare un vasettino. Ecco, l’interesse, la possibilità di iniziare a guadagnare qualcosa. Quanto? Un vasettino così 15 o venti euro, non so bene.

Arriva il momento di dirci i rispettivi nomi. Il solito Mustafà, e un cognome che ricorda il loro mese di digiuno, Ramàn. Io Piero Mu-ri-ne-ddu. “Pero Mufi…Muro….Murid…Murinu….Murinè…..Murinedo…. Murineddù… Murineddu”. Murineddu! Bravissimo. Grande sorriso reciproco di soddisfazione e sensazione di aver compiuto un’immane impresa…lui. Purtroppo il nome dell’altro giovane è impronunciabile, per cui facilmente desisto dal compiere un’immane impresa….io. Superata la difficoltà di comuni.care anche grazie al mio penoso francese, ci salutiamo, dopo aver promesso che avrei comprato loro un paio di quei preziosi sandali di plastica, “calamari” mi sembra. Che non siano di numero basso, però. Dai 43 in sù. Ah si, ho dimenticato di dire la provenienza di questi due baldi e speranzosi giovanottoni. Il Ghana. Lo so, molti non sanno neanche dove si trovi, io per primo. Eccovelo

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Certo che ne hanno fatta di strada, e sicuramente non in autobus con aria condizionata e in nave con biglietto di prima classe. Per il prossimo incontro, spero di trovare qualche interprete, perchè la mimica e la gestualità sono provvidenziali, ma nello stesso tempo molto….faticosi. A proposito di fatica, prima di andar via ed affrontare in salita quella centoventina di gradini, vedo che  altri giovanottoni scendono in spiaggia in gruppo, allegramente parlottando tra loro.  Credo che dovrò comprare uno stock di quei preziosissimi sandali in plastica. “Calamari”credo vengano chiamati.

 

L’Amachina Piccolina Domenicale: Emergenza, antico nome dell’Italia

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di Piero Murineddu

Facendo seguito all’impegno di curare la mia modestissima APD (Amachina Piccola Domenicale),anche quest’oggi sono riuscito a stravaccarmi all’ombra della mia capannetta e scorrere il nostro quotidiano locale.

Mi colpisce subito il titolone di prima pagina, che parla di Emergenza. Girando le pagine, mi accorgo che il tema si ripete, abbracciando diversi ambiti. Abbiamo l’Emergenza sugli emigranti, sull’afa,sugli incendi, sui rifiuti, sulle scorie, sugli appalti truccati, e per finire, emergenza …..sugli abusi sessuali sui minori. Lo sappiamo, la traduzione in lingua arcaichissima del termine “Italia” è appunto “Emergenza”.

 

Emergenza emigranti

L’ultima nave, battente bandiera norvegese, ha portato nella nostra isola ben 456 africani. Loro continuano a dire che la loro meta non è affatto la Sardegna, ma bensì il centro Europa, che sicuramente darebbe più garanzia economica per ricominciare a vivere. Non sanno sicuramente che l’isola in mezzo al Mediterraneo ospita appena il 2% di tutti i loro conterranei, e forse non sanno che fra tanti sardi che continuano ad avere infantilmente paura dell’ “Uomo Nero”, molti però si stanno predisponendo per dar loro un lieto benvenuto ed apprendere le tante cose cose che hanno da insegnare, specialmente in cultura e umanità.

 

Emergenza afa e incendi

Flegetonte e Caronte, colpevoli di questa bolla d’aria calda che ci stà opprimendo, in questi giorni sono particolarmente scatenati. In un mese più di 170 incendi, causati dai cambiamenti climatici e dai soliti imbecillotti piromani che non mancano mai. “Il mese di luglio, col suo cosidetto Sole Rosso, sarà ricordato come il più caldo della storia”. Ma daaai, fòramari a màmma toia! Sempre esagerati ‘sti giornalisti

 

Emergenza rifiuti

Spariti i cassonetti, riempite le cunette. Embè, le due cose sono abbastanza conseguenti, anche se tutt’altro che giustificabili. Certo, si sa che la Sardegna non piace a chi cerca un futuro ma i turisti continuano a andaci matti, ben graditi e accolti dai titolari degli esercizi pubblici e dalle popolazioni, ma forse meno dai pubblici amministratori che non predispongono sufficenti e civili possibilità per smaltire i loro rifiuti. Bisogna però dire che anche le comitive di gaudenti e bisboccianti locali fanno la loro parte, specialmente nelle spiagge e nelle pinete domenicali.

 

Emergenza sulle scorie

Benvenuti nel deposito radioattivo d’Italia”, hanno letto i turisti in un volantino avuto dalle mani dei militanti NONUCLE – NOSCORIE al loro arrivo negli aeroporti dell’isola. Lo so, più d’uno potrebbe obiettare che non è un bel modo per far conoscere le cose belle che abbiamo. La solita criica a chi mette in evidenza le cose che non vanno per cercare di migliorarle. Inopportuni e rompiballe. Nel mio piccolo, è la critica che mi son sentito fare più di una volta, trovando in me orecchie d mercante. Che dire? Ma fatelo voi quello di rilevare le positività e le bellezze, trovate i modi e i momenti, ma non state lì a rompere il c…. e lasciateci essere quello che siamo, cioè antipatici e di brutto carattere.

 
Emergenza sugli appalti truccati

Il sindaco di Borore, coinvolto nella vicenda dell’assegnazione fraudolenta degli appalti pubblici e attualmente agli arresti domiciliari, si dimette “per meglio difendersi e dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati”. E quando mai un qualsiasi personaggio con un qualsiasi incarico pubblico, imputato di un qualsiasi reato, reatino o reatone, non proclama nel brevissimo svolgere di una vigliacca puzzetta la sua innocenza! Sarebbe alquanto strano che così non fosse, sopratutto nell’italico stivalone. Come tutti coloro che vengono toccati dalle mani di Mamma Giustizia (benedetta essa sia),si precipitano a dire che hanno sempre e senza pausa alcuna lavorato esclusivamente per il bene altrui, in modo trasparente e disinteressato. Perchè non crederli, poverini di loro? Così fan tutti i nostri carissimi e onestissimi “politici”, siano essi assessori, parlamentari e persino consiglieri regionali, lontani o vicinissimi a noi che siano.

 

Emergenza sugli abusi sessuali

Ancora un prete indagato sulla calda questione, dopo quell’altro la cui malattia incipiente gli faceva aumentare, contro voglia, il desiderio sessuale, quella naturale e bella sensazione fisica, e ancor prima mentale. Solo che invece di soddisfarlo con la persona amata, o al limite con l’autoerotismo o con persone consenzienti, lo faceva ( o l’avrebbe fatto) con ragazzini che di lui si fidavano. e anche i  genitori di questi preadolescenti riponevano in lui fiducia.

 

Questo per quanto riguarda le Emergenze. Dell’altro, ho dato un’occhiata alla lettera di un mio compaesano sussincu che giustamente mette in guardia dalla stipula di contratti per connettersi a Internet, e un altro sulla programmazione di documentari sull’integrazione che a breve verranno proiettati, pensate un po’, addirittura nel cortile dell’Arcivescovado sassarese. Caspiterina! Speriamo che Sua Eminenza sia presente e si prenda seri impegni al riguardo….speriamo.

Delle ore domenicali rimanenti, vi auguro di trascorrerle bene e di starvene assolutamente al fresco.

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Aiutiamoci a diventare più umani

di Piero Murineddu

E se mi stuprano, che c… faccio se mi stuprano”. È questo il disperato grido dell’anziana signora di Treviso alla notizia che “quelli che stanno per arrivare sono neri”. Malignamente pensando, più che disperato, per la signora il grido credo sia …sperato, ma questa è un’altra storia.(vedi nota alla fine)

Quindi, più che una questione d’emergenza, l’arrivo dei profughi si sta’ giorno per giorno confermando un fatto ineluttabile, nel senso che ci piaccia o meno, dobbiamo farci i conti. Lassù nel nord, mentre ipocritamente il governatore lombardo Maroni teme che l’emergenza (torra “emergenza”!) emigrazione rischia di provocare un crescendo di tensioni che culmineranno con disordini sociali che “si vorrebbero evitare”, più spudoratamente ( e sinceramente, per quanto non so fino a che punto  tal individuo si meriti la valenza positiva che ha il termine sincero) il capo del suo partito , Matteo il Nordico, “è in attesa di una reazione da parte della gente”.

Leggendo le cronache di questi giorni,  le rivolte da parte dei residenti, terrorizzati dall’arrivo dell’ “uomo nero” si stanno già verificando, e come era prevedibile, queste rivoltine sono incoraggiate e alimentate dai megafoni dell’estrema Destra e di CasaPound, che sfacciatamente e senza problemi mostrano tutto il loro tradizionale razzismo: “Noi i profughi testuale – non li vogliamo!” . Capito? Non gli immigrati, che possono essere motivati dalle più disparate ragioni, ma i profughi, e sappiamo che il profugo è colui che è costretto a fuggire perchè la sua libertà e la vita stessa sono messi a reale rischio. Cioè, mentre nel diffuso atteggiamento di respingimento di buona(!) parte degli italiani ci sarebbe questa barzelletta che vengono a rubarci il lavoro, contagiarci chissà quali malattie, farci saltare in aria e quant’altro, questi giovini guerrieri rasati e di nero vestiti, dicono chiaramente che loro i profughi non li vogliono e stop.

 

CasaPound. Conoscete i gentili et impegnati giovini aderenti a quest’Associazione di Promozione Sociale che prende il nome dal poeta e saggista americano Ezra Pound, grande ammiratore e sostenitore del fu Dux italiano e che dichiarato incapace, fu detenuto in un manicomio giudiziario per ben tredici anni? Non li conoscete? Tranquilli, potete benissimo sopravvivere ugualmente.

L’altro giorno ho letto un trafiletto di giornale in cui si faceva sapere che il gruppo di Sassari di questa brava gente, ha ripulito il Sacrario militare del locale cimitero. Anzi, ve lo faccio proprio leggere.Eccovelo:

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Letto avete? Bravi.Notato il finale? “Hanno reso grande l’Italia”. Mah, questa “grandezza” sarebbe tutta da verificare, e specialmente ricordare che i nostri soldati, più che eroi, la maggior parte di loro erano poveri ragazzi ingannati e mandati inconsapevolmente a morire, mentre i generali, come sempre, se ne stavano ben riparati sulla “collinetta” a dirigere le operazioni. Se l’armata vinceva una battaglia, era naturalmente il generale che vinceva. Gli onori erano a lui, mentre  le “pedine” armate venivano gratificati con una porzione in più di liquore e di sigarette. Certo, gli avi a cui i giovini casapoundini s’ispirano, i gerarchi fascisti cioè, avevano tentato di allargare il loro impero ( impero!) anche in Africa, provocando vigliaccamente morti e distruzioni inaudite, ma sappiamo com’è andata a finire.

Comunque, ieri mattina, venerdì, andato a Sassari per affaracci miei, e avendo un po’ di tempo a disposizione, mi sono recato  al cimitero per vedere questo “Sacrario” che non conoscevo. All’entrata, fuori dalla chiesa noto un pretino che spazza il piazzale. “Oibhò – penso – costui dev’essere senz’altro un buon prete, di quelli che non hanno fatto carriera”. Un addetto mi indica dove andare. Non è distante dall’entrata principale, a destra in fondo.  Arrivato, scopro subito che è un bello spazio a sè, con qualche panchina e ancora, nonostante il passaggio dei giovini di cui parla il trafiletto, parecchia erba secca, compresi rifiuti sparsi qua e la. Un fresco posto riposante e silenzioso dove, se mi capiterà, farò ritorno con un buon libro. Magari sui tanti eroi della nonviolenza.  Eccovi alcune immagini:

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In ognuno dei piccoli loculi c’è il nome del milite, preceduto da “solo”

In qualcuno c’è la scritta “ignoto”

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Vi ho trascorso una mezz’oretta buona, e scorrendo i nomi, davanti a ciascuno ripetevo l’invocazione “aiutaci a diventare più umani….aiutaci a diventare più umani….“. Ho come avuto una particolare comunicazione con ognuno di loro, immaginandomene la vita che fino ad allora aveva condotto, la ragazza lasciata in paese, la foto che teneva custodita gelosamente nel taschino della divisa, i progetti  dovuti interrompere contro la propria volontà, l’odio  necessariamente represso verso il sergente o il caporal maggiore, il forte senso di colpa per quel nemico, un proprio simile, a cui il giorno prima aveva dovuto infilzare la baionetta in una lotta corpo a corpo, le parole della mamma nell’ultima lettera ricevuta e che non riusciva più a ritrovare, le frequenti conversazioni notturne con quel timido commilitone del sud col quale aveva legato……..

 

Ad un certo punto, nel piazzaletto esterno, vedo la statua di un soldato chino davanti alla bandiera:

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E’ un’immagine che ai giovini casapoundini avrà sicuramente riacceso l’amor patrio e il ” mi è soave morir per la Madre Patria”, cosa che li ha incoraggiati sicuramente a ripulire con cura il posto e poter così strombazzare pubblicamente il loro disinteressato et umile gesto. A me è venuto semplicemente di ripetere con più forza “aiutateci a diventare più umani….aiutateci a diventare più umani…, e nel mentre ripensare a tutta quella povera gente che sta’ continuamente approdando alle nostre coste, disposti e capaci realmente, loro si, ad

aiutarci a diventare più umani

 

Ci sarebbero ancora tanti particolari da raccontare, come la chiacchierata col pretino che all’entrata stava spazzando il piazzale e il suo giudizio sui confratelli di carriera, la visita alla tomba del vecchio parroco di Sorso deceduto qualche tempo e che tutto sommato non era malaccio, specialmente se confrontato con altri preti più giovani di età ma non di mentalità, ed altro ancora, ma preferisco concludere qui, invitandoci reciprocamente ad

aiutarci a diventare più umani

 

nota

Mi dice mia moglie che l’inizio di queste considerazioni non l’è piaciuto. E’ vero, ammetto di aver esagerato. Quando ho letto la notizia sul giornale, ho pensato alla canzone di Fabrizio De Andrè “Il gorilla”, là dove dice

bah , sospirò pensando la vecchia 
ch’io fossi ancora desiderata 
sarebbe cosa alquanto strana 
e più che altro non sperata

Se non ne conoscete il contesto, parla di un grosso gorilla, che riuscito a liberarsi dalla gabbia e avendo una fame sessuale arretrata, si diresse verso un giudice ed una vecchia signora. Ecco, la frase cantata  è della vecchia signora, mentre la scelta del gorillone sappiamo che andò sul giudice.

Chiedo scusa se ho turbato qualcuno. Assolutamente non volevo mancare di rispetto verso l’interessata, ci mancherebbe. Ho aperto così, giusto per sdrammatizzare ciò che purtroppo sappiamo quanto è drammatico.

 

A volte capita…a volte

 

di Piero Murineddu

Riassumo la vicenda. Ogni giorno, al rientro a casa dopo il lavoro, mi ritrovo a percorrere l’ultimo tratto in salita (e alle 14 sotto il sole cocente estivo), impossibilitato a rinfrescarmi all’ombra della siepe fatta di alti oleandri, in quanto il marciapiede pubblico è occupato dai rami frondosi che occupano lo stesso. Quindi, una siepe privata che occupa indebitamente il suolo pubblico.

Ecco la foto

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Che faccio? Attraverso il mio miseriuccio blog rendo partecipi della cosa i miei pochi lettori, con un tono che va dallo scherzoso al …disperato.  Se ne avete voglia, andatevelo a rileggere

http://pieromurineddu.myblog.it/2015/06/23/dire-quel-saliscendi-mi-ha-sfiancato/

 

Passano le settimane e non succede niente. Ieri, strastufato e stramaledettamente accaldato, scrivo all’intera Giunta, ai vigili e ai carabinieri la seguente email:

Buongiorno. In via G.Spanu a Sorso, il marciapiede a sinistra nel tratto discendente è ricoperto dai rami di piante di proprietà privata, impedendone la percorribilità ai cittadini. L’illecito va avanti da diverso tempo, senza che chi di dovere provveda. Mi consta che la stessa strada è percorsa giornalmente da qualche amministratore comunale che nella via abita, e fino a poco tempo fa, da un altro politico di “grado” superiore. Nonostante ciò, nessuno finora è intervenuto. Visto il palese abuso del proprietario e l’inadempienza da parte delle autorità preposte a far rispettare le leggi, mi aspetto che venga posto rimedio quanto prima. Diversamente, e mio malgrado, mi vedrò costretto a ricorrere all’autorità giudiziaria.   Cordialmente     Piero Murineddu

Oggi, al rientro da una mattinata di cui a breve vi racconterò, mentre mi stò magnazzando una fresca e succosa pesca, sento ripetutamente suonare il campanello di casa. “Eh, foramari…..e che stà, andando a fuoco il mostruoso edificio che ho davanti?” Riempito immediatamente un secchiello da mare per contribuire allo spegnimento, apro la porta  e c’è invece mia mugliera: “Guarda, Piè,guarda…”, mi dice tutta trafelata.   “E ghi marannu pò assè suzzessu?!” – mi chiedo. Sporgo la testa e vedo che un operaio è intento a potare gli oleandri dai loro frondosi rami.
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Oh, caspita, la cosa ha funzionato. A volte capita…a volte.

Andato a controllare la posta, vi trovo la seguente email dell’assessore competente:
Gent.mo Sig. Murineddu,Ringraziandola per la dettagliata segnalazione e tralasciando comunque gli aspetti legati alle consuetudini di soggetti terzi da lei rappresentate, le comunico che in data 16 Luglio ho effettuato sopralluogo finalizzato alla verifica della situazione da lei segnalata. Appurata l’inadempienza da parte del proprietario del fabbricato, ho informato lo stesso sulla necessità di un intervento urgente finalizzato al ripristino delle normali condizioni che verrà effettuato nei prossimi giorni. Sarà mia cura monitorare l’intervento ed informarla al termine delle operazioni. La ringrazio nuovamente. Gianni Tilocca
A mia volta ho risposto:
Buongiorno Gianni. Non ci sarà bisogno “d’informarmi al termine delle operazioni”, in quanto vedo direttamente che l’operaio incaricato sta’  provvedendo. Ti ringrazio per l’immediato interessamento. Ah, ce ne fossero amministratori così solerti !  Un “caldo” saluto. Piero
Più tardi trovo anche la risposta di lu sindaggu di Sossu:
“La sua segnalazione è stata presa in carico dagli uffici competenti”
Lo so, estremamente formale e glaciale come risposta, ma con questo caldo ci sta’.
E poi qualcuno va spargendo in giro la malignità che io ce l’avrei contro  la colorazione politica di questa Amministrazione…ce l’avrei! Ma daaaaai !! Certo, non è che abbia grandi simpatie, ma qui si tratta di far prevalere la legalità, non di sparlare di ghissu e di  ghiss’altrhu. Come vedete, se un cittadino fa una segnalazione e c’è una risposta da chi di dovere, è tutto a posto…è tutto. Diciamo piuttosto che in precedenza, e in diverse occasioni, ho provato ad avere un atteggiamento attivo e partecipe. La risposta è stata un assoluto silenzio, la qual cosa mi ha confermato progressivamente che grazieaddio non faccio parte di quell’  “esercito” lì. Che l’aria stia cambiando? Aspettiamo a dirlo, e intanto spero di non dover mandare altre volte la stessa email. Magari, visto che la cosa ha funzionato, la manderò per altri motivi che, e lo dico molto seriamente, non mancano e temo non mancheranno. Se qualcun’altro facesse altrettanto, forse le cose andrebbero meglio. Che dite?
Conclusioni? Fate voi, e state al fresco che sta’ facendo molto caldo

 

 

 

13 luglio a Sennori: un modo nuovo e diverso di fare Cultura

 

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di Piero Murineddu

Una serata speciale quella di ieri sera trascorsa a Sennori, il paese della Romangia che sempre più si sta’ dimostrando ricca di eventi culturali. Dopo il divertentissimo spettacolo teatrale portato in scena qualche giorno fa presso il Centro Culturale ad opera della debuttante compagnia locale guidata dal partenopeo Germano Basile (e che sicuramente in seguito non mancherà di stupire la capacità di ben recitare – e la massiccia dose di autoironia – che possono avere persone che tutto avremmo immaginato, meno che “da grandi” potessero fare gli attori), ecco il seguito di un progetto voluto per onorare e far conoscere l’elevata ed elevante poetica di Antonio Pazzola, Giuliano Branca e Francesco Dedola.

Col Progetto, curato e portato avanti da un gruppo di volenterosi che alla persona di Giuseppe Murineddu fanno riferimento e trovano stimolo, ieri si è sperimentata una nuova forma di aggregare le persone in una fresca sera estiva. Anzi, non so se per chi legge è nuova.Per me lo è sicuramente, oltre che provocarmi una certa attrattiva.

L’insolito palcoscenico, compresa la rispettiva platea, è stato lo slargo poco prima d’immettersi nella stradetta che conduce alla storica fontana delle Conce.

La serata speciale per quanto mi riguarda è incominciata già prima dell’Evento di cui vi andrò a parlare tra poco. La mia amica Pina mi ha portato a magnà le susine  nella  campagnetta di sua proprietà, proprio davanti allo splendido lavatoio posizionato sotto una maestosa massa rocciosa. Con noi vi era la sua confinante, anche lei fortunatissima ad avere un pezzetto di terreno “terrazzato” con un panorama ed una tranquillità che ti verrebbe voglia di costruirti la tua casettina (naturalmente senza quella stramaledetta ed invadente tivù!), e di non spostarti mai più da lì. Il camminamento ci ha condotti verso una capanna naturale, ricoperta di roccia ed arredata con semplici manufatti di legno, posto che darebbe sicura e rinnovata ispirazione al più sterile e demotivato poeta.  In effetti le susine non mancavano, ma un assaggio simbolico è stato per me più che sufficiente, con l’impegno di ritornarci per cogliere meglio sia il gusto di questo squisito frutto, e sia sopratutto la bellezza del luogo.

Ma torniamo all’Evento. Problemi tecnici e probabilmente l’attesa di altro pubblico, ha fatto slittare leggermente l’orario d’inizio, ma tutto si è svolto poi in modo molto informale e quasi familiare. Qualcuno, avvicinato personalmente, con una punta di scetticismo mi dice che difficilmente l’iniziativa avrà un seguito, visto il mancato pubblico delle grandi occasioni. La cosa non mi trova per niente d’accordo, in quanto giudico le iniziative in base alla qualità  più che alla quantità e alla grandiosità, e quello a cui di lì a poco ho assistito, qualità ne aveva eccome. In teoria, più la cosa è di qualità e più le masse accorrono, ma non sempre è così. Non importa neanche il vedere sempre le stesse facce. Giustamente partecipano coloro che sono interessati, e in un gruppo ristretto, è più facile intessere relazioni, cosa più importante dell’essere affogati in una marea di gente fracassona e falsamente disinibita. Per me queste piccole iniziative locali, diciamo di quartiere, sono il futuro di uno stare insieme più vero e ravvicinato.

Giuseppe ha interpretato bene il ruolo di conduttore, presentando in modo sintetico le  tre figure che si voleva onorare. Antonio, Giuliano e Francesco.

Il primo, poeta improvvisatore la cui fama – come racconta lo stesso Giuseppe – è arrivata nella lontana Masua, quando tempo fa, entrato con la propria famigliola in un negozietto per un panino e fatto sapere di provenire da Sennori, la negoziante ha collegato per istinto il paese romangino con “Pischeganu”, nomignolo col quale era conosciuto il grande Pazzola. Dei tre è l’unico che ha messo su famiglia.

E poi Giuliano, portato in braccio dalla mamma fin quando non ha dovuto servirsi di una carrozzina per il resto dei suoi giorni, e Francesco, i cui numerosi versi hanno probabilmente tratto principale ispirazione dall’esperienza di emigrato in Germania. Le loro poesie, a differenza di Antoninu, le scrivevano, l’elaboravano  e sono state raccolte in alcuni volumi. Tutti e tre figli di mamma Poesia  – come si è sentito – ma ciascuno ha espresso questa figliolanza nel modo a lui più congeniale.

Oltre lo stesso coordinatore della serata, la voce per alcuni testi del Dedola sono state prestate da Gianfranca Dettori e Giannina Saba.

Maria Fenu e Adriana Pinna hanno recitato i versi del Pazzola, mentre una delle figlie, Pacicheddha, con particolare partecipazione emotiva ha voluto ripetere “A mama“, che sicuramente conosce a memoria.

La poesia “Camminende cun sa rughe” di  Giuliano (“Bilianu”) è stata interpretata con intensa immedesimazione, dovuta anche all’infermità con la quale è costretta a convivere, da Pina Fara, l’amica delle susine di cui dicevo prima, e da Giovanna Sechi. Ulteriore spazio è stato dedicato a chi tra i presenti ha creduto opportuno comunicare qualcosa riguardo al tema che ha riunito il manipolo di persone, andandosi man mano ad ingrossare con lo scorrere del tempo.

Nel mentre i problemi tecnici son stati risolti, scoprendo anche che le foto ed il filmato predisposti potevano essere proiettati benissimo anche direttamente sul largo muro. L’incerta laboriosità iniziale nel tentare di stendere un lenzuolo calato dalla finestra allo scopo, è servita tuttavia a far brontolare il giovane e simpatico Manuel, mentre in Salvatore Calvia, mia personale ed efficiente guida dell’Evento e fruttivendolo della zona, ha “provocato” ulteriore adrenalina (parole sue) dovuta all’importanza ed alla piacevolezza di ciò che si stava per avviare. Sotto la palma a cui ero appoggiato (e provvidenzialmente riparato dall’umidità della sera), mi son trovato piacevolmente accompagnato da Giovanni Delogu e Daniel Leal, quest’ultimo argentino e immigrato a Sennori un anno fa circa, entrambi componenti del gruppo teatrale che dicevo all’inizio e il cui divertimento provocatomi continua ad allietare l’ancor fresco ricordo. Di loro avrò in seguito occasione di parlare.

Per finire, riporto un testo che Michele Soggia, il “confratello” del vino, di tante altre cose e  da tutti conosciuto, ha scritto in occasione della perdita di tre persone care. Una riflessione sul  mistero della morte.

 

Un soffio di vento mescola d’improvviso le foglie del tuo mosaico

La calma della vita, la fretta della morte

Non puoi sapere, e chiedi

Le risposte ci sono

Ma non le puoi sentire

Un soffio di vento ti porta sollievo

una voce amica lenisce la pena

Lo sai che è un mistero ma in lingua straniera

un soffio di vento che porta risposte,

un arcobaleno,un volo d’uccello

Aspetti il tramonto su rocce salate

il viaggio continua un po’ calmo, un po’ mosso riscende,

risale un po’ giallo,un po’ rosso

Colori d’estate in un cielo poi nero

Mi faccio domande

Continua il mistero.

                                       

Miali, “ Li Caldani” 15 martu 2015

L’Amachina Piccolina Domenicale del 12 luglio 2015

 

 

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di Piero Murineddu

Come, il noto giornalista, satirista (nel senso di satirico),opinionista, autore ecc ecc (pardon, e anche….comunista) Michele Serra si può permettere (chissà quanti soldini gli danno!) di starsene bello sdraiato sulla sua “Amaca” in ogni giorno dell’anno a scrivere i suoi commenti spesso condivisibili (ma non sempre, per Bacco o per chi volete voi) su “La Rebubblica”, ed io non mi ci posso sdraiare una volta almeno ogni tanto? Non sono alla sua altezza, s’intende, ed è per questo che la mia saltuaria rubrichetta me la intitolo più modestamente “amachina piccolina”. Domenicale, giusto perchè non ci puoi stare stravaccato ogni dì, in quanto io, per guadagnarmi quel sufficienteinsufficiente stipendietto mensile che mi passa lo Stato, compresi dunque voi pochi che mi leggete, giornalmente mi devo recare in quel comodo ufficio dove dall’entrata all’uscita devo respirare quella benedetta aria “condizionata” che quando esco fuori mi …crepa. E infatti, questi in giorni sono affetto da un’antipatica laringite, per cui ho dovuto rinunciare a portare la mogliettina al mare, ma non a fare la capatina in campagna, giusto per leggicchiare La Nuova e dare un pò d’acqua a quelle sempre assettate piante.

La seconda e terza pagina sono occupate da questa storia del progressivo spopolamento dell’entroterra sardo. La perenne necessità di cercare altrove di che da vivere e l’attrattiva delle nostre orrende città, producono evidentemente i loro frutti. Come rimedio, gli amministratori pubblici di questi sperduti paeselli stanno pensando di svendere le abitazioni vuote. Per quanto mi riguarda, la cosa m’interesserebbe. Seguitemi. Ormai manca poco al pensionamento, e poniamo il caso che Domine Iddio non mi vorrà subito al Suo cospetto per chiedermi conto della vita che mi ha donato, e così potermi invitare ad alloggiare per sempre in quella Casona là abitata da anime poco pie. Mi state seguendo? Al pensionamento, dopo aver usato le magre entrate prevalentemente per pagare il mutuo della casa, ormai ci siamo. Appena possibile e resi  indipendenti (finalmente!) i figlioli, vendiamo e ci compriamo una piccola casetta là, al centro dell’Isola, in uno di quei paesetti a rischio estinzione. Per il ripopolamento, considerata l’età, non è che possa essere granchè utile. Però una soluzione ci sarebbe. Posso proporre di seguirci ad una coppia di giovani Rom e una doppia degli innumerevoli profughi che stanno arrivando. Sicuramente loro non avrebbero problemi di riproduzione, ed in più, si darebbe un valido apporto per costruire quella preziosa multiculturalità che solitamente (e stupidamente) si tende a respingere. Vedremo gli sviluppi.

Oggi il giornale riprende la notizia della giovinetta diciottenne con la sua gravidanza criptica, nel senso che, a sua insaputa, per ben nove mesi nel suo utero si è formato un nuovo esserino umano. E’ possibile, dicono gli esperti. Una volta ogni 2500 casi. Lunga e felice vita ad entrambi.

Il giovane turista che ha provocato la morte di un operaio in un incidente stradale presso la nostra vicina “Marritza” ammette la sua responsabilità: “Nell’incrocio ho guardato a destra e sinistra, ma non ho visto niente”. Certo, quell’incrocio potrebbe essere sostituito da una delle innumerevoli rotatorie che ormai stanno sorgendo dappertutto, ma secondo me quelle povere palme incolpate di togliere la visuale non hanno colpa alcuna.Sempre con chi non si può difendere se la prendono!

Purtroppo l’uomo 44enne che non ha rispettato il regolamento durante la discesa di quell’impressionante scivolo d’acqua presso il “Water Paradise” è deceduto dopo una settimana di rianimazione. Del suo passaggio terreno rimangono i suoi organi e sicuramente l’esempio della sua generosità.

Leggo la notizia dei funerali di quella povera ragazzina dilaniata dall’elica dello yacht guidato dall’amico di suo padre. L’omelia del prete ha richiamato la necessità del silenzio in certe drammatiche occasioni luttuose, ma l’esempio perverso dei filmati televisivi non smette mai di colpire, per cui alla fine è scattato “un lunghissimo applauso che sembrava non finire mai” (sic).

Voglio volutamente sorvolare sull’attentato dinamitardo al Consolato italiano in Egitto da parte di questo sedicente Stato Islamico che, da quando è nato, il buon Maometto si sta’ rivoltando nella tomba. Purtroppo, non mancheranno altre occasioni per parlarne.

Passo quindi ad un’altra notizia più leggera e più ottimista, anche per seguire il consiglio della cara Rita di Chieri  che, per tentare d’iniziare la giornata di buon umore, riporta un breve scritto di  Grenville Kleise (“Il buon umore è un tonico per la mente e per il corpo. È il miglior antidoto per l’ansia e la depressione……). Leggo che a Macomer, cittadina nel nuorese, l’amministrazione pubblica ha avviato una forma di baratto, diminuendo le tasse ai cittadini che si rendono utili per curare i Beni Pubblici. A quanto pare la cosa funziona già altrove (Quartu, Maracalagonis, Sardara) e a Terralba il governo locale ha ceduto dei tubi inutili (ma evidentemente utili a qualcun altro) in cambio di piante d’ulivo da mettere a dimora nella piazza della biblioteca. Caspita! Come preannunciato, anche a Sassari sta’ per attuarsi la possibilità offerta ai contribuenti di risparmiare rendendosi utili. Dai dai, che forse stiamo imboccando la strada giusta.

E a Sorso, la cittadina dove vivo io? In questo senso, e purtroppo in tanti altri, tutto tace. Allora voglio iniziare io.

 

Prima proposta

Ho già parlato di quel marciapiede ingombro dalle frondose magnolie che m’impediscono di fare rientro a casa dopo il lavoro un pochettino rinfrescato. Ebbene,mi offro di potarle io quelle stramaled….scusate, strabenedette piante, e in cambio il proprietario, che possiede anche un noto ristorante nella periferia verso Sassari, mi offre due pranzi, a me, mia moglie, i miei due figli, la fidanzata del primogenito  e mia suocera. Ad una sola condizione. Che in quell’occasione non sia presente nessun politico locale che se n’è infischiato altamente di far rispettare la legge in proposito. Che dice il sig. P?

Seconda proposta

Nella campagnetta ho qualche problemino idraulico che io non ci capisco un … tubo. Ri-ebbene, a chi si offre di porre rimedio, dò la possibilità di partecipare ad una arrostita (io porto la verdura e lui il resto), e in più, alla prossima maturazione dei fichi, gli dò la possibilità di coglierne quanto vuole per farsi la provvista invernale di garigga (fichi secchi). Chi ci stà? Fatemi sapere….fatemi.

Ci sarebbe altro, ma credo basti, anche perchè la telefonata con la cara Irene di Alghero, che nonostante sia momentaneamente inferma continua a spendersi in favore dell’umanità sofferente, e la gradita visita del mio amico ultranovantenne Giovanni Agostino di Sennori, che nonostante l’età continua a guidare la sua pandetta rossa, mi hanno preso un pò di tempo.

Allora, aspetto  riscontro per le due proposte. Intanto trascorrete bene ciò che resta di questa domenica.

 

 

Boh boh….tutto pieno di zingari e negri è in giro”. “Eia – fa’ l’altro – tra poco l’aria sarà irrespirabile”.

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migranti

 

di Piero Murineddu

Eppure, quando mi capita sotto mano, questa rivista “Acqua&Sapone” la trovo spesso piena di sintetiche e utili notizie e spunti interessanti, come questa che riguarda l’immigrazione come sostegno   alla nostra economia. Usa un linguaggio  a portata di tutti, è gratuita e me la ritrovo proprio di fronte a casa mia, nuova e leggermente patinata.

Ancora “questione immigrati”, dunque, e più precisamente, a differenza dell’emigrazione italiana in America e altrove degli anni passati,motivata più che altro dal cercare “fortuna”, nel senso di un legittimo benessere economico a cui ha diritto ogni essere umano, gli emigranti che oggi approdano alle nostre coste nel modo che sappiamo, una buona parte di loro sono profughi, e chi legge spero conosca il significato della parola.

Interessantissima la proposta fatta da Guido Piovano e che ho ospitato in questo stesso blog, personale spazio di comunicazione varia che nessuno è obbligato a sbirciarci dentro se non gli garba:

“E se  il lavoro che non c’è decidessimo di crealo? E se l’Italia diventasse nuovamente da nord a sud tutta un grande cantiere per risanare il territorio ferito, restituire dignità abitativa alle sfortunate vittime sopravvissute ai disastri del passato, prevenire i disastri futuri? Parlo di un grande piano nazionale pubblico, col concorso di Regioni e privati. Parlo di una seria programmazione con numeri certi sugli interventi da promuovere, con numeri certi sulle persone da accogliere e occupare, parlo di un patto per il territorio al quale far lavorare immigrati e italiani. Non solo mano d’opera, anche tecnici, ingegneri, geologi e, perché no, insegnanti …” dice Piovano. E “Senza contare tutti i borghi abbandonati che potrebbero essere riportati a nuova vita, tutte le terre incolte, che potrebbero essere rese produttive per le comunità di paese o di quartiere ecc ecc..”, continua la mia amica analista dei moti della società contemporanea Rita Clemente, poetessa di Chieri.

Bisogna fare i conti però con la poco lungimiranza dei nostri politici, che invece di vedere certe opportunità come risorse, le si continua a vedere come problema, di difficile se non impossibile soluzione.

Eppoi ci siamo noi, individui e “gente”, con le nostre paure che ci rendono insicuri e diffidenti, e quindi spesso rabbiosi e respingenti.

Lo so, la nostra società è composta da persone con diversissime sensibilità e metri di giudizio, ma che pena sentire il vicino sull’autobus, che privo di  argomenti per conversare col suo dirimpettaio, ne esce fuori con la solita frasetta, che se non è razzista  almeno cretinetta lo è un po’:  ” Boh boh….tutto pieno di zingari e negri è in giro“. “Eia – fa’ l’altro – tra poco l’aria sarà irrespirabile”. Per me che ce li avevo vicini, l’aria era veramente nauseabonda, con quell’odore di sudore arretrato che usciva dalle loro ascelle e sicuramente anche dalle parti intime. Italianissimi doc. Difficile intervenire in queste situazioni con un timido “ma no…vedete…”. In giro c’è poca disponibilità al dialogo, e certe posizioni hanno radici profonde che arrivano sino alla parte più negativa e disumana dell’individuo, per cui ognuno continui a bearsi con i propri “giudizi” e le proprie visioni della vita.

M’interrompo, altrimenti i pochi che leggono queste righe, iniziano a sbuffare.

Buona giornata

 

IMMIGRAZIONE: CHE FARE? Pensare l’utopia e guardare al reale

emigrati

Il dramma del Mediterraneo e un Paese che cade a pezzi

di Guido Piovano

La tragica realtà del Mediterraneo col suo carico di morti è sotto gli occhi di tutti e non è il caso di raccontarne ancora. Sul piano ITALIA/UE presentato come un grande passo avanti dal governo italiano ma mal digerito dall’Unione Europea, mi limito a due sole considerazioni, non mie: la prima, di Philip Luther di Amnesty International: “Non è più possibile chiudere gli occhi e limitarsi a distruggere le imbarcazioni dei trafficanti senza predisporre rotte alternative e sicure. Altrimenti condanneremo a morte migliaia e migliaia di rifugiati, ma questo avverrà lontano dai casti occhi degli europei e dai media“; la seconda, di padre Alex Zanotelli, missionario Comboniano: “Dobbiamo chiedere alla UE e all’Italia di imporre un embargo sulla vendita di armi ai ‘signori della guerra’ in Libia. Ma la UE dovrà poi concordare con l’Egitto e la Tunisia l’apertura di corridoi umanitari per permettere ai rifugiati di arrivare in Europa. Questa sì sarebbe una vera soluzione per i profughi e segnerebbe la sconfitta degli scafisti e delle organizzazioni criminali“.

Alla ricerca di una alternativa al piano, che mentre scrivo è tutt’altro che avviato, mi preme riflettere sulla parola accoglienza nel tentativo di restituirle senso e profondità. Non c’è accoglienza senza ospitalità, cibo, lavoro, in una parola, dignità. Non è accoglienza ammassare per mesi e mesi persone in campi profughi spesso fatiscenti. Con questo non voglio però ignorare i tanti esempi di sacrificio e generosità della nostra gente del sud.

Sento già le obiezioni: ma il lavoro non c’è, neppure per noi italiani!

Andiamo con ordine e partiamo un po’ da lontano: siamo negli anni ’50, l’Italia è uscita distrutta dalla guerra, il boom degli anni ’60 è ancora lontano, ma esiste già nella testa di qualche utopico pioniere dello sviluppo che decide per la seconda Unità d’Italia, collegando da nord a sud la penisola: nasce l’autostrada del sole. Il lavoro che non c’era lo si crea, l’Italia senza soldi li trova e diventa tutta un cantiere. Prende corpo il boom degli anni che seguiranno.

Direte: cosa c’entra tutto questo? C’entra.

Vengo all’oggi. Viviamo tre grandi emergenze (solo tre?): l’emigrazione attraverso il Mediterraneo, la realtà di un Paese dove ormai bastano quattro gocce d’acqua per provocare frane, smottamenti, alluvioni, disastri ambientali vari e, terzo, la crisi economica con la sua mancanza di lavoro. Il nostro è un Paese dove l’emergenza territorio è al centro dell’attenzione mediatica solo a disastri avvenuti e per breve tempo, dove chi ha la sfortuna (ma non è solo sfortuna!) di capitarci dentro rischia di vivere decenni in case di fortuna (o sfortuna!) e dove si lucra sia sull’immigrazione sia sulla ricostruzione, per non parlare della durata dei “dopo terremoti” (L’Aquila insegna)!

E di nuovo: cosa c’entra tutto questo. C’entra.

E se anche questa volta il lavoro che non c’è decidessimo di crealo? E se l’Italia diventasse nuovamente da nord a sud tutta un grande cantiere per risanare il territorio ferito, restituire dignità abitativa alle sfortunate vittime sopravvissute ai disastri del passato, prevenire i disastri futuri? Parlo di un grande piano nazionale pubblico, col concorso di Regioni e privati. Parlo di una seria programmazione con numeri certi sugli interventi da promuovere, con numeri certi sulle persone da accogliere e occupare, parlo di un patto per il territorio al quale far lavorare immigrati e italiani. Non solo mano d’opera, anche tecnici, ingegneri, geologi e, perché no, insegnanti … Butto lì: casa (per chi ne è sprovvisto), vitto (almeno all’inizio) e 500 euro/mese. Si favorisce lo sviluppo e si risparmia sugli interventi di emergenza futuri.

Se mi rendo conto? Certo che sì. Questa proposta (?) disegna un Paese diverso, dove all’accoglienza buonista e un po’ pelosa, si sostituisce una nuova integrazione con parità di diritti e di doveri, in direzione di una società, una scuola, un mondo del lavoro multirazziali, dove l’immigrazione non sia più soltanto un problema, ma una risorsa su cui scommettere. Un Paese che non veda negli appalti sempre e solo l’occasione per soddisfare la fame di corrotti e affaristi. La politica è in grado di garantire su questo punto? Non abbiamo sempre detto che siamo ormai un Paese per vecchi? Ebbene, è ora di guardare al futuro con nuove forze e se vengono da fuori che male c’è? Gli Stati Uniti hanno i migliori centri di ricerca del mondo, ma nei loro laboratori gli americani sono davvero pochi!

Siamo pronti? Lo vogliamo davvero? Dobbiamo rispondere con concretezza e guardare dentro a questi interrogativi, sapendo che su questa strada i problemi non mancheranno di certo.

E’ utopico? Io, mi chiedo se ci sia qualcuno al governo o nel Paese in grado di pensare l’utopia e di scommetterci. Di pensare un futuro che oggi non si vede, di fare come gli utopici pionieri degli anni ’50.

Sorso – La “Bandiera Blu 2015” dello scorso 6 luglio: còri meu garu garu*……..

bandiera     Colore dell’acqua del 6 luglio 2015, dalla “Riviera” al IV Pettine

 

 

di Piero Murineddu

Anche oggi leggo che una porzione della nostra lunga spiaggia è interdetta alla balneazione per la presenza di quei maledetti enterococchi intestinali ed escherichia coli. Residui di merda, insomma, prevalentemente umana.  Ah, che bei tempi quando i nostri nonni si tuffavano nelle rinfrescanti e pulite acque. Lo so, oggi inquinamento industriale, fogne che scaricano in mare…Ma che, oltre queste nefaste conseguenze della vita moderna, in quei tempo là si cagava di meno? Mah…..

Proprio non si può dire che Piero sia un grande amante del mare. Piero io, intendo.  O meglio, lo stare lì ore e ore sotto il sole a prendermi la tintarella non fa proprio  per me.  Però, ogni tanto, Madonna Santissima,  la benedetta consorte bisogna pur accontentarla. Ed allora via. Lunedì sera, il 6 mi sembra, indossati i bermuda alla Fantozzi e oleatemi i bicipidi e i tricipidi deciso mi sono. L’intenzione era di fermarci alla Marina, ma la ricerca di un parcheggio libero ci ha condotti fino alla cosiddetta “Riviera di Sorso”, svoltando a destra nell’incrocio con la Buddi Buddi.

Nonostante  le diciannove (7) erano già trascorse, la gente indugiava a rimanere in spiaggia, per cui, oltrepassato il camminamento in legno che chissà quant’è che non sente l’inebriante odore dell’impregnante, percorriamo col solito armamentario un bel tratto di spiaggia, zigzagando tra gli spiaggianti prima di piazzare l’ombrellone. Pur non essendo partito con l’intenzione di farlo il tufettino, la particolare calura della giornata ti costringeva quasi, anche se le nostre spiagge sono frequentabili più che altro   per praticare …l’elioterapia (!)

Appena faccio per avvicinarmi alla battigia, però, la voglia mi passa improvvisamente. Il colore dell’acqua, non solo non richiama lontanamente  quel blu di cui va blaterando la famosa ed incredibile “bandiera” assegnata da qualcuno che era evidentemente in cerca di far scherzi, ma è di uno strano e ripugnante colore, un giallognolo  tra il piscio puzzolentemente stantìo e lo schifo più schifoso. E’ possibile che quella vegetazione che prende il nome dal  dio del mare, dai locali chiamata semplicemente “paglia marina”, abbia la sua responsabilità. In quale misura non mi è dato saperlo.

Rassegnatoetincazzatello, non mi rimane che stravaccarmi nella sdraio comprata con pochi euro e iniziare la lettura di quei racconti estivi pubblicati l’altr’anno dal giovanotto, tra l’altro batterista jazz,  Flavio Soriga. Ricordi adolescenziali di furtive letture di giornalacci ultrazozzi, con enormi  e sempre turgidi (ma a ga!) peni instancabili  “prendiprendiprendi” e rispettive vagine insaziabili “ancora..ancora…ancora…” ( ancora!? Ma gosa boi!? E baaaastaaaaa!!).

Chiedo scusa, ma la licenziosità non è mia, ma è solo una minima parte prodotta dal Soriga scrittore di Uta. L’argomento inaspettato mi prende alla sprovvista, per cui appoggiati occhiali e volumetto “incandescente” sul petto, reclino la testa e socchiudo gli occhi.

La piacevole intenzione di pennichellare viene interrotta improvvisamente ma delicatamente  da mia moglie: “Piè, vai più in là che l’acqua è pulita”.

A fatica mi alzo dalla non tanto comoda sdraio (comprata con pochi euro) e, fiducioso nell’indicazione datami dalla cara consorte,  metto in moto i muscoletti delle gambette e mi avvìo fiducioso verso l’agognat’acqua cristallina.

 

Incontri da spiaggia “elioterapica”

“Scusi – chiedo ad un basso e tarchiato signorotto baffuto – a che punto inizia l’acqua pulita?”  “Acqua pulita? Io ho già fatto un bel tratto, ma è sempre così luridazozza. Una vergogna è!”

Dopo un’altra bellamicatanto scalza scarpinata, intravedo un gran culone femminile, oltre il quale sporge la sagoma di un maschietto (anche lui baffuto) che comprensibilmente non se ne sta’ con le mani in mano. Ma cosa ancora più attraente, poco più in là il mio sguardo viene colpito da quello che sembrerebbe un residuo bellico. Nel bel mezzo della spiaggia? Impossibile, mi dico. Avvicinatomi per mettere a fuoco la vista che scarseggia sempre più, vedo che è una vecchia bombola di gas, completamente ricoperta da uno spessissimo strato di ruggine.  Ohibò! Tiriamo innanzi, del resto la “Bandiera Blu” non è mica qui.

Purtroppo, man mano che procedo e le gambe diventano sempre più pesanti da trascinarmi dietro, il colorito dell’acqua non cambia. E non solo,ogni tanto affiorano pezzi colorati di plastica, buste e addirittura una mutanda maschile coi segni indelebili di una polluzione notturna. Ma comunque, mi consolo, la “Bandiera Blu” non è mica qui.

La forza di andare avanti me la dà la vista poco in là di un albero, ben piantato tra la spiaggia e la vegetazione, completamente fiorito di “ciòccura marina”. Centinaia e centinaia di conchiglie penzolanti dai rami. Evito di avvicinarmi, in quanto la sua ombra è occupata da una desnuda donzella straniera, e non vorrei che fraintendesse le intenzioni di un quasi sessantenne, per cui mi limito a guardare da lontano e …….non toccare.

Procedendo, m’incappo in un ambulante senegalese, più nero del Berlusca d’Arcore quando era arrabbiato coi magistrati comunisti, coi giornalisti che non erano nel suo libro paga, coi suoi fedelissimi  che lo hanno progressivamente abbandonato (meno male che qualche scagnozzetto gli è ancora rimasto a lustrargli le scarpe) e sopratutto arrabbiato con quel grosso  e bavoso  baubau del vicino che gli spaventa sempre il suo dolce e delicato Dudù. Scusate la citazione, ma torniamo al senegalese.”Scusa, da dove arrivi?” –  gli chiedo –  “Da Santa Teresa”. Alla faccia. “No, intendo adesso, in questa spiaggia. Hai notato se il mare più in là è così sporco?” . “Si, si…tutto sporco così…”. E va bè: la “Bandiera Blu” sarà più in là.

Dopo ulteriore scalza scarpinata (oia le gambe…), arrivo a quello che sembrerebbe la funtumadda (famosa)  spiaggetta per i cani, dove finalmente vedo un viso sorridente tra i tanti incontrati finora: quello di un simpatico bastardino che indugia nel venirmi dietro. “Pussa via…..“, gli dico, minacciandogli un calcione. Evidentemente percepisce il tono forse un pò  sgarbato, per cui assume un’espressione impaurita e scappa via a gambe levate.

Ed ecco che non molto distante intravedo sventolante l’ancor più funtumadda (famosa) Bandiera Blu. Scusate il maiuscolo, ma la cosa è veramente importante è. Ma poco prima di arrivare in loco, incrocio due baldi turistelli  arrivati da chissà dove che parlano tra loro in modo concitato, molto gesticolante e con espressioni poco turistiche. Proprio in quel momento mi squilla il telefonino. Dall’altro capo c’è il mio caro figliolo col suo solito “o ba…’ ” . Colgo l’occasione al balzo per chiedere a lui, che se non poliglotta sicuramente qualcosetta più di quell’ignorantone di suo padre riesce a capire, che caspita potrebbero voler dire quelle poche parole che gli riporto e specialmente le dure espressioni della faccia. “O ba‘ ” – mi risponde prontamente – “stanno maledicendo il momento in cui hanno deciso di trascorrere le vacanze dalle perre di Sossu (a Sorso e dintorni), convinti dalla pubblicità ( probabilmente un tantino ingannatrice) legata alla molto funtumadda(famosa) Bandiera Blu 2015.”

Finalmente i miei piedi distrutti e attaccati alle gambe che paiono due pezzi di legno,si posano sulla spiaggia del IV Pettine, di Blu bandierata. Lo schifosissimo color verdognolo continua ad essere tale. Mi avvicino alla “Bandiera” per leggere il cartello che la giustifica. “Il bagnino è presente dalle ore alle ore – L’Associazione dà questo prestigioso riconoscimento alle spiagge che……. – Si consiglia di recarsi in spiaggia con mezzi ecologici, tipo la bici……, e via fantasticando. All’interno di una piccola struttura, mi sembra in legno, vi sono tre wc. Apertone uno, faccio l’incredibile scoperta che c’è addirittura la carta igienica. Bene bene. Per arrivare al baretto, il vecchio asfalto è ricoperto dalla sabbia, ma non si può pretendere tutto. Piuttosto quel nero catrame di cui è ricoperta una parete esterna dello stesso non è poi così “balneare e vacanziero”, ma anche qui non si può pretendere tutto. Gli ormai pochi bagnanti in procinto di levare le tende sono belli abbronzati, cosa che mi fa ricordare – è bene ribadirlo – che le nostre spiagge, come indicano i numerosi cartelli disseminati ovunque, sono ottime per la terapia del sole. Eh si..

Presa la strada del ritorno, incontro qualcuno che si ostina a lanciare la sua lenza, che non ci sarebbe molto di strano se il suo amo portasse su qualche  mutandone,  preziosa invenzione per la vecchiaia, appesantito dagli stagionati residui fecali che neanche il mare è riuscito a staccare.

All’altezza della Beach Dog (senza costumino, beati loro) vedo in lontananza il bastardino dal colore di cane che fugge,  caìcaìando disperatamente ( e dai… non fare così, che non volevo morderti mica….).

Arrivo all’altezza dell’albero di conchiglie fiorito, arricchito dalla presenza di un’altra giovine turistella desnudata. Questa volta mi faccio coraggio e mi avvicino per toccarle ….le conchiglie. Si, è proprio “cioccura marina”.  A centinaia e penzoloni. Un’opera d’arte. L’estere fanciulle non mi degnano di uno sguardo, giustamente. Altrettanto non faccio io con loro.

All’altezza di uno striscione retto da due pali indicante la presenza di un ristorante, mi avvicino per capire cos’è quella baracchetta lì. Caspita, tre docce, di cui una funzionante. Benino benino.

Salto altri particolari (oh quanti…) e faccio ritorno all’impoltronata moglie, intenta nelle solite e lunghe telefonate. Sudato fradicio, vorrei farlo veramente il famoso tuffettino, ma ancor il verdognolo e disgustoso colorito dell’acqua mi fa desistere.

 

In conclusione mi chiedo:

1. Sono venuto nell’unico giorno  in cui il mare non era cristallino, come solitamente lo è? Possibile

2.Sarà quell’invidiosone del sindaco di Sennori che, non avendo il suo territorio uno sbocco al mare, ha organizzato delle sofisticate correnti che fanno concentrare la sporcizia di tutto il Golfo proprio dove la competenza ricade sul Sindaggu di Sossu? Possibile. E poi, con tutti quei finanziamenti regionali che riesce ad ottenere, è ancora più possibile che abbia potuto farlo, il “maledetto” gelosone&invidiosone Robertino!

3. Sarà anche che il giorno io avevo li birighitti particolarmente girati, stufo di continuare a dover percorrere la salitina che mi porta a casa dopo il lavoro sul rovente asfalto, perchè il marciapiede è ancora invaso dalle straboccanti magnolie che il proprietario del Mostro Edilizio Commerciale di via Europa non si decide a potare, “protetto” dalla silenziosa indifferenza dei nostri cari amministratori sussinchi? Non possibile. Quel giorno infatti avevo un’insolito buon umore, che raramente mi capita, costretto a vedere e subìre tutte le colpevoli zozzure che ci combinano i nostri “cari leaders”, vicini o lontani che essi siano.

 

 note

* “Cori meu garu garu” – rafforzativo di “cori meu garu”, letteralmente “cuore mio caro”. Tipica espressione della Sorso che fu, e in parte, che è ancora. Usata in modo dispregiativo dai vicini sassaresi o sennoresi per rimarcare il luogo di provenienza dell’interlocutore occasionale.  Il suo significato varia dal tono con cui si pronuncia. Può esprimere paura, perplessità, stupore, meraviglia….. Perchè l’ho usata nel titolo? Fate voi ….fate

Il triste destino del Lido Iride? Nessuno ne ha colpa, naturalmente….

iride 4

 

di Piero Murineddu

Avete letto la Nuova di oggi? Noo? Peggio per voi, e ogni tanto sborsateli questi benedetti uneuroeventi che non v’impoverisce,per la miseriaccia spilorcia ! Anche perchè questa volta non ve lo riporto l’articolo di cui vado parlando. Se poi non ce l’avete fatta a comprarla  perchè siete partiti prestissimo  e pensate di rimanere fino a notte fonda con la vostra barchetta in alto mare insieme alla fidanzatina, domani andate ad elemosinarla in uno degli innumerevoli bar (che intanto sono gli unici posti rimasti dove gli umani si ritrovano). La troverete magari leggermente sputacchiata e con qualche macchiolina di caffè o di birra, ma sicuramente ve la presteranno volentieri, prima di usarla per accendersi il barbecue in campagna o per la carta igienica che manca proprio al momento opportuno.

Vi troverete un’intera pagina dove, oltre la notizia sul congresso dei Testimoni di Geova “macheognunocredaciòchepiùgliaggrada” e la notizuola sul torneo di mariglia in un parco sassarese, il nostro corrispondente sussincu, rinforzato da un’altra giornalista, Daniela di nome (che non ci va mica giù leggera), ci racconta la tragicommedia del Lido Iride, quel tempio del divertimento estivo nato nell’estate di ben 64 anni.

Per noi bagnanti basterebbe un chiosco coi servizi igienici, giornali e poter comprare una gazzosa fresca”. No, le sigarette no, che oltre farvi parecchio male alla salute, quando finite di fumazzarvele, la nascondete di soppiatto e vigliaccamente sotto la sabbia, da sempre allergica al fumo ma a voi accaniti del ciuccio cancerogeno non ve ne sbatte lontanamente.

Alla fine, vista l’incapacità dei politici (sono loro che decidono, e quindi, eventualmente, sono colpevoli delle malefatte e dell’ inadempienze, anche se mai lo riconoscerannodi avere almeno una minima parte dell’intelligenza  di quell’Oreste Pieroni, il sindaco sassarese a cui va il merito di aver reso vivibile Platamona, l’unica cosa  sensata da fare è spendere questi benedetti 500 euro per abbattere tutto, pulire e lasciare la larga spiaggia (SIC!…. no, non nel senso di Sito di Interesse Comunitario, ma “sic” come espressione di desolante rassegnazione).

Mi dice il non più giovanissimo Giampietro (che nella piscina del lido si bagnava il culettino), che ai tempi, proprio lì c’era il confine tra il comune di Sorso e quello di Sassari. Praticamente, se allungavi la gamba eri già nell’altro comune. A quanto pare le di allora diatribette territoriali, oggi son rimaste più o meno invariate, e ciò che è rimasto della povera signora Iride, con le braccia incrociate ed il volto corrucciato, sono anni ed anni che aspetta pazientemente di sapere di quale morte dovrà morire.

Ho parlato su di desolante rassegnazione per dover spendere quei grossi 500 mila  euro per risanare il tutto, cifra che sarebbe potuta servire per fornire realmente di servizi questo benedetto mare che, seppur di bandierina blu fornito, continua a far pena proprio per mancanza di alcun servizio, salvo qualcosetta qua e là, eccezione che fa la famosa regola.

Tutto giù, allora, e  sussinchi e sassaresi a fare comunella nella spaziosissima spiaggia, per giustamente sparlare di questi piccoli politicanti che ci ritroviamo. Se penso che  sono loro a decidere riguardo la nostra vita quotidiana e sopratutto riguardo alle nostre tasche, mi viene da piangere mi viene.

 

Cinque anni fa ero entrato a far visita a questo luogo, spettrale si ma rallegrato da diversi dipinti. Ve lo ripropongo. E se le scritte son troppo veloci, non ci vuole molto a bloccare l’immagine, leggere e riavviare.

Alla prossima

 

https://www.youtube.com/watch?v=sOyMyCmWOcQ