Il mio primo bagno e “calamari” dal numero 43 in sù

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di Piero Murineddu

Forse qualche d’uno scetticone non ci crederà, ma ieri sera, domenica, finalmente ho fatto il mio primo bagno della stagione.Siiiiiii….e mi è piaciuto, anche. E chi l’avrebbe mai detto che prima del 14 agosto avrei avuto il coraggio di bagnarmi dalla “cintura” in su? Invece è successo. Ho dovuto scendere una centoventina di scalini, lì a Lu Bagnu, presso Castelsardo, ma alla fine il bagnetto l’ho fatto. L’ho fa-ttooooo !! Oia, quella centoventina di scalini però, in più col pensiero che per andar via li avrei dovuti rifare, e questa volta in salita, con tutto quel popò di equipaggiamento addosso. Comunque, l’ho fatto. L’ho fa-ttoooooo…..il mio primo bagnetto 2015.

Calzati i miei sandaletti in plastica (“calamari”? Forse), e lasciata la mia mugliera alle sue telefonate, mi son pian pianino incamminato, più in là, dove l’affollamento era più sopportabile e meno asfissiante. Roccia e un po’ di sabbia. Un po’ di sabbia e roccia. Ad un certo punto è successo l’imprevisto. Mi blocco, mi giro verso il mare, lo guardo con aria di sfida e via, barcollando e cadendo, cadendo e barcollando,  cercando anche di evitare i tanti ricci disseminati quà  e là facendosi gli affaracci loro, arrivo a bagnarmi le ginocchia, le coscette, quella cosa lì centrale  sempre pendente (anche per questo conosciuto come pendaglio…da riproduzione) , l’ombelico, le spallette e…… no, il tuffo no. Avevo gli occhiali da vista che senza  ci vedo meno che niente di niente e il cappello d’ordinanza, per cui, il tuffo quello no.

Ah, che fresca e piacevole goduria. Dopo le solite due o tre bracciatte, per forza di cose faccio dietro front. Mentre faticosamente cerco di stare in equilibrio e attento a non mettere i piedini sopra qualcuno di quei ricci disseminati in ogni dove, vedo poco in là due giovanottoni di pelle scura, ma molto scura. Ah, non ve l’avevo ancora detto. Qui a Lu Bagnu, una delle tante casone che si affacciano sul mare e di proprietà di non so bene quale ordine religioso femminile, è stato adibito ad accogliere parte dei profughi che si stanno riversando sulla sospirata (per loro) Europa, di cui noi siamo la porta d’ingresso, insieme alle coste siciule e del meridione italiano.

Vedo che uno dei due entra in acqua, mentre l’altro più prudentemente se ne rimane sulla roccia. Inaspettatamente, pur essendo un timidone e raramente di prima iniziativa, mi dirigo verso di loro. Come rompere il ghiaccio? Vedo che il lungo giovanottone esce dall’acqua barcollante, e vedo sopratutto che non ha i preziosi sandaletti di plastica come quelli che porto io. Ecco l’appiglio. Col dito e con la mimica, a fatica  gli faccio capire che qui, col fondo roccioso, questi particolari calzari sono molto ma mooooolto  utili, se non addirittura necessari. Vedo anche che cerca di togliersi una spina dal dito della mano. Eureka! Ecco l’argomento: i ricci. Col mio zero assoluto d’inglese e lo scarso francese rimasto alla quinta ginnasiale di non so più quanti anni fa, ci inoltriamo nell’argomento. La mimica facciale e la gestualità più di tutti ci aiutano ad entrare in relazione. Preso qualche riccio, faccio loro capire che sono esseri viventi e che a mia mugliera piacciono umbè, con gli spaghetti ma anche …lisci. Si tagliano così, a metà, col coltello. Col pane si prende tutta la loro rosea essenza, e giù, nello stomachino che riceve felice e soddisfatto. Certuni, specialmente da gennaio in poi, li vanno a prendere, ne riempiono dei vasettini e se li fanno pagare mica poco. Il giovanottone, ormai sorridente e non più diffidente, mi chiede quanto può costare un vasettino. Ecco, l’interesse, la possibilità di iniziare a guadagnare qualcosa. Quanto? Un vasettino così 15 o venti euro, non so bene.

Arriva il momento di dirci i rispettivi nomi. Il solito Mustafà, e un cognome che ricorda il loro mese di digiuno, Ramàn. Io Piero Mu-ri-ne-ddu. “Pero Mufi…Muro….Murid…Murinu….Murinè…..Murinedo…. Murineddù… Murineddu”. Murineddu! Bravissimo. Grande sorriso reciproco di soddisfazione e sensazione di aver compiuto un’immane impresa…lui. Purtroppo il nome dell’altro giovane è impronunciabile, per cui facilmente desisto dal compiere un’immane impresa….io. Superata la difficoltà di comuni.care anche grazie al mio penoso francese, ci salutiamo, dopo aver promesso che avrei comprato loro un paio di quei preziosi sandali di plastica, “calamari” mi sembra. Che non siano di numero basso, però. Dai 43 in sù. Ah si, ho dimenticato di dire la provenienza di questi due baldi e speranzosi giovanottoni. Il Ghana. Lo so, molti non sanno neanche dove si trovi, io per primo. Eccovelo

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Certo che ne hanno fatta di strada, e sicuramente non in autobus con aria condizionata e in nave con biglietto di prima classe. Per il prossimo incontro, spero di trovare qualche interprete, perchè la mimica e la gestualità sono provvidenziali, ma nello stesso tempo molto….faticosi. A proposito di fatica, prima di andar via ed affrontare in salita quella centoventina di gradini, vedo che  altri giovanottoni scendono in spiaggia in gruppo, allegramente parlottando tra loro.  Credo che dovrò comprare uno stock di quei preziosissimi sandali in plastica. “Calamari”credo vengano chiamati.

 

Il mio primo bagno e “calamari” dal numero 43 in sùultima modifica: 2015-07-20T13:45:29+02:00da piero-murineddu
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