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di Piero Murineddu
Eppure, quando mi capita sotto mano, questa rivista “Acqua&Sapone” la trovo spesso piena di sintetiche e utili notizie e spunti interessanti, come questa che riguarda l’immigrazione come sostegno alla nostra economia. Usa un linguaggio a portata di tutti, è gratuita e me la ritrovo proprio di fronte a casa mia, nuova e leggermente patinata.
Ancora “questione immigrati”, dunque, e più precisamente, a differenza dell’emigrazione italiana in America e altrove degli anni passati,motivata più che altro dal cercare “fortuna”, nel senso di un legittimo benessere economico a cui ha diritto ogni essere umano, gli emigranti che oggi approdano alle nostre coste nel modo che sappiamo, una buona parte di loro sono profughi, e chi legge spero conosca il significato della parola.
Interessantissima la proposta fatta da Guido Piovano e che ho ospitato in questo stesso blog, personale spazio di comunicazione varia che nessuno è obbligato a sbirciarci dentro se non gli garba:
“E se il lavoro che non c’è decidessimo di crealo? E se l’Italia diventasse nuovamente da nord a sud tutta un grande cantiere per risanare il territorio ferito, restituire dignità abitativa alle sfortunate vittime sopravvissute ai disastri del passato, prevenire i disastri futuri? Parlo di un grande piano nazionale pubblico, col concorso di Regioni e privati. Parlo di una seria programmazione con numeri certi sugli interventi da promuovere, con numeri certi sulle persone da accogliere e occupare, parlo di un patto per il territorio al quale far lavorare immigrati e italiani. Non solo mano d’opera, anche tecnici, ingegneri, geologi e, perché no, insegnanti …” dice Piovano. E “Senza contare tutti i borghi abbandonati che potrebbero essere riportati a nuova vita, tutte le terre incolte, che potrebbero essere rese produttive per le comunità di paese o di quartiere ecc ecc..”, continua la mia amica analista dei moti della società contemporanea Rita Clemente, poetessa di Chieri.
Bisogna fare i conti però con la poco lungimiranza dei nostri politici, che invece di vedere certe opportunità come risorse, le si continua a vedere come problema, di difficile se non impossibile soluzione.
Eppoi ci siamo noi, individui e “gente”, con le nostre paure che ci rendono insicuri e diffidenti, e quindi spesso rabbiosi e respingenti.
Lo so, la nostra società è composta da persone con diversissime sensibilità e metri di giudizio, ma che pena sentire il vicino sull’autobus, che privo di argomenti per conversare col suo dirimpettaio, ne esce fuori con la solita frasetta, che se non è razzista almeno cretinetta lo è un po’: ” Boh boh….tutto pieno di zingari e negri è in giro“. “Eia – fa’ l’altro – tra poco l’aria sarà irrespirabile”. Per me che ce li avevo vicini, l’aria era veramente nauseabonda, con quell’odore di sudore arretrato che usciva dalle loro ascelle e sicuramente anche dalle parti intime. Italianissimi doc. Difficile intervenire in queste situazioni con un timido “ma no…vedete…”. In giro c’è poca disponibilità al dialogo, e certe posizioni hanno radici profonde che arrivano sino alla parte più negativa e disumana dell’individuo, per cui ognuno continui a bearsi con i propri “giudizi” e le proprie visioni della vita.
M’interrompo, altrimenti i pochi che leggono queste righe, iniziano a sbuffare.
Buona giornata