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Sorso e la questione Rom: Lode al sindaco? Ma che dice, Sig. Prof ?!

lode al sindaco 001

di Piero Murineddu

Il troppo sbrigativo “Parole sante” seguito immediatamente dal “ma” del vecchio Manlio mi ha lasciato parecchio perplesso. E’ come se abbia vanificato il sensato e puntuale argomentare della lettera. Ma come, il  Sig. Pier Paolo Putzu tocca un punto che smaschera così direttamente la quasi ipocrita motivazione che vorrebbe giustificare l’allontanamento della “rogna” che  questa famigliona Rom ha creato mettendo piede in terra sussinca, e il saggio Professore mi  sposta il problema, invitando addirittura a lodare lu sindaggu di Sossu per le dichiarazioni ufficiali che hanno preceduto la notifica fatta al nucleone familiare Rom di andassínni, entro giovedì 26 (quest’ultima magnanima concessione)?

http://www.comune.sorso.ss.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1451:dichiarazioni-del-sindaco&catid=198:comunicazioni

Nel Comunicato ufficiale, oltre l’invito alla  Comunità di Sorso  a “non perdere di vista i valori di ospitalità, integrazione e rispetto che sono alla base del vivere civile“, vi si afferma che la famiglia in questione, a differenza delle altre residenti nel Campo di Fertilia che hanno accettato le sistemazioni proposte dal Sindaco di Alghero, “ha scelto di persistere nella propria condizione di nomadismo”. Ciò non corrisponde al vero: Zoran e Vesne hanno acquistato la campagna con l’intenzione di viverci stabilmente. Inoltre nel Comunicato del Sindaco Morghen si legge che al Prefetto di Sassari si è chiesto  che la famiglia venisse trasferita in un campo-nomadi, cosa che è in contro tendenza alle indicazioni dell’UE  che giustamente considera questi insediamenti, il più delle volte isolati e spesso senza elettricità e acqua corrente,  a grosso rischio igienico-sanitario. Certo, il Comunicato dichiara “sentito disagio e profondo disappunto per i  toni di inaudita violenza che stanno ammorbando il clima cittadino“, ma arrivati al dunque, l’imposizione di far sloggiare questi indesiderati c’è. Chiara e “Ordinante”. Anche il tentativo fatto dagli indesiderati ospiti di trovare un alloggio in terra romangina, non distante quindi dalla campagna da coltivare, è stato disatteso: e chi ha il coraggio di dare in locazione una casa a degli zingari, che te la distruggono, che portano malattie, che rubano, che………?

Gira e rigira, l’imperativo è stato l’allontanamento  del rognosissimo “problema”. Fatto in modo implicito, e da molti civili concittadini, giovanissimi, giovani e meno giovani, anche  esplicitissimamente. I sussinchi ( o i sorsosi, come oggi li ha chiamati uno dei piccoli Rom) non vogliono avere niente a che fare con gente poco raccomandabile come questa. Si continua ad insistere, mal sopportando le obiezioni dei cosiddetti “buonisti”(vedi in appendice) che gli zingari sono tutti ladri e sporchi, e questo e quest’altro ancora. Inutile provare a dire che, trovandoci in necessità, noi, cittadini civilissimi, saremmo capaci di tutto e di tanto altro ancora. Inutile dire che sbagli ne abbiamo fatto più o meno tutti, forse di peggio e di molto peggio, che furti, in un modo o nell’altro, ne facciamo e continuiamo a farne, naturalmente di nascosto e spesso “legalmente”, magari ben puliti e profumati e spesso col nodo della cravatta fatto alla perfezione. E questo, quello, quell’altro……Basta!

A me, quello che mi sento addosso stasera, è una grande stanchezza. No, non per tutti questi segni d’involuzione civile, ma semplicemente per i giochi nei quali i figli di Vesna mi hanno coinvolto questo pomeriggio. Un fiatone che non vi dico. E che risate quei zingaretti quando mi vedevano piegato in due e quasi stramazzato in terra. “Il cappello! Dammi il mio cappello, birbone che non sei altro” – “Vieni a prenderlo se ce la fai, vecchione ” – “E i tuoi genitori come mai non ci sono?” – ” Sono andati ad Alghero per vedere la casa”- ” Ma dimmi, tu preferiresti rimanere qui o andare a vivere in appartamento?” – ” Sicuramente qui. Coi miei compagni di scuola mi trovo bene e mi dispiace lasciarli” – ” E tu?” – ” Anch’io preferisco romanere qui, all’aria aperta  in campagna” – ” Zio Piè, mi spingi la motoretta?” – “Ascolta, me li scrivi il nome tuo e quello dei tuoi fratelli che non me ne ricordo neanche uno?” – ” Mi stà bene il tuo cappello?” – “Comunque, quando io e zia Giovanna veniamo a trovarvi ad Alghero, speriamo che ci sia un posto dove poterci fare un’altra partitella”

Piccola appendice

Ogni tanto salta fuori questa “orrenda accusa” di BUONISMO, e chi se lo vede affibbiare, spesso si sente molto offeso. Il semplice tono ironico è stato ormai superato e al termine gli si dà ormai una chiara e decisa valenza dispregiativa. In una discussione, se si vuole ferire l’interlocutore, diventato progressivamente avversario, lo si bolla come buonista, rinfacciando atteggiamenti moralistici ed eccessi di buoni sentimenti  inconcludenti e slegati dalla dura realtà.

Ebbene:

1. Se io voglio cercare di capire,  dichiaro di essere buonista

2. Se tento di mettermi nei panni degli altri, ……………….

3. Se tento di conoscere prima di giudicare, ………………….

4. Se mi sforzo di farmi un’opinione personale, ………………..

5. Se mi sforzo di guardare gli aspetti positivi dell’altro, ………….

6. Se mi sforzo di guardare la trave nel mio occhio, ……………

7. Se non mi sento di buttare la prima pietra, ………………

8. Se nonostante tutto credo ancora che la nonviolenza è un’arma efficace,………

9. Se non mi faccio trascinare dentro il pensiero dominante, ……………

10. Se non penso di essere migliore degli altri, ………………………

Sorso – Sgombero dei Rom: motivi d’igiene pubblica e di regole abitative, o la solita paura del diverso?

Giovanna con Elisa - 23 febbraio 2015

di Piero Murinedduo

Difficile descrivere il grande affetto creatosi in un incontro ed espresso da questa foto. Giustamente le leggi vietano di esporre  volti dei minori, ma in questo caso gli occhi di questa bambina avrebbero parlato molto più di quanto possono arrivare a fare le pur ricercate ma spesso non appropriate parole.

Nel pomeriggio di ieri con mia moglie abbiamo faticato un pò per raggiungere la campagna dove la famiglia Rom di Zoran e Vesna coi loro vivaci otto figli, aspettano con trepidazione di conoscere cosa il futuro (e sopratutto la volontà degli altri!)  sta’ loro predisponendo.

Inoltratici nella stradetta di penetrazione agraria, incontriamo un giovane che, seppur con tutta la gentilezza che gli è possibile, solo alla fine si fa convincere (!) a darci l’indicazione per arrivare alla nostra meta. Giunti finalmente nell’oliveto, da diverso tempo semi abbandonato e che in queste settimane è stato ripulito da queste persone che vorrebbero viverci,coltivandoci anche un orto e un piccolo frutteto, troviamo tutti, eccetto il capofamiglia, in quanto impegnato a portare avanti un lavoro intrapreso ad Alghero, da dove provengono e dove ancora hanno la residenza. Mia moglie Giovanna e Vesna si sono conosciuti in mattinata, per cui la visita era attesa e da subito si dimostra gradita, per loro ma specialmente per noi.

Con l’apporto di tutti, viene immediatamente predisposto un “salotto” all’aperto e una delle ragazze più grandette prepara con molta cordialità un caffè a me e alla sua mamma, che nel mentre racconta tutto ciò che stanno vivendo in questi giorni concitati. In Vesna è evidentissima la preoccupazione, anche per l’ultimatum impostale dal sindaco di sloggiare entro giovedì. Si, questo giovedì 26. Ascolto con molto interesse l’accorato e particolareggiato racconto, ma ogni tanto mi lascio trasportare dalle richieste dei bambini, il più grande dei quali mi fa vedere come ha costruito da sè una motoretta, saldandone i vari pezzi. Il fratellino minore è un pò arrabbiato con lui perchè non gli fa usare l’altra moto, ma la mia mediazione riesce alla fine a far conciliare le esigenze di entrambi.

Anche per Giovanna, ogni tanto la conversazione “salottiera” s’interrompe per dedicarsi ai bambini, che inevitabilmente e da subito s’innamorano della sua simpatica giocosità. Ci rendiamo conto che pur essendo arrivati qui con intenzioni “serie”, i preziosi minuti che scorrono ci hanno trascinati piacevolmente in un’inaspettata empatia. Anche l’iniziale tensione di mamma Vesna si scioglie in una rilassata espressione sorridente.

Noto intanto un altro dei piccoli che rimane in disparte e quasi impaurito. Di tanto in tanto fa dei tentativi di avvicinamento, ma la diffidenza o forse la timidezza continua a bloccarlo. La cosa non dura molto, perchè poco dopo ci ritroviamo a camminare mano nella mano. E’ evidente qualche problema nella deambulazione e nel linguaggio, ma ciò che riusciamo a comunicarci è più che sufficiente.

Nel mentre arriva Salvatore, il giovane corrispondente di Sorso che segue per “La Nuova Sardegna” questa vicenda. Viene ben accolto da tutti e si vede che il suo interessamento và al di là dell’aspetto prettamente, e sopratutto, esclusivamente giornalistico. I suoi sforzi di fotografare i bambini da dietro non vanno facilmente a frutto, anche perchè, nella loro innocenza, sentono di non avere niente da nascondere e vorrebbero farsi vedere senza alcun problema. Ma, ripeto, i problemi li abbiamo e li poniamo noi adulti.

Chiedo ai ragazzi che frequentano la scuola in paese come i compagni e le maestre hanno  reagito davanti a tutto il chiasso creatosi intorno a loro. Il grandetto, quello della moto, mi risponde che sono molto dispiaciuti, in quanto della loro presenza in classe sono contenti.  Dato che c’è, ne approfitta per farmi vedere un compito fatto in classe e valutato con un “Bravissimo” dalla maestra. D’altronde,sentendolo parlare e vedendone l’attività durante la nostra visita, non è difficile capire che si tratta di un ragazzo molto intelligente e acuto, e i fratelli non sono da meno. Provo ad immaginare il grande apporto che ragazzi come questi possono dare in un’aula scolastica, ma questo, per certi “adulti” preoccupati di non far “contagiare” i propri figli e di tenersene il più lontano possibile, è difficile se non addirittura impossibile da capire. Non capiscono proprio la grande opportunità che rischiano di perdersi, se persistono nel loro ottuso e immotivato rifiuto.

Ripreso posto nel salottino, mi devo subito rialzare perchè Vesna ci porta a vedere parte dell’alloggio, specialmente dove c’è la doccia e la cucina. Non è un comodo appartamento riscaldato e super accessoriato come quello in qui vive la maggior parte di noi, ma l’ordine, considerata la situazione, c’è. Se non erro, mi è parso di capire che facciano anche la raccolta differenziata dei rifiuti. Visto il clima confidenziale creatosi, chiedo a Vesna se la definizione di “zingari” le dà fastidio. Mi risponde che la valenza negativa al termine gliela data la gente “normale”. A lei, precisando che l’etnia Rom a cui appartiene ha un’antica e rispettabile cultura, la parola non infastidisce. A darle fastidio e sopratutto sofferenza è tutto ciò che di negativo e sbagliato viene collegato all’essere nomadi. In ogni caso, la sua famiglia ha deciso d’integrarsi e di rispettare le regole della comunità civile.

Provo a chiedere se, nel caso non riescano a rimanere a vivere qui, sono disposti a trasferirsi nell’appartamento loro affidato dal Comune di Alghero. Vesna ribadisce che riuscire a contenere la vivacità di otto ragazzini in un condominio sarebbe problematico assai, e che in ogni caso il loro desiderio è vivere in una casa di campagna, pagando un regolare affitto. Per questo terreno hanno già versato una quota rilevante, per cui di fatto sono proprietari.Nel caso, sarebbe anche problematico vivere ad Alghero e dover venire qui per coltivare la campagna.

Un normalissimo desiderio a cui chiunque può aspirare, ma non coloro che, nonostante i loro sforzi di inserimento in un normale tessuto sociale, i benpensanti e i “civili” cittadini continuano a respingere ai margini. Non tanto per la loro pericolosità, quanto per le nostre tante paure che ci imprigionano e ci rattristano la vita.

L’abbraccio tra Giovanna e la bambina suggella la nuova amicizia nata tra noi e la famiglia di Zoran e Vesna.

A proposito, bisogna che mi ricordi di portar loro il pallone da rugby promesso.

Europol Service s.r.l., ma che mi combini a La Pelosa?

pelosa

di Gianmario Urgeghe

Lo sappiamo bene, in tempi di crisi, ognuno si arrangia come può. Scopro così che il tanto celebrato Made in Italy che arranca, non è solo quello dei prosciutti, della moda e della pasta, ma anche quello dei parcheggi a pagamento a La Pelosa, ridente località nel comune di Stintino, dove ci si arrangia come Dio vuole, con le unghie e con i denti, e non sempre per colpa degli utenti. Ma che c’entra questo proprio ora? direte voi. Dopotutto, a inverno inoltrato, o meglio, a inverno quasi finito, questa segnalazione può apparire quantomeno “démodé”. La verità è che l’ho tenuta chiusa nel cassetto per un po’, in attesa di sbollire dalla rabbia. Adesso, a freddo e con il senno di poi, che rimane tale e quale al senno di prima, mi pare giusto…non dimenticare.

A dettare le regole del gioco delle strisce blu a La Pelosa, è l’Europol Service s.r.l. di Sassari, su incarico del comune di Stintino, che naturalmente non si tira indietro, quando si tratta di racimolare qualche spicciolo in più, magari approfittando di equivoci e malintesi. Per carità, i tempi sono quelli che sono e non si butta via niente, e a fine stagione gli spiccioli spigolati qua e là, diventeranno di certo una bella somma.

In alta stagione, l’Europol fa pagare 2 euro l’ora, come pure per le frazioni di tempo eccedenti l’ora. E fin qui, nulla di strano; del resto, siamo abituati a barcamenarci tra cifre ben più consistenti e un parcheggio con vista sul meraviglioso mare di Stintino, non si nega a nessuna automobile. Tanto meno alla mia che, ed ecco la mia storia, il 5 agosto scorso, lascio in sosta nei pressi del Rocca Ruja, pagando anticipatamente per 4 ore, dalle 12.12 alle 16.12. Poco dopo le 17.00, vado a riprendere l’auto e, giustamente, trovo sul parabrezza un avviso che mi invita a regolarizzare la mia posizione, corrispondendo la differenza al parchimetro ed esibendo poi la ricevuta a un operatore dell’Europol; quindi, sposto la macchina in una zona “libera”, pago l’integrazione di un’ora, dalle 16.12 alle 17.12 e mi metto subito alla ricerca dei dipendenti dell’Europol, ma inutilmente. Alle 17.25, tra un nugolo di turisti che stazionano nel tratto di strada poco prima della salita che conduce a Capo Falcone e, cioè, a non meno di 2 chilometri dallo stallo blu dove avevo lasciato originariamente la macchina, scorgo finalmente la maglietta gialla non di uno, ma addirittura di due dipendenti della società, a tre metri l’uno dall’altro, gli unici operanti, almeno manifestamente, in tutto l’”anello”Rocca RujaLa PelosaCapo Falcone, entrambi muniti dei rispettivi cartellini identificativi sprovvisti dei nomi (sic!). Mi avvicino, mostro la prova dell’avvenuto pagamento dell’integrazione, ma uno dei due signori Europol dà un’occhiata all’orologio e con una nonchalance sconcertante dice che gli devo altri 2 euro, perché sono “fuori” di ben 13 minuti, che poi sarebbe il tempo che ho impiegato per trovarli. Provo a spiegare un po’, ma rischio di far passare dell’altro tempo, e qui il tempo è denaro. Dopotutto il signor Europol è inflessibile e le regole del gioco impongono che l’agiato utente che può permettersi una mezza giornata a La Pelosa, debba anche scovare il signor Europol di turnoin tempo zero, ed io non lo sapevo.

Non resta quindi che pagare questi benedetti, ulteriori spiccioli, a conti fatti ciò è più vantaggioso di vedersi appioppare una sanzione di chissà quale importo. Ma se questa è la politica dell’Europol, che si degni almeno di non far perdere tempo agli utenti, per cercare i suoi dipendenti, così che essi possano pagare per il solo tempo della sosta.

Per concludere, rimane l’amarezza non tanto per la somma pagata, fortunatamente esigua, quanto piuttosto per la presa in giro all’italiana. Ma ho capito che il problema di fondo è sempre la crisi, anche se nella giungla quotidiana del “Made in Italy”, o della solita italianata, se volete, avrei preferito sentirmi libero di fare l’elemosina a chi voglio io, e non al più prepotente.

Europol Service, ma che mi combini a La Pelosa di Stintino?

pelosa

di Gianmario Urgeghe

Lo sappiamo bene, in tempi di crisi, ognuno si arrangia come può. Scopro così che il tanto celebrato Made in Italy che arranca, non è solo quello dei prosciutti, della moda e della pasta, ma anche quello dei parcheggi a pagamento a La Pelosa, ridente località nel comune di Stintino, dove ci si arrangia come Dio vuole, con le unghie e con i denti, e non sempre per colpa degli utenti. Ma che c’entra questo proprio ora? direte voi. Dopotutto, a inverno inoltrato, o meglio, a inverno quasi finito, questa segnalazione può apparire quantomeno “démodé”. La verità è che l’ho tenuta chiusa nel cassetto per un po’, in attesa di sbollire dalla rabbia. Adesso, a freddo e con il senno di poi, che rimane tale e quale al senno di prima, mi pare giusto…non dimenticare.

A dettare le regole del gioco delle strisce blu a La Pelosa, è l’Europol Service s.r.l. di Sassari, su incarico del comune di Stintino, che naturalmente non si tira indietro, quando si tratta di racimolare qualche spicciolo in più, magari approfittando di equivoci e malintesi. Per carità, i tempi sono quelli che sono e non si butta via niente, e a fine stagione gli spiccioli spigolati qua e là, diventeranno di certo una bella somma.

In alta stagione, l’Europol fa pagare 2 euro l’ora, come pure per le frazioni di tempo eccedenti l’ora. E fin qui, nulla di strano; del resto, siamo abituati a barcamenarci tra cifre ben più consistenti e un parcheggio con vista sul meraviglioso mare di Stintino, non si nega a nessuna automobile. Tanto meno alla mia che, ed ecco la mia storia, il 5 agosto scorso, lascio in sosta nei pressi del Rocca Ruja, pagando anticipatamente per 4 ore, dalle 12.12 alle 16.12. Poco dopo le 17.00, vado a riprendere l’auto e, giustamente, trovo sul parabrezza un avviso che mi invita a regolarizzare la mia posizione, corrispondendo la differenza al parchimetro ed esibendo poi la ricevuta a un operatore dell’Europol; quindi, sposto la macchina in una zona “libera”, pago l’integrazione di un’ora, dalle 16.12 alle 17.12 e mi metto subito alla ricerca dei dipendenti dell’Europol, ma inutilmente. Alle 17.25, tra un nugolo di turisti che stazionano nel tratto di strada poco prima della salita che conduce a Capo Falcone e, cioè, a non meno di 2 chilometri dallo stallo blu dove avevo lasciato originariamente la macchina, scorgo finalmente la maglietta gialla non di uno, ma addirittura di due dipendenti della società, a tre metri l’uno dall’altro, gli unici operanti, almeno manifestamente, in tutto l’”anello”Rocca RujaLa PelosaCapo Falcone, entrambi muniti dei rispettivi cartellini identificativi sprovvisti dei nomi (sic!). Mi avvicino, mostro la prova dell’avvenuto pagamento dell’integrazione, ma uno dei due signori Europol dà un’occhiata all’orologio e con una nonchalance sconcertante dice che gli devo altri 2 euro, perché sono “fuori” di ben 13 minuti, che poi sarebbe il tempo che ho impiegato per trovarli. Provo a spiegare un po’, ma rischio di far passare dell’altro tempo, e qui il tempo è denaro. Dopotutto il signor Europol è inflessibile e le regole del gioco impongono che l’agiato utente che può permettersi una mezza giornata a La Pelosa, debba anche scovare il signor Europol di turnoin tempo zero, ed io non lo sapevo.

Non resta quindi che pagare questi benedetti, ulteriori spiccioli, a conti fatti ciò è più vantaggioso di vedersi appioppare una sanzione di chissà quale importo. Ma se questa è la politica dell’Europol, che si degni almeno di non far perdere tempo agli utenti, per cercare i suoi dipendenti, così che essi possano pagare per il solo tempo della sosta.

Per concludere, rimane l’amarezza non tanto per la somma pagata, fortunatamente esigua, quanto piuttosto per la presa in giro all’italiana. Ma ho capito che il problema di fondo è sempre la crisi, anche se nella giungla quotidiana del “Made in Italy”, o della solita italianata, se volete, avrei preferito sentirmi libero di fare l’elemosina a chi voglio io, e non al più prepotente.

SORSO: alla famiglia Rom,secondo le leggi, è stato ordinato di sloggiare LA CIVILE CONVIVENZA E’ STATA PRESERVATA DAGLI “UNTORI”

 

al lupo

famiglia rom

In mezzo all’immensa indignazione che questa vicenda mi ha provocato, il mio pensiero non riesce a distogliersi da quegli otto figli, alcuni dei quali avevano iniziato a frequentare la scuola: cosa si crea nella mente di un bambino in crescita, quando si vede rifiutato e considerato dai suoi simili quasi un appestato? Quanta sofferenza e quanta rabbia accumula? Ma questa è un’altra storia…. naturalmente (Pi.Mu.)

“I Rom hanno rubato anche a me, ma sicuramente rubano meno delle banche e di molti di noi” (F.De Andrè)

 

Il mio 1957 e quella Banda Musicale a Sorso

1957

di Piero Murineddu

In quel  freddissimo gennaio del sempre più lontano 1957, per affacciarmi al mondo ho esitato tantissimo, e mia madre, insieme alla levatrice itinerante della Sossu di quei tempi, signora Ica, hanno dovuto usare tutta la loro capacità persuasiva per convincermi a venir fuori e ad affrontare con fiducia e ottimismo la vita. Per quanto è stato possibile, ho cercato di oppormi, quasi prevedendo le immani nefandezze di cui gli umani son capaci, ma alla fine eccomi qua, fragilino e timidino più o meno come allora e come sempre sarà nei saeculum saeculorum amen.

Quello stesso anno aveva dato i natali a personaggi che avrebbero lasciato in futuro un rilevante segno. Nel bene e nel male, eccèèèrto.Tra i tanti, quel simpaticonesifaperdire di  Domenico Scilipoti, ginecologo di professione che decise un giorno di mettersi in politica al fine di dare un contributo importante per peggiorare il gia messo male mondo, così come hanno fatto e continuano a fare molti altri distinti suoi colleghi, nel senso di politici, non ginecologi, verso i quali continuo ad avere grande stima, non foss’ altro che aiutano ad avviare al mondo nel miglior modo possibile gli umani. Ma anche verso i veterinari la mia stima non manca. Scilipoti Domenico, quindi, tipico emblema della politica gaglioffa e dalla totale mancanza di valori forti e nobili da impegnare in favore della collettività. Ma in questo senso, è purtroppo in numerosissima compagnia.

Anche Osama Bin Laden –  che seppur tragicamente, diede una forte scossa alla mania di onnipotenza americana e dell’ Occidente “progredito” in generale, contribuì a renderci tutti più vulnerabili –  è mio coetaneo.

Vi sono nati anche Giovanni Brusca, assassino del giudice Falcone e uno dei tanti “pentiti” per pura convenienza nella storia dell’interessato e strano pentitismo italiano, e Riccardo Iacona, uno dei pochi esempi nostrani di giornalismo televisivo libero e coraggioso, dote molto rara nel povero e malandato Stivalalone piazzato nel bel mezzo del Mediterraneo.

Quell’anno è stato caratterizzato anche da avvenimenti di un certo rilievo a livello mondiale, come l’incontro tra Paul McCartney e John Lennon che, in ambito musicale e di costume, hanno dato l’avvio a qualcosa di fondamentale.

Il 1957 è anche l’anno in cui gli italiani hanno iniziato felicemente a sfrecciare a bordo della mitica Fiat 500, caricata all’inverosimile quando in quegli anni iniziavano le gitarelle fuori porta, al mare o ai laghi o in qualsiasi altro posto che facesse scordare per qualche ora la stressante catena di montaggio in fabbrica di tutta la settimana.

Ancora, nel 1957 vengono costruite quelle automotrici ADm che li sussinchi continuano a chiamare “littorina”, quegli altri treni il cui nome sembrerebbe inventato da  un giornalista che lo usò quando la buonanima (!) di Benito inaugurò la città di Littoria, oggi chiamata Latina. La “Littorina” (ALN – automotrice leggera a nafta).  Nel suo libro “Dizionario delle cose perdute“, scritto nel 2012, il maestrone Francesco Guccini, afferma che sono scomparse dalla circolazione, ma provi a fare una capatina in molte tratte ferroviarie sarde e vede che cosa vi circola. Vieni, Francesco, vieni pure che ti ospito a casa mia e magari ci facciamo due accordi insieme, sempreché  ne abbi voglia. A proposito di ferrovie, da quello che si sente in giro, considerata l’età e i tanti acciacchi, tutta la ferraglia che circola ancora nei nostri binari tra non molto dovrebbe essere tutta rottamata: Deu la vozzia che sia vera la notizia, achì lu sussinchi non ni ponini più di viaggiare su questi trabiccoli, se non addirittura con quegli altri treni coi sedili di legno degli anni trenta.

Del 1957 bisogna ricordare in modo particolare la nascita di  Carosello, che negli anni seguenti è stato atteso quotidianamente e con viva trepidazione da tutti i bambini di allora e la cui musichetta ruffianetta ha iniziato a risentirsi anche in questi ultimi tempi, una delle poche isole felici in mezzo alla desolante offerta attuale della RAI. A proposito, a voi non fa senso il fatto che i nostri soldi servano a strapagare quelle donnine e omini tuttologi onnipresenti in quei disumani talk show, volta per volta finti compunti, ridenti,bisticcianti e blablablabla? Va be’, ogni tanto mi affaccio a Rai Storia, unico motivo che giustifica l’obbligo dell’abbonamento, ma per l’altro è un continuo stragiramento di………

BANDA MUSICALE - Copia

Arrivo al dunque. A.D. 1957, anno che a Sossu si distingue soprattutto per la nascita di questa bellissima Banda Musicale che si vede ben schierata nella foto. Me ne parla Giuseppe Melis, padre del conosciuto musicista Fabio ma anche del non meno bravo Riccardo, chitarrista di scuola classica e da vari anni docente di musica nel bolognese. Giuseppe, col suo sax contralto in “MI bemolle” (sottolineato da lui), è il secondo da sinistra in seconda fila. La Banda è rimasta in vita per pochi anni, ed il motivo preciso non mi è stato possibile scoprirlo. Era nata per iniziativa del parroco di allora, quel don Salvatore Ferrandu divenuto in seguito vicario generale dell’Arcidiocesi turritana, originario di Thiesi. Appassionato di musica, da subito aveva lanciato la proposta di mettere insieme gli appassionati di musica, e molti furono i giovanotti che raccolsero l’invito. Le lezioni teoriche era lui stesso ad impartirle, all’interno di un’aula della locale scuola elementare. Maestro esigente e severo. Chi non era convinto, non esitava a invitarlo a dedicarsi ad altro.

Dopo un lungo ma necessario periodo dedicato al solo solfeggio, finalmente arriva il momento di far musica vera e propria. Don Ferrandu chiama come direttore il maestro campano Iavarone, di casa  a Sassari e suocero di un sussincu. Il salone dietro la sagrestia della Parrocchia di San Pantaleo diventa la sede fissa per le prove. Intanto gli strumenti erano stati acquistati quasi tutti usati ed a ciascun allievo rimasto, dopo diverse defezioni, venne assegnato quello a lui più congeniale.Dopo tanta faticosa ed entusiasta applicazione, grande fu la soddisfazione quando venne eseguito in pubblico il primissimo brano, la marcia “Primi Passi”.

Col tempo, la Banda “S.Cecilia” di Sorso era riuscita a mettere insieme un repertorio che non mancò di allietare in varie circostanze gli eventi del paese e di altre località. In una delle due sale cinematografiche del paese, il “Goldoni”, si tenne anche un intero concerto e almeno quattro funerali furono accompagnati dalle note strazianti degli ottoni sussinchi.Nel ’61 Giuseppe parte per il servizio di leva dove, grazie all’impegno nella Banda Musicale militare, evitò praticamente tutte le corvée di caserma. Al termine della naja, nell’agosto dell’anno successivo, riprese  a soffiare ancora nel suo sax contralto, ed era tra quelli prescelti  quando una piccola rappresentanza della Banda veniva invitata per qualche festa  nei paesi del circondario sassarese. Purtroppo, la cosa andò avanti non per molto ancora, privando così il panorama musicale sussinco di una componente importante qual’era la Banda.

Nel frattempo, grazie alle conoscenze del maestro Iavarone, diversi musicanti erano entrati a lavorare nella petrolchimica di Porto Torres. Ma questo è un altro discorso, oltre che essere anche una delle possibili cause che ha condizionato e limitato il “fiato”  di quei giovanotti di allora per poter soffiare  col necessario vigore dentro i vari sax, clarinetti, trombe, sassofoni, bombardini, flicorni e flicornini, oltre che sconcentrare i battitori di grancassa, piatti e tamburi.

Si può sperare che figli, nipoti e pronipoti di quegli appassionati della musica d’insieme possano ancora raccoglierne l’eredità?  Otre ai figli di Giuseppe Melis, che stanno gia ben dimostrando la passione per la musica, mi riferisco agli eredi di Giovanni Piredda, Giovanni Spanu, Giuseppino Sechi, Angelo Loriga,Lucio Occhioni, Giuseppe Conti, Giuseppe Serra, Antonio Corbia, Piero Mangatia, Mario Demurtas, Mura, Piredda e Colombino, Giulio Loriga, Giovanni Murineddu, Antonio Loriga,Renzo Sechi, Antonino Polo (mio cognato), Augusto Biosa, Bainzu Melis e altri ancora.

Auguriamocelo di tutto cuore e di tutta intelligenza. Sarebbe senz’altro una grande ricchezza culturale ed artistica pa Sussu e li sussinchi.

Nella Chiesa Cattolica si muove qualcosa? Si…forse…..ma…..

 

Dal mini Sinodo di Bolzano

85% – EUCARESTIA AI SEPARATIL’85% chiede di ammettere i divorziati alla comunione.
Contrari l’11%, astenuti il 4%

62% – CELIBATO
Per la maggioranza dei padri sinodali altoatesini i sacerdoti non devono essere vincolati al celibato.

79% – DIACONATO
Le donne dovrebbero essere ammesse almeno al diaconato.
Contrari il 14%, astenuti il 7%

62% – SACERDOZIO FEMMINILE
Il Sinodo si è espresso a favore del fatto che l’ordine sacerdotale sia aperto a donne e a uomini insieme.

di Paolo Rodari«Non è una diocesi rivoluzionaria» quella di Bolzano-Bressannone, scrive sul Servizio d’Informazione Religiosa della Chiesa Irene Argenterio, direttrice del settimanale diocesano Il Segno. E, proprio per questo motivo, i risultati del Sinodo da  poco conclusosi e chiaramente a favore dell’abolizione del celibato sacerdotale, del diaconato femminile, dell’ordinazione femminile, della comunione per i separati divorziati e dell’amministrazione dell’unzione degli infermi da parte di laici, parlano alla Chiesa tutta. In sostanza, c’è una parte del popolo di Dio, una porzione come tante e non prettamente borderline che guarda al futuro «senza restrizioni e senza tabù», come vuole che sia la sua Chiesa il vescovo della diocesi Ivo Muser.
La diocesi di Bo1zano-Bressanone ha avuto il coraggio (non così tante altre in Italia e nel mondo) di un confronto orizzontale e pubblico con i fedeli, e in risposta alla domanda su come possono essere preparati, celebrati e vissuti oggi i sacramenti ha raccolto risposte importanti. Tanto che, per volere dello stesso vescovo, tutte saranno recapitate direttamente sul tavolo dei vertici della Chiesa nazionale.
Il punto che afferma che «il sacramento dell’eucaristia è aperto a tutti i battezzati» ha raccolto il 67% dei consensi (26% i contrari, 7% gli astenuti) . Mentre il 79 per cento dei presenti ha votato a favore della somministrazione del sacramento dell’unzione «indipendentemente dal sacramento della riconciliazione».
Uomini e donne «che accompagnano malati possono somministrare l’unzione degli infermi su incarico» (contrari il 18% dei presenti e 3% gli astenuti). Per la comunione ai divorziati risposati, dopo un processo di maturazione in cui la persona impara dai suoi fallimenti, ammette le proprie responsabilità, s’impegna per una conclusione riconciliata del rapporto fallito, «si è detto favorevole l’85 per cento dei presenti (contrari l’11%, astenuti 4%).
Di fronte alla visione in cui si prevede che l’ordine è aperto a tutti i battezzati e cresimati, donne e uomini, si è espresso a favore il 62 percento dei presenti (contrario il 33%, astenuto  5%). Non  solo: è desiderio del 62 per cento dei sinodali altoatesini che l’ordine non sia legato a una forma di vita vincolante, ossia che i sacerdoti non siano vincolati al celibato ma che possano scegliere se sposarsi o meno (contrario si è detto il 33% e si è astenuto il 4%)». A favore del diaconato femminile si è espresso il 79 per cento dei preseti, contrario il 14%, astenuto il ‘7%.
Beninteso, come ha più volte detto Francesco, che la Chiesa, quando si riunisce in assemblea sinodale, lavora come fosse un  Parlamento. Non vince insomma la maggioranza, né affronta questioni da risolvere previo scontro fra partiti diversi.
Eppure, anche in vista dell’appuntamento di ottobre di Roma col Sinodo sulla famiglia, l’invito alla riflessione resta dopo l’esito della consultazione di Bressanone. Una riflessione che sappia partire dalla realtà, da una sua fotografia serena, e dall’ascolto di tutte le voci della base.

(Repubblica 9 febbraio)

 

Ninna nanna della guerra

 

Ninna nanna della guerra

 di Trilussa
Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello [*]
Farfarello e Gujermone [**]
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe [***]
che se regge co le zeppe,
co le zeppe dun impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili
Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;

che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d’una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.
Ché quer covo dassassini
che c’insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finché dura sto macello:
fa la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

Note:

* Uno dei diavoli dell’inferno dantesco
** Guglielmo II, l’imperatore tedesco
*** Francesco Giuseppe imperatore d’Austria

Trilussa
Questa canzone pacifista scritta da Trilussa nell’ottobre 1914, è stata raccolta sul campo tre volte, ricordata da torinesi come cantata durante la prima guerra mondiale, mentre da Torino partivano le tradotte dei soldati, o in trincea, su una melodia che aveva la propria matrice in una vecchia canzoncina piemontese intitolata “Feramiù” (ossia rottamaio ambulante), di cui un frammento raccolto dice:

“Sac e peis ad ‘nans e ‘ns la schina / braje e giaca e capelfrust / o o o capel frust….”

Le versioni della “Ninna-nanna della guerra” che sono state raccolte sono prive dei primi dieci versi della poesia di Trilussa, quelli cioè che si potevano prestare a un’interpretazione nazionalistica.

Che la poesia avesse raggiunto una certa popolarità non solo a Torino lo testimoniavano i versi apocrifi che le erano stati aggiunti, raccolti a Sant’Arcangelo di Romagna: “Tu avevi un babbo bello / ti voleva tanto bene / nel partire t’ha baciato / e t’ha stretto forte al seno / Dopo un anno di trincea / ebbi nuova ch’era morto / Fai la nanna, figlio biondo / che il tuo padre più non torna / E sull’orlo del mondo / tu andrai a predicare / Per supremo d’ironia / sarai figlio di un eroe”.

Tuttavia non si avevano notizie precise sulla diffusione del canto. Il testo della poesia era stato ampiamente pubblicato dai giornali socialisti piemontesi durante la guerra. Venne poi anche ripreso da “L’Ordine Nuovo” del 9 gennaio 1921, preceduto da una nota di Palmiro Togliatti che ne confermava proprio l’ampia diffusione almeno a partire dal ’17: “Un gruppo di operai e tecnici dell’officina Lancia è venuto ieri a trovarci e ci ha invitato a commentare le nozze reali italo-germaniche con la pubblicazione della popolare ‘Ninna-nanna’ di Trilussa. Nell’accontentarli ricordiamo che la poesia è stata scritta nel 1917 (sic), in uno dei più cupi periodi della guerra europea e ha subito avuto un grande successo e una diffusione enorme tra il popolo, quantunque naturalmente in quel tempo il cantarla fosse reato di… disfattismo.
Oggi è disfattista la realtà stessa, che fa succedere sotto gli occhi degli uomini fatti che allora potevano sembrare amare previsioni di un animo esacerbato. Perciò quello che allora era fantasia poetica ben può valere oggi come commento politico”.
Segue il testo, riportato tuttavia privo dei primi dieci versi come nelle versioni cantate raccolte e con una grafia dialettale lontana da quella utilizzata da Trilussa. Non vi è quindi dubbio che, in queste pubblicazioni su “L’Ordine Nuovo”, esso sia la trascrizione a memoria del canto in uso e non quella della poesia.

Noto come al verso 13 del canto figuri “profitto” – come nelle versioni raccolte sul campo – mentre nel corrispondente verso della poesia di Trilussa figura “vantaggio”. Al verso 17 figura “coro” in luogo di “covo” e al 20 “è un giro di quattrini” in luogo di “è un gran giro di quattrini”: conseguenza di refusi tipografici o della trascrizione del canto fatta a memoria?

Tratto da

http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=103&lang=it

 

https://www.youtube.com/watch?v=xqa_X0pjo5o

Dubitare sempre degli ipse dixit del potere, di qualunque colore esso sia

Giornalista-autorevole_web

 

di Marco Travaglio

Tutto pensavo e sognavo di fare nella vita, fuorché il direttore. A me piace scrivere, girare, incontrare i lettori e continuerò – nei limiti del possibile – a farlo. Della linea del Fatto non c’è da toccare una virgola: era e resta la Costituzione, che noi amiamo così com’è. Magari con qualche aggiornamento, ma senz’alcuno stravolgimento, specie da parte dei ceffi che da vent’anni ci tengono sopra le zampe. Dire “Costituzione”, in un giornale, si traduce nell’impegno a dare notizie vere e verificate, senza riguardi né sconti per nessuno.

Rileggevo l’altro giorno, per trovare le parole, i primi editoriali di Indro Montanelli su La Voce, nata 21 anni fa. “Noi – scriveva – saremo certamente all’opposizione. Un’opposizione netta, dura, sia che vinca l’uno sia che vinca l’altro. Il difficile sarà distinguerci dall’altra opposizione. Se vince questa destra noi certamente le faremo opposizione, cercando però di distinguerci da quella che faranno a sinistra. Se vince la sinistra noi faremo opposizione ugualmente ferma, cercando di distinguerci da quella che faranno gli uomini della cosiddetta destra”.

Stare all’opposizione, per un giornale, non significa dire che va tutto male e che sono tutti brutti e cattivi. È un atteggiamento mentale che porta a dubitare sempre degli ipse dixit del potere, di qualunque colore esso sia, e di andare a verificarli alla prova dei fatti. Specie in un Paese dove la tendenza dominante è esattamente quella opposta: prendere per buone le parole dei potenti, incensarli, beatificarli, far loro da cassa di risonanza, ripetere che viviamo sempre sotto il migliore dei governi e dei presidenti possibili, salvo poi scoprire (sempre troppo tardi) che ci hanno ingannati, derubati e rovinati.

Noi – i nostri lettori più attenti lo sanno bene – non siamo né penne all’arrabbiata né pennette alla bava “a prescindere”. Critichiamo e (più raramente, purtroppo) elogiamo chi pensiamo lo meriti, cercando di argomentare e documentare le nostre ragioni, e appena possibile avanziamo proposte concrete in alternativa a ciò che non ci piace. Se veniamo dipinti come bastiancontrari, criticoni, rosiconi, gufi, mai contenti, professionisti del mugugno e del risentimento, è solo perché il resto del panorama è “tutto va ben madama la marchesa”.Dovendo proprio scegliere, meglio sbagliare per eccesso di critica che di piaggeria.

Siamo una squadra di giornalisti onesti, in gran parte giovani, e di collaboratori prestigiosi dei più diversi orientamenti, ma accomunati dall’amore per il rischio e per la libertà. Non abbiamo mai preteso di essere più bravi degli altri. Solo più fortunati: ci siamo fatti il giornale che volevamo, senza padrini né padroni (chi ha cercato di attribuircene qualcuno ha dovuto battere ogni volta in ritirata). Quando sbagliamo lo facciamo in proprio, non per conto terzi. Non abbiamo mai voluto finanziamenti pubblici e ci siamo condannati – per come siamo fatti – a non poter contare su grandi introiti pubblicitari, ma soltanto sulle nostre forze e su un gruppo di azionisti-editori privi di conflitti d’interessi che non mettono becco nella fattura del giornale. La nostra fortuna più grossa è una pattuglia di lettori e di abbonati speciali, molto attivi e partecipativi, che conosciamo quasi uno per uno: di persona o per iscritto, per averli incontrati alle nostre feste e manifestazioni, per averli coinvolti nelle nostre petizioni, per aver ricevuto le loro lettere, per aver letto i loro interventi sul nostro sito. È grazie a voi se, da cinque anni e mezzo, pur tra mille difficoltà e patemi d’animo, i nostri conti chiudono in attivo e dunque il Fatto continua a compiere il suo piccolo miracolo quotidiano: uscire ogni giorno in edicola e sul web, e rendere orgogliosi noi che lo facciamo e voi che lo leggete.

(Stralciato da il Fatto Quotidiano del  5 Febbraio 2015)

Intervista a Travaglio:

 

Ruolo del Presidente e Uguaglianza dei cittadini

di Piero Murineddu

Le lettere che compongono il nome del nuovo Presidente svelano, ma guarda un po’, anche la volontà del Premier su chi doveva essere il successore di Napolitano bis: “Sergio Mattarella – Matteo si rallegra”.

Inaspettata e ben augurale (si spera) coincidenza. Auguriamoci che nel prossimo settennato presidenziale a rallegrarsi siano sopratutto gli italiani. Leggi che possano migliorare la Povera Patria le può e le deve fare il Parlamento, ma il ruolo del Primo Italiano è ugualmente importante, e non solo per garantire l’unità nazionale, ma sopratutto per garantire l’uguaglianza dei cittadini.

In giro è diffuso il convincimento che durante l’era berlusconiana sia stata apposta firma a certe leggi e autorizzate certi decreti volutamente e vergognosamente ….pro domo sua,concepite cioè per risolvere i vari intoppi politici, imprenditoriali, giudiziari e fiscali del Capo. Se così fosse, e il forte dubbio permane anche se diversi giornalistoni fanno finta di niente, questa uguaglianza solennemente enunciata nella Costituzione non è stata di fatto rispettata.

Si dice che il vecchio Giorgio sia stato quasi costretto a farlo, per impedire il definitivo sconquasso del Paese. Mah! E’ comprensibile intanto la contrarietà del famoso “Ex” attualmente impegnato presso i Servizi Sociali e che incredibilmente continua a dettare condizioni alla politica, perché con l’elezione del Sergio siciliano vede la sua “riabilitazione politica” allontanarsi sempre più.

Buona parte degli italiani lo spera proprio, se non altro per essere incoraggiati a riacquistare fiducia nelle Istituzioni, da troppo tempo tristemente e pericolosamente venuta a mancare.

la legge è uguale per tutti

Per chi ha voglia di leggere, ecco di seguito  i più significati provvedimenti ad personam varati dal 1994, cioè dall’entrata in politica di Silvio Berlusconi, contando soltanto quelli di cui si sono giovati personalmente il premier o una delle sue aziende.

  1. Decreto Biondi (1994). Approvato il 13 luglio 1994 dal governo Berlusconi I, vieta la custodia cautelare in carcere (trasformata al massimo in arresti domiciliari) per i reati contro la Pubblica amministrazione e quelli finanziari, comprese la corruzione e la concussione, proprio mentre alcuni ufficiali della Guardia di Finanza confessano di essere stati corrotti da quattro società del gruppo Fininvest (Mediolanum, Videotime, Mondadori e Tele+) e sono pronte le richieste di arresto per i manager che hanno pagato le tangenti. Il decreto impedisce cioè di arrestare i responsabili e provoca la scarcerazione immediata di 2764 detenuti, dei quali 350 sono colletti bianchi coinvolti in Tangentopoli (compresi la signora Piera Poggiolini, l’ex ministro Francesco De Lorenzo e Antonino Cinà, il medico di Totò Riina). Il pool di Milano si autoscioglie. Le proteste di piazza contro il “Salvaladri” inducono la Lega e An a ritirare il consenso al decreto e a costringere Berlusconi a lasciarlo decadere in Parlamento per manifesta incostituzionalità. Subito dopo vengono arrestati Paolo Berlusconi, il capo dei servizi fiscali della Fininvest Salvatore Sciascia e il consulente del gruppo Massimo Maria Berruti, accusato di aver depistato le indagini subito dopo un colloquio con Berlusconi.
  2. Legge Tremonti (1994). Il decreto n.357 approvato dal Berlusconi I il 10 giugno 1994 detassa del 50% gli utili reinvestiti dalle imprese, purchè riguardino l’acquisto di “beni strumentali nuovi”.La neonata società Mediaset (che contiene le tv Fininvest scorporate dal resto del gruppo in vista della quotazione in Borsa) utilizza la legge per risparmiare 243 miliardi di lire di imposte sull’acquisto di diritti cinematografici per film d’annata: che non sono beni strumentali, ma immateriali, e non sono nuovi, ma vecchi. A sanare l’illegalità interviene il 27 ottobre 1994 una circolare “interpretativa” Tremonti che fa dire alla legge Tremonti il contrario di ciò che diceva, estendendo il concetto di beni strumentali a quelli immateriali e il concetto di beni nuovi a quelli vecchi già usati all’estero.
  3. Legge Maccanico (1997). In base alla sentenza della Consulta del 7 dicembre 1994, la legge Mammì che consente alla Fininvest di possedere tre reti tv sull’analogico terrestre è incostituzionale: la terza, presumibilmente Rete4, dev’essere spenta ed eventualmente passare sul satellite, entro il 28 agosto 1996. Ma il ministro delle Poste e telecomunicazioni del governo Prodi I, Antonio Maccanico, concede una proroga fino al 31 dicembre 1996 in attesa della legge “di sistema”. A fine anno, nulla di fatto per la riforma e nuova proroga di altri sei mesi. Il 24 luglio 1997, ecco finalmente la legge Maccanico: gli editori di tv, come stabilito dalla Consulta, non potranno detenere più del 20% delle frequenze nazionali disponibili, dunque una rete Mediaset è di troppo. Ma a far rispettare il tetto dovrà provvedere la nuova Authority per le comunicazioni (Agcom), che potrà entrare in azione solo quando esisterà in Italia “un congruo sviluppo dell’utenza dei programmi televisivi via satellite o via cavo”. Che significhi “congruo sviluppo” nessuno lo sa, così Rete4 potrà seguitare a trasmettere sine die in barba alla Consulta.
  4. D’Alema salva-Rete4 (1999). La neonata Agcom si mette all’opera solo nel 1998, presenta il nuovo piano per le frequenze tv e bandisce la gara per rilasciare le 8 concessioni televisive nazionali. Rete4, essendo “eccedente” rispetto alla Maccanico, perde la concessione; al suo posto la vince Europa7 di Francesco Di Stefano. Ma il governo D’Alema, nel 1999, concede a Rete4 una “abilitazione provvisoria” a seguitare a trasmettere senza concessione, così per dieci anni Europa7 si vedrà negare le frequenze a cui ha diritto per legge.
  5. Gip-Gup (1999). Berlusconi e Previti, imputati per corruzione di giudici romani (processi Mondadori, Sme-Ariosto e Imi-Sir), vogliono liberarsi del gip milanese Alessandro Rossato, che ha firmato gli arresti dei magistrati corrotti e degli avvocati Fininvest Pacifico e Acampora, ma ha pure disposto l’arresto di Previti (arresto bloccato dalla Camera, a maggioranza Ulivo). Ora spetta a Rossato, in veste di Gup, condurre le udienze preliminari dei tre processi e decidere sulle richieste di rinvio a giudizio avanzate dalla procura di Milano. Udienze che iniziano nel 1999. Su proposta dell’on. avv. Guido Calvi, legale di Massimo D’Alema, il centrosinistra approva una legge che rende incompatibile la figura del gip con quella del gup: il giudice che ha seguito le indagini preliminari non potrà più seguire l’udienza preliminare e dovrà passarla a un collega, che ovviamente non conosce la carte e perderà un sacco di tempo. Così le udienze preliminari Imi-Sir e Sme, già iniziate dinanzi a Rossato, proseguono sotto la sua gestione e si chiuderanno a fine anno con i rinvii a giudizio degli imputati. Invece quella per Mondadori, non ancora iniziata, passa subito a un altro giudice, Rosario Lupo, che proscioglie tutti gli imputati per insufficienza di prove (poi, su ricorso della Procura, la Corte d’appello li rinvierà a giudizio tutti, tranne uno: Silvio Berlusconi, dichiarato prescritto grazie alle attenuanti generiche).
  6. Rogatorie (2001). Nel 2001 Berlusconi torna a Palazzo Chigi e fa subito approvare una legge che cancella le prove giunte dall’estero per rogatoria ai magistrati italiani, comprese ovviamente quelle che dimostrano le corruzioni dei giudici romani da parte di Previti & C. Da mesi i legali suoi e di Previti chiedono al tribunale di Milano di cestinare quei bonifici bancari svizzeri perché mancano i numeri di pagina, o perché si tratta di fotocopie senza timbro di conformità,o perchè sono stati inoltrati direttamente dai giudici elvetici a quelli italiani senza passare per il ministero della Giustizia. Il Tribunale ha sempre respinto quelle istanze. Che ora diventano legge dello Stato. Con la scusa di ratificare la convenzione italo-svizzera del 1998 per la reciproca assistenza giudiziaria (dimenticata dal centrosinistra per tre anni), il 3 ottobre 2001 la Cdl vara la legge 367 che stabilisce l’inutilizzabilità di tutti gli atti trasmessi da giudici stranieri che non siano “in originale” o “autenticati” con apposito timbro, che siano giunti via fax, o via mail o brevi manu o in fotocopia o con qualche vizio di forma. Anche se l’imputato non ha mai eccepito sulla loro autenticità, vanno cestinati. Poi, per fortuna, i tribunali scoprono che la legge contraddice tutte le convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e tutte le prassi seguite da decenni in tutta Europa. E, siccome quelle prevalgono sulle leggi nazionali, disapplicano la legge sulle rogatorie, che resterà lettera morta.
  7. Falso in bilancio (2002). Siccome Berlusconi ha cinque processi in corso per falso in bilancio, il 28 settembre 2001 la sua maggioranza approva la legge-delega numero 61 che incarica il governo di riformare i reati societari. Il che avverrà all’inizio del 2002 con i decreti delegati che: abbassano le pene da 5 a 4 anni per le società quotate e addirittura a 3 per le non quotate (prescrizione più breve, massimo 7 anni e mezzo per le quotate e 4 e mezzo per le non quotate; e niente più custodia cautelare né intercettazioni); rendono il falso per le non quotate perseguibile solo a querela del socio o del creditore; depenalizzano alcune fattispecie di reato (come il falso nel bilancio presentato alle banche); fissano amplissime soglie di non punibilità (per essere reato, il falso in bilancio dovrà superare il 5% del risultato d’esercizio, l’1% del patrimonio netto, il 10% delle valutazioni. Così tutti i processi al Cavaliere per falso in bilancio vengono cancellati: o perché manca la querela dell’azionista (B. non ha denunciato B.), o perché i falsi non superano le soglie (“il fatto non è più previsto dalla legge come reato), o perché il reato è ormai estinto grazie alla nuova prescrizione-lampo.
  8. Mandato di cattura europeo (2001). Unico fra quelli dell’Unione europea, il governo Berlusconi II rifiuta di ratificare il “mandato di cattura europeo”, ma solo relativamente ai reati finanziari e contro la Pubblica amministrazione . Secondo “Newsweek”, Berlusconi “teme di essere arrestato dai giudici spagnoli” per l’inchiesta su Telecinco. L’Italia otterrà di poter recepire la norma comunitaria soltanto dal 2004.
  9. Il governo sposta il giudice (2001). Il 31 dicembre, mentre gli italiani festeggiano il Capodanno, il ministro della Giustizia Roberto Castelli, su richiesta dei difensori di Previti, nega contro ogni prassi la proroga in Tribunale al giudice Guido Brambilla, membro del collegio che conduce il processo Sme-Ariosto, e dispone la sua “immediata presa di possesso” presso il Tribunale di sorveglianza dov’è stato trasferito da qualche mese, senza poter completare i dibattimenti già avviati. Così il processo Sme dovrebbe ripartire da zero dinanzi a un nuovo collegio. Ma poi interviene il presidente della Corte d’appello con una nuova “applicazione” di Brambilla in Tribunale fino a fine anno.
  10. Cirami (2002). I difensori di Previti e Berlusconi chiedono alla Cassazione di spostare i loro processi a Brescia perché, sostengono, a Milano l’intero Tribunale è viziato da inguaribile prevenzione contro di loro. E, per oliare meglio il meccanismo, reintroducono il vecchio concetto di “legittima suspicione” per motivi di ordine pubblico , vigente un tempo, quando i processi scomodi traslocavano nei “porti delle nebbie” per riposarvi in pace. E’ la legge Ci-rami n. 248, approvata definitivamente il 5 novembre 2002. Ma nemmeno questa funziona: la Cassazione, nel gennaio 2003, respinge la richiesta di trasloco: il Tribunale di Milano è sereno e imparziale.
  11. Lodo Maccanico-Schifani (2003). Le sentenze Sme e Mondadori si avvicinano. Su proposta del senatore della Margherita Antonio Maccanico, il 18 giugno 2003 la Cdl approva la legge 140, primo firmatario Renato Schifani, che sospende sine die i processi ai presidenti della Repubblica, della Camera, del senato, del Consiglio e della Corte costituzionale. I processi a Berlusconi si bloccano in attesa che la Consulta esamini le eccezioni di incostituzionalità sollevate dal Tribunale di Milano. E ripartono nel gennaio 2004, quando la Corte boccia il “lodo”.
  12. Ex Cirielli (2005). Il 29 novembre 2005 la Cdl vara la legge ex Cirielli (misconosciuta dal suo stesso proponente), che riduce la prescrizione per gli in-censurati e trasforma in arresti domiciliari la detenzione per gli ultrasettantenni (Previti ha appena compiuto 70 anni, Berlusconi sta per compierli). La legge porta i reati prescritti da 100 a 150 mila all’anno, decima i capi di imputazione del processo Mediaset (la frode fiscale passa da 15 a 7 anni e mezzo) e annienta il processo Mills (la corruzione anche giudiziaria si prescrive non più in 15, ma in 10 anni).
  13. Condono fiscale (2002). La legge finanziaria 2003 varata nel dicembre 2002 contiene il condono tombale. Berlusconi giura che non ne faranno uso né lui né le sue aziende. Invece Mediaset ne approfitta subito per sanare le evasioni di 197 milioni di euro contestate dall’Agenzia delle entrate pagandone appena 35. Anche Berlusconi usa il condono per cancellare con appena 1800 euro un’evasione di 301 miliardi di lire contestata dai pm di Milano.
  14. Condono per i coimputati (2003). Col decreto 143 del 24 giugno 2003, presunta “interpretazione autentica” del condono, il governo ci infila anche coloro che hanno “concorso a commettere i reati”, anche se non hanno firmato la dichiarazione fraudolenta. Cioè il governo Berlusconi salva anche i 9 coimputati del premier, accusati nel processo Mediaset di averlo aiutato a evadere con fatture false o gonfiate.
  15. Pecorella (2006). Salvato dalla prescrizione nel processo Sme, grazie alle attenuanti generiche, Berlusconi teme che in appello gli vengano revocate, con conseguente condanna. Così il suo avvocato Gaetano Pecorella, presidente della commissione Giustizia della Camera, fa approvare nel dicembre 2005 la legge che abolisce l’appello, ma solo quando lo interpone il pm contro assoluzioni o prescrizioni. In caso di condanna in primo grado, invece, l’imputato potrà ancora appellare. Il presidente Ciampi respinge la Pecorella in quanto incostituzionale. Berlusconi allunga di un mese la scadenza della legislatura per ripresentarla uguale e la fa riapprovare (legge n.46) nel gennaio 2006. Ciampi stavolta è costretto a firmarla. Ma poi la Consulta la boccia in quanto incostituzionale.
  16. Frattini (2002). Il 28 febbraio 2002 la Cdl approva la legge Frattini sul conflitto d’interessi: chi possiede aziende e va al governo, ma di quelle aziende è soltanto il “mero proprietario”, non è in conflitto d’interessi e non è costretto a cederle. Unica conseguenza per il premier:deve lasciare la presidenza del Milan
  17. Gasparri-1(2003). In base alla nuova sentenza della Consulta del 2002, entro il 31 dicembre 2003 Rete4 deve essere spenta e passare sul satellite. Il 5 dicembre la Cdl approva la legge Gasparri sulle tv: Rete4 può seguitare a trasmettere “ancorchè priva di titolo abilitativo”, cioè anche se non ha più la concessione dal 1999; il tetto antitrust del 20% sul totale delle reti non va più calcolato sulle 10 emittenti nazionali, ma su 15 (compresa Telemarket). Dunque Mediaset può tenersi le sue tre tv. Quanto al tetto pubblicitario del 20%, viene addirittura alzato grazie al trucco del “Sic”, che include un panel talmente ampio di situazioni da sfiorare l’infinito. Confalonieri calcola che Mediaset potrà espandere i ricavi di 1-2 miliardi di euro l’anno. Ma il 16 dicembre Ciampi rispedisce la legge al mittente: è incostituzionale.
  18. Berlusconi salva-Rete4 (2003). Mancano due settimane allo spegnimento di Rete4. Alla vigilia di Natale, Berlusconi firma un decreto salva-Rete4 (n.352) che concede alla sua tv l’ennesima proroga semestrale, in attesa della nuova Gasparri.
  19. Gasparri-2 (2004). La nuova legge approvata il 29 aprile 2004, molto simile a quella bocciata dal Quirinale, assicura che Rete4 non sfora il tetto antitrust perché entro il 30 aprile il 50% degli italiani capteranno il segnale del digitale terrestre, che garantirà loro centinaia di nuovi canali. Poi però si scopre che, a quella data, solo il 18% della popolazione riceve il segnale digitale. Ma poi l’Agcom dà un’interpretazione estensiva della norma: basta che in un certo luogo arrivi il segnale digitale di una sola emittente, per considerare quel luogo totalmente digitalizzato. Rete4 è salva, Europa 7 è ancora senza frequenze.
  20. Decoder di Stato (2004). Per gonfiare l’area del digitale, la finnaziaria per il 2005 varata nel dicembre 2004 prevede un contributo pubblico di 150 euro nel 2004 e di 70 nel 2005 per chi acquista il decoder per la nuova tecnologia televisiva. Fra i principali distributori di decoder c’è Paolo Berlusconi, fratello di Silvio,titolare di Solaris (che commercializza decoder Amstrad).
  21. Salva-decoder (2003). Il digitale terrestre è un affarone per Mediaset, che vi trasmette partite di calcio a pagamento, ma teme il mercato nero delle tassere taroccate: prontamente, il 15 gennaio 2003, il governo che ha depenalizzato il falso in bilancio porta fino a 3 anni con 30 milioni di multa la pena massima per smart card fasulle per le pay tv.
  22. Salva-Milan (2002). Col decreto 282/2002, convertito in legge il 18 febbraio, il governo Berlusconi consente alle società di calcio, quasi tutte indebitatissime, diammortizzare sui bilanci 2002 e spalmare nei dieci anni successivi la svalutazione dei cartellini dei giocatori. Il Milan risparmia 242 milioni di euro.
  23. Salva-diritti tv (2006). Forza Italia blocca il ddl, appoggiato da tutti gli altri partiti di destra e di sinistra, per modificare il sistema di vendita dei diritti tv del calcio in senso “collettivo” per non penalizzare le società minori privilegiando le maggiori. Il sistema resta dunque “soggettivo” , a tutto vantaggio dei maggiori club: Juventus, Inter e naturalmente Milan.
  24. Tassa di successione (2001). Il 28 giugno 2001 il governo Berlusconi abolisce la tassa di successione per i patrimoni superiori ai 350 milioni di lire (fino a quella cifra l’imposta era già stata abrogata dall’Ulivo). Per combinazione, il premier ha cinque figli e beni stimati in 25mila miliardi di lire.
  25. Autoriduzione fiscale (2004). Nel 2003, secondo “Forbes”, Berlusconi è il 45° uomo più ricco del mondo con un patrimonio personale di 5,9 miliardi di dollari. Nel 2005 balza al 25° posto con 12 miliardi. Così, quando a fine 2004 il suo governo abbassa le aliquote fiscali per i redditi dei più abbienti, “L’espresso” calcola che Berlusconi risparmierà 764.154 euro all’anno.
  26. Plusvalenze esentasse (2003). Nel 2003 Tremonti vara una riforma fiscale che detassa le plusvalenze da partecipazione. La riforma viene subito utilizzata dal premier nell’aprile 2005 quando cede il 16,88% di Mediaset detenuto da Fininvest per 2,2 miliardi di euro, risparmiando 340 milioni di tasse.
  27. Villa abusiva con condono (2004). Il 6 maggio 2004, mentre «La Nuova Sardegna» svela gli abusi edilizi a Villa Certosa, Berlusconi fa approvare due decreti. Il primo stabilisce l’approvazione del piano nazionale anti-terrorismo e contiene anche un piano (segretato) per la sicurezza di Villa La Certosa. Il secondo individua la residenza di Berlusconi in Sardegna come «sede alternativa di massima sicurezza per l’incolumità del presidente del Consiglio e per la continuità dell’azione di governo». Ed estende il beneficio anche a tutte le altre residenze del premier e famiglia sparse per l’Italia. Così si bloccano le indagini sugli abusi edilizi nella sua villa in Costa Smeralda. Poi nel 2005 il ministro dell’Interno Pisanu toglie il segreto. Ma ormai è tardi. La legge n. 208 del 2004, varata in tutta fretta dal governo Berlusconi, estende il condono edilizio del 2003 anche alle zone pro-tette: come quella in cui sorge la sua villa. Prontamente la Idra Immobiliare, proprietaria delle residenze private del Cavaliere, presenta dieci diverse richieste di condono edilizio. E riesce a sanare tutto per la modica cifra di 300mila euro. Nel 2008 il Tribunale di Tempio Pausania chiude il procedimento per gli abusi edilizi perchè in gran parte condonati grazie a un decreto voluto dal mero proprietario della villa.
  28. Ad Mediolanum (2005). Nonostante le resistenze del ministro del Welfare, Roberto Maroni, Forza Italia impone una serie di norme favorevoli alle compagnie assicurative nella riforma della previdenza integrativa e complementare (dl 252/2005), fra cui lo spostamento di 14 miliardi di euro verso le assicurazioni, alcune norme che forniscono fiscalmente la previdenza integrativa individuale (a beneficio anche di Mediolanum, di proprietà di Berlusconi e Doris) e soprattutto lo slittamento della normativa al 2008 per assecondare gli interessi della potente lobby degli assicuratori (di cui Mediolanum è una delle capofila). Intanto, nel gennaio del 2004, le Poste Italiane con un appalto senza gara hanno concesso a Mediolanum l’utilizzo dei 16mila sportelli postali sparsi in tutta Italia.
  29. Ad Mondadori-1 (2005). Il 9 giugno 2005 il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti stipula un accordo con le Poste Spa per il servizio «Postescuola»: consegna e ordinazione – per telefono e on line – dei libri di testo destinati agli alunni della scuola secondaria. Le case editrici non consegneranno i loro volumi direttamente, ma tramite la Mondolibri Bol, una società posseduta al 50 per cento da Arnoldo Mondadori Editore Spa, di cui è mero proprietario Berlusconi. L’Antitrust esamina il caso, ma pur accertando l’indubbio vantaggio per le casse Mondadori, non può censurare l’iniziativa perché a firmare l’accordo non è stato il premier, ma la Moratti.
  30. Ad Mondadori-2 (2005). L’8 febbraio 2005 scatta l’operazione “E-book”, per il cui avvio il governo stanzia 3 milioni. E a chi affidano la sperimentazione i ministri Moratti (Istruzione) e Stanca (Innovazione)? A Monda-dori e Ibm: la prima è di Berlusconi, la seconda ha avuto come vicepresidente Stanca fino al 2001.
  31. Indulto (2006). Nel luglio 2006 centrosinistra e centrodestra approvano l’indulto Mastella (contrari Idv, An, Lega, astenuto il Pdci): 3 anni di sconto di pena a chi ha commesso reati prima del 2 maggio di quell’anno. Lo sconto vale anche per i reati contro la Pubblica amministrazione (che sul sovraffollamento della carceri non incidono per nulla), compresa la corruzione giudiziaria, altrimenti Previti resterebbe agli arresti domiciliari. Una nuova legge ad personam che regala anche al Cavaliere un “bonus” di tre anni da spendere nel caso in cui fosse condannato in via definitiva.
  32. Lodo Alfano (2008). Nel luglio 2008, alla vigilia della sentenza nel processo Berlusconi-Mills, il Pdl tornato al governo approva il lodo Alfano che sospende sine die i processi ai presidenti della Repubblica, della Camera, del Senato e del Consiglio. Soprattutto del Consiglio. Nell’ottobre 2009 la Consulta boccerà anche quello in quanto incostituzionale.
  33. Più Iva per Sky (2008). Il 28 novembre 2008 il governo raddoppia l’Iva a Sky, la pay-tv di Rupert Murdoch, principale concorrente di Mediaset, portandola dal 10 al 20%.
  34. Meno spot per Sky (2009). Il 17 dicembre 2009 il governo Berlusconi vara il decreto Romani che obbliga Sky a scendere entro il 2013 dal 18 al 12% di affollamento orario di spot.
  35. Più azioni proprie (2009). La maggioranza aumento dal 10 al 20% la quota di azioni proprie che ogni società può acquistare e detenere in portafoglio. La norma viene subito utilizzata dalla Fininvest per aumentare il controllo su Mediaset.
  36. Ad listam (2010). Visto che le liste del Pdl sono state presentate fuori tempo massimo nel Lazio e senza timbri di autenticazione a Milano, il governo vara un decreto “interpretativo” che stravolge la legge elettorale, sanando ex post le illegalità commesse per costringere il Tar a riammetterle. Ma non si accorge che, nel Lazio, la legge elettorale è regionale e non può essere modificata da un decreto del governo centrale. Così il Tar ribadisce che la lista è fuorilegge, dunque esclusa.
  37. Illegittimo impedimento (2010). Non sapendo più come bloccare i processi Mediaset e Mills, Berlusconi fa approvare il 10 marzo 2010 una legge che rende automatico il “legittimo impedimento” a comparire nelle udienze per sé stesso e per i suoi ministri, il tutto per una durata di 6 mesi, prorogabili fino a 18. Basterà una certificazione della Presidenza del Consiglio e i giudici dovranno fermarsi, senza poter controllare se l’impedimento sia effettivo e legittimo. Il tutto in attesa della soluzione finale, cioè delle nuove leggi ad personam che porteranno il totale a quota 40: “processo breve”, anti-intercettazioni e lodo Alfano-bis costituzionale. Cioè incostituzionale.
  38. La legge contro Veronica (2011). Si tratta della modifica della norma sulla quota legittima che regola la gestione delle eredità, inserita nel decreto sviluppo. La misura voluta da Berlusconi, e non ancora approvata, prevede, che la metà della quota di 2/3 destinata ai figli dovrà essere divisa in parti uguali e l’altra metà potrà invece essere destinata dal genitore a uno o più figli a scelta. L’obiettivo del Cavaliere è quello di evitare che, ripartendo in quote uguali le azioni Fininvest tra Barbara, Eleonora e Luigi, pargoli di Veronica, questi possano unirsi e mettere in minoranza Marina e Piersilvio.

Tratto da

http://www.libertaegiustizia.it/2011/11/09/lelenco-delle-leggi-ad-personam/