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Mauro e Marta sposi: il grande passo di due persone con sindrome Down

di Maria Panariello

ROMA – Mauro e Marta si sono sposati. Quasi 30 anni lei, quasi 40 lui, hanno deciso dopo dieci anni di fidanzamento e due anni di convivenza di coronare il loro sogno d’amore e di convolare a nozze. Il matrimonio di Mauro e Marta è uno dei primi in Italia fra due persone con sindrome di Down.

Nel video registrato prima del giorno del matrimonio (lo trovate in fondo) e della partenza per il viaggio di nozze, Mauro e Marta raccontano di essersi conosciuti “alla festa di compleanno di un’amica comune”, e che è subito nata – “con grande timidezza”, precisa lui – un’amicizia che dieci anni fa, nel 2004, sfocia nella dichiarazione d’amore e nella decisione “di metterci assieme”. Il loro è un legame forte, fatto di piccole tensioni, ma anche di tanta complicità, di affetto e sostegno, a tal punto che decidono di andare a convivere. “Qualche volta – raccontano del loro rapporto – discutiamo e per qualche minuto ognuno resta per conto proprio, ma subito dopo ci ritroviamo, riflettiamo su quello che abbiamo fatto, troviamo un punto d’incontro e facciamo pace”.

Nel 2012 vengono accolti a Casa Petunia, una casa famiglia a bassa assistenza rivolta a persone con sindrome di Down: l’unico operatore passa una sola volta al giorno, nel pomeriggio, per aiutarli nell’organizzazione domestica e nella risoluzione di eventuali piccoli conflitti interni alla casa. Oltre a Mauro e Marta ci vivono altri due ragazzi, in quasi totale autonomia. “Siamo entrati nel progetto di residenza in casa famiglia”, raccontano ancora i due sposi sottolineando le particolarità dell’esperienza di vita in comune in un piccolo gruppo (dai momenti di convivialità alla gestione della casa, e quindi la spesa, le pulizie, la cucina, il lavaggio della biancheria), “ma nel tempo abbiamo anche riflettuto molto su di noi e abbiamo pensato di arrivare al grande passo”.

Problemi con il lavoro, ed è una fortuna, non ne hanno: entrambi ne hanno uno, lei come segreteria all’Adecco, lui come impiegato alla Asl: “A casa mia l’hanno presa tutti tranquillamente, anche mio padre che è all’antica”, dice lui. “I miei sono rimasti spiazzati, non si aspettavano che la figlia più piccola si sposasse ora”, confida lei. Le loro parole sulla scelta rivelano una grande dose di consapevolezza: “Con Mauro – dice Marta – ho capito che cosa vuol dire amare: prima non l’avevo capito e quindi avevo paura, avevo paura di amare”. “L’aiuto familiare – spiega a sua volta Mauro – è una cosa importante, anzitutto quella dei miei genitori e di fratelli e sorelle: col tempo ho costruito altre famiglie, l’associazione, la fondazione, ho conosciuto la famiglia di Marta. Ma la più grande gioia, una gioia immensa, ed è per questo che mi sono dichiarato a lei, è che adesso sto per creare il mio nucleo familiare, e io darò molta priorità a questa cosa bella che mi sta capitando”. “La mia prima famiglia sono i miei – aggiunge allora Marta – ma ora la mia famiglia è quella che sto per creare, la mia famiglia è lui”.

Il matrimonio di Marta e Mauro è uno dei primi tra persone con sindrome di Down a livello nazionale, e certamente il primo in casa Aipd: la coordinatrice nazionale dell’associazione, Anna Contardi, sottolinea a questa proposito l’importanza dei progetti di affettività e sessualità per persone con sindrome di Down. “L’amore è il sentimento più democratico del mondo e – spiega – ci sono percorsi che, sin dall’adolescenza, accompagnano i giovani a sviluppare una consapevolezza e una confidenza nei confronti del proprio corpo”. E’ fondamentale il lavoro di “accompagnamento” degli operatori che lavorano con le persone Down verso esperienze anche di coppia. Due i percorsi proposti generalmente: di informazione e di scelta. Si cerca, cioè, di mettere la persona con sindrome di Down di fronte all’immensità di dati che occorre sapere in quel campo, ma anche di guidarla verso scelte di partner e di azioni da intraprendere. “All’interno della rete Aipd sono tante le storie d’amore che nascono ma fino a questa di Marta e Mauro nessuna si era conclusa con un matrimonio: sono tanti però coloro che sperimentano la sessualità e la sfera affettiva”.

Nonostante l’aumento di progetti che puntano alla sensibilizzazione sessuale, i numeri dei matrimoni, in Italia, così come nel resto del mondo, sono ancora molto bassi. Dall’Australia e dagli Stati Uniti arrivano cifre che farebbero sperare in meglio, ma si parla di cifre sempre basse. “Le esperienze di coppia e di vita coniugale sono iniziate a crescere mano a mano che aumentavano anche gli spazi di autonomia delle persone”, spiega Contardi, secondo cui, per arrivare alla costruzione di un rapporto a due c’è bisogno prima di fornire delle strutture adeguate, che seguano i singoli nei loro percorsi individuali. Nel caso concreto di Marta e Mauro, che sono persone che non hanno bisogno di una cura vigile e costante, per la coordinatrice nazionale Aipd l’autonomia di cui godevano entrambi ha probabilmente giovato anche al loro modo di stare insieme e di relazionarsi, l’una rispetto all’altro.

Particolare, nel contesto del discorso sull’affettività e sessualità, è il discorso sulla genitorialità, sul quale c’è una delicatezza maggiore da parte degli operatori nel momento in cui questi trattano simili tematiche. “Gli operatori cercano di mantenere sempre separato il campo della genitorialità, rispetto a quello della coppia o affettivo in genere”, sottolinea Contardi, che riporta un dato scientifico (sin qui contraddetto solo due volte in letteratura) secondo cui gli uomini con sindrome di Down sono sterili. E’ vero, sottolinea la coordinatrice nazionale, che solo da pochi anni sono iniziati per loro questi percorsi di formazione sessuale, ma il dato biologico è importante. Quanto alla reazione delle donne, invece, “loro sono già preparate alla eventualità di non avere figli e in genere non esprimono neanche questo desiderio, essendo molto più concentrate sulla coppia. In età adolescenziale – precisa Contardi – il loro desiderio di maternità è molto più profondo rispetto a quando diventano adulte e acquisiscono una diversa consapevolezza”. L’affetto e l’affettività delle persone con sindrome di Down, insomma, si esprime tutta all’interno di un rapporto a due.

Mauro e Marta sposi ma senza casa: “Nessuno affitta a persone down”

Quando torneranno dal viaggio di nozze, non sanno ancora dove potranno disfare le valigie: la casa famiglia dove hanno vissuto fino a qualche settimana non ha più possibilità di ospitarli e trovare soluzioni sul mercato privato è molto difficile perché “molti padroni di casa rifiutano di affittare quando sanno che nella casa vivranno persone con disabilità”. Partiti per il viaggio di nozze, ad oggi non hanno un posto dove andare a stare insieme al loro ritorno e così i rispettivi genitori raccontando i fatti sottolineano la difficoltà che non solo Mauro e Marta, ma anche molte persone con sindrome di Down si trovano davanti quando scelgono di vivere una vita autonoma. La struttura dove hanno vissuto finora (Casa Petunia, una casa famiglia a bassa assistenza in cui l’unico operatore passava una sola volta al giorno, nel pomeriggio, per aiutare i quattro ospiti nell’organizzazione domestica e nella risoluzione di eventuali piccoli conflitti interni alla casa) è stata costretta per motivi di sostenibilità economica a rielaborare il proprio progetto senza al contempo poter garantire una continuità nell’immediato futuro. I due sposi sono molto autonomi – viene spiegato – ma forse hanno ancora bisogno di un aiuto per la gestione degli imprevisti e di un po’ di supervisione.

Se in alcune realtà si possono raccontare esperienze positive su alloggi resi disponibili da Asl o istituti per le case popolari (come ad esempio nelle sezioni Aipd di Pisa e Venezia, dove sono attivi percorsi di preparazione alla vita indipendente), queste sono però solo esperienze isolate.

Ecco allora l’auspicio espresso dall’Aipd: una maggiore disponibilità di case a costo agevolato o anche semplicemente un più facile accesso a queste nel patrimonio di Istituzioni ed enti potrebbe permettere oggi a molte più coppie di fare il grande passo che a luglio hanno fatto Mauro e Marta. Questo punto è sottolineato con forza dai genitori di Marta: “Non stiamo chiedendo un servizio gratuito da parte delle istituzioni – spiega la mamma – ma ci piacerebbe che i nostri figli trovassero una casa che abbia spese sostenibili per i loro stipendi e il loro stile di vita”.

In effetti, viene spiegato, in un momento in cui le risorse per i servizi sociali sono sempre più esigue investire oggi sull’autonomia possibile di molti giovani e adulti con disabilità intellettiva vuol dire domani non dover ricorrere per loro a strutture assistenziali quando i genitori non ci saranno più, con un grande risparmio per la collettività. “Forse non tutti sanno – spiega Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’Associazione italiana persone down – che oggi in Italia il 60% delle persone con sindrome di Down ha già superato i 18 anni: il tema dell’abitare è un tema che ci interroga con urgenza e che possiamo affrontare solo con creatività, individuando soluzioni con e per le persone con sindrome Down, integrando professionisti e volontariato, valorizzando tutte le risorse possibili. Ci piacerebbe che qualche ente cominciasse a dare il buon esempio uscendo allo scoperto e mettendo a disposizione una casa per Mauro e Marta”. Fidanzati dal 2004, si sono sposati domenica 6 luglio a Roma e il loro è stato uno dei primi in Italia fra due persone con sindrome di Down. Quasi trent’anni lei con un lavoro da segretaria, quasi quaranta lui con un lavoro da impiegato alla Asl. “A casa mia – aveva detto lui – l’hanno presa tutti tranquillamente, anche mio padre che è all’antica”. “I miei sono rimasti spiazzati, non si aspettavano che la figlia più piccola si sposasse ora”, confidava lei.

http://www.redattoresociale.it/Multimedia/Video/Dettaglio/464307/Mauro-e-Marta-finalmente-sposi-una-storia-d-amore-e-sindrome-di-Down

 

Anni giovanili

Due momenti dell’età giovanile che l’amico Giuseppe mi ha riportato alla memoria. Anni che ci hanno visti appassionati frequentatori del “Centro di Lettura” iniziato dal compianto Pietro Falesi, insegnante elementare che ha supplito alla mancanza di figli biologici donando tempo e affetto a tantissimi ragazzi, cresciuti sotto le sue protettive “ali” di maestro ed educatore. Sarebbe bello ricordarne la figura da parte di coloro che l’hanno conosciuto, frequentato, e sicuramente apprezzato.

 

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Sorso – Sito “Istituzionale” del Comune: strumento d’Informazione e di Partecipazione o cos’altro?

 

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Domanda:

“RITIENI CHE LEGGERE NOTIZIE INESATTE SULLA STAMPA LOCALE DANNEGGI SORSO E LA SUA COMUNITA’?

Risposta  (sabato 19 luglio 2014 ore 09,32):

SI 85  (93.4%) – NO 6  (6.6% )

http://www.comune.sorso.ss.it/index.php?option=com_poll&id=16:ritieni-che-leggere-notizie-false-sulla-stampa-locale-danneggi-sorso-e-la-sua-comunita

di Piero Murineddu

Di che si sta parlando? Ah, niente, solo di un sondaggio presente nel Sito istituzionale del Comune di Sorso. Si, quello ben pagato dai contribuenti (di destra, di sinistra, di giù e di sù…) e che spesso l’Amministrazione in carica usa per autoelogiarsi.

Proviamo a fare qualche considerazioncella su questo intelligente e utile (!) sondaggio. E azzardiamo anche un probabile scopo, va…

Come fare a non rispondere affermativamente a tale domanda posta in questi termini? Se una notizia è inesatta, è sicuramente un cattivo servizio all’informazione. Su questo non ci piove. Se la notizia è giudicata soggettivamente “inesatta” da chi in varia forma è coinvolto,per esempio un pubblico amministratore, allora è dovere di quest’ultimo dare prova dell’inesattezza, ed eventualmente l’autore dell’articolo dovrebbe, se il suo agire è  professionale e sopratutto onesto, chiedere scusa del mancato approfondimento delle sue fonti. Ci siamo fin qui? Bene. Andiamo avanti.

A questo punto ci sono altri elementi da aggiungere. “Stampa locale”. Per esempio “La Nuova”? Per esempio. Poniamo il caso che  il corrispondente sussinco di questa testata volutamente, vo-lu-ta-men-te,  stravolge la notizia per un qualsiasi scopo diverso dalla serietà professionale per cui lavora, allora la cosa diventa un tantino preoccupante. Sia ben inteso, parlo di stra-vol-gi-men-to, e chiaramente questa non è informazione. Personalmente non credo che il solerte giovane corrispondente si spinga a tanto. Penso piuttosto che dando la notizia, a volte mette anche il suo parere, e questo lo ritengo un merito, un valore aggiunto che si dà alla notizia.  Qui, naturalmente, la cosa si complica un tantino, abbracciando il tema generale dell’Informazione e del modo di presentare la notizia. Un organo d’informazione deve limitarsi a dare una notizia “nuda e cruda” rinunciando ad aggiungere commenti? O che cosa? Sappiamo che i “commenti” non possono prescindere dal personale giudizio sugli eventi e sulle persone, per cui…. Conosciamo anche l’estrema suscettibilità di chi comanda, aspettandosi solo applausi e detestando i dissensi. Dando per scontato che qualsiasi cosa faccia, andia bè . Ma cussì non è.                   Ma comunque.

Come qualcuno dei miei pochi lettori sa, sono solito essere diretto, cercando di essere il più chiaro possibile. Io credo che il corrispondente da Sorso de “La Nuova Sardegna” non sia molto gradito agli attuali amministratori. Probabilmente viene giudicato “fazioso”, intenzionalmente fazioso. Del resto, anche lo stesso Quotidiano sassarese viene considerato “di parte”, specialmente dalla ultimamente esigua ( ma non a Sossu, sia chiaro!) schiera dei seguaci del Signore di Arcore, riconosciuto non più corruttore di minorenni ( cosa che fa “commuovere” il suo vecchio pupillo Angelino). Non potendo intervenire per richiamare la Dirigenza e l’Editore di questo giornale, come al solito  “comunista” incallito, allora ci si serve dei “propri” mezzi (il Sito Comunale!), non tanto per dimostrare l’inesattezza di certa informazione e dicendo chiaramente le cose come realmente stanno, ma per dare – indirettamente, per caritàdiddio –  il proprio giudizio sulla mancanza di obiettività di certi organi di stampa. Il fatto è che lo si fa in un modo che rasenta il ridicolo e offende l’intelligenza dei destinatari. Il 93% ha risposto “ SI, LE NOTIZIE INESATTE DANNEGGIANO SORSO E LA SUA COMUNITA”. Non c’è che dire:di una logica indiscutibile. Meno comprensibile è quell’esiguo 6,6% che risponde NO. Ma forse, attraverso questo NO si vuol dire che la notizia data non è inesatta o addirittura falsa, ma obiettiva e corrispondente al vero? Chissà!

Che conclusioni trarre? Mah, almeno due:

  1. che il “sondaggista” impari il suo mestiere, ponendo magari domande in modo più intelligente e più utili alla vita comunitaria (e qui si potrebbe spaziare all’infinito, diventando il sondaggio un utile strumento di crescita collettiva, e non mortificato come in questo caso)

  2. il “manovratore” dovrebbe essere meno suscettibile e contento di essere “disturbato”: serve per tenerlo “sveglio” e per ricordargli che ha il dovere di condurre serenamente i “viaggiatori” verso la destinazione.

 

FARMACI INTEGRI DESTINATI AL MACERO

FARMACI

 

di Piero Murineddu

 

La vicenda del pensionato di Selargius Marco Pibiri, vedovo da circa un mese, che si è visto rifiutare dagli ospedali e dalle farmacie  confezioni integre che assumeva la moglie malata di tumore, è di quella che fanno attorcigliare le budella dall’indignazione. Eppure la Legge è questo che stabilisce. Che poi la Sardegna sia una delle regioni italiane che spendono di più per i medicinali, è una cosa secondaria. Che il Governo sardo sia impegnato a riorganizzare la Sanità isolana, ivi inclusa la severa attenzione agli sprechi e al giusto uso delle poche risorse economiche a disposizione, è anche questa una cosa irrilevante. A proposito, queste benemerite-malemerite ASL, sono destinata a diminuire o addirittura ad aumentare? Non per niente no, ma così facendo  si  fa dire ai difensori del Popolo e della Democrazia ( cioè il CentroDestra, attualmente  – diosiabenedetto! – all’opposizione, dopo che hanno spadroneggiato e distrutto per ben cinque lunghissimi anni) che ai nuovi governanti interessi solo sostituire gli attuali vertici  con persone di loro fiducia, dopo che hanno annunciato di allontanare l’influenza della politica dalle ASL. Ma guarda guarda guarda…..Proprio questi signori si permettono di dire una cosa del genere, dopo che un rappresentante di questa buona gente, conosciuto anche come Votaprifèru, ha fatto carriera per questa “influenza” che adesso detestano tanto!

Si, avete ragione, questo è un altro discorso. Torniamo ai farmaci nuovi destinati imbecillamente alla spazzatura.

Non molto tempo fa, a me è successa una cosa simile. A seguito del decesso di una persona cara, preso da un moto di senso civico mi sono preoccupato di portare i farmaci non usati nel reparto dove veniva seguita. E’ li che ho fatto la scoperta sconcertante: la cosa non si poteva assolutamente fare. Cioè, il buon senso è una cosa, la Legge molte volte è un’altra. Nel mio caso mi ero dovuto anche imbattere nella rozzezza di un infermiere, che evidentemente dovrebbe fare tuttaltro che occuparsi di persone sofferenti. Tra l’altro, è da rilevare che nessuno si è compiaciuto del gesto di un qualsiasi cittadino che voleva essere responsabile. Così è. Provate ad immaginare ciò che ho provato quando ho dovuto mettere nel raccoglitore di una vicina farmacia queste confezioni integre di medicinali. La legge è questa ed è obbligatorio adattarsi.  Ed è quello che solitamente facciamo, spesso rassegnati e a volte a denti stretti. AMEN

Imparare a coltivare il grano buono in presenza della zizzania

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Matteo 13,24-43
24 Un’altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25 Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26 Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. 27 Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? 28 Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? 29 No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30 Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
31 Un’altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. 32 Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».
33 Un’altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
34 Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, 35 perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:
Aprirò la mia bocca in parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
36 Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37 Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. 38 Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, 39 e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40 Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41 Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità 42 e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. 43 Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

 

 

 

Riflessione di don Franco Barbero

 

A volte, con l’aria che tira, tra guerre e violenze, le disuguaglianze e l’ingiustizia sembrano spegnere  ogni tentativo di cambiamento.
In questo contesto, a chi non viene voglia di cercare riparo nella sua casa, nella cerchia degli amici più intimi o di entrare in convento o in clausura?
Il presente è costellato di paradossi:manca il lavoro e si continuano a progettare grandi opere  come la TAV o a fabbricare gli F-35 mentre dilaga l’inquinamento.
Non si vede il coraggio di partire dalle necessità, dai bisogni degli ultimi. Una discussione sulla riforma  del Senato occupa settimane sulle prime pagine dei giornali, mentre cresce la disperazione dei senza lavoro e senza casa.
Occorre riconoscerlo: la voglia di ricavarsi una nicchia al riparo dalla tempesta e di preservare le sicurezze residue si fa sentire. Tanto più che istituzioni come l’ONU o il Parlamento europeo sembrano impotenti, chiuse nei loro rituali privi di efficacia e di autorevolezza.
Il desiderio di vivere in un mondo senza zizzania compare e ricompare continuamente nella storia umana.
La parabola non costituisce affatto un invito a rassegnarci al male, a desistere dalla lotta. Essa però
ci mette in guardia dall’illusione di creare un mondo in cui esista solo il grano buono. L’invito è chiaro: imparate a seminare e coltivare il grano buono in presenza della zizzania.
Quando per fuggire dalle contraddizioni della nostra società si sono costruiti recinti sacri e fortini protetti, spesso proprio lì è cresciuta la zizzania. Persino i partiti, i sindacati e lo stesso mondo associazionistico rischiano di vivere un po’ troppo nel recinto dei loro problemi. Un caso lampante : in questi giorni  di una guerra di occupazione del suolo palestinese, con una autentica carneficina, non siamo riusciti ad uscire dai nostri “giacigli” per riempire le piazze d’Italia e dire il nostro NO TOTALE a questa barbarie.

Il difficile tempo intermedio
Sarebbe fuori luogo leggere questa parabola come la presenza del Dio giustiziere che, attraverso il Figlio dell’uomo, “getterà nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti” (v. 42) tutti i seminatori di zizzania.
La parabola non  vuole parlarci di nessuna strage dei “maligni”. Essa non anticipa una cronaca, non fotografa l’atto finale della storia. Essa, piuttosto, con frase pittoresca, tiene vivo e aperto l’orizzonte  della speranza: ” I giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (v. 43).
Questo preme a Gesù: che la vita grama dei più deboli e la fatica dei discepoli siano sorrette dalla fiducia, che la presenza della notte non spenga la luce del giorno. Il nostro è un “tempo  intermedio” in cui può avvenire l’eclissi della speranza e il prolungarsi della notte può addormentarci.
Questo è il terreno difficile della fede. Ciò che tarda avverrà, ma non avviene nè oggi né a breve termine. La speranza è messa a dura prova attraverso questa incertezza che, a volte, sembra una eterna dilazione.

Lo “scandalo” da affrontare

Questo è lo “scandalo” da sopportare.
Ciascuno/a  di noi conosce l’usura del tempo, la fatica connessa alla perseveranza, la difficoltà a rimanere vigili e creativi quando il “panorama della zizzania” è talmente esteso ed invasivo da sembrare invincibile.
Non serve a nulla, secondo il messaggio della parabola, vivere nel conteggio ossessivo della zizzania. La direzione indicata da Gesù è un’altra:
si tratta di continuare a prenderci cura, a seminare il grano buono e poi…fidarci di quel che Dio farà.
Solo la fiducia in Lui, nella Sua  presenza nel mondo e nelle persone, può mantenerci come seminatori attivi e sereni nel Suo campo.
Non invochiamo vendette, punizioni o “inferni” per nessuno. Ci preme fare la nostra parte, lottare perchè la giustizia germogli su questa terra, come dice il profeta Isaia, ma poi lasciare a Dio ciò che è di Dio. Intanto, c’è un compito quotidiano che riguarda anche l’orto di casa nostra , il nostro cuore e il mondo delle relazioni interpersonali. Lì un po’ di zizzania possiamo estirparla “senza attendere la venuta del messia”, cioè da oggi.
Seminare un po’ di grano buono, di perdono, di rispetto, di accoglienza è ciò che posso fare già oggi.


La lotta dei pastori ci riguarda tutti

pecore morte

 

 

di Piero Murineddu

Bramosia.Ingordigia.Indecente ingozzamento. Difficile trovare un ambito del vivere comune, specialmente quello incaricato del Servizio Pubblico, che sia immune da questa tendenza. Pur di farsi avanti, pur di ottenere un qualsiasi guadagno, pur di ottenere un avanzamento di carriera (che è legato ad un appesantimento della busta paga), purpupur e ancora pur……

Prendiamo il caso degli allevamenti decimati da quei micidiali virus.

Quarantuno persone sono indagate di aver manovrato al fine di arraffare l’arraffabile, a discapito della salute degli animali e delle tasche degli allevatori. Come? Favorendo un’azienda farmaceutica che produce vaccini in cambio di questoequestaltro ed evitando i necessari passaggi per stabilire quando un vaccino è sicuro ed efficace. Niente di nuovo sotto il sole: chi è vicino alle stanze dei bottoni, facilmente si fa vincere dalla tentazione per arrotondare il magri stipendietto che riceve da noi tutti.

E’ da molto che il Movimento dei pastori organizzatisi intorno a Felice Floris spinge perchè s’intervenga sugli insetti vettori del virus, nello specifico, quei moscerini chiamati culicoidi. A quanto pare, orecchie che intendano non se ne trovano. Mentre intanto all’orizzonte c’è in agguato un nuovo virus, il “Visna Maedi”, i pastori si stanno predisponendo per una nuova mobilitazione.

 

felice florisFeeding Mosquito

 

 

 

 

 

 

 

Il più delle volte questa gente di campagna rimane isolata nella lotta. Noi cittadini “progrediti”, acculturati e beddhi pranciaddi pensiamo che le loro esasperate incazzature (e manganellate capitoline!) non ci riguardino. Eppure stanno portando avanti delle istanze di civiltà, che hanno ancora più valore perchè non hanno obiettivi di “poltrone”, a differenza di buona parte dei nostri politici che ogni tanto hanno il coraggio d’indossare i jeans e scendere in piazza in mezzo al popolino, magari col casco in testa. Fa molto “operaio” e rende anche simpatici.

 

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Francesco: “Come Gesù userò il bastone contro la pedofilia, lebbra nella Chiesa”

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Di Francesco Antonio Grana

Pedofilia, mafia: la Chiesa, il popolo di Dio, i sacerdoti, le comunità,avranno tra gli altri compiti queste due principalissime questioni” . È quanto ha sottolineato Papa Francesco in una nuova intervista concessa al fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, in un dialogo tra credenti e non credenti, come ha sottolineato il giornalista. Bergoglio ha messo ancora una volta il dito nella piaga della “lebbra della pedofilia nella Chiesa“, contro la quale sta attuando la linea della tolleranza zero, sottolineando che è “gravissimo che il due per cento di pedofili sono sacerdoti e perfino vescovi e cardinali”. E sempre riguardo la piaga della pedofilia, Bergoglio aggiunge che “Gesù amava tutti, perfino i peccatori che voleva redimere dispensando il perdono e la misericordia, ma quando usava il bastone lo impugnava per scacciare il demonio che si era impadronito di quell’anima”.E sull’inchino della statua della Madonna delle Grazie al boss Giuseppe Mazzagatti, avvenuto a Oppido Mamertina dopo la sua scomunica ai mafiosi, Francesco ha assicurato: “Tutto questo sta cambiando e cambierà. La nostra denuncia delle mafia non sarà fatta una volta tanto ma sarà costante”.

 

Apertura importante e per certi aspetti inedita da parte del Papa sul celibato dei sacerdoti. “Forse lei non sa – ha spiegato Bergoglio a Scalfari – che il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore. La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino. Il problema certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò”. Non a caso Francesco ha citato l’esempio della Chiesa orientale per valutare un cambiamento nella dottrina che riguarda il celibato sacerdotale. Proprio l’esempio concreto che viene dall’Oriente sarà al centro della discussione del Sinodo dei vescovi che si terrà a ottobre in Vaticano per valutare l’altra apertura significativa, e molto attesa all’interno della Chiesa, ovvero quella verso i divorziati risposati.

“La corruzione di un fanciullo – ha affermato il Papa – è quanto di più terribile e immondo si possa immaginare specialmente se, come risulta dai dati che ho potuto direttamente esaminare, gran parte di questi fatti abominevoli avvengono all’interno delle famiglie o comunque d’una comunità di antiche amicizie”. E in un altro passaggio ha sottolineato che “l’educazione come compito principale verso i figli sembra fuggito via dalle case. Questo fenomeno è una gravissima omissione ma non siamo ancora nel male assoluto. Non soltanto la mancata educazione ma la corruzione, il vizio, le pratiche turpi imposte al bambino e poi praticate e aggiornate sempre più gravemente man mano che egli cresce e diventa ragazzo e poi adolescente. Questa situazione è frequente nelle famiglie, praticata da parenti, nonni, zii, amici di famiglia. Spesso gli altri membri della famiglia ne sono consapevoli ma non intervengono, irretiti da interessi o da altre forme di corruzione”.

E qui Francesco ha indicato anche la “la diffusione delle droghe” nelle nuove generazioni. “La Chiesa – ha sottolineato il Papa – lotta perché il vizio sia debellato e l’educazione recuperata. Ma anche noi abbiamo questa lebbra in casa. Molti miei collaboratori che lottano con me mi rassicurano con dati attendibili che valutano la pedofilia dentro la Chiesa al livello del due per cento. Questo dato dovrebbe tranquillizzarmi ma debbo dirle che non mi tranquillizza affatto. Lo reputo anzi gravissimo. Il due per cento di pedofili sono sacerdoti e perfino vescovi e cardinali. E altri, ancor più numerosi, sanno ma tacciono, puniscono ma senza dirne il motivo. Io trovo questo stato di cose insostenibile ed è mia intenzione affrontarlo con la severità che richiede”.

Sulla pedofilia Papa Francesco sta compiendo atti inediti e abbastanza significativi con punizioni esemplari. Bergoglio, infatti, ha rimandato nella sua diocesi di Taranto il numero due della nunziatura apostolica in Italia, monsignor Luca Lorusso, che ha difese l’ex prete romano Patrizio Poggi condannato in secondo grado per pedofilia e che sostenne le sue accuse, risultate totalmente infondate, contro nove ecclesiastici romani che si sarebbero macchiati dello stesso reato. Francesco, inoltre, ha obbligato don Mauro Inzoli, punto di riferimento di Comunione e liberazione in Lombardia, indagato per pedofilia, a ritirarsi a vita privata senza poter più celebrare Messa pubblicamente e amministrare i sacramenti. Un provvedimento di poco inferiore a quello emanato per l’ex nunzio apostolico nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski, condannato in primo grado per abusi sessuali su minori dall’ex Sant’Uffizio alla dimissione dallo stato clericale.

Non a caso come primo provvedimento assunto insieme al suo consiglio di cardinali, il cosiddetto “C9″, Francesco ha istituito la Pontificia commissione per la tutela dei minori, coordinata dal cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, nella quale c’è anche una vittima degli abusi, l’irlandese Marie Collins. E proprio alle vittime il Papa ha voluto chiedere perdono, il 7 luglio scorso, nella Messa che ha celebrato per loro nella cappella di Casa Santa Marta, definendo la pedofilia “un culto sacrilego”. Sulla mafia, Francesco ha confessato di “non conoscere a fondo il problema. So purtroppo quello che fanno, i delitti che vengono commessi, gli interessi enormi che le mafie amministrano. Ma mi sfugge il modo di pensare dei mafiosi, i capi, i gregari. In Argentina ci sono come dovunque i delinquenti, i ladri, gli assassini, ma non le mafie. È questo aspetto che vorrei esaminare e lo farò leggendo i tanti libri che sono stati scritti in proposito e le tante testimonianze”.

Il Papa si è soffermato anche sul valore della religione, ovviamente in modo totalmente distorto, nelle organizzazioni criminali. “La maggior parte delle donne legate alla mafia da vincoli di parentela, le mogli, le figlie, le sorelle, frequentano assiduamente le chiese dei loro paesi dove il sindaco e altre autorità locali sono spesso mafiose. Quelle donne pensano che Dio perdoni le orribili malefatte dei loro congiunti?”. E, infine, un mea culpa importante per le omissioni di alcuni preti verso le organizzazioni criminali. “Debbo aggiungere che alcuni sacerdoti tendono a sorvolare sul fenomeno mafioso. Naturalmente condannano i singoli delitti, onorano le vittime, aiutano come possono le loro famiglie, ma la denuncia pubblica e costante delle mafie è rara. Il primo grande Papa che la fece proprio parlando in quelle terre fu Wojtyla“.

Tuttavia, dopo la pubblicazione dell’intervista su Repubblica, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha tenuto a precisare, con una nota ufficiale, che “come già in precedenza in una circostanza analoga, bisogna far notare che ciò che Scalfari attribuisce al Papa, riferendo ‘fra virgolette’ le sue parole, è frutto della sua memoria di esperto giornalista, ma non di trascrizione precisa di una registrazione e tanto meno di revisione da parte dell’interessato, a cui le affermazioni vengono attribuite. Non si può e non si deve quindi parlare in alcun modo di un’intervista nel senso abituale del termine, come se si riportasse una serie di domande e di risposte che rispecchiano con fedeltà e certezza il pensiero preciso dell’interlocutore. Se quindi si può ritenere che nell’insieme l’articolo riporti il senso e lo spirito del colloquio fra il Santo Padre e Scalfari, – precisa ancora il portavoce vaticano – occorre ribadire con forza quanto già si era detto in occasione di una precedente ‘intervista’ apparsa su Repubblica, cioè che le singole espressioni riferite, nella formulazione riportata, non possono essere attribuite con sicurezza al Papa”.

Lombardi focalizza in particolare la sua attenzione su “due affermazioni che hanno attirato molta attenzione e che invece non sono attribuibili al Papa. Cioè che fra i pedofili vi siano dei ‘cardinali’, e che il Papa abbia affermato con sicurezza, a proposito del celibato, ‘le soluzioni le troverò’. Nell’articolo pubblicato – precisa ancora Lombardi – queste due affermazioni vengono chiaramente attribuite al Papa, ma, curiosamente, le virgolette vengono aperte prima, ma poi non vengono chiuse. Semplicemente mancano le virgolette di chiusura. Dimenticanza o esplicito riconoscimento che si sta facendo una manipolazione per i lettori ingenui?”

Tentativi per scrivere correttamente la lingua locale

 

di Piero Murineddu

Non è per niente una bella senzazione quella provata quando si vuol scrivere nel modo e con le parole che abbiamo sentito e usato gia dai primi giorni di vita, e rimaniamo bloccati  da  atroci dubbi su quel  suono gutturale, aspirato e quant’altro. E poi, conosco gli antichi termini oppure uso un ridicolo  dialetto italianizzato? Si, qualcuno dice che la lingua, come tutte le cose, si evolve. Ma una cosa è la legittima evoluzione, un’altra è l’imbastardimento della lingua, mortificante della nostra Cultura. Sarò esagerato, ma a me sembra che se pasticciamo il modo in cui abbiamo comunicato coi nostri genitori e coi nostri fratelli nella casa in cui siamo cresciuti, c’è realmente il rischio di perdere anche la nostra identità, e questo si che è grave.

La ricerca che lo studioso Gian Paolo Bazzoni ha fatto sull’argomento, può essere un validissimo aiuto per chiarirci le idee , spesso molto confuse.

 

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http://it.wikipedia.org/wiki/Gian_Paolo_Bazzoni

SUL RIPRISTINO DELLA VIABILITA’ NELLA LITORANEA DI SORSO

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Sossu  14 LUGLIO 2014

 

Il sindaco Morghen: “Il Genio Civile ha bocciato il progetto. Chi pensa che si possa aprire il ponte prima di settembre se lo deve dimenticare perchè sarà impossibile”

Il Genio Civile: “Nessun diniego perchè non abbiamo ricevuto nessun progetto”

La Provincia: “Il provvisorio blocco di cemento prefabbricato potrebbe essere installato anche domani”

Li sussinchi disorientati: “Oiaoiaoia…cozzanoicozzanoi!”

Li sussinchi  del’ “Esercito” del Decaduto di Arcore, ispiratore  del Consiglieredicascofornito:  “Anda bè!”

 

A.A.A. CERCASI (SALVA)TORE PA’ SOSSU. Ma non uno qualsiasi, però…

TORE COCCO 001
di Piero Murineddu

Ditemi, che fine ha fatto quel particolare “Programmatore” che dopo aver minuziosamente analizzato i motivi che hanno portato la società di Sorso (e non solo!) all’attuale disastroso stato, aveva messo a punto un modo di convivere giusto, equilibrato, pacifico…..leggermente e vagamente utopico? Si, lui: l’agronomo – editore inventore della “Nuova Civiltà” che non ha trovato le cinquanta adesioni per presentare il suo scientifico e rivoluzionario Progetto da attuarsi in tre fasi, che si prefiggeva di ritirare l’uso di li dinà dal mercato interno, sostituito da carte di credito e scambio di lavoro e prestazioni, tipo la “Banca del Tempo” che voleva realizzare il nostro compianto amico Giovannino Marongiu, non attecchita per la famosa cocciutaggine e tradizionale diffidenza verso le novità di la sussinca mintariddai? Idee campate in aria? Boh! E chi lo sa?! Cercatelo,supplicatelo. Chiedetegli, adesso che non c’è alcuna imminente scadenza elettorale e potrebbe avere la rilassata seppur impegnativa possibilità di fare un lungo e meticoloso lavoro di persuasione, di far capire meglio le sue idee, forse poco comprensibili ai più. Anche lui non dovrebbe negare che appaiono un tantino utopistiche, specialmente davanti ad un popolino che ultimamente ha (forse) difficoltà a ragionare con la sempre sfuggente obiettività, succube (ancora forse) del “barone” di turno (almeno fino a quando non si sente tradito e gli fa cavalcare un ciuchettino per fargli raggiungere di corsa la Legione straniera!).  Pregatelo di non abbattersi per l’incomprensione con la quale è stata accolta la sua acuta novità. Convincetelo a tornare a lavorare in mezzo alle testarde e diffidenti teste sussinche per aiutarle a ragionare, studiare, analizzare, elaborare, programmare, sommare, sottrarre eccetteraeccetteraeccetteraeccetteraeccetteraeccettera…………

Coraggio, (Salva)Tore, se ci sei, batti qualche colpettino e buttati a capofitto in mezzo alla plebaglia sussinca a spiegargli con pazienza che caspita hai inteso dire nel libretto che hai fatto trovare  i li ianniri delle case.

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