(tratto da R.it del 14 maggio 2017)
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Dal marzo 2015 la guerra civile che sta uccidendo 2/3 della popolazione yemenita è combattuta anche con armi fabbricate in Italia dalla RWM con sede in Sardegna, ma di proprietà tedesca. La Fondazione Finanza Etica (FFE) e Rete Disarmo (RID) hanno fatto azionariato critico durante l’ultimo Consiglio di Amministrazione della Rheinmetall, a Berlino, per chiedere conto del perché la società tedesca faccia partire le sue bombe dall’Italia verso l’Arabia. Le risposte confermano che l’anima del commercio segue esclusivamente interessi e richieste dei compratori.
La guerra in Yemen è di tutti. Ufficialmente dal 19 marzo 2015, lo Yemen è dilaniato da una guerra dove una coalizione sciita al nord, capeggiata dagli Houti, appoggiata dall’Iran e a sostegno dell’ex presidente Saleh, si scontra con la maggioranza sunnita. La coalizione sciita è guidata da Arabia Saudita ed Emirati, vi partecipano Egitto, Marocco, Giordania, Sudan, Kuwait, Bahrein, Qatar, Pakistan, Somalia; con l’appoggio statunitense: gli attacchi dei droni americani sono iniziati nel 2012, come attuazione della strategia antiterrorismo voluta da Obama e Trump, dal gennaio 2017, ha autorizzato bombardamenti Usa direttamente in Yemen, senza passare dall’Arabia Saudita. Forte, è anche il coinvolgimento di Is e al’Qaeda. I paesi occidentali fornitori delle bombe che la coalizione saudita sgancia in Yemen (portando avanti una guerra senza autorizzazione né mandato internazionale) sono Usa, Regno Unito, Brasile. L’Italia invia da Cagliari armi fabbricate negli stabilimenti sardi della RWM Spa, di proprietà della tedesca Rheinmetall.
La crisi umanitaria dello Yemen. Intanto, lo Yemen muore: due anni di guerra hanno causato 3 milioni di profughi e 18,8 milioni di persone (2/3 di yemeniti) dipendono da aiuti perché prive di acqua, cibo, un tetto. È crisi umanitaria: 4.600 civili morti dal marzo 2015 e 8000 feriti, ma queste sono cifre non propriamente esatte, perché tutte vanno lette per difetto. In tutto questo, la grande società tedesca costruttrice d’armi Rheinmetall, attraverso la controllata RWM Italia, sta esportando bombe in Arabia Saudita, come è stato provato da Human Rights Watch che ha documentato e fotografato i carichi in partenza dall’aeroporto di Cagliari.
L’Italia, la RWM e le bombe verso lo Yemen. “I dati di export di RWM Italia verso l’Arabia Saudita sono spaventosi: 19.675 nuove bombe autorizzate nel solo 2016 con una esportazione effettiva di 2.150 ordigni, per 32 milioni di euro – dice Francesco Vignarca, portavoce di Rete Disarmo – Tutte queste autorizzazioni, rilasciate verso Paesi in conflitto, vìolano la legge 185/90 sull’export militare che impedisce una consegna, se l’invio viene fatto in aree in stato di guerra. Il provato utilizzo in Yemen di ordigni di fabbricazione italiana da parte saudita, dovrebbe bloccare qualsiasi tipo di accordo. Da tempo chiediamo al Governo di non contribuire, con queste licenze, ad alimentare un conflitto sanguinoso”.
Oltre 40 milioni di armi a Riyad. L’ Opal dichiara poi che l’Italia ha fornito armi, bombe e munizioni all’Arabia Saudita, negli ultimi due anni, per 40.254.727 milioni di euro, mentre a inizio conflitto yemenita la cifra si aggirava attorno ai 37,6 milioni di euro. Rete Disarmo, già il 28 gennaio 2016, presentava esposti nelle Procure di Roma, Brescia (dove ha sede legale l’azienda tedesca RWM Italia, fornitrice delle bombe aeree),Verona e Pisa, perché le spedizioni dal nostro paese partono tutte da Cagliari e provengono dalla RWM Italia i cui stabilimenti sono a Domusnovas, in provincia di Cagliari, appunto. Nel frattempo, il governo italiano stanzia 1,5 milioni di euro all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per il soccorso della popolazione yemenita, lacerata da bombardamenti fabbricati e lanciati anche in Italia.
L’esportazione indiretta. Rheinmetall, RWM Italia, Arabia Saudita e le critiche di FFE e RID. FFE e RID partecipano, per la prima volta il 9 maggio, a Berlino, all’assemblea degli azionisti di Rheinmetall. “Entriamo in assemblea delegati dall’ONG tedesca Urgewald su proposta di Rete Italiana per il Disarmo – spiega Andrea Baranes, presidente di FFE – L’intervento della Fondazione vuole criticare l’esportazione di bombe da parte della controllata italiana RWM Italia SpA dalla Sardegna all’Arabia Saudita”. Fondazione Finanza Etica ha chiesto perché le bombe sono esportate attraverso l’Italia e non direttamente dalla Germania, dove il governo ha manifestato più volte una serie di riserve per i contratti di fornitura militare con l’Arabia Saudita. FFE e Rete Disarmo hanno cercato di capire anche che piani abbia la società per il futuro dell’impianto di RWM Italia a Domusnovas in Sardegna, visto che l’8 maggio la stampa locale sarda ha parlato di un ampiamento per la costruzione di un nuovo campo prove.
L’azionariato critico alla Rheinmetall. L’ azionariato critico consente alla FFE (sostenuta da Re:Common, Greenpeace e Rete Disarmo, tra gli altri) di partecipare attivamente come azionista (anche con poche decina di euro) di gradi multinazionali per poter contestare dall’interno dei Consigli d’amministrazione comportamenti che possano ledere il bene di società e ambiente, a beneficio esclusivo dell’azienda. Tendenzialmente non è risolutiva, ma senza dubbio è fortemente disturbatrice e permette di rendere note le strategie del potere commerciale.
Rheinmetall: “Rispettiamo le leggi e i contratti”. Mauro Meggiolaro, portavoce di FFE che ha posto le domande agli azionisti di maggioranza della Rheinmetall durante il Consiglio di amministrazione del 9 maggio, ha testimoniato una certa vaghezza nelle risposte: “La destinazione delle forniture d’armi è segreta, dicono gli azionisti dell’azienda tedesca: non possono dire in quali paesi siano destinate le armi da loro realizzate per motivi contrattuali. Per quanto riguarda lo Yemen, gli amministratori Rheinmetall hanno dichiarato che rispettano sempre la legge: il Governo italiano ha dato il suo assenso per far partire le armi fabbricate dal marchio tedesco verso l’Arabia Saudita, questo per l’azienda è sufficiente, nel rispetto, appunto, delle leggi”.
“L’Arabia Saudita ha chiesto che le armi partano dall’Italia”. “Gli azionisti tedeschi – conclude Meggiolaro – hanno poi affermato che le bombe sono esportate dall’ Italia perché gli arabi hanno chiesto espressamente le autorizzazioni all’Italia: la scelta, dunque, non è della società, ma del clienti. Ma noi di FFE sappiamo che i compratori preferiscono non chiedere le autorizzazioni alla Germania, per non mettere in imbarazzo il governo tedesco che è molto più sotto pressione da parte dell’opinione pubblica di quanto non lo sia quello italiano. E ancora, ci è stato reso noto che la Rheinmetall investirà tra i 30 e i 40 milioni di euro per ampliare la fabbrica di Domusnovas in Sardegna. Non ci hanno però spiegato il motivo, né hanno chiarito il tipo di test che vogliono fare. Hanno anche anticipato il progetto di aprire, come RWM Italia, una fabbrica in Egitto. In generale, si sono richiamati alla legalità delle loro azioni, mentre noi abbiamo sottolineato la loro non legittimità e hanno ribadito che il loro interesse è unicamente commerciale”.
di Piero Murineddu
Nonostante la non perfetta forma fisica, la settimana scorsa, per un impegno preso precedentemente, ho dovuto accompagnare mia moglie a Bologna. Non per una vacanza in senso stretto, dal momento che il dover soggiornare in una grande città, per tutto quello che comporta,compreso il persistente terrore dell’aereo(!), per me è sempre uno sforzo che, almeno inizialmente, toglie rilassatezza all’idea di mettermi in viaggio. La cara consorte, per arricchire la sua fantasia manuale in verità già abbastanza ricca, da qualche anno a questa parte non vuole perdersi le fiere della Creatività.
L’ Accompagnarla è stato più che altro doveroso, anche se indubbiamente lo spezzare la ripetitività quotidiana giova in ogni caso. Tuttavia,non interessandomi partecipare alla fiera, ho preferito gironzolarmela per la città che non conoscevo se non di passaggio. Ecco, da questo momento, il viaggio ha preso le sembianze di una …..vacanza.
Per chi già ne conosce la bellezza, la ricchezza storica, architettonica e culturale, non stó qui a descrivere le tante meraviglie di cui ho gioito, naturalmente col fermo proposito di ritornarci quanto prima, e alla malora la paura di volare. Alcune cose però mi sono rimaste particolarmente impresse, come la gentilezza e l’affabilità dei bolognesi coi quali sono entrato in contatto, eccezion fatta per il giovane albergatore che non ci ha degnato di un minimo sorriso; la particolare atmosfera dei siti che son riuscito a visitare, sopratutto l’insieme degli edufici conosciuto come le sette chiese di Santo Stefano;
le tantissime e variegate mercanzie di certe frequentatissime stradine, principalmente le innumerevoli offerte mangerecce esposte nelle vetrine coloratissime e all’esterno dei negozi; i tanti e bravissimi artisti di strada, specialmente nel fine settimana; il pranzetto multicolore-multicalorie ad appena dieci euro al Roxy Bar di Vasconiana memoria che lo striminzito e caro cibo nel ristorante a pochi metri dovrebbe vergognarsi nel confronto; la lettura rilassata dei quotidiani nella vasta biblioteca presso Piazza Grande, su cui si affaccia la chiesa di san Petronio;
la meta obbligata sotto quella torre di 100 metri circa e quasi cinquecento gradini per arrivare in cima, tentazione che non mi ha minimamente sfiorato…….