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Il “Canticismo” di Bonifacio e quel rilassante pomeriggio domenicale

di Piero Murineddu

Di tanto in tanto è quasi una necessità interiore quella di recarmi nel monastero di San Pietro di Sorres, posizionato su un colle di origine vulcanica sovrastante  Borutta (SS), piccolo centro del Meilogu. Dal primo scorcio degli anni 50 ospita una comunità religiosa che si rifà alla Regola di San Benedetto.

In passato, ormai parecchi anni orsono, da parte mia la frequentazione era più assidua, per incontri di approfondimento su tematiche legate alla fede o anche per trascorrervi qualche giornata, condividendo la quotidianità tipica dei monaci, fatta di diversi momenti di preghiera attraverso la lettura o il canto dei salmi, lavoro mattutino, pasti consumati in silenzio mentre un  monaco legge passi biblici o tratti da libri, riviste e giornali, oppure ascoltando qualche  meditazione registrata o brani  di musica, prevalentemente classica.

Indimenticabili le lunghe chiacchierate col vecchio Ferdinando, laico solitamente addetto alla portineria, ma che nella sua semplicità e umile mansione è stato autore di romanzi. Scriveva di lui Abramo Levi: Una spiccata sensibilità artistica e umana lo porta a sentire i problemi e le situazioni in una maniera che non significa dipendenza da scuole o circoli di cultura,ma unicamente attenzione verso lo stesso centro intorno al quale gravita l’inquietudine degli uomini del nostro tempo“.  Conservo con cura il volume di cui il caro Ferdinando mi fece dono quella lontana serata invernale, con un vento così assordante e minaccioso che sembrava volesse trascinarsi via l’intero promontorio…..

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Una volta che si lascia la  “131”, la strada statale principale che attraversa l’intera isola, ci si immerge da subito in un’atmosfera di rilassamento, lontano dal ritmo affrettato  di tutti i giorni, spesso stressante se non addirittura spersonalizzante. Gradualmente il terreno diventa  collinare  e lanciando lo sguardo, in fondo, prende forma la collina ricoperta di verde dove si è diretti. I ricordi iniziano allora a riaffiorare, e già questi contribuiscono a pacificare l’animo. Oltrepassata Torralba, dopo una decina di curve si entra nell’abitato che sorge proprio a valle del monastero, Borutta….

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Sulla strada che l’attraversa, ad un certo punto l’ attenzione di mia moglie con la quale viaggio viene attratta dalla barba e i folti capelli canuti di un vecchio amico, intento a parlottare con  un’altra persona, nella quale subito dopo riconosciamo  Barore Saba, ex parroco a Osilo e il cui carattere scherzoso col tempo si è solamente accentuato. L’amico Matteo Bonu è parroco del posto ma in procinto di trasferirsi a Tissi, a pochi chilometri dal capoluogo di provincia. Si stacca da un’esperienza umana e pastorale durata ben tredici anni per iniziarne una nuova alla bella età di 57 anni.

La breve chiacchierata ha fatto piacere ad entrambi. Ci si saluta con l’intenzione di rivedersi. Poco prima di uscire dal paese, venuamo piacevolmente sorpresi dalla visione dei vari murales che abbelliscono ulteriormente il piccolo abitato, riproducenti perlopiù momenti di vita passata. In prevalenza opere di Pina Monne

prontoPercorrendo il breve tragitto, sulla cui destra vi è un lungo muro abbellito ancora da murales di autori vari (che purtroppo l’incuria dell’uomo non aiuta a preservare dal tempo!), nel punto in cui inizia la stradetta ricoperta da un asfalto anch’esso bisognoso di cure, ci accoglie una bel pietrone in cui vi è incisa la stessa basilica di stile romanico che si vede ormai a brevissima distanza…..

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Vediamo che negli ultimi tempi il sito si è arricchito, prima di entrare nel piazzale antistante il monumento, di un largo spiazzo per il parcheggio delle autovetture e di un grazioso baretto dove inevitabilmente gustiamo il caffè, godendo  del gradevole e distensivo panorama….

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Entriamo nella chiesa proprio nel momento in cui i monaci si ritrovano per il canto dei Vespri, e unirsi a loro non è difficile, incoraggiati dal libretto coi testi e pentagramma che aiuta a seguire la melodia, anche a chi di musica non è proprio intenditore. Le note dell’organo. suonato con la massima delicatezza da padre Ugo, eternamente con la sua cuffietta in testa, contribuiscono non poco a creare la giusta atmosfera da noi ricercat, motivo non secondario per cui questa domenica abbiamo deciso di venire sin qui.

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Purtroppo manca la figura del caro padre Bruno Masala, nativo di Ossi, venuto a mancare nel gennaio del 2014. Raramente si allontanava dal monastero, dove vi era entrato sin dai primi anni in cui nel posto riprese la vita comunitaria, col compito di primo cantore e direttore di canto per tutta l’assemblea presente, oltre incaricato da sempre dell’accoglienza degli ospiti. Nell’accompagnare i visitatori, metteva tutto l’impegno e mostrava grande entusiasmo nello spiegare la storia e il simbolismo dei particolari con cui è stata edificata la chiesa a tre navate, con le particolari pietre chiare e scure. Per chi volesse approfondirne la conoscenza, vada a visitare il sito  http://www.sanpietrodisorres.net/

Ad accoglierci nella portineria c’è proprio colui da cui ho ricevuto l’invito per partecipare all’iniziativa che mi ha spinto a recarmi qui, Salvatore Puggioni…..

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Da perfetto gentiluomo, ci conduce nell’adiacente chiostro, dove ci sorprende immediatamente una gioiosa e inaspettata festa di colori ad olio, tempera, acrilico e  acquerello.

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Salvatore ci dice subito che l’iniziativa è nata per onorare la memoria di padre Bonifacio e del piccolo Lorenzo, che cinque mesi fa ha raggiunto la Casa Definitiva della Gioia.

“Opere fantasmagoriche simili a degli arcobaleni che uniscono la terra al cielo”. E’ in questo modo che viene definito il pitturare del giovanissimo ragazzo. Lo stesso spirito che penso abbia spinto il monaco Bonifacio a creare questo nuovo stile pittorico, il “Canticismo“.

Lorenzo Salice, nome originario di padre Bonifacio, aveva 88 anni quando nel maggio del 2004 ha intrapreso il Viaggio che l’avrebbe condotto a continuare a dipingere la Bellezza in quell’Altrove che ci attende tutti.

Apprendo che era nato a  Provaglio Val Sabbia, in provincia di Brescia. Appena undicenne entra nel seminario della città lombarda  e dodici  anni dopo viene ordinato sacerdote. Dal 1942 frequenta cinque anni della Scuola ABC di disegno a Torino.  Dal ’48 al ’52 l’Istituto d’Arte  a Parma. A Bologna, dal 1952 al 1956 frequenta l’Accademia di Belle Arti, conseguendone il diploma. Nel ’58  entra nel monastero di San Pietro di Sorres per condurvi il resto della sua esistenza. Nel 1960 viene nominato Ispettore Onorario per la conservazione dei monumenti e degli oggetti di antichità e d’arte per la provincia di Sassari. Nel 1975, a 59 anni d’età, trasforma il suo studio privato in una scuola d’arte aperta al pubblico. La pittura è l’attività che ha occupato buona parte del suo tempo.Oltre varie esposizioni pubbliche, è a San Pietro che crea una sua mostra permanente.

bonifacioSalvatore  s’interessa di padre Bonifacio grazie alla Scuola di Ricerca Artistica avviata dal monaco, seppur impossibilitato a frequentarla. In seguito, per sensibilità comune tra i due,negli anni immediatamente precedenti al 2000,  nasce questa nuova corrente pittorica, definita appunto “Canticismo”, con l’apporto di Sara e Stefania, figlie di Puggioni. Ispirato al Canto Gregoriano, il Canticismo  si fonda sui concetti del Cantico dei Cantici che è l’invito biblico all’Amore e alla  Bellezza.  In altre parole, un canto che sgorga dallo spirito. Arte figurativa che si propone la trasmissione di valori positivi come la Pace, rispetto della Natura e del Creato, e massimamente della dignità dell’uomo. Colori sgargianti e rasserenanti preparati dagli stessi che si dedicano a questa espressione artistica, nel contempo espressione di pensiero.Forse un tentativo di evasione dalla cruda realtà che il mondo impone, ma alla fine è un contributo per imparare ad apprezzare i molteplici aspetti positivi che la vita contiene.

Chi vuole approfondire  vada al sito

www.canticismo.it

 

Breve la conversazione col cordialissimo Salvatore. Tra l’altro – mi racconta – un giorno, rivolto all’amico e maestro monaco, gli scappa spontaneamente: Lei si trova in un sacrario preservato dalle intemperie“.  E in effetti é quanto pensiamo un pò  tutti riguardo al condurre la propria vita all’interno di un monastero. “Lievito” sprecato, non immerso nella faticosa quotidianità dei comuni mortali. Una vita tutto sommato comoda, giornate ripetitive senza tanti scossoni. “Rumori” che arrivano dal fondo valle, ma distanti e inoffensivi. Per la sensibilità comune, un cristiano lo si vede più immerso nel mondo, per cambiarlo e migliorarlo, per combattere direttamente contro i soprusi e le ingiustizie che affliggono grossa parte dell’umanità. Eppure……..eppure c’è qualcosa che ci sfugge, che il nostro raziocinio non riesce ad afferrare. Il buon Bonifacio, evidentemente abituato a queste “obiezioni”, non si scompone più di tanto: “ Da qui piovono le grazie!

È stato un vero piacere conoscere Salvatore e l’opera di Bonifacio, tornare in un posto a me caro, cantare insieme i salmi,…

E poi vedere quella grotta perfettissima costruita da mani d’uomo….

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……fermarmi a sbucciare qualche fico d’india alla moglie, guardato a vista da mamma gatta col suo figlioletto, custodi dello striminzito orticello dal quale si vede la basilica che si allontana…….

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Piè – mi dice Giovanna sulla via del ritorno – ma sai che quel genere di pittura, così forte nei colori e fantasiosa, è come pitturavo io quand’ero più giovane?”

E così vengo a conoscenza che vivo da oltre 35 anni con una persona che ha avuto  dentro un “Canticismo” ante litteram. E’ proprio vero che nell’altro c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, spesso meravigliosamente bello.

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Buon Passaggio, amico mio….

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di Michele Meschi

Non ti ho conosciuto, ci hanno separati settecentoquarantotto anni. Succede. 

Ti hanno dipinto come il monaco obbediente, con tanto di abito e di stimmate; il ricordino con il lupo e il presepio, la rondinella in testa.

Non fosti monaco, vestivi di stracci, non sempre fosti obbediente, non somigliavi per niente al nostro santino familiare.

Eri un matto. Eri un giullare. Eri un esaltato. Eri un estremista. Eri un rompicoglioni. Eri poco più che un ragazzino quando, ormai completamente cieco, chiedesti di cantare – dico cantare – uno straordinario pezzo di letteratura in volgare, a lode di tutto ciò che esiste.

Secoli fa, quando santa madre Chiesa malediceva la putrefazione del corpo, osasti chiamare sorella quella putrefazione, fratello quello scempio.

Comprendesti che Dio, la natura, la bellezza e l’orrore sono la stessa cosa, che nessuna forza è più dirompente della pace e dell’amore.

Probabilmente non ti sarebbe piaciuta la trasformazione dei tuoi pochi compagni, allegri e disperati, nell’ennesima falange di sacerdoti, un po’ eroi e un po’ persecutori.

Ah, non ti sarebbe piaciuta neanche la basilica, con te dentro e l’abbacinante ciclo di Giotto a celebrarti.

Buon passaggio, amico mio. Ti accompagnino la luna, il fuoco acceso; il frinire di sorella cicala, nenia lungo il corso dei sogni.

Solidarietà vera,con porte spalancate…….

di Piero Murineddu

La preghiera che riporto sotto si trova nella vecchia abbazia abbandonata ed ora rimessa a nuovo grazie al lavoro del giovane prete, don Cristian, arrivato dal Trentino, e dei tanti che hanno dedicato tempo e fatica per fare del luogo il fulcro della vita comunitaria di Valle Benedetta, nelle colline di Livorno.

Ora don Cristian e gli amici della comunità hanno rivolto l’attenzione ad un antico eremo della zona, anch’esso abbandonato e bisognoso di ristrutturazione.

Alla vigilia della festa di San Francesco, è inevitabile non pensare a quando quel giovane assisano, stanco della vita godereccia che conduceva e turbato dalla brutalità della guerra da cui aveva fatto ritorno, sentì il bisogno di rimettere a nuovo una chiesetta diroccata, giu a valle della cittadina di Assisi. San Damiano. Simbolo di una Chiesa, quella fatta di persone, che aveva bisogno di essere ricostruita.

Ieri come oggi: Francesco di Bernardone e l’argentino papa Francesco che faticano non poco per ridare alla comunità dei credenti un volto più fedele all’insegnamento del Maestro Gesù.

In diversa misura, il giovane don trentino di Valle Benedetta cerca di fare altrettanto, con l’obiettivo di dare forma e sostanza ad un vivere alla fine più umano, ancor prima che cristiano, e come dice bene la preghiera composta dal caro Franco, costruire insieme solidarietà vera, con porte spalancate agli esuli e ai profughi, non più visti come estranei e potenziali nemici. Solo in questo modo si crea una nuova civiltà dell’amore vicendevole.

A seguire, in video in cui don Cristian parla delle intenzioni riguardo all’eremo….

Preghiera semplice

di Franco Manca

Signore,ascolta la preghiera che ti rivolgiamo.

Fa’ che nel mondo
ci sia più generosità:
il ricco doni al povero,
il forte aiuti il debole,
le mani si stringano
in pia fraternità.

Fa’ che nel mondo
ci sia più sensibilità:
un nido trovi l’orfano,
il vecchio il suo rifugio
e chi è malato un medico
che cure gli darà.

Fa’ che nel mondo
ci sia più solidarietà:
le porte si spalanchino
all’esule ed al profugo
coi quali promuovere
la nuova civiltà.

Fa’ che nel mondo
ci sia più convivialità,
più onestà,
più dignità,
più carità…

Fa’, o Padre, che bel mondo ci sia vera Santità.

 

E’ doveroso disobbedire a leggi che si ritengono ingiuste?

 

Un esempio:
obiezione al “servizio” militare

(Testo tratto dal web)

La Costituzione Italiana, approvata nel 1947 ed entrata in vigore nel 1948, stabilisce all’art. 52 che “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino.Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge”, senza prevedere alcuna possibilità di obiettare.

La parola “obiezione” deriva dal latino “obicere”, che significa contrapposizione, rifiuto; l’obiezione di coscienza è infatti

il rifiuto di obbedienza ad una legge o ad un comando dell’autorità perché considerato in contrasto con i principi e le convinzioni personali radicati nella propria coscienza.

L’obiettore di coscienza è dunque un cittadino che, dovendo prestare servizio militare armato, contrappone il proprio rifiuto all’uso delle armi ed attività ad esse collegate.

La storia dell’OdC, in senso lato, inizia con l’unità d’Italia. La coscrizione obbligatoria introdotta nel 1861, incontrò una grandissima resistenza soprattutto tra la popolazione rurale del meridione, che non ne capiva i motivi ed era costretta a subirla forzatamente.
La risposta dello stato fu la massiccia repressione attuata dall’esercito piemontese.

Il malcontento popolare non si attenuò, anzi toccò il suo culmine durante la grande guerra del 1915-18: furono circa 470.000 i processi per renitenza alla leva, e oltre un milione per altri reati militari come diserzione, procurata infermità, disobbedienza aggravata, ammutinamento.

Nell’Agosto del 1917 gli operai di Torino si rivoltarono contro l’assurdità della guerra: la repressione fu durissima, decine i morti.

Dopo la disfatta di Caporetto, che vide un vero e proprio “sciopero militare” tra i soldati, si intensificò la repressione con fucilazioni di interi reparti.

La protesta popolare era spontanea, dettata da un’istintiva avversione alle istituzioni militari e gli orrori della guerra, ma non era incanalata in alcuna forma organizzata.

I primi due casi di OdC nel secondo dopoguerra si verificano alla fine degli anni ’40, e fanno riferimento a Rodrigo Castiello ( pentecostale) ed Enrico Ceroni (testimone di Geova) che furono inquisiti.

Il primo obiettore condannato alla reclusione fu Pietro Pinna (1948), nonviolento, finito in carcere per 10 mesi; liberato fu condannato di nuovo e ritornò in carcere finché fu prosciolto dal dovere del servizio militare.

 

SULL’ARRESTO DI MIMMO DI RIACE

di Rita Clemente

Giorgio Perlasca. Lo ricordate? Si spacciò per il console spagnolo firmando di suo pugno il documento (falso) che lo riconosceva tale.

Firmò, in tale veste, migliaia di salvacondotti per poter fare riparare in Spagna dall’Ungheria nazista cittadini ebrei spacciati per spagnoli.

Tutto questo lo fece illegalmente. Ma in questo modo ha salvato la vita a migliaia di Ebrei.

Oggigiorno Giorgio Perlasca è riconosciuto come Giusto fra le Nazioni.

E veniamo al sindaco di Riace. In definitiva, di che cosa sarebbe accusato Mimmo Lucano?

Primo. Di aver favorito l’immigrazione clandestina, solo perché avrebbe -diciamo- favorito il matrimonio di una ragazza nigeriana (una, non una serie di matrimoni combinati!) con un riacese, altrimenti la ragazza non avrebbe ottenuto il permesso di restare in Italia.

Perché, diciamocela tutta, le ragazze nigeriane preferiamo vederle sul marciapiede, a disposizione dei clienti di turno che manco si chiedono, ovviamente, se siano clandestine o meno, a loro vanno bene così!

Secondo: aver affidato la gestione rifiuti a due cooperative senza gara d’appalto. Procedura sicuramente sbrigativa e magari poco ortodossa sul piano legale.

Ma caspita! In un Paese in cui le gare d’appalto vengono vinte spesso dagli amici degli amici degli amici e spesso sono sotto controllo mafioso, mi sembra che prima della pagliuzza bisognerebbe togliere la trave!

Sulle altre accuse (ben più gravi) di arricchimenti illeciti e quant’altro, non ci sono riscontri in fatti oggettivi.

Tutto questo a fronte di un modello di gestione dell’immigrazione che ha favorito anche, e di tanto, la realtà locale e gli interessi dei nativi.

Evvia, signori! Ecchediamine! Un po’ di senso della misura!

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NON SEMPRE LE LEGGI ARMONIZZANO LA VITA COLLETTIVA

di Piero Murineddu

L’esempio dell’obiezione al “servizio” militare, ma anche alle spese per scopi militari. E poi il caso di Giorgio Perlasca e quanto scritto da Rita che condivido pienamente.

Vi è pure l’esempio di Rosa Parks, che col suo coraggioso gesto di sedersi nel posto riservato ai bianchi in autobus, contribuì al riconoscimento dei diritti civili agli afroamericani.

La vita di Gandhi, per chi la conosce, è emblematica.

E quindi veniamo al caso del sindaco di Riace, accusato di avere infranto la legge, e non è escluso che di fatto sia così.

Non possiamo dimenticare l’arrogante e penosa (per lui) definizione che l’attuale ministro delle Interiora fece del sindaco di Riace (“zero”) e tutta la campagna diffamatoria scatenata contro questo coraggioso sindaco di un paesino che ha dimostrato che la vicenda tanto discussa sui migranti, se ben gestita, può divenire realmente una “risorsa”, in tutti i sensi, specialmente aiutando la genti italiane a recuperare l’umanità che si sta perdendo.

La Giustizia segua il suo corso, ma dopo Riace, niente può essere come prima, nonostante a presenza ingombrante di questo ministro dell’Odio e compagnia governante.

Coscienza di ogni forma di conoscenza

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di Piero Murineddu

“Salvare il nostro mondo da grettezza, discriminazioni,ottusità dilagante, egoismo…” Condizione è appunto la conoscenza. Lo dice chiaramente Francesco Manai in questa lettera inviata a La Nuova Sardegna di ieri, domenica, ultimo giorno di settembre.

Settembre, localmente detto Cabidannu e con variazioni in ogni parte della Sardegna. Il mese che avvia i lavori nei campi e in cui riprendono le attività sociali dopo la sana dispersione estiva. In modo particolare, mese di avvio dell’anno scolastico, con evidenti bronci da parte di scolari e studenti di ogni ordine e grado. Meno degli universitari, almeno così mi auguro. E aggiungiamoci pure parte degli insegnanti, con la speranza che nei mesi estivi abbiano accumulato sufficienti energie per affrontare lunghi mesi di dura fatica quotidiana.

Ah, voi dite di no? Quindi secondo chi così la pensa, la fatica reale è chi sgobba fisicamente. O sbaglio? Il lavoro mentale, non comportando direttamente sforzi fisici, non sarebbe quindi faticoso. Beh, io la penso in tutt’altro modo, e non solamente perchè, sopratutto nelle scuole primarie ed intermedie devi avere a che fare giornalmente con persone che sono moooolto diversi da docili agnellini, anzi… E se non credete a me, chiedetelo direttamente agli interessati. E poi c’è qualche politico “illuminato”, o meglio, abbagliato dalla sua presunzione, che avanza la cazzatella che il corpo docente è privilegiato perchè ha tre mesi di vacanze retribuite. Evidentemente costui non ha idea di che cosa sia il mondo della scuola. E difatti……

Quindi settembre è appena finito, il “nuovo anno” è appena cominciato, e in ogni inizio ci si dovrebbero porre davanti degli obiettivi, facendo magari tesoro del passato e impegnandosi a non rifare eventuali sbagli. Francesco nella sua lettera mette in evidenza obiettivi fondamentali per riacquistare la nostra piena dignità di esseri pensanti, con lo scopo principale di “avere la serenità interiore e la forza intellettuale per migliorare la nostra condizione e per vivere meglio la nostra realtà“.

Io potrei smettere anche qui, invitando a leggere con estrema attenzione ciò che scrive l’ottimo Francesco Manai di Bonorva.

Solo due paroline su quanto risponde la giovane Vanessa, che credo abbia avuto l’incarico dal direttore o dall’editore del quotidiano sassarese di colmare il grande vuoto lasciato dalla scomparsa pdel carissimo Manlio Brigaglia. Un salto generazionale non di poco. Conservo con cura la corrispondenza privata avuta col vecchio Manlio, zeppa di sagacia e ironia. Non mi dispiacerebbe conoscere cosa ne pensa della risposta data alla lettera. Io ne penso bene e credo anche lui. Ma sapete cosa faccio? Uno dei prossimi momenti cerco di contattarlo e lo chiedo a lui direttamente.

Intanto, non escludo di ricominciare a mandare qualche mia considerazione a questo giornale……

PUNTUALE COME LA MORTE (fatta eccezione per questo caso)

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di Piero Murineddu

Ancora il famigerato ponte sassarese in primo piano. E non tanto per la sua presunta bellezza di cui si vantano i nostalgici del ventennio “nero”, le famose e opinabilissime grandi opere architettoniche di cui vanno fieri e che, secondo loro, mettono in secondo piano il 99, per cento delle tragedie umane che comportò la guida mussoliniana del suolo italico e dei suoi abitanti.

No, il motivo è quell’altro, purtroppo ricorrente: suicidio o tentativo di farla finita coi drammi personali che in quel momento appaiono insuperabili.

Superabilissima continua ad essere invece la ringhiera che separa dal vuoto, che quando mi capita di sbirciarci giu, mi viene la tremarella a quel buchino là dietro.

Questa volta, grazie al solito eroe, la povera disgraziata non è riuscita nell’intento, dovuto a sicura sofferenza, mal di vivere o chissà cos’altro.

Per quanto ancora dovrà durare questa incredibile e inaccettabile situazione?
Dobbiamo sempre temere il prossimo, tentato o realizzato?

Eppure un progetto, che da quel che ricordo non è male, è fermo in un cassetto comunale. Il Consiglio sarebbe d’accordo, diecimila firme di cittadini già registrate.

Impedimenti per la realizzazione? Normale e forse scontata: il fermitutti della Soprintendenza.

Intendiamoci, bella e in molti casi necessaria invenzione questa Istituzione pubblica che è la Soprintendenza..

Ma detto questo, che si fa? Le facciamo risarcire economicamente i familiari delle vittime ( anche se la morte di una persona sembra immorale monetizzarla!) e, per punizione, farle percorrere le strade cittadine vestita di sacco, autoflagellandosi e facendole ripetere continuamente “per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa”?

 

Ha importanza?

di Sandro Penna

I miei genitori mi hanno chiesto se sono gay.
E ho detto, “Ha importanza?”
Loro hanno risposto, “No, non molta”.
Io ho detto loro, “Sì, sono gay”.
Loro hanno risposto, “Stai fuori dalle nostre vite”.
Immagino fosse importante.

Il mio capo mi ha chiesto se sono gay.
Io ho detto, “Ha importanza?”
Lui mi ha risposto, “No, davvero”.
Io ho detto, “Sì, sono gay”.
Lui mi ha risposto, “Sei licenziato, frocio”.
Immagino che fosse importante.

Un mio amico mi ha chiesto se sono gay.
Gli ho detto, “Ha importanza?”
Lui mi ha risposto, “No, davvero”.
Gli ho detto, “Sì, sono gay”.
Lui mi ha risposto, “Non considerarmi più tuo amico”
Immagino fosse importante.

Il mio compagno mi ha chiesto, “Mi ami?”
Gli ho detto “E’ importante?”
Lui mi ha risposto, “Sì”
Gli ho detto, “Ti amo”.
Lui ha risposto, “Fatti abbracciare”.
Per la prima volta qualcosa nella mia vita ha importanza.

Il mio Dio mi ha chiesto, “Ami te stesso?”
Gli ho detto, “Ha importanza?”
Lui mi ha detto, “Sì”
Gli ho chiesto, “Come posso amare me stesso? Sono gay.”
Lui mi ha detto, “E’ così che ti ho fatto”.

Nulla ora avrà più importanza.

 

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La cipolla africana di Mussabainzu

 

di Lalla Careddu

Ricordo che ad Alghero mi chiamarono a parlare di SPRAR con Lorenzo Braina e Franca Masu. Franca cantò, e Braina faceva Braina, cioè quel magnifico uomo che è. Io feci quello che faccio sempre, scrissi un raccontino. Che è questo:

Quando i figli di Teresa, la mia amica che è morta l’anno scorso, hanno detto all’amministratore che avevano affittato la casa ai profughi, o cosa sono, immigrati boh, io li volevo denunciare tutti.
Ma come?
Questa è una palazzina rispettabile, siamo tutte vedove, tre per l’esattezza, e siamo sole. Tutte anziane, ci facciamo compagnia, chi ci difende da questi?

L’avvocato mi ha detto che non potevo fare nulla. E quando mi taglieranno la gola? Eh? Speranzina dice che sono esagerata, ma lei non ha l’artrosi dell’anca, lei può correre se qualcuno le vuole tagliare la gola. Che tanto la raggiungono lo stesso. Poi ridiamo, cara Speranzina che fa tanto la moderna.

Sono arrivati oggi. Tre. Neri come la pece e lunghi come il mese di maggio. Io intanto mi sono fatta aggiungere tre serrature, che non si sa mai. E non apro a nessuno, manco a Speranzina, che si arrangi lei e la sua gola tagliata, già ridiamo se la picchiano questi. Io non apro a nessuno.

Stanotte non ho dormito, avevo paura che buttassero giù la porta con una accetta da boscaiolo, come in Shining. Domani metto un cartello nel portone: IN QUESTO CONDOMINIO SONO VIETATE LE ACCETTE DA BOSCAIOLO. Cominciamo a mettere i puntini sulle “i”, che qua siamo in Italia.

Speranzina stamattina mi ha detto che sono esagerata. Aspetta quando ti prendono la pensione, le ho detto. E in quel momento ho visto i nomi sui campanelli. Ma questi non li possono scrivere in italiano i nomi, che siamo in Italia? Mussa? Nome di gatto, di gente non battezzata. Speranzina ha detto che sono nomi africani. Vabbè, io li chiamo Bainzu, Proto e Gianuario, come i martiri di Porto Torres, così ci capisco.

Al ritorno dal supermercato Proto o Gavino, che tanto sono tutti uguali, mi voleva rubare la spesa. Ho gridato: MOLLA LA SPESA GAVINO! Ho urlato forte, e l’ha mollata subito. Cominciamo bene, Speranzina, qua ci rubano la spesa e mi sono chiusa in casa. Quattro mandate. Pure la sedia, toh, che se usa l’accetta lo sento subito e tocco il salvalavita Beghelli che lo vedi se vengono miei figli. La testa come i martiri di Porto Torres vi staccano. Eh.

Pure stamattina Gianuario voleva rubarmi la spesa, ma ho urlato solo al secondo piano, che ero stanca. L’ha mollata subito, sullo zerbino. Dev’essere che il parroco gli ha raccontato la storia dei martiri. Eh, mica siamo scemi qua.

Poi hanno cominciato a cucinare alle nove del mattino. Una puzza di cipolla terribile e ho chiamato Speranzina perché chiamasse l’amministratore, che non si può cucinare queste cose in una casa perbene. E quella cretina, che vedrai uno di questi giorni le entrano a casa con l’accetta questi tre, mi ha detto che non c’era differenza con quando io preparo il sugo la domenica alle sette. Ma questa è cipolla sarda! Loro sicuramente usano una cipolla africana.

Dev’essere che mi hanno sentito e mi hanno suonato alla porta. Bainzu. Con un piatto di una roba strana. Per assaggiare, mi ha detto. Ho allungato la mano e ho preso il piatto di carta. ASPETTI LI’. Gli ho ordinato. Che io sono sassarese e se un piatto entra un piatto esce. E gli ho dato due fette di torta di mele. Buongiorno e non si disturbi più Signor Gavino! Mi ha guardato strano ma ho chiuso in fretta la porta. Quattro mandate. Più la sedia per l’accetta da boscaiolo. Io di questa roba non ne mangio. Cipolla africana ci dev’essere. Il profumo è buono. Sì, l’ho mangiato. Così così, già si poteva mangiare.

Non faccio in tempo a poggiare la busta della spesa che tentano di rubarmela. Però ora hanno imparato e per evitare che io gridi me la lasciano sulla porta. Speranzina dice che mi aiutano. Io non ne ho bisogno d’aiuto. Però oggi sul loro zerbino ho lasciato tre cipolle. Con un biglietto: cipolla sarda. Oh, questi tre riescono a far puzzare pure la cipolla sarda, stamattina alle nove c’era un prof…, una puzza di soffritto che ajò, non va bene.

Oggi Bainzu mi ha suonato alla porta. Ho guardato dallo spioncino. Non aveva accetta da boscaiolo, e ho aperto poco, con la catenella. Mi ha chiesto un’aspirina per Gianuario, quello che si vede meno. E cosa ha, gli ho chiesto, qualche malattia strana? No signora…influenza. Ma la prendono l’influenza gli africani? Boh, io gliela do. E camomilla ne avete? Non sa cos’è la camomilla. Lì esce Speranzina con la teiera pronta. Aspettà Mussa, che l’ho preparata io.
– Ma scema sei?
– Eh, quanto sei esagerata.
E entra dai boscaioli.
E riesce dopo dieci minuti. Con la gola intatta.
E siccome non esiste che lei ha visto l’appartamento degli assassini di vecchie e io no, e anche perché non mi dica che sono paurosa, ho suonato.
“Signor Gavino, tenga questo limone, che Speranzina non è mai stata brava a fare tisane”.

Caro diario,
sono passati sei mesi. Siamo ancora vive. Domani Proto parte e io e Speranzina siamo tristi. Perché questi ragazzi sono davvero bravi, educati e ci hanno aiutato molto. Fra due giorni partono pure Bainzu e Gianuario, i martiri turritani se ne vanno.

Dice che ne arrivano altri, speriamo che siano bravi anche questi. E che almeno uno sia alto ad altezza di plafoniera delle scale, come Gavino, che cambiava le lampadine dei pianerottoli senza manco la scala. Perché in un condominio di anziane uno che sia ad altezza plafoniera ci vuole sempre”

Saluto fascista al funerale e ” lasseddi chi s’ ammazziani tra eddhi”

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Se nelle chiese si usasse meglio il potere che dà il microfono…

di Piero Murineddu

Rissa per droga, quindi. Non per questioni di corna, di “sei stata col mio ragazzo…” o altre amenità varie che caratterizzano la quotidianità, aldilà del colore della pelle. Le indagini hanno appurato che….. Il finale dell’articolo, tratto da La Nuova di ieri, domenica 23, quasi elogia il videoamatore, grazie al quale ecc.

Ne ho parlato lo scorso 18 settembre, introducendo il post con i commentini “filosalvini” che fa l’improvvisato cameraman, senza scomporsi minimamente quando la rissa prende talmente una brutta piega che da uno coinvolto si sente il disperato invito a chiamare la polizia. Lui, il videoamatore, è troppo impegnato nelle riprese e a fare le sue considerazioni, per cui è impossibilitato ad intervenire. D’altronde si sente all’inizio del filmato:“Lasseddi chi s’ammazziani tra eddhi…“. Cioè, un atteggiamento vomitevole. Adesso è quasi un eroe, perchè grazie al suo video, gli inquirenti ecc ecc…..

Nell’articolo che riporto all’ inizio non traspare minimamente il freddo e disinteressato fare di chi filma. Potevano anche ammazzarsi, ma lui era impegnato a filmare e a commentare.Non so se essere disgustato più dal videoamatore oppure dall’articolista anonimo…..

Voglio proporre  la riflessione riguardo al saluto fascista di gruppo durante il funerale di un “camerata”  fatta da Gaetano Galia, prete impegnato su vari fronti del vivere sociale a Sassari, dove sono avvenuti i due fatti, a mio giudizio, strettamente collegati.

Prete ed educatore, oppure educatore e prete, fate voi. Fatto sta’ che non è il solito pretino della domenica che ti fa la sua brava omelia politically correct , attento a non scontentare nessuno e sopratutto a non toccare certe corde sensibili del quotidiano vivere di questi tempi. Duri tempi, e non tanto per me personalmente, quanto per le pericolose tensioni sociali che vediamo sempre più in crescendo. Diciamolo chiaramente: sono pochi i preti che abbassano lo sguardo su ciò che avviene nel quotidiano. Più comodo stare col viso in sù, fare riflessioni sul gia e non ancora…… Eppure il parlare dall’ambone domenicale avrebbe influenza. Poca? Molta? Avrebbe influenza. Punto. Epperò, l’ho gia detto, potrebbe far storcere il naso a più di un pio fedele. Devotissimo, per carità, ma che all’uscita dalla chiesa distoglie lo sguardo da chi tende la mano invece di fargli un fraterno sorriso. Non vuoi dargli i soldi perchè pensi che li usi per ubriacarsi o chissà per cos’altro? Ma almeno non fare la faccia schifata. E’ il minimo che si richiede a chi presume di seguire l’insegnamento cristiano. Eppoi ci sono le considerazioni a largo raggio (prima gli italiani…..ma perchè non se ne vanno da dove son venuti……zingari brutti, sporchi, cattivi, ladri…….).

Ecco, dicevo, se nell’usare il potere del microfono domenicale, il prete insistesse su certi temi terreni LEGATISSIMI alla fede, forse in giro i giudizi dei bravi praticanti sarebbero diversi, più cristiani e meno salviniani. Certo, condizione indispensabile è che non sia lo stesso prete a pensarla in un certo modo, diciamo del “respingimento” invece che dell’accoglienza. Se così fosse, ci sarebbe da ripensare l’intero cristianesimo……

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EDUCARE PER PREVENIRE: COSì SI BATTE IL FASCISMO

di Gaetano Galia

Cari insegnanti, genitori, catechisti e volontari delle Associazioni civili, in riferimento agli ultimi fatti accaduti a Sassari, mi son preso un po’ di tempo, prima di esprimere un commento. E non sarebbe male che lo facessimo sempre tutti.

La riflessione, la distanza dagli eventi, la presa di coscienza delle cause che portano a certi fatti, consentono, con un po’ di distacco emotivo, di essere un po’ più oggettivi.

Per esempio, in riferimento all’episodio del saluto fascista davanti alla Chiesa di san Giuseppe, le prime reazioni emotive, portavano alla paura di una Sassari fascista. Come si reagisce?

Certo una prima reazione è di denuncia e di sdegno. Sono ancora fresche le paure che rinnovano ricordi spiacevoli nella nostra storia. E dunque?

Il mio pensiero si rifà alla metodologia educativa salesiana dell’approccio preventivo promozionale. Se tutte le maestre, gli insegnanti, genitori, catechisti, si prendessero l’impegno di descrivere nei particolari, ai nostri giovani, la storia dell’Italia fascista con

le privazioni delle libertà,

gli imprigionamenti,

gli esili e i confinamenti delle persone con un’opinione diversa,

l’adesione alle leggi razziali,

l’eccidio di una generazione di giovani mandati in guerra senza senso…..

forse avremmo una generazione futura che non inneggerà più al fascismo e alla sua ideologia totalitaria e non avremmo più bisogno di indagare i nostri giovani, i nostri figli, per il reato di apologia del fascismo.

Le agenzie educative, dunque,

la prevenzione,

l’educazione,

la proposta di valori quali

la democrazia,

il rispetto della persona,

il rispetto della diversità delle idee,

l’uguaglianza delle persone;

valori fondamentali da riproporre continuamente nella quotidianità delle nostre esperienze educative.

Forse abbiamo abbassato la guardia!
Questi segnali, più che farci prendere dal panico, devono sensibilizzarci al fatto che questa tremenda ideologia è sempre dietro l’angolo, perché, c’è sempre un uomo che

vuole prevalere su un altro,

che vuole prevaricare sull’altro,

che vuole sedersi su un gradino superiore per sete di denaro, di potere e di successo.

Ma l’uomo di destra di turno potrebbe obiettare: e le dittature di sinistra? Ebbene sì, anche le dittature di sinistra vanno denunciate alla stessa maniera, tutte le forme di terrorismo, di violenza, vanno condannate allo stesso modo e mai giustificate per un’adesione ideologica.

E la storia della Chiesa con le sue violenze? Certo, anche la dittatura religiosa, il fanatismo religioso, o forme teocratiche anacronistiche, allorquando sono violente e opprimenti, non hanno nessuna attinenza col messaggio evangelico di Gesù, garantista, pacifista, democratico e non violento e vanno condannate.

Tutte le forme totalitarie sono negative e deleterie, anche se si avvicinano ad una nostra sensibilità politica o ideologica o di fede.

Non esistono dittature buone o meno buone.

Certe discussioni sono davvero ridicole. Come quando si dice che una “certa gelosia” fa bene all’amore.

Un elemento negativo, non può avere niente di buono, perché ha alla base un virus negativo, che non si concilia con nessuna positività.

L’unica forma di governo è solo e sempre la democrazia, perfettibile certo, ma sempre in mano al popolo.

Famiglia, scuola, chiesa, società civile, dovranno lavorare a livello di prevenzione ed educazione, anche con l’esempio quotidiano: quando si dice ad un bambino in maniera ferma “stai zitto!”, o gli urliamo: “non urlare”, o esclamiamo: “cosa ci fano tutti questi negri in città”, stiamo già comunicando la nostra modalità di relazione antidemocratica, dispotica e razzista.

Nessun bambino cresce democratico e libero se vive e sperimenta un ambiente oppressivo e dispotico.

E il primo fascismo da debellare è quello della nostra intolleranza, intransigenza ed estremismo.

Solo il dialogo, il rispetto e l’accoglienza delle differenze può creare una vera società democratica.

“Traversata del deserto con oasi”? L’opinione di Anna

di Piero Murineddu

Io l’ho letto. Mi è piaciuto. Mi ha fatto riflettere molto e mi  ha divertito tantissimo. Ne ho parlato, ma giusto un accenno.Per chi è interessato, nella pagina di seguito vi trova anche le indicazioni per riceverlo a casa..

https://pieromurineddu.myblog.it/2018/03/10/si-e-fatto-sempre-cosi/

 

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Anna Demuro, un’eccellente e sensibile artista che vive dalle mie parti, lo ha letto anche lei e le sei paginette manoscritte che riporto è quanto lo scorrere le pagine del libro le ha provocato. Parere di un’insegnante sull’esperienza fatta da una collega. Entrambe attualmente in pensione. Più o meno coetanee. Anna ha aiutato a venir su dei bambini durante la scuola elementare, in località diverse del nord Sardegna e particolarmente nei cosiddetti “stazzi” della Gallura, luoghi dove lei stessa ha trascorso l’infanzia e la prima giovinezza.

Rita Clemente, partendo dalla Puglia, è risalita fin su in Piemonte, “camminando” insieme a ragazzi e ragazze nel pieno dello stravolgimento ormonale e riuscita ad arrivare al sospirato pensionamento, poco prima di …….schiattare,  dopo un’estenuante “attraversamento del deserto, alleviato da diverse e piacevolissime oasi” . Lo ripeto ancora: procuratevi questo volume, accessibilissimo per tutte le tasche. Solo la prima risata e la profonda riflessione che segue subito dopo ripagano da subito il prezzo di copertina. Provare per credere.

Anna non fa uso di strumenti elettronici. Ero disponibilissimo a riscrivere il testo col pc, anche per far faticare meno i lettori, ma visto il suo immediato diniego e conoscendola, ho desistito immediatamente. Per questa donna l’uso della penna è insostituibile. Paragonabile neanche lontanamente al freddo pigiare sui tasti. Lo so, siamo tutti d’accordo, sapendo che la calligrafia mostra anche ciò che è la persona che muove quella mano. Lo sappiamo, ma la strada  comodamente  impersonale di far saltare l’indice destro da una lettera all’altra della tastiera l’abbiamo imboccata ormai un po’ tutti, per cui…..allegramente verso l’appiattimento generale. Così va la vita!

Lascio a ciascuno di ” decifrare” quanto Anna ha pensato dopo aver appreso delle “avventure” e delle fatiche vissute da Rita durante i suoi 35 anni d’insegnamento…

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