Il “Canticismo” di Bonifacio e quel rilassante pomeriggio domenicale

di Piero Murineddu

Di tanto in tanto è quasi una necessità interiore quella di recarmi nel monastero di San Pietro di Sorres, posizionato su un colle di origine vulcanica sovrastante  Borutta (SS), piccolo centro del Meilogu. Dal primo scorcio degli anni 50 ospita una comunità religiosa che si rifà alla Regola di San Benedetto.

In passato, ormai parecchi anni orsono, da parte mia la frequentazione era più assidua, per incontri di approfondimento su tematiche legate alla fede o anche per trascorrervi qualche giornata, condividendo la quotidianità tipica dei monaci, fatta di diversi momenti di preghiera attraverso la lettura o il canto dei salmi, lavoro mattutino, pasti consumati in silenzio mentre un  monaco legge passi biblici o tratti da libri, riviste e giornali, oppure ascoltando qualche  meditazione registrata o brani  di musica, prevalentemente classica.

Indimenticabili le lunghe chiacchierate col vecchio Ferdinando, laico solitamente addetto alla portineria, ma che nella sua semplicità e umile mansione è stato autore di romanzi. Scriveva di lui Abramo Levi: Una spiccata sensibilità artistica e umana lo porta a sentire i problemi e le situazioni in una maniera che non significa dipendenza da scuole o circoli di cultura,ma unicamente attenzione verso lo stesso centro intorno al quale gravita l’inquietudine degli uomini del nostro tempo“.  Conservo con cura il volume di cui il caro Ferdinando mi fece dono quella lontana serata invernale, con un vento così assordante e minaccioso che sembrava volesse trascinarsi via l’intero promontorio…..

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Una volta che si lascia la  “131”, la strada statale principale che attraversa l’intera isola, ci si immerge da subito in un’atmosfera di rilassamento, lontano dal ritmo affrettato  di tutti i giorni, spesso stressante se non addirittura spersonalizzante. Gradualmente il terreno diventa  collinare  e lanciando lo sguardo, in fondo, prende forma la collina ricoperta di verde dove si è diretti. I ricordi iniziano allora a riaffiorare, e già questi contribuiscono a pacificare l’animo. Oltrepassata Torralba, dopo una decina di curve si entra nell’abitato che sorge proprio a valle del monastero, Borutta….

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Sulla strada che l’attraversa, ad un certo punto l’ attenzione di mia moglie con la quale viaggio viene attratta dalla barba e i folti capelli canuti di un vecchio amico, intento a parlottare con  un’altra persona, nella quale subito dopo riconosciamo  Barore Saba, ex parroco a Osilo e il cui carattere scherzoso col tempo si è solamente accentuato. L’amico Matteo Bonu è parroco del posto ma in procinto di trasferirsi a Tissi, a pochi chilometri dal capoluogo di provincia. Si stacca da un’esperienza umana e pastorale durata ben tredici anni per iniziarne una nuova alla bella età di 57 anni.

La breve chiacchierata ha fatto piacere ad entrambi. Ci si saluta con l’intenzione di rivedersi. Poco prima di uscire dal paese, venuamo piacevolmente sorpresi dalla visione dei vari murales che abbelliscono ulteriormente il piccolo abitato, riproducenti perlopiù momenti di vita passata. In prevalenza opere di Pina Monne

prontoPercorrendo il breve tragitto, sulla cui destra vi è un lungo muro abbellito ancora da murales di autori vari (che purtroppo l’incuria dell’uomo non aiuta a preservare dal tempo!), nel punto in cui inizia la stradetta ricoperta da un asfalto anch’esso bisognoso di cure, ci accoglie una bel pietrone in cui vi è incisa la stessa basilica di stile romanico che si vede ormai a brevissima distanza…..

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Vediamo che negli ultimi tempi il sito si è arricchito, prima di entrare nel piazzale antistante il monumento, di un largo spiazzo per il parcheggio delle autovetture e di un grazioso baretto dove inevitabilmente gustiamo il caffè, godendo  del gradevole e distensivo panorama….

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Entriamo nella chiesa proprio nel momento in cui i monaci si ritrovano per il canto dei Vespri, e unirsi a loro non è difficile, incoraggiati dal libretto coi testi e pentagramma che aiuta a seguire la melodia, anche a chi di musica non è proprio intenditore. Le note dell’organo. suonato con la massima delicatezza da padre Ugo, eternamente con la sua cuffietta in testa, contribuiscono non poco a creare la giusta atmosfera da noi ricercat, motivo non secondario per cui questa domenica abbiamo deciso di venire sin qui.

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Purtroppo manca la figura del caro padre Bruno Masala, nativo di Ossi, venuto a mancare nel gennaio del 2014. Raramente si allontanava dal monastero, dove vi era entrato sin dai primi anni in cui nel posto riprese la vita comunitaria, col compito di primo cantore e direttore di canto per tutta l’assemblea presente, oltre incaricato da sempre dell’accoglienza degli ospiti. Nell’accompagnare i visitatori, metteva tutto l’impegno e mostrava grande entusiasmo nello spiegare la storia e il simbolismo dei particolari con cui è stata edificata la chiesa a tre navate, con le particolari pietre chiare e scure. Per chi volesse approfondirne la conoscenza, vada a visitare il sito  http://www.sanpietrodisorres.net/

Ad accoglierci nella portineria c’è proprio colui da cui ho ricevuto l’invito per partecipare all’iniziativa che mi ha spinto a recarmi qui, Salvatore Puggioni…..

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Da perfetto gentiluomo, ci conduce nell’adiacente chiostro, dove ci sorprende immediatamente una gioiosa e inaspettata festa di colori ad olio, tempera, acrilico e  acquerello.

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Salvatore ci dice subito che l’iniziativa è nata per onorare la memoria di padre Bonifacio e del piccolo Lorenzo, che cinque mesi fa ha raggiunto la Casa Definitiva della Gioia.

“Opere fantasmagoriche simili a degli arcobaleni che uniscono la terra al cielo”. E’ in questo modo che viene definito il pitturare del giovanissimo ragazzo. Lo stesso spirito che penso abbia spinto il monaco Bonifacio a creare questo nuovo stile pittorico, il “Canticismo“.

Lorenzo Salice, nome originario di padre Bonifacio, aveva 88 anni quando nel maggio del 2004 ha intrapreso il Viaggio che l’avrebbe condotto a continuare a dipingere la Bellezza in quell’Altrove che ci attende tutti.

Apprendo che era nato a  Provaglio Val Sabbia, in provincia di Brescia. Appena undicenne entra nel seminario della città lombarda  e dodici  anni dopo viene ordinato sacerdote. Dal 1942 frequenta cinque anni della Scuola ABC di disegno a Torino.  Dal ’48 al ’52 l’Istituto d’Arte  a Parma. A Bologna, dal 1952 al 1956 frequenta l’Accademia di Belle Arti, conseguendone il diploma. Nel ’58  entra nel monastero di San Pietro di Sorres per condurvi il resto della sua esistenza. Nel 1960 viene nominato Ispettore Onorario per la conservazione dei monumenti e degli oggetti di antichità e d’arte per la provincia di Sassari. Nel 1975, a 59 anni d’età, trasforma il suo studio privato in una scuola d’arte aperta al pubblico. La pittura è l’attività che ha occupato buona parte del suo tempo.Oltre varie esposizioni pubbliche, è a San Pietro che crea una sua mostra permanente.

bonifacioSalvatore  s’interessa di padre Bonifacio grazie alla Scuola di Ricerca Artistica avviata dal monaco, seppur impossibilitato a frequentarla. In seguito, per sensibilità comune tra i due,negli anni immediatamente precedenti al 2000,  nasce questa nuova corrente pittorica, definita appunto “Canticismo”, con l’apporto di Sara e Stefania, figlie di Puggioni. Ispirato al Canto Gregoriano, il Canticismo  si fonda sui concetti del Cantico dei Cantici che è l’invito biblico all’Amore e alla  Bellezza.  In altre parole, un canto che sgorga dallo spirito. Arte figurativa che si propone la trasmissione di valori positivi come la Pace, rispetto della Natura e del Creato, e massimamente della dignità dell’uomo. Colori sgargianti e rasserenanti preparati dagli stessi che si dedicano a questa espressione artistica, nel contempo espressione di pensiero.Forse un tentativo di evasione dalla cruda realtà che il mondo impone, ma alla fine è un contributo per imparare ad apprezzare i molteplici aspetti positivi che la vita contiene.

Chi vuole approfondire  vada al sito

www.canticismo.it

 

Breve la conversazione col cordialissimo Salvatore. Tra l’altro – mi racconta – un giorno, rivolto all’amico e maestro monaco, gli scappa spontaneamente: Lei si trova in un sacrario preservato dalle intemperie“.  E in effetti é quanto pensiamo un pò  tutti riguardo al condurre la propria vita all’interno di un monastero. “Lievito” sprecato, non immerso nella faticosa quotidianità dei comuni mortali. Una vita tutto sommato comoda, giornate ripetitive senza tanti scossoni. “Rumori” che arrivano dal fondo valle, ma distanti e inoffensivi. Per la sensibilità comune, un cristiano lo si vede più immerso nel mondo, per cambiarlo e migliorarlo, per combattere direttamente contro i soprusi e le ingiustizie che affliggono grossa parte dell’umanità. Eppure……..eppure c’è qualcosa che ci sfugge, che il nostro raziocinio non riesce ad afferrare. Il buon Bonifacio, evidentemente abituato a queste “obiezioni”, non si scompone più di tanto: “ Da qui piovono le grazie!

È stato un vero piacere conoscere Salvatore e l’opera di Bonifacio, tornare in un posto a me caro, cantare insieme i salmi,…

E poi vedere quella grotta perfettissima costruita da mani d’uomo….

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……fermarmi a sbucciare qualche fico d’india alla moglie, guardato a vista da mamma gatta col suo figlioletto, custodi dello striminzito orticello dal quale si vede la basilica che si allontana…….

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Piè – mi dice Giovanna sulla via del ritorno – ma sai che quel genere di pittura, così forte nei colori e fantasiosa, è come pitturavo io quand’ero più giovane?”

E così vengo a conoscenza che vivo da oltre 35 anni con una persona che ha avuto  dentro un “Canticismo” ante litteram. E’ proprio vero che nell’altro c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire, spesso meravigliosamente bello.

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Il “Canticismo” di Bonifacio e quel rilassante pomeriggio domenicaleultima modifica: 2018-10-10T18:05:31+02:00da piero-murineddu
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Commento (1)

  1. Giancarla Cortinovis is

    Sicuramente chi sceglie di isolarsi dal caos odierno, non lo fa per comodo!
    Anzi, sono occasioni per riflettere sulla propria vita ed avvicinarci al Creatore

    Rispondi

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