Autore archivio: piero-murineddu

Partenza o ritorno?

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di Piero Murineddu

Diciamo che qualche difficoltà ci sarebbe nel capire se gli occupanti di questa cinquecento stanno partendo per le vacanze o ne stanno tornando. Il fatto è che il non riescire a zoomare bene non mi aiuta a capire se l’espressione di chi guarda l’obiettivo è FELICE, quindi in partenza, oppure leggeremente RATTRISTATA, quindi di ritorno.

Oh, a dirla tutta potrebbe essere anche RASSEGNATA, sia perché “costretto” a partire e quindi doversi immergere controvoglia nella bolgia vacanziera, mentre forse avrebbe preferito godersi la tranquillità della città finalmente semideserta e che, passeggiandosela nel parco, avrebbe potuto anche appoggiarsi ad un albero per “fare un po’ di acqua”, senza paura di esser visto e magari denunciato per atti pisciatori in luogo pubblico.

Ma potrebbe essere anche un’espressione rassegnata, perché in procinto di riprendere il lavoro nell’odiata e ripetitiva catena di montaggio della fabbrica dove consuma otto o più ore al giorno della sua preziosa e unica vita, gia rimpiangendo quell’avventuretta al mare non andata purtroppo in porto perché tenuto/a sotto strettissima e costante sorveglianza dal/dalla gelosissimo/a consorte.

Allora, costoro stanno iniziando le vacanze o ne stanno tornando?

Aspetta, aspetta. Forse un indizio ci sarebbe. La damigiana. Pur non riuscendo a zoomare ( l’ho gia detto) ed essendo particolarmente acciecato, mi sembrerebbe di capire che il tappo, naturalmente di sughero, non vi sia, per cui…….

Ma siiiiii…..ceeeeeeerto. il preziosissimo nettare d’uva che conteneva è stato consumato durante le baldorie serali, arrostendo poveri animali cadaverizzati al fuoco lento della carbonella o di legnetti raccolti qua e là, raccontando barzellette zozze o sui soliti carabinieri imbranati.

Non riesco a capire se dentro lo scatolone vi siano derrate alimentari integre, oppure piccoli reperti archeologici trovati e di nascosto inscatolati…..

Ma comunque, la damigiana senza tappo è la prova definitiva:
la cinquecento e tutto il suo contenuto è di ritorno dalle vacanze.

“Promoveatur ut amoveatur” (che sia promosso, per poterlo rimuovere)

 

di Piero Murineddu

Il metodo è conosciuto, credo. Quando qualcuno in un certo qual modo crea un qualsiasi fastidio, ci si sbarazza di lui con un’apparente “promozione”.
È così che agisce il potere, da qualunque esso sia rappresentato, e sopratutto se l’interessato in questione è una persona ben vista e di cui sia ha una buona considerazione. Da parte del “popolino” intendo. Se poi il soggetto crea oggettivamente dei danni per il ruolo che ricopre, il potere non si fa scrupolo a dargli platealmente un calcio in culo e liberarsene, ricevendo in questo caso il plauso da parte della plebaglia. In un modo o nell’altro, l’importante che il potere sia garantito e perpetuato.

In questa occasione parlo di un prete 44enne, tal Cristian Leonardelli, sceso dalle alture trentine fino alla costa toscana, e da qui, per quel meccanismo che dicevo prima, attualmente soggiornante nell’entroterra collinare livornese.

Formatosi alla scuola di don Milani, seppur solo idealmente, da quando è divenuto sacerdote, una decina d’anni fa, ha sempre puntato alla crescita umana dei ragazzi, mettendo su dei doposcuola, col sostegno fattivo di volontari che continuano a credere nelle “stravaganze” di questo ancora giovane don.

Quando un lustro fa circa il suo vescovo ( per quel meccanismo che dicevo prima) lo mandò a curare le anime in questa benedetta valle non distante da Livorno, Cristian si è trovato davanti un’antica abbazia in completo abbandono, e come un novello san Francesco, chiesto l’aiuto dei suoi amici trentini e di quelli che si era creato in alcuni spostamenti avvenuti in territorio livornese (sempre per quel meccanismo che dicevo all’inizio), si rimboccò le maniche, predisposero il materiale e la malta necessari, e l’abbazia rivenne su ……più bella e più grande che pria.

Dalle notizie acquisite, sembrerebbe che abbia gia adocchiato un altro rudere di valore da rimettere in piedi.

Vista la sua attraente “stravaganza” (diciamo la verità: non se ne può più di certa pretaglia – ops, intendevo dire buoni preti trasmettitori della buona e sana tradizione….), intorno a lui si è costruita una piccola comunità, i cui componenti non esitano a fare dei chilometri in macchina per tener viva la loro fede, grazie anche alle stramberie di Cristian don.

Ora, bisogna sapere che un’alluvione avvenuta tempo fa aveva provocato uno smottamento di terreno, restringendo di molto la strada che conduce all’abitato collinare, in realtà un insieme di case sparse. Da allora l’amministrazione pubblica,di questo problema subito dagli abitanti del luogo, si è sempre disinteressato. E qui interviene la stravaganza di Cristian, che ad ogni anniversario dell’alluvione, nel mese di maggio, chiama a raccolta le anime e i corpi dei suoi parrocchiani, invitando anche figure istituzionali, e celebrano la Messa proprio lì, nel punto indicato dal prete nella foto.

 

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Scorrendo la notizia su un quotidiano del luogo, mi è capitato di leggere un commento di un tale evidentemente risentito, perché, a suo dire, queste “ingerenze” danneggiano la religione. Cioè, il pretino dovrebbe fare il suo mestiere ( che sarebbe?) e lasciar da parte la “politica”.

In pratica è quanto pensa la maggior parte dei “credenti”, siano essi cattolici, protestanti, atei devoti,atei praticanti e menefreghisti in toto: una cosa son gli affari di lassù, un’altra sono quelli di quaggiù.

Cosa penso io? Semplice: se ci fossero in giro tanti Cristian, la Lieta Notizia sarebbe più evidente e sopratutto praticata, e per tornare al titolo che ho dato a queste due righe, ai veri seguaci di Gesù le “promozioni” non importano granché, per cui è inutile che certi vescovoni cerchino di prendere per i fondelli chi si ritrova una testa e un cuore diversi da loro.

Imparare a diventare fratelli

Sassari: il campo nomadi sarà sgomberato entro l’anno

Nel seguente link puoi leggere l’articolo…..

http://www.lanuovasardegna.it/sassari/cronaca/2018/08/19/news/campo-nomadi-sgomberato-entro-l-anno-1.17169140?ref=hfnsssea-1

Cattura

…e qui il mio modesto parere

di Piero Murineddu

Evidentemente la cosa non poteva durare in eterno. Non è più accettabile che degli esseri umani vivano nel degrado assoluto, naturalmente a debita distanza dal delicato olfatto della cittadinanza civilizzata.

Il Nicola sindaco, quello che ormai ha fatto l’orecchio divertito ai fischi della “faradda”, è stato spinto dalla seppur evanescente autorità del Parlamento Europeo (“se mi conviene aderisco,se no faccio lo gnorri”) che a suo tempo ha sancito l’eliminazione dei ghetti quali sono i campi nomadi (“nomadi” una minchia…ormai perlopiù le varie etnie “zingaresche” sono divenute stanziali), ma intanto finalmente una soluzione si sta’ cercando, è questo è segno di civiltà.

E noialtri è inutile che facciamo troppo gli schizzinosi. Non possiamo pretendere di avere come vicini solo gente ben pulita, educata, inquadrata e che possibilmente voti quel cazzone del “celodurismo” antico, conosciuto come Matteo lo Sbruffone&Barroso. Sono i rapporti umani veri che contano, e non la spesso formale e glaciale “educazione” di semi’indifferente buon vicinato. E i rapporti umani si costruiscono, non piovono dall’aria.

Tutta da organizzare questa auspicata integrazione dei Rom & C. nel contesto civile, e sicuramenre non sarà cosa facile. Ma è necessaria. Do-ve-ro-sa ! Ci riteniamo cristiani o adoratori di una qualsiasi divinità fatta a nostra immagine e somiglianza? Dimostriamolo coi fatti, accogliendo l’altro e divenendone fratello. Fratello che si ama, non col quale ci si scanna per dividere cinque sedie lasciate dai genitori defunti. Così sia e anche buona settimana di un’estate agli sgoccioli.

Immigrati che sfruttano altri immigrati

Articolo apparso su La Nuova Sardegna del 17 agosto, a firma di Luigi Soriga.

 

Sassari – Nel megastore Bricocina, a detta dei dipendenti che hanno presentato una denuncia, vige un’interpretazione molto singolare del contratto del lavoro. Se sei italiano valgono i diritti, se sei senegalese, cinese, bengalese, filippino allora il registro cambia: le ferie, la malattia e gli straordinari te li puoi scordare. Anche se l’assunzione è a tempo indeterminato. E se ti azzardi a chiedere che questo pacchetto base di prerogative possa essere riconosciuto, la risposta è prima un demansionamento, e infine una lettera di licenziamento per giusta causa.

Bamba ha 23 anni, e da tre anni lavora per Bricocina. «Sono uno bravo, ci so fare con i clienti, non temo la fatica, e infatti ho iniziato come factotum, poi cassiere e infine stato promosso a caporeparto. Assunto a tempo indeterminato, 800 euro al mese. Finché ho lavorato dodici ore al giorno, testa bassa senza fiatare, tutto è filato liscio. Nonostante il mio contratto di ore ne prevedesse 8. Ma l’anno scorso volevo tornare in Senegal per rivedere i miei familiari, e ho provato a chiedere il mese di ferie che mi spettava da contratto. La risposta del mio capo, detta con grande disinvoltura, è stata devastante».

Il dialogo suonava all’incirca così: «Ciao capo, avrei una domanda: vorrei tornare a casa, posso avere le ferie? Risposta: no. E perché no? Perché da Bricocina solo gli italiani hanno ferie. Per i senegalesi, cinesi, bengalesi, filippini non si può fare lo stesso trattamento. Se vuoi le ferie, la tredicesima, la quattordicesima puoi provare a rivolgerti da un’altra parte. Qui funziona così».

Allora Bamba, assieme ad altri tre connazionali e altri tre bengalesi, a gennaio si è rivolto al sindacato Cisal, e Nino Fiori ha preso a cuore la vicenda. «Questi ragazzi hanno raccontato una situazione di assoluto sfruttamento. Da parte dei datori cinesi, nessun rispetto per gli orari di lavoro definiti dal contratto, niente ferie e malattie. Reclutano manovalanza senza tutele sindacali, in modo da imporre le loro regole. Per questo abbiamo raccolto le testimonianze e abbiamo messo in contatto i dipendenti di Bricocina con l’Ispettorato del Lavoro».

E infatti, da lì a qualche settimana, scatta il blitz degli ispettori del lavoro, che sentono i dipendenti e i titolari e raccolgono il dossier. «L’indagine è ancora in corso – spiega il direttore dell’Ispettorato – anche se a breve contiamo di concluderla e adottare i dovuti provvedimenti. Abbiamo riscontrato violazioni delle norme contrattuali e uno scenario di sfruttamento del lavoro».

Dice Bamba: «Dopo la denuncia in effetti la situazione cambia: le ore settimanali diventano 40 per tutti, e vengono rispettate. Non ci viene più chiesto di stare lì per dodici ore a fare qualunque cosa, dal cassiere, al magazziniere all’addetto alle pulizie. Però improvvisamente da lavoratore modello io entro nella lista dei cattivi, e vengo demansionato. In chat il mio capo mi dice che non sono più caporeparto». I rapporti con i datori cinesi sono glaciali, nel punto vendita c’è tensione. E l’11 agosto arriva l’epilogo sotto forma di una raccomandata a mano. L’oggetto, in neretto, recita: licenziamento per giusta causa. La ricevono tutti i dipendenti che si sono rivolti prima al sindacato e che hanno presentato denuncia all’Ispettorato.

«In pratica veniamo accusati di improduttività, di incompetenza, di danneggiare la merce, di non pulire, di essere maleducati

con la clientela. Ma come? Il giorno prima della denuncia sono talmente bravo che mi promuovi caporeparto, e poi improvvisamente divento uno che non sa fare il proprio lavoro? E tutto per aver chiesto parità di trattamento con i colleghi italiani e rispetto per i miei diritti».

Cattura

BOH…….

di Piero Murineddu

È lampante. Vi sono immigrati di prima serie ed altri di secondissima. E capita che quelli di prima serie, nello specifico i cinesi, trattano gli altri, loro dipendenti nelle attività commerciali che sorgono improvvise in ogni dove, forse peggio di come molti italiani fanno con gli immigrati, quelli invisi ai S…..i e ministraglia varia. Così almeno sembrerebbe leggendo questo articolo. Se sei italiano hai diritto, se non lo sei affaracci tuoi, emuddu e cagliaddu altrimenti ti licenzio anche.

Ma vi è chiara o no questa distinzione? E tutti gli italiani, quelli solitamente rabbiosi verso i “normali” immigrati, silenti e indifferenti. Ma c’è o no qualcosa che non quadra?
Ma come, acquistano tutto l’acquistabile, e viene permesso che sfruttino i loro dipendenti (non italiani), mentre noi facciamo finta di niente, giriamo la faccia altrove e ce la fischiettiamo perché intanto non sono cazzacci nostri?
Ma che caspita di criteri usiamo nei nostri giudizi? Ma che strano senso di giustizia si è inculcato nei nostri civilizzati cervelli?

Tentiamoci almeno….

di Piero Murineddu

Oh, mannaggia! Composta e registrata tanti anni fa, ma di un’attualità impressionante. Sempre cieco come una talpina, ed oggi ancor di più. I capelli erano ancora neri, ma il pensiero in proposito è rimasto tale e quale. La registrazione è quella che è ( il macchinario usato era una “supertecnologica”…..
fotocamera!) e la voce arrivava ancora a qualche tonalità più altina dell’attuale. Le parole, non mie, le condividevo al 100%, allora. Oggi al 300%. Purtroppo, oltre i porti, i cuori oggi si son chiusi maggiormente. Per diffidenza, per paura, per l’odio iniettato da certa politicaglia del c…., espertissima nel manipolare addirittura le coscienze. Di buona parte, ma non di tutti. Ed è quel “resto” che mi da’ fiducia e speranza che ancora non tutto è perduto. Restiamo umani. Tentiamoci almeno.

 

Sempra appena ieri

 

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di Piero Murineddu

 

Se passa il tempo? Oh, quanto! E anche velocissimo. Si fa così, giusto per dire, ma sembra ieri che ti portavo sulle spalle che particolarmente forti non sono mai state, ma pur di sentirsi il destriero del proprio primo figlio, la fatica la si affronta volentieri, se non altro almeno per far credere all’erede che gli è capitato il più forzuto e il più eroico babbo del mondo.

E poi quei girettini ciascuno con la propria bici e le proprie gambe, che nonostante anche quelle per me non sono mai state particolarmente muscolose, le garettine le facevamo e tu gioivi “sadicamente” quando raggiungevi per primo il traguardo.

Sono trascorsi ben ventott’anni da quella notte in cui mamma Giovanna si chiese cos’era quel liquido che improvvisamente si era visto sparso nel pavimento.

“Piè..Piè….svegliati…..forse ci siamo….”. E difatti. Verso le otto di mattina vedemmo finalmente il tuo faccione stravolto per la fatica di aver oltrepassato quel magico tunnel che ti ha introdotto alla vita, giustamente piangente, sia per respirare a pieni polmoni e sia perché eri stato costretto ad abbandonare la calda casettina che ti aveva ospitato per ben nove mesi, dando forma giorno dopo giorno ad un nuovo bel corpicino, fornito di un cervello e sopratutto di un “cuore” che, ne ero da subito convinto, avrebbe contribuito a migliorare questo mondaccio dove ti avevamo ficcato.

Grazie a Colui che ha voluto che tu percorressi le strade di questo mondo. È molto discreto, e non gli piace “apparire”, ma è più presente di quanto lo siamo a noi stessi.

Grazie, carissimo figliolone Giuseppe, per l’impegno che stai ponendo per aiutarci tutti a recuperare quelle sembianze umane che questi difficili tempi rischiano di farci perdere.

Grazie a mamma Giovanna per la grande generosità che ti ha trasmesso.

Grazie alla tua “sorellina” Marta per gli stimoli che non ti fa mancare per migliorarti sempre più.

Grazie alla tua e nostra Beatrice per il bene che vuole per te.

Grazie agli amici che ti hanno accompagnato in questi anni e continuano a farlo. Non è facile questa vita e percorrerla insieme ad altri la rende sicuramente meno temibile e senza dubbio alcuno più piacevole.

Grazie perché la tua esistenza ci aiuta tutti ad essere migliori.

Auguri figliolo

In memoria di Mario, ad un anno dal “trapasso”

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da un ricordo di Irene Baule

 

Oggi sono un po’ stanca, ma posso dire di avere trascorso una mattinata veramente unica. E ringrazio i figli di Sevkija Mario che ci hanno invitato all’ultimo saluto di questo grande signore che avevamo imparato a voler bene come un fratello.

Posso dirvi solo che, più che una cerimonia, è stato un momento di vita, condotto senza fretta e con grande dignità. Vigili e dipendenti del cimitero hanno capito e hanno assecondato i ritmi del congedo rom. Veramente toccante…

Figli nipoti nipotini, tutti belli e molto partecipi, in un modo tanto diverso dai nostri funerali! Un pacifico riappropriarsi degli spazi e delle relazioni, fino alla completa riappacificazione con chi se ne va – come ci ha spiegato bene il genero Giuliano – lasciando questa vita di sofferenza per rinascere a una vita di pace e armonia.

Abbiamo ancora una volta imparato molto dai nostri fratelli rom. A partire dai piccolini, che tutti portavano fiori e baci al nonno. Le ragazzine offrivano a tutti bibite e macedonia come ad un battesimo…

Poi la cerimonia musulmana, la preghiera con le mani rivolte verso il cielo, poi il saluto delle figlie e delle madri, tutte gli hanno detto qualcosa, poi la sepoltura, con amore, senza fretta. I vigili e i dipendenti del cimitero hanno capito e rispettato Il loculo ben pulito, ornato con un bel tappeto su cui è stata adagiata con cura la bara.

E poi il cuscino con il pizzo, il piumone a fiori, i vestiti, le sigarette, lo zainetto con le sue cose, la Vecchia Romagna, le canne da pesca… E la figlia che gli parlava con amore e ogni oggetto era lo spunto per raccontare a lui, a noi, a tutta la famiglia.

Noi preghiamo per Mario, speriamo che lui dal regno della Pace preghi per noi e soprattutto protegga i più piccoli e i più indifesi nel cammino non facile di questa vita.

Che nessuno della tua bella e grande famiglia debba d’ora in poi soffrire quello che hai sofferto tu, fratello mio.

“R.I.P.” di che?

di Piero Murineddu

Quest’oggi mi gira uno “strano” pensiero e credo sia il caso esternarvelo.

L’umore è inevitabilmente rattristato per le morti causate dal pontaccio di Genova, per la morte della Borsellino, da sempre in prima linea per combattere le mafie e denunciare con coraggio i malaffari, dai tanti morti sconosciuti, spesso a causa dalla cattiveria umana….

Il mio pensiero va in particolare alla mia amica Gavina, deceduta una ventina di giorni fa, alla bella età di 88 anni e dopo un’esistenza trascorsa nel miglior modo possibile, cioè dando attenzione alle necessità altrui, specialmente dei più bisognosi.

Penso – e chiedo scusa – in modo particolare a quell’irritante, pappagallesco e formalissimo “R.I.P.”. Lo so, sono un tantino pignoleretto, ma, santiddio, sforzarsi di scrivere per intero “riposa in pace” non accorcerebbe la vita a nessuno. E questa è la prima parte del pensiero che mi frulla in queste ore.

L’altra è questa storia del “riposo” per chi oltrepassa la Soglia Sconosciuta.

Lo mmetto, questa storiella non mi è mai andata mai giù. Un corpo inerte, inevitabilmente destinato alla decomposizione, che si riposa. Oppure la sua essenza “spirituale”, chiamatela anima o come vi pare, che se ne sta a pennicchellare oziosamente vita eterna durante?

Lo so, per molti e nella visione comune è un modo di dire, ma una cosa voglio comunicarvela.

Tempo fa ebbi la fortuna di leggere un libro dove il carissimo Alberto Maggi racconta la sua esperienza di essersi trovato ricoverato in ospedale, più in là che qua.

Tra i tanti passaggi raccontati e descritti, a tratti anche in modo molto divertente, mi aveva colpito l’idea che chi ha lasciato questa terra se ne stia tutta la santa eternità a contemplare la Luce Perpetua, oziosamente “a riposo”.

L’ho gia detto, modi di dire, fors’anche poeticamente. Ma Alberto, che aveva vissuto, essendo molto grave, l’eventualità della morte con la massima tranquillità, e da quanto da lui detto, sopratutto nella gioia, cosa che non dovrebbe meravigliare per chi crede realmente che la morte è solo un passaggio e non la fine di tutto. Ecco, lui diceva che una volta varcata la Soglia, si diventa molto più attivi di quanto forse lo si è stato quando si era in ….vita. E a me la cosa sembra ragionevole. È impensabile che per chi si è svelato il Mistero, si disinteressi totalmente di ciò che combiniamo noialtri ancora respiranti, spesso delle enormi cazzate e azioni che servono solo ad una lenta autodistruzione collettiva. In modo per noi incomprensibile, sono presenti e partecipi, perlomeno per evitarci a non combinare pasticci più grossi.

A me l’idea piace. A ciascuno pensarla come crede.

A questo proposito, penso a Gavina e al suo e nostro Petronio. Non credo proprio che se ne stiano continuamente ed eternamente ad amoreggiare, specialmente ora che hanno riavuto la giovinezza di una volta. Eppoi due come loro, infaticabili come sono sempre stati. Trovo impensabilissimo che se ne impippino e pensino esclusivamente alla loro …..beatitudine.

Gavina, Petronio, Rita, mia madre, mio padre, tuo fratello, il tuo caro amico, il tuo piccolo figliolo, la tua divertente nonna e pure il tuo trisnonno che non hai neanche conosciuto…….. Tutti presenti, a modo loro, per sostenerci nei momenti di particolare fatica……

E mi raccomando, quel patetico “R.I.P.”………Ve ne prego, se vi riesce, evitatelo. Per cortesia, s’intende……

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Nella foto, una giovanissima e affascinante Gavina Demurtas

Sul cantare in chiesa

di Piero Murineddu

Svegliatomi all’improvviso, questa notte non riuscivo a respirare. Pur nell’agitazione di quei lunghi sforzi per riuscire a introdurre aria nei polmoni, mi è venuto da pensare che quelli erano gli ultimi minuti della mia vita. Con molta fatica, e cercando di non farmi prendere dal panico, mi è riuscito di….continuare a vivere.

In attesa di riprendere sonno, al buio ho allungato il braccio e ho preso in mano lo smartphone. Digitando digitando, m’imbatto in uno scambio d’opinioni a partire da questo breve filmato in cui Riccardo Muti, nel bel mezzo di un concerto in cui il pubblico era certamente gente di un certo livello e che usa frequentare la musica “colta”, il Nostro, mimando il gesto con superiorità, deride l’uso dello “schitarrare” in chiesa, dicendo che alla sua morte vorrebbe essere accompagnato dalle alte melodie di Giovanni da Palestrina e non – rifacendo il gesto e provocando l’ilarità dei musicisti e del pubblico – da “…e mio fratello viene con me…..” e zum zum zum.

Dico la verità. Il tutto l’ha fatto in modo snobistico e per me leggermente irritante, “bacchettandoando”, dall’alto del suo pulpito di esperto, anche la mancata autorità dei vescovi.

Dicevo dunque dello scambio di commenti, nella pagina che tra l’altro è di una mia amica feisbuchina.

Ho letto i vari punti di vista sull’argomento, e la cosa mi ha fatto piacere, se non altro perché finalmente non si parlava delle sparate di quel misero ministro degli interni che l’Italia si ritrova.

A momenti mi è parso d’intravedere posizioni simil talebani o addirittura “ISISani”, ma ho seguito con interesse il commento di ciascuno. Ero tentato di sparare in mezzo anche la mia, ma ci ho rinunciato per discrezione.

Adesso però voglio prendermi lo spazio per esprimere la mia di opinione.

Tradizionalmente l’organo è lo strumento principe nella maggior parte delle chiese, e diciamo pure che, per il suono che produce, riesce ad accompagnare meglio il canto dell’assemblea. Quando canta, s’intende.

Ho qualche riserva riguardo al fatto che il suo suono aiuterebbe meglio ad “elevare lo spirito”. Mi chiedo: ad elevarlo a chi e a che cosa?

Io so che le assemblee liturgiche sono principalmente un incontro di persone che sono lì per riconoscersi come fratelli e sorelle che chiedono al Padre comune l’aiuto per amarsi realmente fra loro e per amare concretamente TUTTI gli altri che non sono presenti in quel momento.

Se invece ci si reca in chiesa per sentire una vaga presenza del divino e respirare aria di spiritualità che soddisfi il bisogno individuale, questa è un’altra faccenda.

Quindi, persone che attraverso il canto esprimono l’unità, la comunione che cercano di costruire, quella richiesta dal Maestro (non dal maestro Muti).

Io tante volte mi son ritrovato in assemblee dove bastava l’accompagnamento di una chitarra per raggiungere l’unisono dei cuori. In tante comunità sparse per il mondo, in sud Aamerica come in Africa, uno strumento che non sia ” colto” come l’organo è più che sufficiente, sostituito spesso e volentieri da una sei corde, da un’arpa, da un charango, da dei flauti o da semplici tamburi. E allora? Lo spirito non si “eleva”? I cuori non battono in sincronia? Non s’impara ugualmente a volersi bene, che alla fine è ciò che conta maggiormente?

Posso ipotizzare che il Padre Misericordioso gioisce maggiormente se vede vicini di banco che si sorridono fraternamente, più che vedere individui molto “ascetici” con gli occhi chiusi, mani giunte e prostrati che, al momento dello scambio della pace, fanno fatica a toccare la mano del vicino e sorridergli?

Punti di vista. Questo è il mio. Tra i commenti che dicevo, ho letto un riferimento al caro don Tonino Sanna, musicista di pregio nella cui chiesa che animava non ho mai sentito “basso” schitarrare. Non ne abbiamo mai parlato. Sarà uno dei tanti argomenti che affronteremo un dì.

A proposito. Leggere sull’argomento in piena notte, mi ha aiutato a riprendere la respirazione con più rilassamento. Grazie

Curarsi con l’omeopatia? Diciamo che……

Beppe Grillo scrive ai farmacisti perchè non vendano prodotto opmeopatici

Qui trovi l’articolo     https://www.ilpost.it/2018/08/14/beppe-grillo-omeopatia/

 

e qui c’è il mio parere

di Piero Murineddu

Diciamo che pur di curare una qualsiasi malattia, ciascuno è liberissimo di rivolgersi a chi vuole e a qualunque sostanza. Ma che si voglia proibire ai farmacisti di vendere ciò che ritengono opportuno, mi sembra francamente esagerato. Sta a ciascuno fare le sue scelte e decidere se spendere i propri soldi per quello che ritiene di doverli spendere.

Altra cosa è quando è il medico di famiglia a confonderti le idee.

È capitato a me, nel paese dove vivo. Da una parte pronto a prescriverti il farmaco di cui tradizionalmente fai uso, ma nel contempo ti fa i c……i così dicendo che ci sarebbe quell’altro prodotto omeopatico, che si, costa in po’, ma non provoca effetti collatterali, rafforza le difese immunitarie e bla bla e ancora bla. Tu, che vuoi star meglio e del tuo medico ti sei sempre fidato, che fai? ” E va bene, lu duttò, se lo dice lei…..”

Ecco, a me questo atteggiamento non mi garba affatto, arrivando ad un livello d’irritazione tale da portarmi a cambiare medico. Ma, mi chiedo, son modi di fare questi? Se proprio credi in un determinato modo alternativo per star bene le persone, dedicati a quello e lascia perdere l’altro. Perché disorientare ulteriormente la nostra incompetenza in materia?

Il medico sei tu, caz., non sono io…. Ti ho scelto come medico. Devi tentare di curarmi al meglio, non farmi stragirare i pendenti coi tuoi ripensamenti…..