Autore archivio: piero-murineddu

Silenzio per saper riconoscere l’essenziale

di Piero Murineddu

Veramente il canto a cappella, ovvero il solo uso delle voci senza accompagnamento musicale, è un genere che vale la pena esplorare, Si scoprono perle preziosissime, e anche l’Italia ne è strapiena. Solitamente sono gruppi composti da giovanissimi che, perseverando nell’impegnarsi ad affinare la tecnica nell’usare al meglio ciò che producono le proprie corde vocali, si arriva a traguardi non solo soddisfacenti, ma veramente strepitosi. Andate su youtube e scoprirete cose strabilianti.

E’ il genere in cui è incappato anche mio figlio Giuseppe, quel dì che, iniziando gli studi universitari a Roma, ha avuto la fortuna d’incontrare Marco e il gruppo da lui diretto, i “Notevolmente“.

Un amore per questo  genere musicale sviluppatosi gradualmente, grazie anche all’amicizia intercorsa tra i componenti, aspetto per niente secondario.

Trasferitosi a Padova per la specialistica e vivendo in una casa comunitaria per studenti, non ha avuto difficoltà nel trovare adesioni per creare un nuovo coro legato sempre a questo particolare ed evidentemente entusiasmante genere, a cui è stato dato il nome di “Astronote“. Anche qui, l’attività non si è mai limitata esclusivamente al cantare, ed è sicuramente anche grazie all’impulso dato dalla relazione umana che questi ragazzi di ambo i sessi, andando man mano aumentando di numero e di capacità personali, sono arrivati a avere un nutrito repertorio di discreto valore, fatto conoscere al pubblico in varie manifestazioni, solitamente non finalizzate a mettere soldi in saccoccia.

Conclusa ottimamente la specialistica, il figliolone decide di stabilirsi nella città veneta, dove intanto, in attesa di affrontare l’esame di Stato, l’amore per la musica si è completato nell’incontro con la sua Bea, anche lei appassionata del cantare insieme.

Sono pochi giorni che il caro figlio ha superato anche la tappa di questo esame che gli ha dato ufficialmente l’abilitazione per esercitare la professione per la quale ha studiato per un lungo e faticoso quinquennio. La passione per la musica, tuttavia, non l’ha assolutamente messa da parte.

Uno degli ultimi brani a cui ha lavorato è “Enjoy the silence“, composto non recentissimamente dal gruppo inglese  Depeche Mode. A me personalmente, sopratutto per la presenza della batteria col suo suono ossessivo, non piace granchè, De gustibus, per cui….

Per tornare al canto a cappella, mi piace molto di più la versione che ne hanno fatto i Cluster, tre ragazzi e due ragazze provenienti tutti dal Conservatorio e che dal 2004 hanno dato avvio a quest’avventura, producendo ottimi risultati. Anche loro ad un certo punto introducono le percussioni…vocali. Tutt’altra cosa di quelle elettroniche o anche di tamburi veri e propri….

E’ possibile che qualcun altro ci abbia provato, Sicuramente Giuseppe e i suoi coristi lo hanno fatto, e tutto sommato, il risultato mi sembra dignitoso. Da notare che dirige seduto sopra uno sgabello, a causa di un’antipatica e dolorosa distorsione…..

Insomma, il canto al mio figliolone lo ha proprio preso. Adesso vuole iscriversi ad un ‘Accademia in cui vengono presi in considerazione un po’ tutti i vari generi, compreso il gregoriano. Il paparino, ricordando quella vecchia storia di “andare dove ti porta il cuore”  non può che incoraggiarlo, anche perchè, diversamente, ormai ha l’età per fare ciò che ritiene giusto per la sua vita. Per quanto mi riguarda, tutt’al più posso consigliargli ogni tanto di gustare il silenzio, come titola questo brano. E’ il modo migliore per riprendere possesso di sè stesso, oltre che valutare al meglio una scaletta di valori primari a cui dare precedenza negli anni che abbiamo da vivere.

Un abbraccio al mio caro figlio

ENJOY THE SILENCE

Words like violence

Break the silence

Come crashing in

Into my little world

Painful to me

Pierce right through me

Can’t you understand

Oh my little girl

All I ever wanted

All I ever needed

Is here in my arms

Words are very unnecessary

They can only do harm

Vows are spoken

To be broken

Feelings are intense

Words are trivial

Pleasures remain

So does the pain

Words are meaningless

And forgettable

All I ever wanted

All I ever needed

Is here in my arms

Words are very unnecessary

They can only do harm

All I ever wanted

All I ever needed

Is here in my arms

Words are very unnecessary

They can only do harm

All I ever wanted

All I ever needed

Is here in my arms

Words are very unnecessary

They can only do harm

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GODERSI IL SILENZIO

Parole come violenza

Rompono il silenzio

Arrivano schiantandosi

Nel mio piccolo mondo

Sono dolorose per me

Mi penetrano direttamente

Non puoi capire

oh mia piccola ragazza

Tutto ciò che ho sempre voluto

Tutto ciò di cui ho sempre avuto bisogno

È qui tra le mie braccia

Le parole sono davvero superflue

Possono solo fare male

I voti vengono fatti

Per non essere mantenuti

Le emozioni sono intense

Le parole sono trascurabili

I piaceri rimangono

e anche la paura

Le parole sono insignificanti

E dimenticabili

Tutto ciò che ho sempre voluto

Tutto ciò di cui ho sempre avuto bisogno

È qui tra le mie braccia

Le parole sono davvero superflue

Possono solo fare male

Tutto ciò che ho sempre voluto

Tutto ciò di cui ho sempre avuto bisogno

È qui tra le mie braccia

Le parole sono davvero superflue

Possono solo fare male

Tutto ciò che ho sempre voluto

Tutto ciò di cui ho sempre avuto bisogno

È qui tra le mie braccia

Le parole sono davvero superflue

Possono solo fare male

Pena inesprimibile

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Renzo Bossi 

 

 

 

di Piero Murineddu

 

Leggi prima l’articolo.

copia e incolla sullo spazio bianco in alto

http://milano.repubblica.it/cronaca/2016/07/11/news/processo_the_family_renzo_bossi_sulla_laurea_in_albania_non_sono_mai_stato_all_universita_-143853138/

Hai letto? Oh, poveretto Trotarelletto!  Lui della laurea albanese non ne sapeva niente, poverino….

Dopo il diploma, voleva andare a proseguire gli studi in America e imparare lì, campioni di democrazia, tante cosette per metterle a disposizione della “causa” del partito una volta tornato in patria, ovvero in Padania.

Ma, non si sa il come e il perché , si è trovato all’interno dello stramaledetto Consiglio Regionale, evidentemente per volontà di paparino, ad incassare lo stipendione senza fare mezza sega.
Oppure, quelle se le faceva, ben nascosto tra gli scranni, annoiandosi perché non capiva un c…. Purtroppo, al culmine della goduria, il presidente suonava la campanella the end…Maledetta campanella!

E il paparino? L’avete visto paparino Umberto presenziare al processo a carico dell’amato figliolotto un tantino ebete? Tiene ancora il fazzolettino verde nel taschino tiene……

” La lega diventerà più forte e più grande che pria!” “Bravo!” “Grazie….”

Che peeeeena !

 

 

A ciascuno la sua valutazione

di Piero Murineddu

Scritta a metà degli anni ’80, insieme all’amico pittore e paroliere Sandro Luporini, oggi 88enne.
La tentazione della frase ” sembra scritta ieri” è sempre dietro l’angolo, ma questo alla fine spetta a ciascuno valutare secondo il personale metro di giudizio.

“Dove si nasce e si vive sorridendo”. mmmmmmm…….
Più che altro si nasce col necessario pianto (dicono per liberare li vie respiratorie e non per la disperazione di dover affrontare la vita!) e spesso si trascina un’esistenza che provoca poco il buon umore.

“Dove tanta gente insieme non fa massa”. Anche qui, non sono portato all’ottimismo. L’accodarsi al Pensiero Unico è cosa molto comune, oltre che comoda. La fatica di farsi un’opinione personale facilmente la si evita.

Finisco qui, anche perché oggi l’umore non è alle stelle e non vorrei trasmetterlo ai pochi lettori di queste righe.
Lascio volentieri a ciascuno l’onere di pensare, e se vuole, di paragonare quello che è oggi, 2018, con ciò ch’era allora, 1984 o giù di lì.

A me l’impegno di trovare quei pochi accordi non comuni per cantarmela col pianoforte

 

Benvenuto il luogo dove
dove tutto è ironia
il luogo dove c’è la vita e i vari tipi di allegria
dove si nasce, dove si vive sorridendo
dove si soffre senza dar la colpa al mondo.

Benvenuto il luogo delle confusioni
dove i conti non tornano mai
ma non si ha paura delle contraddizioni
dove esiste il caos ma non come condanna
dove si ride per come è strana la donna.

Benvenuto il luogo dove
il futuro è sempre più precario
benvenuta l’incertezza di un luogo poco serio
dove esiste ancora qualche antica forma di allergia
benvenuta l’intolleranza, benvenuta la pazzia.

Benvenuto il luogo dove
si crede a tutto e non si crede affatto
dove sorge la città delle madri dal corpo perfetto
benvenuta la donna che riflette tutto su se stessa
benvenuto il luogo dove tanta gente insieme non fa massa.

Benvenuto il luogo dove
se un tuo pensiero trova compagnia
probabilmente è già il momento di cambiare idea.
Il luogo dove l’estetica è importante
e poi malgrado l’ignoranza tutto è intelligente.

Benvenuto il luogo dove
non si prende niente sul serio
dove il rito è superato ma necessario
dove fascismo e comunismo sono vecchi soprannomi per anziani
dove neanche gli indovini pensano al domani.

Benvenuto il luogo dove
tutto è calcolato e non funziona niente
e per mettersi d’accordo si ruba onestamente
dove non c’è un grande amore per lo Stato
ci si crede poco
e il gusto di sentirsi soli è così antico.

Benvenuto il luogo dove
forse per caso o forse per fortuna
sembra che muoia
e poi non muore mai nemmeno la Laguna.
Dove tutto è melodramma con un po’ di indignazione
dove diventano leggere anche le basi americane.

Benvenuto il luogo lungo e stretto con attorno il mare 
pieno di regioni
come dovrebbero essere tutte le nazioni
un luogo pieno di dialetti strani
di sentimenti quasi sconosciuti
dove i poeti sono nati tutti a Recanati.

Benvenuto il luogo dove
dove tutto è ironia
il luogo dove c’è la vita e i vari tipi di allegria
magari un po’ per non morire, un po’ per celia
il luogo, caso strano, sembra proprio l’Italia.

 

Il muralismo di Pina

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di Piero Murineddu

Della breve visita di domenica scorsa fatta a Siligo, paesino del Mejlogu in provincia di Sassari, avevo toccato troppo frettolamente il punto del murale che occupa un’intera parete affacciata su quella che credo sia la piazza principale. Raffigura MARIA CARTA, che qui è nata e che ha fatto conoscere al mondo la particolare musicalità del canto sardo, oltre aver recitato in film di un certo successo, quale il Gesù di Zeffirelli e altri.

Il murale è stato realizzato dall’ artista PINA MONNE, nata a Irgoli e residente a Tinnura, 250 abitanti nell’oristanese, dove porta avanti specialmente un laboratorio di opere in ceramica artistica. Se riuscite, fateci un salto in questo paesino e vedrete le tante sorprese che vi stupiranno piacevolmente. È raro che in ogni via non vi sia una maxi pittura di questa eccellente artista.

Da quando ne son state scoperte le particolari capacità, sono molte le amministrazioni comunali che le hanno affidato l’incarico di affrescare qualche facciata. Per lo più i murales realizzati sono legati alla storia locale, della quale l’artista ne studia gli aspetti principali. Molto spesso raffigurazioni della Civiltà contadina ma non solo.

L’ ho gia detto e lo ripeto: programmatevi una gitarella e vedrete cosa trovate a Tinnura.

Di Siligo era inevitabile che il tema fosse la cantante nativa del posto, dove ha vissuto fino a quando gli impegni professionali non l’hanno spinta a prendere casa altrove.

La tecnica pittorica usata da Pina è la più realistica possibile, quasi fotografica, e l’immagine che riporto lo dimostra.

Un modo per far memoria di ciò che siamo stati, evidenziando le peculiarità del posto dove consumiamo i nostri anni. Molti condividono, ma purtroppo le decisioni da prendere sono esclusiva di altri.

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La vera grandezza

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“Sappiate che non voglio un grande funerale per la mia morte. Se incaricherete qualcuno di pronunciare un’orazione funebre, raccomandategli che non sia troppo lunga. Ditegli di non parlare del mio Premio Nobel, perché non ha importanza; e neppure dei diplomi, delle onorificenze, delle lauree, perché non ha importanza.

Dica che fui una voce che gridò nel silenzio per la giustizia.

Dica che tentai di spendere la mia vita per vestire gli ignudi, nutrire gli affamati, che tentai di amare e di servire l’umanità”

(Martin Luther King)

 

Siligo, un paesetto molto “colorato”

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di Piero Murineddu

Siligo è veramente un bel paesino collinare del Mejlogu. Non arriva a 900 abitanti. E’ questo il motivo che ha portato domenica scorsa a far tappa qui l’iniziativa “Freemmos – Liberi di restare“, nata per concentrare l’attenzione sui motivi per cui diversi paesi, in questo caso della Sardegna, vanno progressivamente spopolandosi.

Ho colto l’occasione per farci un salto e le ore trascorse son state piacevolissime.

Una sbirciata breve al dibattito tenutosi presso il Centro di aggregazione, dove tra gli altri era presente il sorsese Stefano Cucca, giovane intraprendente che ha dato avvio all’interessante realtà associativa “Rumundu”. Viaggiatore instancabile e particolarmente amante della bici, con la quale ha percorso le strade di mezzo mondo. E grazie alle conoscenze acquisite, propone nuovi metodi per creare impresa. Vi era anche uno dei titolari dei caseifici thiesini, i Pinna, ma l’elencazione di risultati raggiunti mi ha portato ad accelerare il passo verso la porta d’uscita, dove ho trovato una bella piazza ad anfiteatro brulicante di festa.

Per quella però c’era ancora tempo. La curiosità di percorrere le strade premeva, particolarmente il centro storico. Poco prima di uscir fuori dalla piazza, mi sono avvicinato a Gavino Ledda, l’autore del famoso libro “Padre padrone” che, andato oltre l’aspetto autobiografico, ha portato diversi suoi compaesani a provare avversione verso di lui, perché quanto scritto e fatto vedere nel film che i fratelli Taviani ne hanno ricavato, non corrisponderebbe alla realtà dei fatti. Punti di vista. Al di là delle polemiche, gli ho stretto la mano.

Percorrendo le belle stradette con diversi slarghi incontrati a breve distanza l’uno dall’altro, mi ha provocato molto piacere vedere le tante piante messe a dimora, particolarmente nelle facciate dei privati. Un fantasioso intreccio di colori e di profumi della cui presenza ognuno che passa può godere, e questa la considero cosa bellissima e particolarmente lodevole. Un dono gratuito che fa bene alla vista e all’umore.

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Lo spopolamento è reso evidente dai vari cartelli con la scritta “vendesi”, ma non si tratta di ruderi, segno che la decisione di disfarsi di queste case, per magari andare a vivere altrove, è stata presa relativamente di recente.

Coi pochi incontrati per strada è stato un vero piacere fermarsi a conversare, particolarmente con Michele, coi suoi 93 anni sulle spalle ma che non l’’hanno affatto reso curvo e sofferente. Alto, longilineo, guida l’auto, ama trascorrere del tempo seduto nella via principale giù dabbasso coi suoi coetanei a parlare di ciò che è stata la vita di una volta, delle greggi portate al pascolo, dei tanti anni trascorsi a lavorare nel caseificio dei Pinna che dicevo prima. Non ho bisogno d’insistere per farlo parlare. Una volta che parte, è difficile interloquire, ma ascoltarlo non dispiace affatto. Fra i tanti punti, non poteva mancare quello legato ai Ledda padre e figlio. Babbo Abramo, da giovane, era proprio lì a pochi passi che andava per far la corte alla ragazza che poi sarebbe diventata sua moglie e fu proprio lui ad accompagnare con la sua auto Gavino alla stazione di Giave, quando decise di rendersi indipendente dall’autorità paterna e partire per costruirsi una sua strada. Sappiamo dei malumori intercorsi tra Gavino suo padre, ma negli ultimi anni prima di morire si erano riconciliati. Ciascuno dei due è probabile che sia rimasto fermo nelle sue posizioni, ma il gesto di riavvicinamento ha contribuito a bilanciare la diversità di carattere e di visione della vita. Il saluto col  vecchio Michele è stato molto cordiale e pieno di gratitudine nei suoi confronti.

Tornato alla piazza, sormontata da un grande murale raffigurante Maria Carta della quale lo spazioso e ben architettato anfiteatro prende il nome, c’è l’accoglienza di un eccellente ballo tipico sardo accompagnato da un buon fisarmonicista. Subito dopo, viene presentato un gruppo “di colore che da qualche tempo sta mettendo insieme un repertorio, e la scelta dei brani è ben curata. Terminata la loro esibizione, mi avvicino per scambiare con loro qualche parola, sempre impresa ardua per la difficoltà nel non conoscere bene la lingua parlata dall’altro. Nonostante la fatica nel comunicare, su un punto l’intesa c’è stata: sia a me e sia a loro quella presentazione di gruppo di ragazzi “di colore” aveva dato fastidio, segno che sulle cose importanti ci si può sempre intendere.

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Arrivato il momento della partenza, mi è venuto del tutto naturale avvicinarmi a Giacomo Serreli, giornalista incaricato di presentare la serata, e manifestargli questo disappunto sull’usare ancora questo termine totalmente inopportuno “di colore”. L’intelligente Giacomo ha subito concordato, ammettendo che è un luogo comune diffusamente usato istintivamente, ma che in effetti contribuisce a marcare differenza. Essendoci ancora tempo prima di presentare il nuovo gruppo, ho cercato sullo smartphone quel breve testo che mi ha sempre colpito. L’abbiamo letto insieme:

Uomo di colore 

Io, uomo nero, quando sono nato ero Nero

Tu, uomo bianco, quando sei nato eri Rosa

Io, ora che sono cresciuto, sono sempre Nero

Tu, ora che sei cresciuto sei Bianco

Io, quando prendo il sole sono Nero

Tu, quando prendi il sole sei Rosso

Io, quando ho freddo sono Nero

Tu, quando hai freddo sei Blu

Io, quando sarò morto sarò Nero

Tu quando sarai morto sarai Grigio

E tu mi chiami uomo di colore?

 

Dopo avermi ringraziato, con Giacomo ci salutiamo con molta cordialità.

Proprio un bel paesino. Bisogna che ci ritorni, anche per riprendere la conversazione col vecchio 93enne Michele. Il gilet che indossava gliel’ho quasi invidiato. Chissà che ne abbia un altro da regalarmi…..

“Ischrittu sei a la bandéra?”

 

“SPARITI I SOLDI DELLA COLLETTA PER IL FUNERALE”

L’ex presidente si sarebbe appropriato dei fondi dell’associazione di mutuo soccorso funerario

(di Salvatore Santoni, 3 luglio 2018)

http://www.lanuovasardegna.it/sassari/cronaca/2018/07/03/news/sparita-colletta-per-il-funerale-40enne-a-giudizio-1.17028835?ref=hfnssser-1

di Piero Murineddu

Ma certo, prima di sentenziare il definitivo “crocifixum!”, aspettiamo cosa decide il giudice, santiddio….
Magari, però, prima di aderire “a la bandèra”, pensiamoci almeno 13 volte. Lo so, è cosa comoda assai versare una quotarella periodica e arrivare al Momento ch’è tutto bell’e pronto, senza che i familiari debbano accollarsi un mutuo per accompagnarti all’ultima dimora.

Ma, vuoi mettere la “bandiera” tristemente sventolante e tenuta con orgoglio da un membro dell’associazione? Guarda, solo per avere questa soddisfazione, sarei disposto a morire anche subito sarei disposto…..

Ah, li dinà li dinà….. Dove ci sono soldi c’è sempre qualcuno pronto ad appropriarsene.

Ma l’ho detto: aspettiamo la sentenza del giudice ed evitiamo di sparare d’impulso la nostra.

Certo che pensando a come ci son rimasti male quei nostri concittadini avanti negli anni, un pochino di rabbia ti fa, santiddiobenedettoedanimedelpurgatorio !

Ignorante (forse) ma coinvolto

di Piero Murineddu

E’ doveroso leggere prima l’articolo pubblicato dal Corriere della Sera e ripreso dal sito dell’UCCR , Unione Cristiani Cattolici Razionali.

A te piacendo, puoi dare poi un’occhiata al mio parere

https://www.uccronline.it/2018/06/30/caro-balotelli-corri-dietro-al-pallone-che-del-medioevo-se-ne-occupano-gli-storici-grazie/

mario

 

 

Mie considerazioni

Ma guarda il Corrierone Giornalone, a firma addirittura dell’intera redazione, quanto è pronto a redarguire il giocatore di pelle scura che “si permette”, in vista delle imminenti olimpiadi antirazziste, di considerare il Medio Evo come simbolo di negatività.

“Tiri calci al pallone e lasci stare la storia”.

E via con un elenco infinito di citazioni dotte per dimostrare che l’Epoca di mezzo è stato un periodo molto importante, specialmente per l’Europa.

Umberto Eco, Cardini….Tutti a dimostrare che se siamo quello che siamo è proprio grazie al Medio Evo, e che sono luoghi comuni il presunto oscurantismo medievale che si cita e che siamo una massa d’ignorantoni. Gli istruiti sono loro, quelli del Corriere, quello che solitamente tiene i piedi in due staffe, per dirla alla cristiana. Quelli che stanno ben attenti a non pestare i piedi al potere di turno.

Ci riempiamo il cervello di luoghi comuni, noi altri popolino.

Eia, ignoranti siamo! Mario il pallonaro? Iiiiihhhhh…. addirittura ha superato Celentano, che degli ignoranti si era definito il re.

Ma intanto ha messo in rilievo che ormai in Italia, e nella grande Europa nata dal grandiiiiiissimo Medio Evo, ci si ciba quotidianamente più di razzismo spicciolo che di pane, specialmente di quello sano fatto con lievito madre.

Che avete dimostrato, egregi corrierini, con tutti i vostri puntini sulle i? Che ne sapete? Che il vostro archivio e il vostro archivista fanno un ottimo lavoro di giusta informazione? Va bene, va bene….

Ma mi chiedo: ma voi avete preso posizione per porre freno alla disumanizzazione in cui stiamo sprofondando?

Mario non ha i vostri alti studi accademici, ma intanto, nel suo paragone “inappropriato” e “disinformato”, ha richiamato un qualcosa che ci sta condizionando i nostri giorni, presenti e ho paura futuri. E voi? Voi lo date un cazzo di contributo per porre rimedio alla barbarie che ci sta’ inghiottendo?

“Tiri calci al pallone e non si occupi di storia…”

La grande e civile Europa. Come no! Quella dove ogni Stato sta innalzando muri ideologici e non solo per assicurare e difendere il proprio agio, ottenuto in quei tempi e ancora oggi a danno dei popoli africani che oggi rabbiosamente nessuno vuole in mezzo ai coglioni.

Ma andate in a…….o andate, dall’alto della vostra cattedra!

“La Pinetina” 2018 – Il suo destino? Boh…….

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di Piero Murineddu

Si, ogni tanto ci faccio un saltino, giusto per vedere se qualcosa è cambiato. La desolazione è sempre lì, e anche peggio.

Mi chiede Ciuffo allibito: ” Ma come fatte voi umani a ridurre bei posti in questo stato penoso?!”

“O Ciu’, fatti i cazzacci tuoi, anche perché non so neanch’io cosa risponderti…”

Le facce del vecchio con la pipa e dell’amico son sempre lì, più sconsolate che mai.

Le uniche cose integre sono i tavoli di pietra massicciona. Apparentemente impassibili e intrasportabili, e per l’appunto, difficili da rubare.

Di nuovo c’è qualche busta di spazzatura, ma per l’altro, peggio dell’ultima volta che vi ho messo piede, così, giusto per peggiorarmi l’umore.

Sulla litoranea, poco prima vi è la 7° discesa a mare, il nostro 1° pettine. Asfalto recente, piazzale alberato e risto – bar che mi sembra abbia ripreso alla grande, e di questo siamo più che contenti.

Ma, voglio dire, per la nostra vecchia “Pinetina”, non è dato proprio sapere quale possa essere il suo destino?

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Acquisire maggior senso civico

 

di Piero Murineddu

Non sapevo che la nostra zona “industriale” o se preferite “artigianale” sussinca fosse Niedda ma non Predda, come quella sassarese.Serra Nieddha per la precisione.

A parte lavandini, bidet e vasche da bagno, vasi per bisogni fisiologici, la maledetissima eternit (di cui Sossu e agro è pieno, seppur contro legge), carraggiu e resti di frabigghi, vi si può portare praticamente di tutto per l’intera settimana, dalle 7,30 a mezzudì, e il martedì e giovedì anche dalle tre alle cinque pomeridiane.

Per i particolari, basta consultare il sito internet comunale, nella parte dove non si autoelogia l’attuale amministrazione e dove non si propagandano tutte le date estive per bevazzare il vino. Quest’ultima la chiamano cultura e attrazione turistica. Punti di vista. Per me è incentivare l’uso dell’alcol, che fa bene all’umore ma non all’organismo.

Ahia! Attento devo stare. Volevo fare un post positivo, ma come a volte capita, sto cedendo alla….. polemica.

Dicevo l’Ecocentro. Ottima cosa e benedetto sia chi l’ha pensato.

Finalmente mi son deciso a far pulizia in quella campagnola donatami dai miei genitori, benedetti siano in sempiternoamen.
Un casino che non vi dico.

Difficile crederlo, ma chi guida la moto della prima foto sono io. Prestatami gentilmente dal mio buon cognato Giorgio, mi son fatto il mazzo per caricarla di tutti li ferrancimini sparsi nella suddetta e li ho portati di buon mattino al benedettissimo luogo di raccolta, dove ho trovato una fila di duecento metri. Tutta gente ben educata, che invece di lordare il territorio di rifiuti di ogni genere, si arma di civiltà e di pazienza e li porta dove li deve portare.

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Arrivato il mio turno, il buon Antonio, addetto a controllare l’accesso, mi fa:

“E tu i ni sei andendi cun tutta ghissa marasolthi…..”

“Soggu fendi lu bravu cittadinu e l’aggi’arrigadd’a inogga….”

“Eia, ma chisthu, chissu e chiss’altrhu no ni ritiremmu…”

In effetti, nella mia cronica ignoranza, non sapevo che certi materiali l’Ecocentro non li ritira.

Andato all’ufficio del posto, mi si danno indicazioni per contattare ditte private che si occupano, dietro pagamento, di smaltire (solo loro sanno come) certi materiali.

Così ho fatto e così invito a fare (ecco la “positività” del post). Veramente è necessario che acquisiamo maggiore coscienza civica, anche perché non è bello farsi un passeggiata all’interno della pineta e trovarvi di tutto.

Boh, ho finito. Anche per oggi ho fatto la mia buon’azione (quasi) quotidiana.

E di quei “calici” e assaggi vari alcolici, date rett’a me…….

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