Francesco d’Assisi secondo Leo da Sorso

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di Piero Murineddu

Leo Spanu, 77 anni, sussincu ma col pensiero sempre “più in là”, per esempio nella veneta Treviso al seguito del babbo dipendente statale, dove ha vissuto e fatto le ossa nel confronto coi coetanei grazie alla “cultura di strada” e dov’è ambientato il primo romanzo “ I ragazzi delle case Incis“; oppure a Brescia, città  lombarda che vede il proseguo della sua crescita e maturazione umana, quella sempre in divenire, iniziata difendendo dalla prepotenza di due bulli un compagnetto di scuola, gesto grazie al quale, oltre che avviare una nuova amicizia col ragazzino, si guadagna pure l’ammirazione e il rispetto dell’ intera classe scolastica, salvo poi perderli entrambi perché il potere, come capita, lo aveva insuperbito, rendendosi antipatico. Il tutto è narrato nel secondo volume “A Brescia non c’ è la nebbia“.

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In modo romanzato, quindi, una sorta di autobiografia di un giovanotto, eternamente inquieto perché sempre alla ricerca di se stesso. Anni vissuti in due città con tutte le problematiche che esse comportano dopo esser nato in un poco più di un villaggio quale poteva essere Sorso, mio stesso paese sardo dove viviamo entrambi,  durante la ricostruzione seguita all’ immane catastrofe materiale e umana qual’ è  stata la seconda guerra mondiale.

È da una decina di giorni circa che la casa editrice  “LuoghInteriori” ha sfornato questo suo terzo volume, e oggi, festa del Santo d’Assisi, è più che opportuno spenderne in proposito qualche riga dal momento che il nuovo volume parla proprio di Francesco.

In quest’ ultimo lavoro Leo, instancabile blogger notturno e lettore di tutto e anche di più, si butta ad immaginare l’inconsueta amicizia iniziata tra l’ ancora quattordicenne Francesco e un suo coetaneo, nati ambedue lo stesso giorno, mese e anno, ovvero 5 agosto 1182. Stessa data e stesso nome, Giovanni Battista, perché in realtà, il figlio dell’ assisano Pietro di Bernardone e di Pica de Bourlement era stato dichiarato così alla nascita,  chiamato in seguito Francesco dal babbo mercante per onorare le origini provenzali della moglie e Paese, la Francia, dove saltuariamente si recava per scambiare i suoi tessuti, attività che permetteva a lui, alla moglie, al figlio Angelo e al fratello Francesco di condurre una vita agiata, ripudiata in seguito come sappiamo per condividere in tutto e per tutto la magra esistenza dei più derelitti di tutto il circondario della cittadina collinare umbra ai piedi del Subasio, vestendo di stracci come loro e raggiunto in breve da altri giovani che volevano provare a vivere in povertà assoluta. Occorre sapere che Francesco mal accettò l’idea che i suoi seguaci vivessero in conventi, proprio per il rischio molto realistico che ciò avrebbe in un certo modo tradito la scelta di povertà e di condivisione con chi era privo del necessario per tirare avanti in modo dignitoso. Venendo all’ oggi, e sapendo di tanti conventi e seminari mezzo vuoti – come quello di Sassari, in cui qualche giorno fa mi è capitato d’ entrarci, un immenso edificio occupato da alcuni preti e ancor meno seminaristi – come non pensare che questi spazi, in buona parte inutilizzati anche per carenza di “vocazioni” (sul quale termine ci sarebbe molto da argomentare) potrebbero  dare ospitalità sia ai nuovi poveri quali sono gli immigrati, ultimi tra gli ultimi, sia ai penultimi e terzultimi, e la scelta di questi, nella società emarginante e del “si salvi chi può” che abbiamo costruito, sarebbe assai vasta, rispondendo così anche ai tanti appelli fatti in questo senso da papa Francesco, inviso a buona parte dei cattolici della Conservazione e clericale e che oggi vediamo in prima linea per evitare una guerra nucleare che metterebbe a grosso rischio la stessa sopravvivenza sulla Terra?

Tutta la narrazione de “Il Santo e l’ assassino” si svolge a cavallo tra la fine del 1100 e inizio del 1200. La strana amicizia tra Francesco e Giovanni, solo apparentemente opposti in tutto,  inizia dopo una notte che il benestante giovanissimo assisano la trascorre quasi insonne ma in “gioioso” tormento, perché con la prospettiva, l’ indomani di buon’ora,  di recarsi a Perugia senza finalmente il controllo assillante del babbo – padrone. E come si fa a non fremere all’ idea di non avere a quell’ età il fiato sul collo di un genitore che ti dice cosa fare e come farlo, cosa pensare, come muoverti, come vestirti, chi avvicinare e chi scartare…? Certo, sempre con l’ immancabile e doverosa raccomandazione della dolce mamma Pica di fare attenzione, ma finalmente LI – BE – ROOOO. Oh, che gaudio incontenibile per il ragazzo !

Arrivato in città, si ritrova ad assistere, almeno inizialmente, a una “battaglia”, ma non tra adulti armati di tutto punto pronti a scannarsi a vicenda, ma tra suoi coetanei. Quasi un gioco, ma assai pericoloso. Praticamente, come si faceva una volta anche nei piccoli paesi di provincia, una sassaiola, una delle sorsinche battaglióri (battaglie) durante le quali molti di noi vecchietti a suo tempo ci ritrovavamo spesso cu lu gabu ifasciaddu, con la testa rotta.

Al contrario di quanto mai avrebbe immaginato e fatta conoscenza col nuovo amico, Francesco si ritrova invece anche lui –  mingherlino com’ era a differenza di Giovanni, ricoperto da una seppur rozza armatura, con in una mano un sacchetto di marraggi (grosse pietre) e nell’ altra un grosso bastone – completamente coinvolto nella battaglia. In ogni caso, le munizioni non sarebbero mancate, essendone il terreno pieno. Tra gli spettatori, naturalmente quelli con le tasche piene e i vestiti di lusso seduti ben comodi in tribune con copertura in legno per evitare che “proiettili” vaganti arrivassero a colpire le loro delicate testoline, mentre l’intera plebaglia rimaneva assiepata a bordo campo, coi molto probabili rischi che ciò comportava.

Come va a finire non è il caso di svelarlo.

Un primo capitolo, questo, concepito da Leo già da una decina d’ anni, presumibilmente quando ancora, nei due volumi precedenti a questo, descriveva la sua gioventù vissuta in “Continente”, con qualche puntata nel suo paesello natale, dove rimaneva sbalordito dai suoi compaesani che facevano il loro bisogni corporali dentro un buco posto all’ ingresso delle povere abitazioni.

Buona compagnia questa d’ inizio autunno col nuovo libro di Leo Spanu, che con la vecchiaia, ma potrei anche sbagliare, vedo sempre più …addolcendosi. Se sia saggezza o rassegnazione per l’età che inesorabilmente avanza non saprei.

Come detto, Il volume, a differenza dei precedenti pubblicati con la “EDES“, Editrice Democratica Sarda, nata nei primi anni 70 a Cagliari e trasferitasi in seguito a Sassari sotto la direzione di Nicola Tanda, è pubblicato da una casa editrice relativamente giovane di Città di Castello, “LuoghInteriori“, quindi, a ben vedere, tutta roba della verde e “spirituale” Umbria.

Come sempre, i dodicesimi capitoli da cui è composto lo scorrevole volume, li leggerò senza fretta e senza affanno e magari, di tanto in tanto ci scriverò sù qualche considerazione.

Il volume è già acquistabile, e da quanto mi è dato sapere, c’ è in programma di farne la presentazione, a differenza dei primi due, proprio a Sorso, con l’ appoggio, mi auguro, della locale Biblioteca Comunale, uno dei compiti primari per cui son nati questi luoghi di propagazione letteraria e di stimolo alla lettura. Nel caso di questa intitolata allo scrittore Salvatore Farina, nativo anch’ egli di Sorso, lo stesso Spanu, durante l’amministrazione Bonfigli, aveva dato un determinante contributo, insieme ad Antonio Salis, alla sua nascita e al suo sviluppo.

La dedica autografata nel suo “A Brescia non c’è nebbia”, volume che custodisco nella mia libreria, diceva:

“A Piero Murineddu, con l’ augurio che il mondo sia più allegro di come lo racconto io. E magari migliore”

Caro Leo, alla mia non più giovanissima età allegria ne vedo poca in giro, e quella che vedo è spesso sguaiata. Sul mondo migliore poi è tutto un dire, dal momento che si sta facendo di tutto per distruggerlo. Essendo entrambi nonni, abbiamo comunque la speranza che i nostri nipoti diano una grossa mano per renderlo più vivibile per tutti, sempreché gliene sia dato il tempo.

 

Questo blog ospita diverse pagine di Leo Spanu, compreso l’ ancora  inedito

“Passo di Gavia”, un racconto inedito di Leo Spanu

 

Quella in cui parla dell’ amico e compaesano Nicola Tanda, che scrisse la prefazione a ” I ragazzi delle case Incis” e a cui, dopo la morte avvenuta nel giugno 2016, dedicò il secondo romanzo

Nicola Tanda visto da Leo

 

Un confronto indiretto sul tema mai risolto del fine vita col teologo e scrittore Vito Mancuso

Eutanasia e Vita secondo Leo Spanu e Vito Mancuso

 

Mie considerazioni sul primo romanzo

Ancora su “I ragazzi delle case INCIS” di Leo Spanu

 

…e probabilmente altro ancora che adesso non ho voglia di andare a cercare.

Francesco d’Assisi secondo Leo da Sorsoultima modifica: 2023-10-04T05:05:06+02:00da piero-murineddu
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