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AMMINISTRATIVE 2014 A SORSO – parte tredicesima: “ANDA BE” pa un c….

 

di Piero Murineddu

Dico la verità. Oggi, Sabato Santo, mi ero proposto di rinunciare a fare qualsiasi tipo di riferimento “politico”, per vivere più “spiritualmente” questa giornata particolare.

Potevo parlare delle 4 (quattro) ore settimanali di servizio agli invalidi e vecchi inflitte al Condannato di Arcore per la sua mega evasione fiscale (“Davanti alla Legge i cittadini sono tutti uguali” e bla bla bla bla……), ma ci rinuncio.

Potevo parlare della difesa tout court che il Ministro dell’Interno Angelino ha preso dei “suoi” poliziotti, compresi quelli che saltellano trionfanti sopra i corpi inermi di dolci fanciulle terrorizzate a terra che metterebbero a ferro e fuoco il Centro Capitolino, con la scusa di chiedere giustizia sociale (“ si sta pensando seriamente d’impedire le manifestazioni nel Centro di Roma”, con grande soddisfazione dell’ex sindaco e sempre fascista Alemanno), ma ci rinuncio.

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Potevo parlare di questi ormai famigerati 80 euro unatantumsiunatantumno che il Matteo nazionale conferma che saranno nelle prossime buste paga dei dipendenti a basso reddito, ma ci rinuncio.

Potevo parlare di questo benedetto PD, che mentre a livello nazionale e regionale sembrerebbe, e ribadisco il “sembrerebbe”, vadano d’amore e d’accordo, a livello locale son praticamente allo sbaraglio o del tutto dissolti, ma ci rinuncio.

Divisione Pd

Parlerei volentieri della predica del Cantalamessa frate che in giorno di Venerdì di Passione, davanti al Papa e a tutto il Collegio Cardinalizio, bacchetta “amorevolmente e spiritualmente” il sistema retributivo italiano, dicendo che è inaccettabile che un Dirigente Pubblico prenda anche cento volte più di un semplice dipendentino anonimo, ma rinuncio anche a questo.

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Ma allora di che cosa caspiterina mi appresto a parlare, ripeto, “costretto” dalle circostanze?

E’ presto detto:

di un manifestone apparso nonsisaquandononsisacome in un incrocio strategico di Sorso.

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“Embè – dira qualcuno – e per questo rompi il “sacro silenzio” della santa giornata?”. Ebbene si, e in questo, complice anche l’incontro mattutino con un mio amico musicista sorsinco di pizzetto fornito che suona molto meglio di me la chitarrina gia dai tempi che furono, che di ritorno dalle sue uscite musicali, niente sapeva di questo misterioso manifesto da nessuno firmato e che tanti punti interrogativi avrà provocato nelle massaie e negli automobilisti di passaggio.

Entrambi abbiamo concordato che è un nuovo modo di fare pubblicità, cioè, fare in modo che la gente ne parli. Abbiamo ipotizzato che questa volta il commercio, almeno in senso stretto, non c’entri. Abbiamo malignamente pensato che sia l’attuale amministrazione comunale che, in largo anticipo, abbia iniziato la campagna elettorale per richiedere ai cittadini la fiducia il prossimo 25 maggio. Se così fosse, l’idea sarebbe geniale: una semplice affermazione che riassuma l’autogiudizio dell’operato di questi cinque anni trascorsi. Un messaggio semplice che entri nel cervello dell’elettore che lo guidi fin dentro la cabina elettorale, senza bisogno che si affatichi per fare un’analisi individuale e ne tragga un giudizio finale.

Ribadisco la genialità dell’iniziativa, ammesso che così fosse. Fatto sta, che stamattina, la categorica affermazione è stata completata da un’anonima mano, che sicuramente ha voluto esprimere un giudizio dissenziente.

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Sarà un giudizio isolato o condiviso? E se condiviso, da quanti sorsinchi e sorsinche? Chi arriverà vivo al 26 maggio lo scoprirà, e non datevi pena per questa “valle” (romangina) inondata da molte lacrime, intanto siamo solo di …… passaggio. Insomma, fate voi fate. Io intanto vado a leggermi la Relazione di fine mandato dell’attuale sindaco: 91 pagine fitte di numeri. Spero di riuscire ad arrivare alla fine.

Auguri di Buona Pasqua (che vuol dire “Passaggio”), in tutti i sensi

AMMINISTRATIVE 2014 A SORSO – parte dodicesima: Preparativi&Puntiglievarie

 

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di Piero Murineddu

Ma che cosa succede nel sottobosco della politicheria sorsinca? Cos’è tutto questo sommovimento pre elettorale di cui il giovane sussincu corrispondente non ci sta facendo mancare gli aggiornamenti  sulle pagine de “La  Nuova”?

 “Fitte consultazioni”, dissolvenze “sinistre” et alleanze stridenti che più stridenti non si può.

E, novità delle novità, progetti  di eliminazione del vil denaro in favore dell’antico scambio in natura e tante altre cosette rivoluzionariette che, non volendo dubitare della buona fede dell’Ideatore, ma un tantino sbalordito devo ammettere che continuo ad esserlo. Certo è che sarebbe una “nuova civiltà”  mica da poco! A proposito, cercasi (ma non tanto disperatamente) chi può spiegarmi cotante genialità. Diverso dal citato Ideatore, s’intende. Eventualmente anche Lui, ma solo dopo aver senticchiato normali rappresentanti del volgo.

 E quel famoso “nihil obstat” certificante&lanciante, arrivato è da Genova? Oppure  le solite Poste inaffidabili italiane l’hanno smarrito o  qualche postino mandronazzu l’ha imboscato chissà dove? Ops, ma che sciocchezza vò dicendo? Da un giorno è che l’ultimo cartaceo è andato al macero!

 CHIARITEMI !  ILLUMINATEMI ! DITEMI TUTTO !

Sono reduce da un profondo e voluto estraniamento da questa terrena valle di lacrime per tentare di rimettere in sesto quest’animaccia malandata che mi ritrovo  e ancora il mio cervellino sta faticando per razionalizzare e questo, e quello, e quell’altro..

 Giurorigiuroespergiuro:  non riesco ancora  a ragionare secondo le logiche umane.

Certo,benedetto sia quel giorno che intrapresi la via dell’Introspezione, ma quando debbo rientrare nella realtà, uffhh…..che faticaaaaaaccia!

 E cosa incontro rientrando nel nostro  duro quotidiano?

Vedo questi circolini Cuccureddiani  “aperti a tutte le soluzioni”. Ma proprio TUTTE,  “senza preclusioni politiche od ideologiche”.

Vedo le ceneri svolazzanti di antichi “comunisti” alla ricerca disperata in ogni dove di uno straccio di laureato disposto a sacrificarsi per diventare Sindaggu, mentre lu casthiddhanu dimissionariu Lorenzoni non esclude di allearsi alla  “Coalizione”. Coalizione quale? Ah, quell’Armata Brancaleone che si predispone a rispondere ai colpi ( non più micidiali di una volta, bisogna ammetterlo!)  di quel carro armato, ingalluzzito dalle Alte Cariche Regionali, di Votaprifèru, che precede l’ “esercito” di Colui momentaneamente impegnato 4 ore settimanali a servire vecchi e disabili. A proposito, avete visto che buoniecomprensiviemiti che son diventati quei giudici di toga rossa&coministaccia forniti?

Il GianPS, assessore pro tempore della prim’ora che malvolentieri aveva accettato di cedere il posto come da accordi presi e il cui risentito sobbalzo l’ha fatto passare direttamente all’opposizione, garantisce sulla serietà e affidabilità dell’ex sindaco pelato maldestramente fatto fuori quel dì.

E poi c’è il capitolo tutto particolare del “Sardismo”, unpodiquàeunpodilà a Sossu, in Sardhigna e in ogni luogo. Aperte mie virgolette: “Il Pasd’Az di Sossu è mio e lo gestisco io, cazz!”. Di rimando:” Ma ipòsthaddi da mezzu a li pedi chi no sei nisciunu”. “Ahò, ma aocciamevirai!? Mì chi soggu isthaddu assessori cun Antoneddhu Ipànu e lu soggu eu cumenti fa pà cuntinuà ad assè presidenti di chistha rogna di RS! Megliu di nuddha è!” Insomma, Morghen si Morghen no, Morghen sisi nono e sisi …….

 E dulcis in fundo, che mi fanno i pezzi da novanta dell’Amministrazione uscente, eredi dei Casinisti e di  li Buttiglioni? Dizìdini di vurè rimanì “indipendenti”. Indipendenti da chi e da che cosa? Forse per aumentare il loro potere contrattuale e tirare su le loro azioni al momento opportuno? Il simpatico motociclista  in Piazza Bonfigli posteggiato intanto ricompone l’antica amicizia con quell’ingegnere ancora pelato, quel dì indelicatamente spodestato dal trono sussincu.

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Vediamo se riesco a riprendere un buon livello d’attenzione e a seguire il tortuoso procedere pre elettorale e le eventuali giravolte. Se mi raccapezzo, senza incazzarmi vi faccio sapere.

 

 

NON SOLO DIGIUNO DAL CIBO

DIGIUNO

 

 

di Piero Murineddu

Non vorrei che la forzata seppur necessaria sintesi che richiede la lettera al giornale, avesse tolto importanza alla pratica del “digiuno”. Sicuramente quando il digiunare ha finalità ascetiche, aspetto che esiste pressochè in tutte le religioni, e los’intende un mezzo per dare importanza all’aspetto spirituale della vita – molte volte messo in secondo piano – CONSERVA IL SUO NOBILE VALORE. Tra l’altro, lo si usa anche come forma di lotta nonviolenta per raggiungere certi obiettivi (Gandhi e il nostro Marco Pannella insegnano). Quello che volevo mettere in rilievo è il gesto in sé che non porta alla decisione di migliorare il nostro comportamento nei confronti delle cose e specialmente delle persone. Ribadisco l’ininfluenza di una certa predicazione “precettuale” che si fa da certi pulpiti, troppo “spiritualistica” e devozionalistica. E’ anche riduttivo quello che la gente coglie da certe prediche, dove, nonostante il richiamo alla conversione e a migliorare la propria vita, alla fine rimane soltanto l’ “obbligo” di astenersi dal mangiare carne in certe occasioni, e se si contravviene a questo precetto, la persona si sente appesantita da un grosso senso di colpa che non serve a niente. Spesso, la Fede la si vive in modo infantile, a livello catechistico. Considerandola un aspetto avulso dalla realtà concreta, non la si è approfondita, ne da soli ne con altri. Difficilmente si capisce che la Fede è un Cammino di crescita progressiva, per cui il giudizio delle “cose religiose” continua a risentire di questa lettura e visione immatura.
Riguardo alla risposta del prof, i “comandamenti del Profeta”, che possono essere sintetizzati in una presenza più incisiva e rivoluzionaria nella società che la renda più giusta e meno violenta, fanno parte della predicazione esplicità di certi sacerdoti, molti dei quali avanti nell’età (e don Antonio Sanna di Porto Torres è uno di questi), ma nella stragrande maggioranza il devozionalismo sterile continua a prendere il sopravvento, specialmente nella percezione dei fedeli praticanti, per cui il mettere a tacere la coscienza facendo i “fioretti” rimane la pratica più comoda e che tra l’altro ci fa sentire …..più buoni, e non di rado, non bisognosi del perdono di Dio e degli altri compagni di strada a cui spesso (e volentieri!) non manchiamo di pestare i piedi e qualcos’altro ancor più doloroso.

La storia della farfalla che non poteva volare

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di Franco Barbero

Un giorno apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava di lì per caso, si mise a guardare la farfalla che già da varie ore, si sforzava per uscire da quel piccolo buco dopo molto tempo, sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione. Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.
Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed allargò il buco nel bozzolo fin tanto da far uscire la farfalla. Però il corpo della farfalla era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.
L’uomo continuò ad osservare perché sperava che da un momento all’altro, le ali si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare.
Non successe nulla! in quanto la farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra il corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate, non fu mai in grado di volare.
Ciò che quell’uomo, con il suo gesto di gentilezza e con l’intenzione di aiutare, non capiva era che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinché la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali così che essa potesse volare.
Era la forma con la quale Dio la faceva crescere e sviluppare.
A volte, lo sforzo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno nella nostra vita.
Se Dio ci permettesse di vivere la nostra esistenza senza incontrare nessun ostacolo, saremmo limitati. Non potremmo essere così forti come siamo. Non potremmo mai volare.
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Caro papà e cara mamma che “risolvete” tutti i problemi dei vostri figli, che togliete ogni sasso dalla strada, che vi sostituite in tutte le fatiche… forse non pensate che impedite loro di volare?

ROM,SINTI E L’IPOCRISIA EUROPEA

 

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di Moni Ovadia

La gran parte dei politici e dei funzionari della unione europea e, in particolare, dell’Italia che ne fa parte come paese fondatore e membro autorevole, quando devono dare lezioni sulla mancanza di diritti in altre nazioni – anche quelle candidate all’ammissione nella Ue come è stata la Turchia o altre come la Russia che di recente è stata ricollocata nell’elenco dei cattivi per le sue azioni nei confronti dell’Ucraina – sono perentori: giudicano, ammoniscono, si indignano, fanno le faccette scandalizzate. Un po’ come facevano gli Stati Uniti quando pretendevano di dare lezioni di democrazia a destra e a manca, mentre in molti degli Stati dell’Unione vigevano regimi di segregazione razziale.
Quando però si tratta di dare diritti riconosciuti, garantiti e tutelati alle minoranze e in particolare a quella dei Rom e dei Sinti, allora le cose cambiano, emergono rifiuti, titubanze, giustificazioni penose e talora sconce. Scompaiono gli atteggiamenti da Soloni del giusto. Le faccette cessano di indignarsi e men che meno si scandalizzano. Non desta orrore il fatto che decine e decine di Rom vengano reclusi a Giuliano nel pieno della Terra dei Fuochi, dove bimbi nella più tenera età, ma anche adulti, respirino quotidianamente i miasmi tossici pestilenziali che li condannano alla morte ad orologeria provocata da qualche forma di tumore incurabile.
Né provoca ribellione che, sempre in Campania, dei teppisti ziganofobi lancino bombe molotov in un «campo nomadi» dove vivono anche bambini. Mentre le autorità politiche ed amministrative sono spesso latitanti, c’è chi parla e chiama alla piena assunzione di responsabilità. E il caso di un documento a firma del cardinale Antonio Maria Veglio e dell’arcivescovo Joseph Kalathiparambil, emesso dal Pontiticio Consiglio per la Pastorale per i migranti e gli itineranti, di cui i due porporati sono rispettivamente presidente e direttore e inviato ai membri del Comité Catholique International pour les Tsiganes (Ccit), riuniti in convegno a Cavallino Treporti vicino a Venezia. Vale la pena di leggerne alcuni passaggi: i Rom “hanno bisogno dell‘umanità delle società in cui vivono per sentirsi membri della famiglia umana» e per usufruire dei diritti «di cui godono gli altri membri della comunità nel rispetto della loro dignità e della loro identità». Per questo, i Rom hanno «il diritto di essere riconosciuti come minoranze etniche nei Paesi in cui vivono, dato che nell’ Unione europea sono la minoranza più numerosa» (…) Costretti a vivere nelle baraccopoli e sui marciapiedi delle città – sottolinea il messaggio – soggetti all’inquinamento nei pressi delle autostrade e delle zone industriali e abitare in alloggi fatiscenti, «senza acqua potabile, né elettricità, né sistema di raccolta dei rifiuti, e uno scandalo che non si può ammettere».
Bastano queste poche parole a smascherare la retorica dei diritti in Europa.

(L’Unità 5 aprile)

 

MIRACOLI 2 – Vito Mancuso “Prodigi nati dall’energia della mente”

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di Alessio Schiesari

La scienza non può capire tutto. Sempre più medici e scienziati se ne rendono conto”. Vito Mancuso, teologo e intellettuale cattolico, cerca di ricucire lo strappo tra ragione e fede, tra natura e intervento divino.

Qual è il suo rapporto con i miracoli?

Non ne ho mai visto uno, ma ho avuto a che fare con persone miracolate da Padre Pio. Si dice che i miracoli siano eventi prodigiosi che non riescono a trovare spiegazione nelle leggi naturali e che quindi vengono dal divino. Non li nego, ma credo in una spiegazione diversa: sorgono dal basso, dall’energia della mente umana, che non dominiamo del tutto e che la scienza non è in grado di spiegare. Non è qualcosa appannaggio esclusivo della fede cattolica: nel santuario greco di Esculapio, il dio delle medicina, sono stati ritrovati degli ex voto uguali a quelli di oggi. La stessa cosa avveniva in Egitto e oggi in India.

Si può essere buoni cristiani senza credere ai miracoli?

Certo, Gesù Cristo non ha mai legato la fede al miracolistico. Il cristianesimo consiste nell’amore per dio e per il prossimo ipostatizzato dalla figura di Dio. Se uno ama queste cose ma non riesce a fare spazio nella sua mente per i miracoli, pazienza. La dimensione cristiana della vita è qualcosa di più concreto.

Cosa direbbe a una donna sterile che, invece di andare dal ginecologo, va a sedersi sul trono della santa della fertilità?

Di fare l’una e l’altra cosa. I benefici della medicina sono sotto gli occhi di tutti, ma anche i suoi limiti. L’uomo non è solo un corpo: una carezza, una parola dolce hanno lo stesso potere curativo di un farmaco.

C’è spazio nel mondo moderno per questo tipo di fede?

Una certa ideologia che pensava di poter ridurre tutto a scienza e politica è in declino, per questo oggi parliamo di post modernità. Io sono convinto che certi fenomeni riguardino la scienza subatomica: anche lo spirito con cui si pensa alla malattia conta. Ci sono persone cui si dice che moriranno in poche settimane e poi questo avviene. Altre volte no. La scienza non può capire tutto, lo diceva anche l’Amleto: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”.
Qual è la forza che attira la gente, da secoli, verso questa dimensione paranormale della fede?
Le stesse forze descritte nei vangeli: la disperazione per una malattia, la volontà di non essere schiacciati in una società che ti valuta per quanto spendi, la speranza. Poi ognuno con la sua sensibilità declina le cose a modo suo. Quando Gesù moltiplica i pani e pesci e la gente resta lì. Quando inizia a predicare la maggior parte se ne va. Sono passati duemila anni, ma non è cambiato niente.

Come si sente ad Assisi, a San Giovanni Rotondo, nelle vie piene di gadget “sacri”?

Anche Roma ormai è così, c’è Papa Francesco perfino sui lecca lecca. Sarebbe sbagliato non scandalizzarsi, ma anche scandalizzarsi troppo. Le persone vogliono avere un ricordo, un oggetto. L’uomo è fatto così.

MIRACOLI 1 – Dario Fo “I miracoli sono dentro la natura”

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di Alessio Schiesari

Un miracolo? Hai presente i latterini, quei pesci piccolini che, di fronte a un predatore, si dispongono fino a creare l’immagine di un pesce grande e feroce? Ecco, per me questo è qualcosa di straordinario, come dire un miracolo”. Dario Fo, premio Nobel e drammaturgo è capace di stupire sempre. Il 14 aprile riporterà al teatro Arcimboldi di Milano “Lu Santo Jullare Francesco”, per questo di miracoli ha parlato spesso. E qualche volta si è anche arrabbiato.

Esiste una declinazione atea dei miracoli?

Gli eventi capaci di sorprendere la fantasia: lì c’è la presenza di uno spirito superiore capace di mettere in piedi cose straordinarie.

Cioè?

La storia dei pesci latterini. Gli scienziati rimangono sbalorditi, non riescono a capacitarsi di quest’organizzazione fantastica. Ogni pesciolino ha un numero e uno spazio dentro il mosaico, ma non c’è un regista a organizzare il tutto. Sono animaletti nati dieci giorni prima e riescono a realizzare una cosa fuori da ogni logica, impossibile. I miracoli, la magia: tutto esiste, ma dentro la natura. Lo sai che ci sono fiori che si trasformano, si mascherano da calabroni? Così gli insetti maschi credono di andare ad accoppiarsi, e invece il fiore lascia il proprio polline e, quando l’insetto se ne va, feconda altri fiori.
Cosa pensa dei miracoli della chiesa? Padre Pio, ad esempio.
Non l’ho mai seguito con attenzione. Però c’è qualcosa di straordinario: è cresciuto fuori dalla chiesa, perfino contro la chiesa in alcuni momenti.

Non è l’unica volta in cui è successo.

Assolutamente. Sa qual è la cosa che faceva arrabbiare San Francesco? Si adirava quando i fedeli raccontavano che aveva compiuti dei miracoli e non era vero. Ci teneva a dire “non sono santo, non faccio miracoli. Sono un semplice uomo che segue il vangelo”. Il più grande santo italiano non accettava si parlasse di miracoli e diceva anche che persino Gesù spesso si rifiutava di farne perché non voleva che la gente credesse in lui solo per questi gesti prodigiosi. Ne ha resuscitato solo uno: Lazzaro. Nessun altro, perché non voleva attirare l’attenzione della gente attraverso le magie. Avevo un altro strumento più potente: le storie di aldilà e di gioia. Gesù prometteva un mondo diverso, per questo la gente lo amava.

C’è una fede che ha bisogno di prove tangibili e un’altra più spontanea, gratuita.

Anni fa ho condotto un’analisi sulla pittura di Assisi: è saltato fuori che Giotto non ha mai dipinto la parte superiore della basilica. Le opere a lui attribuite erano di altri autori, Pietro Cavallini per esempio. Sono andato dai francescani a proporre uno spettacolo che lo spiegasse ai fedeli: loro erano d’accordo, ma il vescovo ha fermato tutto. Mi ha detto che, se la gente si è abituata a una cosa, non c’è ragione di cambiarla. Con i miracoli di San Francesco è accaduta la stessa cosa: alcune storie prodigiose rappresentate in tre dipinti sono inventate. La chiesa ha deciso che non poteva essere il santo più importante d’Italia senza miracoli. Poi la sua biografia non andava: la ribellione, il carcere, tutto doveva essere cancellato. Allora gli hanno appioppato i miracoli di altri santi, perché l’amore, la pietà e la carità verso i più poveri non bastava.

AMMINISTRATIVE 2014 A SORSO – parte undicesima: Non è più tempo d’ipagliosumini

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di Piero Murineddu

 

A Sossu elezioni in vista. Rumoreggiano gruppi che vogliono spodestare lu sindaggu Peppone e compagnia, affannati a metter su un elenco di nominativi, cercando disperatamente in ogni dove figure significative e di prestigio con Attestati Superiori ( Dott,Archit,Ing….: e che figura ci facciamo se il “Dott” non precede il nome e cognome del Primo Cittadino?) capaci di dare garanzie e in grado di catalizzare le tante aspettative inespresse di un popolo continuamente cu la bazzineddha a forza di percorrere allegramente (e col busto leggermente inclinato a sinistra) verdi e fiorite rotatorie cheancoracenesonodacostruire.   Ah, ecco: le opere “attuate”. E gli spazi verdi attrezzati che facciano gioire adulti e bambini e razze canine? Arriveranno, arriveranno! Iiiihhhhh, gia ne avete di fretta ! Portate pazienza, perdinciinciinci! E i monumenti valorizzati,curati e usufruibili? Buoni, buoni. Come detto sopra: arriveranno, arriveranno. E qualche pezzettino attrezzato di questa benedetta e vasta pineta  chepergraziadidio ci ritroviamo? Ih,che bello che era quel tratto dove vi era l’attualmente abbandonata “Pinetina”! Oh, gia si è tentato di affidarne il risanamento a qualcuno, ma a quanto pare non era granchè conveniente. Per adesso, ogni volta che vado a sbirciare, ètuttucantuandadducherachisgina, e per quanto riguarda le prospettive, eddhisilusaniisgiaibbiddhà. E questa preziosa litoranea percorrebile in sicurezza anche da pedoni e ciclomuniti? E trinchidibabbucartha! Abareddi a vidè chi arribini chissi 9 milioni! E’ stato gia detto: sono in viaggio e arriveranno, arumancu ni la finiddi di murrugnà. E lIride? E finimmunnira con ‘sta storia infinita di quell’ammasso di detriti! Una pala meccanica, due grossi camion e via. Una-due settimane di lavoro e la vasta spiaggia sarà di nuovo disponibile per abbronzare le bianchicce carni e darsi delle velocissime rincorse per fare quei tuffi di pancia che arriva subitissimo il 118 per rianimarti. 

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Ma che vuoi recuperare? Ma che valore culturalstorico de che! Ma ischudìdinni tuttu a terra, e feddi attinzioni ad accuglinni tuttu bè da l’ipiaggia. Sarebbe la volta che i sassaresi non ci mandano più maledizioni, specialmenti ai politicanti che fanno annunci muscolosi tipo “ghe pensi mi” chenonepossiamopiù.

Dicevamo delle liste elettorali in formazione a Sossu. Ma questi che si stanno predisponendo a sostituire il lustro Morgheniano cheunavoltaèstatoanchesardista, oltre che avere intenzioni di rivalsa se non addirittura di vendetta, oltre che a mettersi d’accordo sulla “spartizione” per un’eventualeimprobabile “dopo” vittorioso, ci stanno pensando ad uno straccio di programma da presentare al giudizio di noialtri disorientati sorsinchi? O questa faccendina dei programmi è di secondaria importanza?

Per esempio, che avrebbero da dire su quei punti su accennati che magari potrebbero farci gioire un pochettino se presi in considerazione? O forse vogliono esserci solo per il gusto di partecipare e per sapere quanti sono i sorsinchi elettori stomacati da questi cinque anni arrivati ormai al capolinea? Diciamolo chiaramente, se i motivi si limitano a queste questioncelle di risentimenti paesani, io non ho alcuna fiducia e la mia pur insignificante fiducia continuo a darla solo alla mia mugliera. Se al contrario, da subito si fa sapere pubblicamente come vogliono governarci e come vedono la Sorso dei prossimi cinque anni, allora un pensierino lo si può fare.

votazioni

Sarebbe penosa la prospettiva del proseguimento dell’attuale amministrazione non per la loro bravura ed eccellenza amministrativa, ma solo perchè gli oppositori non sono stati capaci di fare un’Opposizione degna di questo nome e gli aspiranti a prenderne il posto fossero spinti da motivi che sono lontani dal voler aiutare con intelligenza a far progredire Sossu in tutti i sensi.

La cosa non è da poco e bisognerebbe ragionarci su parecchio. Ma intanto, i “nuovi” che si stanno affacciando, l’hanno veramente l’intenzione e la capacità di far si che i cittadini divengano realmente protagonisti nei prossimi cinque anni? Sappiamo che lu sussincu medio non ha proprio voglia di farsi coinvolgere in questo senso, abituato com’è a dare deleghe in bianco, perchè obbligato da vincoli di parentela o perchè non conviene “dire che non lo voto” (se dico di si e non lo faccio, il candidato lo viene a sapere e minimo lui e i familiari mi tolgono il saluto e massimo me la fanno pagare, e anche cara). 

               Ma basta,

      perlamiseriazozza!

Basta con questo modo infantile e pilatesco di mettere la propria scheda nell’urna. Ma che cauracreppa di partecipazione politica è questa?! Ma perchè questi “nuovi”, in questa campagna elettorale non coinvolgono attivamente la popolazione a fare un’analisi di quello che è stato e di quello che potrebbe essere? Ma trovateli voi i modi, perdinci. Mettete in moto la materia grigia che non vi manca e trovateli voi i modi  pa isciddà lu sonnu a la ienti, perdinciinciinci!!

E basta con questi inviti su Facebook a mettere il “mi piace” sulla candidatura di questo e quello. E’ tutta qui la vostra capacità di persuasione? Scendete in piazza. Aprite la bocca, dopo aver usato bene il cervello naturalmente. L’ho gia detto che il residio di Partecipazione dei sorsinchi ormai è al minimo ed è inutile negarlo. Il lavoro sarà massacrante, dovrà esserlo, e non potrà limitarsi al periodo elettorale, dove inevitabilmente i toni sono alterati e falsificati, nel senso di fauraggi. Bisogna ricostruire tutta la Politica. Insieme e attraverso il confronto ragionato si decide quale debba essere il Bene Comune, in tutti gli àmbiti della convivenza civile, se ancora civili ci consideriamo.

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Gavino Piras, un pacifico guerriero di Sorso (SS)

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 Piero Murineddu

Per voler scrivere di certe persone che non ci sono più, e di qualcuno in particolare, si è mossi a volte da una spinta che con la semplice curiosità non c’entra proprio nulla. In un certo senso, personalmente lo sento addirittura come un dovere, non fosse altro per un vago senso di gratitudine in quanto sicuramente hanno contribuito a rendere migliore e più vivibile questo mondo, e  nel caso specifico, la cittadina dove entrambi siamo nati e vissuti.

Vado a parlare di GAVINO PIRAS

Perchè Gavino tra tanti, potrebbe chiedersi qualcuno. Lo stimolo me l’ha dato la lettura di alcuni suoi scritti in cui mi sono imbattuto, per l’acume di pensiero che ho visto tra le righe ed anche per il riconoscermi in molte di esse. Questo almeno inizialmente. Man mano che ho sentito narrare di lui, ne scopro invece  numerose qualità e attività con le quali ha voluto riempire i suoi pensieri e i suoi giorni.

Mi  racconta Gianmario Urgeghe:   

Gavino era nato nel  il 12 ottobre 1939 da una famiglia agiata. Suo padre Francesco  (1906-1949) era un proprietario osilese che si era trasferito a Sorso. Entrato in politica, era diventato l’ultimo podestà del paese. rimanendone alla guida anche 5 mesi dopo l’abbattimento del Regime fascista, cioè dal luglio al dicembre del 1943. La madre, Ena Cirotto (1915-2006) apparteneva ad una famiglia sorsense di proprietari terrieri. Nel 1949, Francesco morì improvvisamente per le complicazioni di un’appendicite trascurata. Gavino, che aveva dieci anni ed era il primo di cinque figli (Giampiero, Caterina, Anna Maria e Lucia, deceduta nel ’50 ad appena dieci anni), venne mandato in collegio dalle suore vincenziane (gestivano fino a pochi anni a Sassari l’istituto di Via Muroni, nei pressi del liceo classico “Azuni”). In questo periodo maturò una certa insofferenza per la religione e le regole ferree”.

Ma guarda un po’ certe religiose! Invece di spingerti a conoscere meglio ed eventualmente invogliarti a seguire i principi ai quali s’ispirano, capita troppo spesso che te ne facciano passare letteralmente la voglia. Ma così è. Continuiamo ad ascoltare Gianmario.

Tornò a Sorso qualche anno dopo con l’animo in subbuglio, giusto in tempo per scorrazzare su e giù con il treno degli studenti. Frequentò con profitto l’Istituto Tecnico Agrario di Sassari, sognando di emigrare in Australia, da dove aveva ricevuto un’allettante proposta di lavoro. Ma il destino non gli fu favorevole e finì invece per accontentare sua madre, che lo voleva accanto nell’amministrazione dei terreni di famiglia”.

Anche Gavino, quindi, ha dovuto adeguarsi a quelle che erano le usanze di allora, specialmente nelle famiglie agiate che a Sorso non mancavano, molte delle quali proprietarie terriere. Ai figli maschi era affidato il compito di curare e non far disperdere la proprietà, per cui spesso, le attitudini ed eventuali diverse aspirazioni personali, venivano mortificate e messe in secondo piano. Cosa sarebbe stato di un Gavino ….australiano?

Riprende Gianmario:

Nella seconda metà degli anni 50 continua Gianmario – la patente, l’automobile, i “complessi” musicali, le belle ragazze e i concorsi di bellezza a Platamona, le sale da ballo del paese e le feste. Gavino è uno studente inquieto. Appassionato di cinema, fonda con un gruppo di amici un cineclub che per qualche tempo ha sede nell’oratorio di Santa Croce”

l’ “oratorio di Santa Croce”, quel saloncino, una stanzetta e un cortile (un tempo cimitero) che furono testimoni di diverse generazioni di ragazzi che animavano con le loro attività ricreative, musicali e culturali, una struttura privata nel tempo di adeguate cure, se si esclude di tanto in tanto qualche rattoppino. Luogo che ha aiutato a crescere in umanità molti giovani, desiderosi di portare avanti un qualche impegno coinvolgente, imparando a socializzare e a rispettarsi reciprocamente. Dopo la ristrutturazione e la riapertura al culto della Chiesa attigua, questi spazi furono abbattuti perché considerati pericolanti. Vi è oggi un luogo di culto pulito, ben tenuto e curato, ma “silenzioso” e probabilmente rattristato e nostalgico delle grida entusiaste provenienti sia dal salone, con quelle estenuanti e combattute partite di ping pong, sia dal cortile durante le partite di calcio, di pallavolo, di gimkane e giochi vari di tempi che difficilmente ritorneranno.

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Prosegue Gianmario:

A Sorso si discute di cinema d’autore per la prima volta, ma la cerchia degli interessati è assai ristretta, perché la maggior parte dei giovani preferisce affollare i molti bar del paese e dilettarsi con il biliardo o inseguire una palla di stracci per strada. A lui piace anche il calcio, e si butta anima e corpo nel Madau, in un periodo in cui a Sorso prolificano come funghi le squadre, soprattutto dopo l’esclusione dell’U.S. Nali da tutti i tornei”.

L’U.S. Nali era la squadra di Sorso. Nel 1956 fu radiata a vita dalla F.I.G.C. a seguito di gravi incidenti scoppiati nel campo sportivo nel corso di una partita”.

Avete letto bene? A vita! E che caspita avevano combinato li sussinchi, presumo specialmente quelli in mezzo al pubblico!? Certo che questo aspetto di “spaccamontagne” e di mania di la fozza” di molti sorsinchi sarebbe tutto da approfondire.E sopratutto quella gradassona “barra” dovuta specialmente alla “forza” di gruppo. In molti anche individualmente, per la verità, ma quando si è (o era?) in gruppo, la bullaggine si moltiplica (moltiplicava?) oltremodo, sopratutto contro chissi di fora. Mi racconta un amico: Alla fine degli anni 60 a Sorso si erano specializzati in bastonature di forestieri. So di molte  persone sottoposte a questa specie di cerimonia solo perché di passaggio in questa amena cittadina. Ma erano guai anche per chi, non sussincu, si permetteva di corteggiare una ragazza del posto: e via con intimidazioni e pure “susse” molto concrete. Per lo più in gruppo, naturalmente”.

Parlando di Gavino, un grosso capitolo riguarda lo sport, ed il calcio in modo particolare. Giocatore ma specialmente allenatore e scopritore di talenti. Mi dice Antonello Conti, ex portiere di livello e autore di un libro sull’argomento:

Gavino oltre che allenatore è stato anche educatore. Ha cresciuto 5,6 generazioni di giovani calciatori, prelevandoli dalla strada e portandoli con se al campo. A questo proposito ricordo che egli stesso faceva il giro dei campetti periferici di Sorso per visionare personalmente i ragazzini, e quelli che riteneva interessanti , li invitava poi a presentarsi al Madau, in quanto grande intenditore di calcio giovanile. Sotto la sua direzione nel campionato di Promozione del 1977-78 avemmo una storica rimonta che ci portò dal penultimo al secondo posto, ad un punto dal Sennori. Dopo quel derby, che fu perso per 1-0, lasciò molto amareggiata e rattristata la “panchina” bianco-celeste tra lo stupore generale, in quanto minacciato e criticato aspramente da un gruppo di pseudo tifosi, ma rimanendo sempre all’interno della società dell’US Sorso come dirigente e responsabile del settore giovanile”.

La passione per lo sport e quella di parlarne, Gavino la manifestò anche attraverso la breve esperienza di un giornale ciclostilato locale creato con altri amici nel ’74, “Forza e Coraggio”, dove non mancavano anche forti polemiche, caratteristica immancabile di questo sport di massa.

Il “giornalino” probabilmente era nato anche per il desiderio di combattere le decisioni di un “boss” del calcio di allora, con cui inizialmente era collaboratore (evito di fare nomi per non provocare inutili polemiche ormai inghiottite dal tempo).

È Mario Vacca  che mi fa conoscere questo passeggero tentativo editoriale, nel quale erano presenti diverse firme, molte delle quali  inventate in quanto spesso ne era lo stesso Gavino l’autore.

Colgo l’occasione per chiedere a Mario altre notizie di lui.Mi parla di quando gestiva il bar “La Gabbietta” e l’aveva tappezzato di locandine di film, che come già detto, era una delle passioni della sua eclettica personalità.

A questo proposito, mi dice Luciano Piredda:

” Quando vi avevo lavorato durante il primo anno di scuola alberghiera, il proprietario mi raccomandava continuamente di essere attento e gentile con tutti al di là della cultura e del ceto sociale dei clienti”

Luciano aggiunge che il mercoledì sera, giorno di chiusura settimanale, Gavino portava lui e Alessandro Lizzeri al “cinema” a Sassari, non mancando al termine di analizzare e discutere sul film appena visto.

Anche Gianfranco Mulas, oltre rimarcarne l’impegno e la professionalità quando era stato suo allievo nel calcio, ricorda che negli anni ’70 a Sorso e altrove iniziava il problema”droga”. Il “signor Gavino” aveva portato lui ed altri giovanissimi al cinema per vedere lo sconvolgente Io Cristiana F. noi e i ragazzi dello zoo di Berlino”. All’uscita, visto il forte turbamento provocato in loro, ebbe la delicatezza di non commentare, lasciando a ciascuno la riflessione personale.

Gianmario Urgeghe mi dice che Gavino il bar l’aveva avuto in eredità dallo zio Ado Cirotto, il quale probabilmente fu proprio lui a portare la testa del nipote “nel pallone”. Per quanto riguarda l’attività di barista, secondo Mario Vacca veniva portata avanti senza particolare entusiasmo – specialmente quando l’aveva dovuta riprendere dopo un periodo data in gestione ad altri – da parte di un uomo incapace di fossilizzare il proprio pensiero, ansioso com’era di spaziare  oltre le piccole cosette di un paese di provincia.

Ancora Gianmario:

Gavino inizia a scrivere. Si occupava di cronaca, ma prediligeva i pezzi di costume, nei quali talvolta non mancava di lanciare sferzate contro i suoi compaesani. Dai fogli locali, arrivò a scrivere anche per qualche testata prestigiosa, ottenendo il patentino di pubblicista. Lo ricordo ancora dietro la sua inseparabile macchina da scrivere: mentre tutti noi eravamo andati avanti ed avevamo scoperto il computer, lui era rimasto orgogliosamente fermo a battere con forza sui tasti rumorosi di quell’arnese. Aveva anche iniziato a fare politica attiva e divenne per qualche anno consigliere e assessore comunale. Dopo tanti anni di soddisfazioni e di lavoro con i giovani, amareggiato e deluso dal malaffare e dai troppi compromessi, lasciò anche il calcio. Nella politica e nello sport, ambito sopratutto quest’ultimo nel quale operò per tantissimo tempo,non gli era rimasta molta fiducia. Ormai li viveva con sempre maggiore distacco.”

Mario Vacca, che proprio nel calcio lo aveva conosciuto e iniziato a frequentare per una decina d’anni circa, mi fa sapere che da giovane, in collaborazione coi fratelli Cuccaru ed altri, Gavino aveva fondato La Riscossa”, allenata da Franco Pilo, confluita in seguito ne La Romangia”. Il ruolo di allenatore giovanile l’ha avuto con la “Kennedy” e col Sorso. Aggiunge che con lui si vedevano anche fuori dallo stretto ambito dello sport. Ricorda con piacere le due giornate di ferragosto trascorse ad Orgosolo dove si recavano con la sua “Bianchina”. Una sera tardi,  percorrendo una scorciatoia, erano finiti nella stradetta dove era stato arrestato Mesina, l’ex ergastolano graziato e ricaduto negli ultimi tempi nelle maglie della Giustizia per la solita brama del guadagno facile, molto diffusa ai giorni d’oggi. Mensilmente ci si recava in compagnia a Padria per mangiare con “dui citi” i piatti prelibati preparati da zia Giuanna nella sua trattoria ricavata da un sottoscala. Gavino vi ci aveva portato mezzu Sossu. Non mancavano le serate trascorse nella sua campagna dove attualmente sorge La Piramide”: si portava “la bagna” pronta da casa e lì in compagnia, a mangiare e trallallerare, con l’allegra e insostituibile animazione da parte di Angelino Fiori.

Avevano collaborato insieme nei programmi di Radio Alice”, fondata da Angelo Enas. Musica sopratutto, ma anche notiziari ed interviste. Gavino non mancava di una forte dose di vis polemica, e tutte le occasioni erano buone per esternarla. Lo si vedeva giornalmente uscire dall’edicola coi giornali sottobraccio, comprese le immancabili riviste di cinema, e nel suo bar erano presenti quotidiani di diversa tendenza, cosa che da una parte faceva aggrottare le sopracciglia di certi clienti, ma che nello stesso momento fungevano da stimolo per animati scambi di vedute. È capitato che mettesse sù una raccolta di firme per una possibile petizione con nomi più o meno inventati da lui, cosa che disorientava il politico destinatario.

Kennedy 1972-73 contro la Wilier (2-1). Piras, Fenu, Ladinetti, Stoccoro, Cabras, Meloni, Dessole II, Dessole I. Secchi, Cau, Cagnoni, Mulas, Pinna, Fois. 10 giu. 1973.

Il “suo atteggiamento “provocatorio” lo rendeva vivo – racconta Gianmario – e contribuiva a ravvivare i sorsensi, forse un po’ troppo anestetizzati dalla Juve, dal Milan e dalle partite di calcio. Una sera      s’ inginocchiò, fingendo di pregare, davanti al gazebo dell’attuale Piazza Bonfigli. Subito gli si avvicinò un’anziana signora che, vedendolo genuflesso e orante gliene chiese stupita il motivo. Lui sussurrò di fare silenzio, perché stava pregando per le anime di tutti i personaggi illustri di Sorso, che il Comune aveva fatto seppellire sotto il gazebo”.

Le lucette accese all’interno di questa strana gabbia metallica che aveva preso il posto della “Gabbietta”, facevano in effetti pensare ad una sorta di altare, e Gavino nell’occasione aveva manifestato così il suo disappunto nei confronti dell’Amministrazione civica che aveva fatta demolire lo storico ritrovo della sorsinca intellighenzia.

GABBIA

A Gavino prosegue Gianmario piaceva osservare e descrivere un mondo, quello di Sorso, fatto di contadini, divenuti operai per necessità e disoccupati per sventura; un piccolo mondo, a volte malinconico e a volte allegro e spensierato. Ulteriore occasione la colse nella primavera del 1997, accettando la direzione del giornale “L’0rizzonte”. Era molto contento e ci confidò che aspettava una proposta del genere da anni, ma visto l’arido panorama sorsense, aveva ormai perduto le speranze. Durante la breve vita di questo periodico non si comportò mai come un direttore,preferendo lavorare con noi sul medesimo piano. Nello scrivere era un continuo vulcano in eruzione. Quando calò il sipario su questa esperienza editoriale, Gavino rimase molto male, pensando che la decisione fosse conseguenza della macchinazione di qualche politico infastidito. Dopo quell’esperienza, avvicinai spesso Gavino. Era sinceramente preoccupato per Sorso, le sue coste, i giovani, la cultura. Scriveva febbrilmente altri pezzi nelle notti insonni di via Jelithon, dove abitava, e poi li inviava alla Nuova Sardegna e al Quotidiano. La sua macchina da scrivere, insieme alla sua vita, si fermò per sempre  il 10 aprile del 2006, a 66 anni”.

Vengo a sapere che Gavino fu ricoverato per problemi cardiaci, e la sua morte sopravvenne improvvisa proprio il giorno delle sue dimissioni, un triste  lunedì.

Si chiude così il racconto, molto parziale, di un uomo che ha lasciato tracce significative. Nel tentativo di ricostruire il puzzle della sua vita (come quella di ciascuno, sempre ricca di esperienze e di insegnamenti) più che l’impegno di ricerca – molti altri, interpellandoli, avrebbero potuto parlare di lui –  ho cercato di usare molta discrezione nel delicato compito. Con Gavino, pur essendo vissuti più o meno contemporaneamente nello stesso luogo, e avendo quindi percorso le stesse strade, respirato la stessa aria, avuto sicuramente conoscenze e amicizie comuni, ci si era incontrati se non in sporadici e frettolosi momenti, per cui non ho potuto conoscerne direttamente il pensiero, come non sono stato testimone dei suoi momenti gioiosi e degli inevitabili abbassamenti d’umore che tutti sperimentiamo e che vedono solamente le persone più prossime affettivamente.

Voglio chiarire che l’intento non aveva la pretesa di ricostruirne la biografia nel vero senso del termine, eventuale lavoro che lascio volentieri ad altri più qualificati e più capaci, ma semplicemente cercare in parte di recuperare – come dicevo su –  la mancata conoscenza, mia principalmente, ma pure di tanti altri meno vecchi di me che non hanno avuto l’opportunità (e la fortuna) di avvicinarlo.  In questo sono stati di fondamentale aiuto alcuni che lo hanno frequentato e che hanno risposto positivamente al mio invito.

Ringrazio particolarmente  Gianmario Urgeghe, per l’attenta e appassionata partecipazione con la quale ha dato il suo prezioso contributo. Ringrazio inoltre Mario Vacca, Antonello Conti, Luciano Piredda e Gianfranco Mulas.

Sono certo che molti altri avrebbero potuto e voluto onorare coi loro particolari ricordi la memoria di

Gavino, un pacifico guerriero sussincu.

 

Gavino Piras. Il riposo del leone