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Vai, France’…..

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https://napoli.repubblica.it/cronaca/2018/10/26/news/in_locale_di_napoli_divieto_di_entrata_per_matteo_salvini-210063881/?fbclid=IwAR1-35hZ41xK7KrBiyzIFshl9uAJOhXyU6U1sEZW3iRDvZxe6oxFdKSR8qQ

 

Cattura

 

di Piero Murineddu

Appunto, come molti cattolicicattolicicattolici, ben istruiti dal parroco o dal frate che, prudentementepernonrischiarediperderepecorelle, raccomandano ai loro fedeli, al fine di non essere “disturbati” dai cattiviiiiiissimi e pericolosiiiiissimi Testimoni di Geova, di mettere un cartello vicino al campanello d’ingresso, dove si dice di non rompere i c……. perché loro credono alla Madonna e ai Santi.

Così la domenica mattina possono preparare in santissima pace (!) il succulentissimo pasto festivo per marito, figli, nipoti, suocera, sorella nubile e fratello divorziato, gattini, cani, topi e anche mettere da parte un bel pezzettone di ciambellone che la sera, dopo l’imbrunire, porterà al segreto amante che mai nessuuuuuuno avrebbe sospettato….

Cosa stavo dicendo……Ah, si, il cartello anti Tizio. Spero che Francesco non subisca ritorsioni, sia dai tanti ingrugniti tifosi del ministrochenonmirappresenta a cui è precluso l’accesso, sia direttamente dallo Stesso, attraverso feisbuc che usa come bastone mediatico.

Lezione di civiltà. In Italia?No, in Francia.

(redazione del sito TPI)

“Capolinea, scendete tutti”. Così un autista di autobus di Parigi ha invitato tutti i passeggeri che erano sul suo mezzo a scendere quando si è reso conto che nessuno si era spostato per far salire un uomo in sedia a rotelle.

La vicenda è stata raccontata su Twitter dall’account “Accesible pour tous”, un’associazione che si batte per il diritto dei disabili a vivere e lavorare in un mondo più accessibile.

L’immagine dell’uomo, e le poche righe che descrivono l’accaduto, sono state condivise migliaia di volte. In molti hanno elogiato la condotta dell’autista, che ha dato una lezione di civiltà a chi ignora i disagi vissuti dalle persone con ridotta mobilità.

Contattato da HuffPost France, l’uomo della foto – che ha preferito rimanere anonimo -, ha confermato quanto accaduto a Clichy, nel 17° arrondissement, il 18 ottobre. Ha poi raccontato di soffrire di sclerosi multipla primariamente progressiva.

“Stavo aspettando l’autobus con mio fratello – ha detto – e quando è arrivato nessuno voleva spostarsi per farmi salire, nonostante il mezzo fosse abilitato per il trasporto dei disabili“.

“Quando l’autista si è reso conto – ha continuato – si è alzato e ha invitato tutti a scendere. Ha detto che l’autobus era arrivato al capolinea e che il prossimo sarebbe passato dopo cinque minuti”.

Il conducente si è poi avvicinato all’uomo in sedia a rotelle. “Ci ha detto che tutti un giorno potrebbero aver bisogno di una carrozzina e ci ha fatto salire, lasciando a terra gli altri”.

Cattura

QUALCHE CONSIDERAZIONE

di Piero Murineddu

Attenzione, giusto per essere chiari, e al giorno d’oggi occorre esserlo al millesimo, per non rischiare di essere impallinati dai tanti cecchini appostati. Il titolo l’ho messo io, e non perchè in Italia non ci siano esempi simili, ma semplicemente perchè oggi, nel nostro Paese, sembra (SEMBRA,!) che prevalgano atteggiamenti tutt’altro che civili. Allora, vediamo. L’autista può essere incriminato per interruzione di pubblico esercizio? E’ possibile, ma intanto ha dato una grande lezione, specialmente ai primi della fila che hanno impedito, non spostandosi, che il passeggero disabile potesse salire. Magari gli altri passeggeri si sarebbero spostati, ma credo ugualmente, almeno mi auguro, che hanno capito il gesto dell’autista e abbiano pazientemente aspettato il prossimo bus senza maledire nessuno e con una grande lezione in tasca. Ne avranno parlato coi figli a casa, e i figli, a loro volta, avranno imparato che verso chi patisce disagi di qualsiasi genere, ha diritto di essere agevolato e rispettato. E noi, i sani, gli efficienti, i “civili”, abbiamo il DOVERE di rispettarli…..

Soldifacili&Stradesbagliate

di Pape Diaw

Che cosa sta succedendo alla Comunità Senegalese? Due cittadini senegalesi fermati per l’omicidio della povera Desirée.

La comunità senegalese era molto amata, persone miti, tranquilli, conosciuti e famosi per l’ambulantato.

Prima il senegalese non rubava, non spacciava, sempre disponibili e gentili. Adesso le cose sono cambiate, sono diversi i senegalesi accusati di omicidio, adesso si fa di tutto.

Soldi facili a tutti costi porta i giovani a prendere strada sbagliate. Bisogna aprire una discussione seria dentro la comunità, parlarne apertamente, troppe cose non vanno.

Vedo l’immagine di un popolo che era tanto amato, che adesso sta cambiando pelle.

Possiamo difendere i diritti, ma i delinquenti no.

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di Piero Murineddu

Il coraggio di fare autocritica, quello che manca troppo, ovunque ci giriamo. Pronti a guardare la pagliuzza nell’altrui occhio, ma non la trave nel proprio. I migranti? Uomini e donne come tutti e tutte, e quindi soggetti a sbagliare, semprechè, come in questo caso, se ne riconosca l’effettiva colpevolezza. Nessuna mitizzazione da parte di chi, usando il raziocinio, cerca di avere atteggiamenti di comprensione verso chi è stato costretto PER UNA QUALSIASI RAGIONE (e non per sfuggire la “giusta” giustizia del proprio Paese!) a cercare un posto per condurre un’esistenza più dignitosa. Chiunque eventualmente provochi ferite alla collettività, deve assumersene la responsabilità e prendersi le conseguenze. Grazie Pape

L’ “Osposidda” di Gigi Sanna

di Piero Murineddu

“Osposidda” racconta del tragico episodio avvenuto nell’84 in una località montana immersa in Barbagia, Sardegna.

Questa interpretazione dei nuoresi “Istentales”, termine sardo indicante un piccolo gruppo di stelle della costellazione di Orione, è sicuramente meno di “atmosfera” della versione dell’ autore, Piero Marras, ma più coinvolgente, più “rockettara”. D’altronde Gigi Sanna e i suoi amici musicisti trasformano tutto in etnopop, genere inviso ai puristi del folk e parimenti agli amanti del rock così come l’abbiamo sempre conosciuto, più o meno duro.

Diciamo che se voglio starmene disteso ad ascoltare, preferisco la versione di Marras; se invece mi và d’imbracciare la chitarra e posizionarmi bene il sostegno per l’armonica, impresa che mi crea sempre qualche problemino, scelgo la versione di Gigi il pastore.

Pastore, si. Oltre che preparare le esibizioni pubbliche e registrare in studio nuovi brani che crea, Sanna continua a fare il pastore, oltre che portare avanti un agriturismo.

Ebbi modo d’incontrarlo dieci anni fa circa, in occasione di un Primo Maggio svoltosi nell’Isola dell’Asinara, allora “occupata” dai lavoratori che portavano avanti la loro battaglia per il mantenimento del posto di lavoro all’interno di quell’inferno velenoso che è sempre stato il Petrolchimico di Porto Torres. Una lunga vertenza che aveva attirato l’attenzione dei mass media, oltre che l’inutile passerella dei soliti politici opportunisti. Per lungo periodo, all’Asinara venne cambiato il nome in “Isola dei Cassintegrati”.

Per l’occasione, il gruppo musicale, sempre impegnato a sostenere lotte sociali, insieme agli stessi operai composero un brano, “L’isola dei ribelli”, che presentarono insieme sopra il palco allestito nel cortile di Fornelli, dove si era svolta l’intera manifestazione.

Di una lunghetta intervista fatta a Gigi, a causa delle mie solite scarse attrezzature tecniche, me n’era rimasto un brevissimo spezzone (vedihttps://www.youtube.com/watch?v=70-gj6RpPyE), tutto sommato abbastanza insignificante in confronto all’interessantissime cose che ci eravamo dette.

Ma ora ascoltate il ritmo che questi Istentales riescono a sprigionare dai loro strumenti e dalla rude voce del panciuto Gigione, compositore, cantante e pastore.

Un momento tragico e vergognoso nella storia della Sardegna

di Leonardo Sardu

La storia che vi raccontiamo risale a vari decenni fa, ed è una storia tragica di banditismo sardo vero, nel quale i cattivi diventano leali e i probi, col sangue de sa justhitzia, perfidi.

Era la sera del 19 gennaio del 1984. Quattro fuorilegge sequestrarono l’imprenditore di Oliena Tonino Caggiari, ma furono subito intercettati ad Osposidda, nel monte Corrasi, (tra Orgosolo e Oliena) da una “pattuglia” di civili olianesi immediatamente postisi alla ricerca del compaesano.

Tale manifestazione fu l’espressione de Sa kirka o de Su Kertu, così chiamata a secondo della variante linguistica, la quale rispondeva all’istituto antichissimo della radicata cultura sarda comunitaria, che impegnava gli abitanti dei rispettivi paesi colpiti dai furti di bestiame in genere (o in questo caso da sequestro), ad andare alla ricerca della cosa rubata per restituirla al proprietario.

Ricevuto l’allarme, le forze dell’ordine raggiunsero, quindi, quella località: con circa cinquecento tra carabinieri e poliziotti, ma con i civili furono quasi mille gli uomini che accerchiarono i quattro latitanti più l’ostaggio. I fuorilegge non vollero arrendersi, diranno gli inquirenti, e la conseguenza fu un conflitto a fuoco durato almeno quattro ore: una vera e propria battaglia. Fu una carneficina. Sul campo rimasero i quattro latitanti più un poliziotto.

Erano rispettivamente Tore Fais di Santulussurgiu, Francesco Carta di Noragugume, Giovanni Corraine di Orgosolo, Peppino Mesina anche’egli di Orgosolo e il sovrintendente Vincenzo Marongiu di Mogoro. Sui corpi dei banditi non fu possibile eseguire l’autopsia, tanto erano dilaniati dalle pallottole. Ciò che seguì fu uno spettacolo macabro che si credeva appartenere al passato, a quei tempi tanto famosi di “caccia grossa”: le forze dell’ordine in posa sorridenti accanto al morto ammazzato.

Ma il culmine fu raggiunto quando i quattro corpi furono caricati in distinte camionette e portati in trofeo per le vie di Nuoro a sirene spiegate, ma a passo d’uomo, come il rituale rientro dalla caccia al cinghiale.

I banditi, benché “banditi”, dimostrarono di essere più civili: liberarono l’ostaggio in un momento in cui potevano utilizzarlo come scudo. La pietà dei fuorilegge non fu ricambiata e anche da morti fu loro riservato, proprio da coloro che avrebbero dovuto comportarsi all’esatto contrario, il disprezzo e un trattamento disumano.

La condotta delle forze dell’ordine rientrava nella strategia bellica esposta nella massima «Percere Subiectis et debellare superbos» ( «Perdonare quelli che si sottomettono e sconfiggere i superbi», dall’Eneide di Virgilio) dal rappresentante dello Stato Luigi Lombardini, ora defunto, il giorno dopo la strage ( su “La Nuova Sardegna” del 21 gennaio 1984), mentre il procuratore generale Giuseppe Villa Santa giustificò quella strage come “necessaria” e parlò apertamente di “Vittoria dello Stato”.

Questi fatti colpirono non poco le coscienze dei sardi e la stessa Chiesa isolana si pronunciò per voce dell’allora vescovo di Nuoro monsignor Melis: «Non si deve dimenticare che la misericordia non è in contrasto con la giustizia, ma la eleva e la supera: è in altre parole una forma superiore di giustizia che va alla radice della riconciliazione fra gli uomini»
( “La Nuova Sardegna” del 27 gennaio 1985).

Ad Osposidda non mancano mai i fiori.

OSPOSIDDA

Allumadas de fogu
chimbe carenas fritas:
tintu a ruju an su logu
in oras malaitas.
Ballas graes at rutu
in sas frunzas d’armidda.

Chie bos faghet lutu
mortos de Osposidda?
A sa tzega sas armas
fiores an brujadu:
sun negadas sas parmas
a su malefadadu.

S’istudat in su putu
un’urtima ischintidda:
chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda?

Sonende bos passizan
finas in s’istradone:
omines assimizan
a peddes de sirbone.

Sa pietade at sutu
ranchida sa mamidda :
chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda?

Ti essit dae su coro
su sambene caente :
mancu medaglia ’e oro
tana dadu, Pitzente.

Pianghene a sucutu
pitzinnos e pobidda:
chie bos faghet lutu
mortos de Osposidda?

Cantu tempus ancora
p’at a cherrer, o frade,
pro chi nd’essamus fora
de sa barbaridade
e no canten su mutu
sas feminas de idda ?

Chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda?

 

OSPOSIDDA

Balenii di fuoco.
Cinque corpi freddi han tinto
la terra di rosso
in ore maledette.

Pallottole pesanti
son cadute sui ramoscelli di timo.

Chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Alla cieca le armi
han bruciato i fiori.
Si spegne nel pozzo
un’ultima scintilla.

chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Al suono di clacson
vi esibiscono per la strada.
Assimilano uomini
a pelli di cinghiale.
La pietà ha succhiato un seno amaro.

Chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Ti esce dal cuore il sangue caldo,
ma nemmeno la medaglia d’oro ti han dato, Vincenzo. Piangono singhiozzando
i bambini e la moglie.

Chi vi piangerà,
morti di Osposidda?

Quanto tempo ancora ci vorrà, fratello,
per uscire dalla barbarie
e perché le donne del paese
non cantino lamenti funebri?

Chi vi piangerà,
morti di Osposidda?

Ottoannifa

di Piero Murineddu

No, quell’ultimo scorcio d’anno del 2008 non è stato molto felice per Yosè, Giuseppe. Nel giro di pochissimo tempo è venuta a mancare la moglie Giannina, l’amico artista e musicista di Sennori Giampiero e Piero, osilese, fratello di Franco e cognato di Stella, che, dopo aver trascorso buona parte della sua vita come missionario in terra africana imparando giorno dopo giorno ad essere amico e fratello della gente del luogo, aveva deciso di tornare tra i suoi confratelli a Torino per continuare la sempre faticosa ma arricchente vita comunitaria.

Un giorno mi vedo consegnare un testo, con l’invito a metterlo in musica. Da subito mi sono sentito investito di una grossa responsabilità, oltre che sentirmi onorato di tale fiducia.

Non trovavo facile decidere le note che esprimessero al meglio la forza dei sentimenti che questo testo conteneva.

Prova e riprova, alla fine qualcosa ne uscì fuori. Niente di “orecchiabile”, come solitamente il mio modestissimo estro musicale è riuscito a produrre, ma a me andava bene. Mi era sembrato di esser riuscito a creare l’atmosfera adatta per quelle parole così forti e così profondamente sentite dal mio amico.

Colgo l’occasione per abbracciare i familiari delle tre carissime persone che in questo momento, in modo che a noi non è facile neanche lontanamente immaginare, continuano la loro misteriosa esistenza in quell’Altrove che ci attende tutti. Nessuna paura. Solo l’augurio esteso a tutti di arrivarci con un’accettabile salute.

Gl’impoltronati cecchini da tastiera

 

http://www.romatoday.it/politica/minacce-morte-ilaria-cucchi.html

IN_Ilaria_Cucchi

di Piero Murineddu

“Noi famiglia Cucchi abbiamo la schiena dritta e siamo gente onesta”.

Qualcuno può affermare il contrario, senza limitarsi vigliaccamente e squallidamente a digitare sulla tastiera con le dita intrese di putrida merda, specchio di quanto ha nel cervello?

Una sorella che ha mostrato coraggio e tenacia per far luce sulla morte del fratello, caduto da giovanissimo nella morsa della droga.

Attaccata e derisa dai soliti noti durante le sue solitarie uscite in pubblico, nei lunghi anni dopo la morte di Stefano.

Due genitori che hanno sofferto come possono soffrire i genitori di un figlio schiavo della droga, ma sempre pronti a sostenerlo quando mostrava segni di volersene liberare.

Un carabiniere che ha svelato i fatti, ma che ancora si ha la meschina spudoratezza di dire che due pugni e qualche calcio in faccia non possono uccidere una persona.

Miserabili! E non tanto le persone coinvolte che risponderanno delle loro azioni davanti alla Legge, quanto gl’impoltronati cecchini dall’insulto facile, quelli che ricevono molti “mi piace” e per quelli vivono, beandosi nella loro nullità.

E ancora. Va in tivu per mettere in mostra le sue gambe e magari far carriera in ambito cinematografico e televisivo…..

In molti avrebbero bisogno di una sorella come Ilaria. Sarebbero sicuramente più ricchi di umanità e meno vigliacchi.

#solidarietàallafamigliacucchi

 

Si Deus cheret…..

di Piero Murineddu

Niente. Per quanto cerchi di riposare il corpo e sopratutto la mente, non mi riesce di non pensare che in questo momento, se la salute me l’avesse permesso, sarei stato a Torino con le mie due donne di casa, mia moglie Giovanna e la mia signorinella Marta. L’altro uomo da casa, Giuseppe, è altrove, impegnato nel suo lavoro con gli immigrati e ad affinare sempre più le capacità per guidare al meglio il suo coro

Ieri avrei finalmente conosciuto da vicino le attività che si svolgono all’interno del Sermig, Servizio Missionario Giovani, un vecchio arsenale di morte divenuto, grazie all’iniziativa di Ernesto Olivero, un luogo propositivo di pace e di vita comunitaria. Gianni Giletti, che ci vive da ben 26 anni, membro della Fraternità e ottimo musicista, ci avrebbe fatto da guida. Lo ringrazio ugualmente per la sua cortese disponibilità, Sarà per un’altra volta.

In serata sarei andato a vedere quanto combinano quelli del Gruppo Abele, ed è possibile che avrei chiacchierato piacevolmente con don Luigi Ciotti, semprechè gl’innumerevoli impegni che lo portano in tutt’Italia per combattere le tante mafie – cosettine che per Selfini sono secondarie, quasi ininfluenti – l’avessero consentito.

Stamattina, in duomo, avrei partecipato all’ordinazione diaconale di Stefano, figlio di Pietro Giorgio Carena. Il mio abbraccio per entrambi era pronto e virtualmente glielo mando.

Ma, sopratutto, in questo preciso momento starei partecipando a Chieri ad una Marcia contro tutte le idiozie che ci rovinano l’esistenza: razzismo, fascismo, bullismo, omofobia, islamofobia, guerre autodistruttive, tendenza al Respingimento che caratterizza molti italiani da ormai troppo tempo…… Era l’occasione finalmente per vedere e sentire dal vivo la cara e preziosissima poetessa e scrittrice Rita Clemente. In questo periodo avevo ripreso in mano la mia vecchia chitarra per dare un modesto contributo musicale a conclusione della breve Marcia cittadina, tra la lettura di un brano e l’intervento di tanti che sicuramente hanno qualcosa da dire sulla barbarie in cui stiamo sprofondando.

Se le circostanze lo permetteranno, in seguito si rimedierà, almeno mi auguro…..

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Urcachegambe!

https://www.facebook.com/EnLosMejoresEscenarios/videos/661578247572872/

 

di Piero Murineddu

Se avete visto il video indicato dal link, bene, altrimenti è inutile leggere queste due righe che seguono. Una donna di una certa età che balla liberamente per strada, al suono di una musica spagnola.

Bravissima. Disinibita, molto ritmata…. E anche le gambe che s’intravedono sotto la lunga gonna non sono male, dai…
Piuttosto, mi chiedevo chi potrebbe essere il signore fumazzante che se ne sta’ seduto, apparentemente indifferente, lì, proprio nel bel mezzo.

Ipotizzo, va….

1. Il marito della signora che per tutto il tempo della danza cerca disperatamente il modo per sotterrarsi

2. Uno che, innamoratissimo della suddetta, le sta’ da ore dietro e non ha il coraggio di dichiararsi

3. Un normalissimo marito spazientito, in attesa della moglie che è entrata da un’orettina nel negozio di abbigliamento di fronte e non si decide a uscirne fuori

4. Il sagrestano dell’attigua chiesa, incazzato maledettamente perché il parroco non vuole pagargli gli straordinari…

5, e 6, e 7……….