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Sorso. La Pinetina, un paradiso andato perduto

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di Giovanna Stella

Fino a qualche anno fa, piccolo spazio attrezzato nella vasta area pinetata, dato in gestione ad un privato che con la propria famiglia e con passione e professionalità, l’ha reso accogliente. Un vecchio sogno che Franco è riuscito a realizzare.

Spazio natura con costruzione in legno,spazio dove le famiglie, i bambini, anziani e giovani si ritrovavano insieme, chi per una pizza, chi per ascoltare musica, chi per respirare aria pulita. In una piccola striscia di pineta ci stava un po’ di tutto, compresa una passerella in legno che conduceva al nostro splendido mare. Ci si ritrovava insieme per trascorrere ore liete.

Scaduto il contratto, è stato abbandonato, incendiato, deturpato !
Ora le tende colorate sistemate da Lucia non sventolano più. All’interno del bar buio è desolazione. I topi scorrazzano tranquillamente.I fiori seppelliti per l’incuria lasciano spazio ad una moto carrozzella, cimelio dell’incoscienza di chi ha contribuito a distruggere. Pneumatici di varie grandezze, legni secchi dispersi qua e là. Sporcizia dappertutto. L’attuale stato offende la dignità di coloro che l’hanno costruita.

La visione della piscina è scioccante: acqua torbida giallastra, come la coscienza di chi ama distruggere il bello. Una vecchia poltrona galleggiante sembra presagire un futuro di disperazione. Il vento oggi soffia leggero e le mimose si dondolano maestose, e sembrano annunciare una nuova primavera. Ancora più in là il percorso – vita è quasi agonizzante. Nella parete della ormai struttura fantasma l’immagine di un vecchio saggio ed il volto di un disperato sembrano chiederci: “È possibile ancora sperare?” Un profondo silenzio misto a rabbia irrompe in me.

I resti dei servizi igienici sono paragonabili alla coscienza di chi distrugge. Rimangono muti i fiori tutt’intorno, ma vorrebbero urlare e ribellarsi. Davanti a me tubi secchi, ormai senza vita: quanti spruzzi e quanti schiamazzi mentre i bambini si toglievano il sale dalla pelle! Del ristorante rimangono imponenti pali di ferro arrugginito, simbolo dei principi basilari di una convivenza civile anch’essi arrugginiti dal tempo. Un tavolo apparecchiato di niente mi sorprende, una sedia rotta rossa, una caldaia di un ferro da stiro….

Tutto prende il posto della gente che proprio lì in quel tavolo ha consumato pranzi succulenti ferragostani e di calde giornate estive.Vicino un tavolo azzurro che sembra cerchi tristemente compagnia. Intanto la brezza continua a soffiare. Il rumore delle onde del mare è sempre vivo e fluttuante. La natura intorno, il cielo limpido, i raggi solari filtrano tra i rami, le farfalle tornano festanti e sembrano ricordarci un amore ed una passione antica, una fiducia sfuggente.

Per terra due materassi vecchi abbandonati,  il cartello “Algida” rimasto ricorda i gelati consumati nelle gioiose estati trascorse. Anche un lumacone si muove lento,la natura arriva prima di tutti,si muove lento e riscopre la primavera.

Quanto ancora vogliamo rimanere intorpiditi da un inverno troppo lungo?

Cambiare è e deve essere possibile!  Una strada maestra c’è: la partecipazione di ciascuno, la decisione di costruire per sé e per la comunità. L’idea che insieme possiamo farcela a catapultare questa dura realtà ci può ancora salvare.

Sembra ormai un ricordo di un passato remoto quando con un gruppo di anziane sedevamo a bordo piscina con i piedi immersi per rinfrescarci dalla calura di una giornata estiva; nostalgia dei canti,delle barzellette e aneddoti del loro passato vissuto con sacrificio.Tutto allietava la natura circostante. Natura ora delusa, derisa da chi ama distruggere il bello. Quest’ultima altalena rimasta deve necessariamente “ridondolare”per i nostri sogni, per i nostri figli.

Alziamo il capo e ripartiamo dalle cose semplici. Siamo tutti corresponsabili del “brutto” ma anche del “ bello “. Siamo responsabili dei numerosi gesti di vita ma anche di morte.

È tempo di ricostruire.Oggi più che mai è necessaria una nuova rivoluzione. Dobbiamo volere ed essere il cambiamento che vogliamo vedere!

Camici col cuore

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di Giovanna Stella

In questi giorni per necessità varie mi sono recata presso il Consultorio Familiare di Sorso. Già dal primo piano ho respirato un aria accogliente. Nell’ufficio ticket lavora un equipe di persone che mi da’ l’idea di una piccola comunità. Si respira affetto e rispetto reciproco, la stessa atmosfera la respirano gli utenti che vi accedono.Al secondo piano vi trovo il medico e le infermiere molto disponibili. Il tutto mi sorprende piacevolmente. Arrivo anche per necessità di donna nell’ambito ginecologico ed anche qui professionalità, competenza e disponibilità immediata.
Mi rendo conto che ci sono le persone giuste al posto giusto, in un luogo dove più che mai è richiesta umanità e delicatezza.Che dire poi della psicologa che è ormai diventata un punto di riferimento per molteplici persone, professionista con grande capacità d’ascolto per tutti? Dovrebbe essere scontato lavorare al meglio ed accogliere, ma purtroppo sono esempi ormai rari,oppure si è spesso tentati di mettere in evidenza le situazioni negative.
Io, oggi 25 aprile, voglio sottolineare che che in questo servizio mi sono sentita coccolata e penso che ancora si può sperare in una nuova Festa della Liberazione.

Quella mia particolare “via crucis”

di Piero Murineddu

Come solitamente faccio, prendo il treno delle 6,30 per raggiungere il posto di lavoro presso il “palazzo rosa” dell’ASL 1, a Sassari. Apprendo dello sciopero che in giornata ci sarebbe stato dei mezzi pubblici, cosa che inizia a provocarmi un tantino di apprensione, dal momento che me ne servo gia da parecchio tempo. Nel corso della mattinata, dovendosi recare in città per degli appuntamenti medici, dico a mia moglie di trovare il modo di lasciarmi l’auto in zona, cosa che riesce a fare, approfittando di un passaggio per ritornarsene a casa. Dovendo rimanere sul posto di lavoro anche nel pomeriggio, a fine mattina mi reco a comprare qualcosa per mangiare, pensando di servirmi dell’auto. Dimenticando lo sciopero, la lascio al capolinea “Santa Maria” della metropolitana, servendomi di questa per ritornare indietro e col progetto di riprenderla all’uscita pomeridiana per andare a prendere l’auto che mi avrebbe riportato a casa. Amarissima sorpresa quando a fine lavoro mi ricordo dello sciopero, con la prospettiva di andare a riprendere l’auto, e quelli che sono pratici di Sassari, sanno la distanza che c’è da via Monte Grappa al quartiere del Latte Dolce, in prossimità di Sant’Orsola: chilometri e ancora chilometri. Rassegnato, m’incammino, non prima di aver telefonato ad un caro amico al quale ho dato appuntamento da li a poco: nonostante il desiderio, neanche questa volta ci saremmo potuti vedere. Faccio tappa alla stazione ferroviaria, che fa la prima fermata proprio dove sono diretto. Visto il gruppetto di bigliettai radunati, chiedo se il treno delle 18 era abolito o meno. Alla risposta che ci sarebbe stato, mi rilasso e aspetto pazientemente tre quarti d’ora. Quando vedo il treno arrivare, mi avvicino, scoprendo che non sarebbe ritornato a Sorso a causa dello sciopero. Chiedo se esiste un percorso breve per arrivare a piedi alla mia meta, avendo conferma che l’unico sarebbe quello lungo i binari, ma non essendoci lo spazio per i pedoni, la cosa è vietata. Che fare? Vedo fermo un taxi, ma in tasca mi ritrovo solo qualche spicciolo. Avanti, a piedi verso una meta per niente vicina e con la stanchezza della giornata che mi sento addosso. Da subito, la mancanza di allenamento nel camminare si fa sentire e la maggior parte dei chilometri da percorrere sono ancora tutti davanti. Durante il percorso, oltre la preoccupazione di respirare il meno possibile i gas delle auto, scopro diversi tratti di marciapiede sconnessi e con alberi nel bel mezzo. Penso a quante difficoltà ci sono per chi vorrebbe percorrerli in sedia a rotelle e mi sento solidale con una mamma costretta a spingere la carrozzina col suo bambino facendo innumerevoli slalom. Ad un certo punto, per non subìre completamente la situazione non scelta e tutt’altro che piacevole, decido di mettere gli auricolari e per tutto il resto della camminata, ascolto la voce di David Maria Turoldo, un caro e grande prete deceduto ormai una ventina d’anni fa, con la consapevolezza di una grave malattia che ne ha consumato il fisico ma non fiaccato la mente e lo spirito. Dopo due ore dalla fine del lavoro, raggiungo la sospirata auto, non con un po’ di preoccupazione di trovarla con qualche vetro rotto, considerata la brutta fama della zona. Consolato dal fatto di averla ritrovata integra, mi si sdraio dentro sfinito e completamente sudato, con ancora nelle orecchie la calda e vigorosa voce di David Maria che m’incoraggiava a non lasciarmi abbattere dalle avversità, ma di cercare dentro la forza di andare sempre avanti. E detto da lui……

OCCHI DI BAMBINO

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di Giovanna Stella

 

Stamane mentre compravo il pane in un piccolo negozietto di Sorso, ho incontrato un bambino che con gli occhi semplici e ridenti mi ha augurato ” buona primavera!”. Mi ha lasciato interdetta.Non ho pottuto far altro che sorridere commossa e gioire di quell’istante. Il miracolo racchiuso e sprigionato attraverso il suo sguardo mi ha accompagnato tutto il giorno ed ho cercato anch’io di imitarlo augurando a tutti una nuova e profumata primavera.

Certi politici? Ladri di giustizia

“Un progetto politico costruito con le migliori forze in campo ed attuato da persone responsabili, competenti, interessate solo al bene comune e proiettate verso il futuro, senza scheletri nell’armadio, senza tentazioni. Che nessuno possa alzarsi e dire: quella persona, quando ha potuto, attraverso il suo incarico pubblico o le sue conoscenze ha sistemato il figlio, la moglie, il fratello, l’amico, se stessa,come succede spesso nelle nostre amministrazioni, negli enti pubblici, dove è sotto gli occhi di tutti il “miglioramento” di stato del proprio nucleo familiare, la sistemazione di amici e parenti…..”                                (Renato Soru)

 

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Cinque domande e due affermazioni

di Piero Murineddu 

“Attraverso l’incarico pubblico, come spesso succede, ha sistemato i suoi….”Nel pensiero dei più, questa prassi è normale.

Ma come abbiamo fatto ad abituarci alla gravità morale e sociale di questo agire da parte di chi provvisoriamente ha ricevuto la fiducia di altre persone?

Ma siamo consapevoli delle conseguenze catastrofiche nelle aspettative e nelle speranze di tutti, specialmente dei ragazzi, che tale modo di fare provoca?

È una imperdonabile offesa alla Giustizia e alla Solidarietà sociale. È una profonda ferita difficilmente rimarginabile. Un “politico” che sfrutta il suo momentaneo incarico in questo modo, fa un danno tale, che neanche le eventuali cose positive che realizza possono coprire e rimediare.

Che ricordo rimarrà di lui una volta che non avrà più in mano il potere?

Come sarà ricordato, sopratutto dai più che non hanno beneficiato dei suoi favori?

Che esempio di integrità morale avrà lasciato alle generazioni future?

Non ho difficoltà ad affermare che un “politico” che agevola i suoi parenti o semplici sodali è un LADRO, specialmente di Giustizia, anche se magari può essere considerato un benefattore.

Scarpe robuste per camminare nel mondo

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di Giovanna Stella

Vedendo il Papa Francesco con gli scarponi, mi si rivitalizza la speranza, la speranza che finalmente la Chiesa inizi ad arricchirsi calandosi nei bisogni veri dell’umanità, che la semplicità diventi norma, che il suo fine sia principalmente l’uomo, il povero, l’ultimo ma anche il primo

La mia speranza è anche che la Chiesa non cerchi tanto di indottrinare i bambini, ma cerchi di rispettare la loro purezza e semplicità, favorendone la libera crescita nella speranza continua

E dove stiamo andando a finire? Rispetto per i “TITOLI” ci vuole !

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di Maurizio PATRICIELLO, prete “antidroga”

 
Signor Prefetto,
sono appena ritornato a casa dopo l’incontro in prefettura di mercoledì 17 ottobre.
Come può facilmente immaginare mi sento tanto mortificato dalle sue parole gridate nei miei confronti e senza motivo davanti a un consesso così qualificato.
Che dirle? Se a me, prete di periferia, è concesso di ignorare che chiamare semplicemente “signora”, la signora Prefetto di Caserta fosse un’offesa tanto grave, non penso assolutamente che fosse concesso a lei, arrogarsi il diritto di umiliare un cittadino italiano colpevole di niente, presente in prefettura come volontario per dare il suo contributo alla lotta contro lo scempio dei rifiuti industriali interrati e bruciati nelle nostre campagne.
Alla fine dell’incontro ho ricevuto la solidarietà di tante persone presenti all’increscioso episodio e la rassicurazione da parte della signora Prefetto di Caserta che non si era sentita per niente offesa da me nell’essere chiamata ” signora”. Forse le sarà sfuggito che lei non era e non è un mio superiore.
Mi dispiace. Tanto. Avrebbe certamente potuto consigliarmi di rivolgermi al Prefetto di Caserta, chiamandola ” signora Prefetto”. Avrei accolto immediatamente il suo consiglio. Invece, con il tono di voce del maestro che redarguisce lo scolaro, e con parole tanto dure quanto inopportune, ha quasi insinuato che il sottoscritto non avesse rispetto per lo Stato.
Scrivo sovente per Avvenire, il giornale che ha il merito di aver portato il nostro dramma alla ribalta della cronaca nazionale. Se vuole può controllare se tra i miei numerosi editoriali c’è una – dico una sola – parola dove non risuona un amore sviscerato per la mia terra, la mia Patria, la mia gente. E un rispetto sofferto per le Istituzioni.
Al contrario, se una cosa mi addolora ( l’editoriale di ieri, martedì 16 ottobre lo conferma ), se una cosa mi addolora, dicevo, è constatare che tante volte è propria la miopia delle istituzioni, la pigrizia di tanti amministratori, il cattivo esempio di tanti politici che fanno man bassa di denaro pubblico, a incrementare la sfiducia e la rabbia in tanti cittadini.
Personalmente sono convinto che la camorra in Campania non la sconfiggeremo mai. Lo dico non perché sono un pessimista. Al contrario. Non la sconfiggeremo perché il “pensare camorristico” ha messo radici profondissime in tutti. Quel modo di pensare e poi di agire che diventa il terreno paludoso nel quale la malapianta della camorra attecchisce.
Come ho potuto dirle in corridoio, io alle mortificazioni sono avvezzo. Spendo la mia vita di prete nella terra del ” Clan dei Casalesi”. La mia diocesi, Aversa, è quella di Don Peppino Diana.
Quante umiliazioni, signor Prefetto. Quante intimidazioni. Quanti soprusi. Quante minacce da parte dei nemici dello Stato o di semplici delinquenti.
Ma io dei camorristi non ho paura. Lo so, potrebbero uccidermi e forse lo faranno. Io l’ho messo in conto fin dal primo momento in cui sono stato ordinato prete.
No, non sono loro che rendono insonni le mie notti. Loro non sono lo Stato. Loro sono i nemici del vivere civile. Loro hanno sempre e solamente torto.
Io credo allo Stato. Alla democrazia. Io credo alla libertà. Io credo alla dignità dell’uomo. Di ogni uomo.
Io spendo i miei giorni insegnando ai bambini, ai ragazzi, ai giovani che non debbono temete niente e nessuno quando la loro coscienza è pulita. Ma aggiungo che bisogna sradicare il fare camorristico sin dai più piccoli comportamenti. Perché tutto ciò che uno pretende in più per sé e non gli appartiene, lo sta rubando a un altro. Perché ogniqualvolta che una persona si appropria di un diritto che non ha, sta usurpando un potere che non gli è stato dato. Tutti possiamo cadere in queste sottili forme di antidemocrazia.
Ecco, signor Prefetto – glielo dico con le lacrime agli occhi – lei stamattina mi ha dato proprio questa brutta impressione. Lei ha calpestato la mia dignità di uomo.
Ha voluto mortificare il prete o il volontario impegnato sul dramma dei roghi tossici?
Ha voluto insegnarmi l’educazione – a 57 anni! – o mettermi a tacere perché già immaginava ciò avrei denunciato?
Le nostre campagne languono, signor Prefetto. I giovani sono scoraggiati. I tumori sono aumentati a dismisura.
La gente muore in questa terra avvelenata e velenosa. Le amministrazioni locali – qualcuno glielo ha ripetuto anche stamattina – non riescono a tutelare i loro territori e la salute dei loro cittadini. E proprio a costoro viene ricordato il dovere farlo. È una serpe che si morde la coda.
Noi abitanti di questi paesi a Nord di Napoli, ci sentiamo prigionieri in questo ” Triangolo della morte” dal quale desideriamo uscire quanto prima, pur sapendo che per tanti di noi i danni alla salute sono ormai irreparabili.
Lo facciamo per le generazioni future. Per andare con serenità incontro a sorella morte quando sarà il momento.
Ci ripensi. In mezzo a tanti problemi in cui siamo impelagati; mentre nei nostri paesi tanta gente scoraggiata non ha fiducia più in niente e in nessuno; mentre la camorra ancora ci fa sentire il suo fiato puzzolente sul collo; mentre i rifiuti tossici continuano ad essere bruciati e interrati nelle nostre terre, il signor Prefetto di Napoli, mette alla berlina un prete davanti a una cinquantina di persone, perché si è rivolto al Prefetto di Caserta chiamandola semplicemente ” signora”, anziché ” signora Prefetto”. Incredibile. Resto, naturalmente, coi miei dubbi.
Ai miei diritti non rinuncio facilmente. Ma, mi creda, cerco a mia volta di non invadere quelli di nessuno.
Purtroppo, stamattina, credo che lei, signor Prefetto, pur forse senza volerlo, abbia maltrattato e rinnegato i miei.
Le auguro ogni bene.

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VOTO di SCAMBIO

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di Piero murineddu

Nei giorni scorsi sono venuto a conoscenza dell’arresto del consigliere regionale calabrese Antonio Rappoccio, accusato di aver ideato un metodo truffaldino per essere eletto e per far eleggere una sua sodale. Per la Procura, l’accusa di truffa deriva dal fatto che il politico in questione, insieme agli altri indagati, avrebbe indotto circa 850 persone a iscriversi, versando 15 euro, alla società fantasma “Alicante” e a partecipare, dietro il pagamento di 20 euro, ad un concorso, superando il quale, secondo Rappoccio, avrebbero avuto concrete possibilità di lavoro.

LA PROMESSA DI UN POSTO IN CAMBIO DEL VOTO, quindi.

In questo caso, un lavoro fantasma, perchè la società non esiste.

MA SE FOSSE REALMENTE ESISTITA  E NON CI FOSSE IN MEZZO DENARO ESTORTO,  IL FATTO SAREBBE MENO GRAVE, LEGALMENTE E MORALMENTE?

Voglio toccare quel punto che purtroppo caratterizza il rapporto di buona parte dei cittadini con la politica:

VOTO IL TALE SE ASSICURA A ME O AD UN MIO FAMILIARE UN LAVORO,

oppure un qualsiasi altro tornaconto,e su questo la fantasia può liberamente spaziare. Nel pensare comune, è diventata norma che se vuoi “andare avanti” ti devi rivolgere ad un politico,considerato simbolo di chi ha accesso al Potere. Questa prassi sembra talmente radicata, che ormai ci si è abituati, e la rassegnazione non coinvolge solo la popolazione di scarso livello culturale e di bassa scolarità, sulla quale il politicante senza scrupoli più facilmente può far breccia.

Con la vicenda Rappoccio, i magistrati calabresi tentano di bloccare la prassi usata da una buona percentuale di aspiranti ad accapparrarsi una fetta del potere politico. Grazie a Dio, ogni tanto la Magistratura cerca di ripulire il nostro Paese dal fango morale che lo sommerge.Purtroppo, questo “fango” è alimentato dalla mentalità secondo la quale, per bisogno o per ottenere favori anche illeciti, si continua a baciare le mani al Potente di turno.

La distorsione del pensiero ha raggiunto livelli tali, al punto di considerare “benefattore” colui che ha fatto raggiungere lo scopo richiesto, lecito o meno. Ci si dimentica che dovere primario del Rappresentante Pubblico è quello di lavorare per la Giustizia Sociale e non per concedere favori individuali.

QUAL’E’ IL COMPITO DELLA POLITICA SE NON QUELLO
DI FAR STARE MEGLIO TUTTI INDISTINTAMENTE ?

Nel lavoro immane di pulizia, il Magistrato, seppur tenace e coraggioso, non può essere lasciato solo.Tento di azzardare un’ipotesi….. assurda. Proviamo ad immaginare se in questo Alto Tentativo di far prevalere la Giustizia, ci fosse la collaborazione dei cittadini, sopratutto di coloro che sono ricorsi a questa mercificazione della loro dignità e prendessero coraggio per rinunciarvi e denunciare i gioghi che li legano ai troppi politicanti senza scrupoli, che continuano a trarre profitto da questo bisogno primario, qual’è quello di lavorare per vivere, e questo in modo particolare a livello locale. Il riferimento è anche a molte Ditte e Società che sono costrette a sborsare tangenti ai vari Assessori per poter lavorare.

Sono un sognatore? Può darsi. E forse anche fortunato. Non mi sono mai trovato nella necessità di chiedere “favori” e agevolazioni, sopratutto per scavalcare altri, e non mi sento di giudicare coloro che l’hanno dovuto fare per necessità. I maggiori colpevoli sono i Potenti senza scrupoli che hanno tratto profitto dal Bisogno degli altri e continuano a trarne, avvelenando la convivenza e, cosa ancor più grave, tradendo la speranza dei nostri figli in una Società Giusta e caratterizzata dal Rispetto Reciproco.

Ma ci si rende conto del Grave Danno che tale andazzo provoca?

Si può mai perdonare un Peccato Sociale così grave?

La persona dietro la divisa

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di Piero Murineddu

Qualche giorno fa, all’interno dell’abitato di Sorso sono stato fermato da una pattuglia di carabinieri. Dal controllo, è risultato che avevo omesso di effettuare la Revisione dell’auto. Evidentemente, con occhio esperto (e perchè probabilmente di buon umore!), hanno capito che non si trattava di furbizia per contravvenire alla legge, ma semplicemente di una dimenticanza in buona fede, per cui hanno evitato la multa più il ritiro del libretto, raccomandando di presentarmi quanto prima nella locale caserma per presentare la prova dell’idoneità dell’auto alla circolazione, cosa che non ho mancato di fare in giornata.Ho constatato così che non tutte le forze dell’ordine preposte alla sorveglianza stradale, ma non solo, sono intenzionate ad accanirsi nei riguardi di coloro che compiono infrazioni. Nell’immaginario collettivo c’è il Vigile urbano sempre col taccuino pronto, quasi impaziente di compilare verbali per rimpinguare le sempre magre casse comunali. Evidentemente però, è necessario fare delle distinzioni, e riconoscere che dietro una divisa c’è sempre una persona che vive situazioni comuni a tutti, e quindi con capacità di comprensione e di immedesimazione. Naturalmente ringrazio i due carabinieri per avermi evitato disagi e, sicuramente, un lungo malumore.

La politica riacquisti il suo originario e alto valore

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di Piero Murineddu

Ascoltando gli umori della gente, molto spesso capita di constatare il basso livello del sentire comune nei confronti della politica. Nel disorientamento generale, ancora di più si cerca il “politico” quasi esclusivamente per il proprio tornaconto personale e familiare. È ancora possibile invertire la marcia e credere che la politica riacquisti il suo originario e alto valore? Io credo di sì, a condizione che ciascuno riprenda in mano la responsabilità della partecipazione e del bene comune. Belle parole, dirà qualcuno. Ma piccoli segni di controtendenza, ogni tanto se ne intravedono. A Sorso, grazie anche alla presa di posizione di chi era contrario, il Comune ha rinunciato alla realizzazione di astrusi parcheggi interrati nel centro cittadino.

sorso, municipio

E ancora. Vista l’assenza di un parco attrezzato di giochi e il mancato ripristino di quello esistente, lasciato distruggere per mancanza di cura e controllo, si sta organizzando una raccolta di firme per ottenere quanto di diritto. È necessario responsabilizzare i cittadini alla partecipazione, in modo diversificato e fantasioso. Questionari, serate a tema, porta a porta, volantinaggi, interventi nelle scuole, occupazioni simboliche, “scioperi alla rovescia” … Penso a Danilo Dolci, che 60 anni fa organizzò i disoccupati in un paese siciliano per recuperare una strada in abbandono. Utopia? A Sorso la fontana de “La Billellera” è da tempo inaccessibile. E se coloro che ritengono inaccettabile questa chiusura, decidessero di organizzarsi per garantirne l’apertura, magari facendo dei turni per la custodia?