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La politica riacquisti il suo originario e alto valore

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di Piero Murineddu

Ascoltando gli umori della gente, molto spesso capita di constatare il basso livello del sentire comune nei confronti della politica. Nel disorientamento generale, ancora di più si cerca il “politico” quasi esclusivamente per il proprio tornaconto personale e familiare. È ancora possibile invertire la marcia e credere che la politica riacquisti il suo originario e alto valore? Io credo di sì, a condizione che ciascuno riprenda in mano la responsabilità della partecipazione e del bene comune. Belle parole, dirà qualcuno. Ma piccoli segni di controtendenza, ogni tanto se ne intravedono. A Sorso, grazie anche alla presa di posizione di chi era contrario, il Comune ha rinunciato alla realizzazione di astrusi parcheggi interrati nel centro cittadino.

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E ancora. Vista l’assenza di un parco attrezzato di giochi e il mancato ripristino di quello esistente, lasciato distruggere per mancanza di cura e controllo, si sta organizzando una raccolta di firme per ottenere quanto di diritto. È necessario responsabilizzare i cittadini alla partecipazione, in modo diversificato e fantasioso. Questionari, serate a tema, porta a porta, volantinaggi, interventi nelle scuole, occupazioni simboliche, “scioperi alla rovescia” … Penso a Danilo Dolci, che 60 anni fa organizzò i disoccupati in un paese siciliano per recuperare una strada in abbandono. Utopia? A Sorso la fontana de “La Billellera” è da tempo inaccessibile. E se coloro che ritengono inaccettabile questa chiusura, decidessero di organizzarsi per garantirne l’apertura, magari facendo dei turni per la custodia?

Sorso – Il Comune e i fondi per il culto alla Vergine “Noli me tollere”

 

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di Piero Murineddu

Apprendo che la giunta comunale di Sorso ha stanziato 5.000 euro di contributo straordinario per il comitato della Madonna di “Noli me Tollere”, festeggiata in questi giorni. Non so se tale decisione sia legata al recente sfregio arrecato alla scultura mariana situata presso la spiaggia, magari come….riparazione (“spirituale”, intendo). Chiedo scusa per la presunzione, ma penso che Maria di Nazareth preferirebbe che tale somma, seppur piccola, contribuisse alla realizzazione, per esempio, di un parco giochi qui a Sorso, che possa donare momenti di felicità ai tanti bambini e genitori che lo stanno aspettando, un diritto per troppo tempo disatteso. Ma si sa, ingraziarsi la “religiosità popolare” fa comodo al Potere di turno.

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Lungi da me il voler offendere la sensibilità di qualcuno, ma veramente è mia convinzione che Colei che ha dato alla vita il Giusto per eccellenza, più che devozionalismi il più delle volte sterili, desidererebbe maggiormente che coloro che si ritengono suoi devoti, dedicassero la loro volontà e i loro sforzi a costruire rapporti fraterni e strutture di giustizia e solidarietà. Il vero e grave “sfregio” e sacrilegio non lo si fa alle statue o alle cose, ma piuttosto quando non si ha attenzione e rispetto per le persone, specialmente quelle che soffrono e patiscono di più. Senza giustificare nessuno, penso anche che il “balordo” che ha sfregiato la scultura, faccia parte di quella categoria di persone in un certo qual senso ferite dalla vita, a cui sicuramente la Mamma celeste non fa mancare il suo sguardo tenero e misericordioso.

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Funerali negati nelle domeniche di Quaresima

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Il funerale negato in domenica di Quaresima da parte di una delle due parrocchie di Sorso, paese sardo dove vivo, mi dà lo stimolo per divulgare  la LETTERA APERTA ALLA CHIESA firmata da un nutrito gruppo di religiosi e laici.

Gesù Cristo ci ha proposto una strada di Giustizia e di Felicità, mentre noi la imprigioniamo in una rete di fredde norme e di legalismo. E’ da questa visione anacronistica che è nato il divieto per la celebrazione del funerale. Grazie a Dio, come contrappeso all’inaccettabile diniego, il funerale è stato celebrato nell’altra parrocchia del paese, dove addirittura è stato permesso al Pastore della locale comunità evangelica di parlare all’Assemblea, in segno di Accoglienza e di gioiosa fraternità cristiana. Piccoli passi per far cadere le barriere ideologiche e religiose e per agire in coerenza alla Buona Novella annunciata.

 

Lettera aperta alla Chiesa italiana

 

Rifacendoci alla tradizione più antica della comunità credente, che per comunicare usava lo stile epistolare, anche noi abbiamo pensato di scrivere una lettera aperta alla chiesa italiana. La trama principale delle nostre inquietudini è espressa dal testo della lettera alla chiesa di Efeso: “Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio”. Abbiamo sempre pensato che questo fosse vero; abbiamo sempre pensato che la nostra condizione di donne e uomini credenti ci rendesse concittadini nella storia di tutti e familiari con il Mistero. Abbiamo sempre pensato che la nostra fede ci facesse responsabili nei confronti della vita di ogni creatura e dei difficili parti storici, sociali, economici, culturali e spirituali che la comunità umana vive da sempre. Abbiamo sempre pensato anche, che proprio perché siamo familiari di Dio, non siamo esenti dal vivere sulla nostra pelle le fatiche che ogni popolo fa per poter essere popolo degno e libero. Ma oramai, da molto tempo, ci sembra che questo non sia tanto vero, e soprattutto, con tristezza diciamo che forse nessuno ci chiede ed esige questa familiarità con il Mistero e questa solidarietà con la storia.

La struttura ecclesiale infatti sembra più preoccupata a guidarci che a farci partecipare e soprattutto a farci crescere.

Le nostre comunità cristiane appaiono più tese a difendere una tradizione che a vivere una esperienza di fede.

Noi sappiamo come diceva Paolo alla sua comunità di Corinto, che abbiamo il diritto di essere alimentati con parole spirituali e con un “nutrimento solido” (Cfr. 1Cor 3,1-2), e invece

ci sentiamo trattati come persone immature, come se non fossimo responsabili delle nostre comunità, ma solo destinatari chiamati a obbedire a ciò che pochi decidono ed esprimono per noi.

E proprio in questo odierno contesto storico di grande fatica ma anche di grande opportunità per tutti i popoli, e dunque anche per la nostra società italiana, sentiamo che la chiesa è lontana da questa fatica quotidiana dell’umanità. E che quando si fa presente, lo fa solo attraverso analisi , sentenze e a volte giudizi, che non ascoltano e non rispettano le ricerche e i tentativi che comunque la società fa per essere più autentica e giusta.

Ci sembrano sempre più vere le parole di Gesù nel Vangelo: “Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito” (Mt 23,4). Noi non vorremmo essere collusi e complici di questo stile di vita, perché come credenti concittadini dei santi e familiari di Dio, sappiamo quanto è difficile sospingere la storia verso la pienezza della vita. Sappiamo anche che è difficile essere coerenti, ma lo vorremmo essere perché la coerenza oggi, sarà possibilità di vita per tutti. Perché condividere quello che abbiamo e non il sovrappiù, curarci dalle nostre ferite interiori,separarci da tutti quegli stili di vita che invece di includere escludono e invece di far crescere recidono, non è semplice ma è possibile, soprattutto quando nasce da una ricerca comune, dove ciascuno può suggerire qualcosa, dove ciascuno può condividere la sua visione del mondo e soprattutto la sua esperienza di Dio. Ma noi non ci sentiamo sostenuti nel far questo e l’esempio che abbiamo dalla chiesa ufficiale è, la maggior parte delle volte, quello di pretendere riconoscimenti e di difendere propri interessi, immischiandosi in politica solo per salvaguardare i propri privilegi.Vogliamo essere popolo che cerca davvero di fare esperienza di Gesù, di quel Gesù che ispirava sogni di vita, che ispirava desideri di cambiamento. Quel Gesù che riusciva a far sognare anche chi conosceva solo disprezzo, o chi comunque veniva giudicato peggio di altri ed emarginato. Ci domandiamo come mai ci dicono di essere obbedienti al magistero senza chiederci di essere fedeli a questo sogno bellissimo di una umanità composta da “ogni lingua, razza, popolo, nazione” (Cfr. Ap 7,9).

Perché ci viene chiesto di essere credenti che devono obbedire e difendere la verità e non ci dicono invece che la Verità è più grande di noi e per questo va ricercata costantemente, ovunque e con tutti?

Allora è per questo che vorremmo offrirvi queste nostre riflessioni, vorremmo che la chiesa ripensasse le sue strutture di comunità, e soprattutto la propria struttura gerarchica e i suoi rapporti con la società. Noi vorremmo che si rifiutasse ogni privilegio economico e soprattutto vorremmo che l’economia delle strutture ecclesiali non fosse complice della finanza e delle banche che speculano con il denaro a scapito del sudore e del sangue di individui e intere comunità, praticando un indebito sfruttamento, non solo delle risorse umane, ma anche di quelle naturali. Queste, in breve, sono alcune delle nostre inquietudini che condividiamo con tutti i credenti, perché “la Vita si è manifestata e noi l’abbiamo contemplata, vista, udita, toccata con le nostre mani” (Cfr. 1Gv 1,1-4) e di questo vorremmo rendere testimonianza. Ci impegniamo a cominciare un processo di autocritica e critica costante, per aiutarci a vivere e crescere insieme, come comunità di credenti ma anche come compagni e compagne di cammino di tutti coloro che – tra evoluzioni, rivoluzioni e rivelazioni- fanno di tutto per rendere la storia più bella, solidale e giusta.

Giuliano Roggio, pittore

di Piero Murineddu

Ogni qualvolta  ho l’opportunità (e l’onore!) di entrare in quello che fu il “sacro tempio” dello studio  e ricerche varie compiute dall’indimenticabile Amico Petronio, cerco di farlo con estrema delicatezza. In quella piccola stanzetta sento un profondo rispetto per le interminabili ore che il Nostro vi trascorreva leggendo, annotando, catalogando. Vi si trova veramente di tutto. Avevo già parlato di questo, specialmente nei filmati realizzati per onorarne la memoria, ma  quando saltuariamente vi metto piede, scopro sempre cose nuove.

Questa  volta vi ho trovato una sorta di curriculum  artistico del pittore Giuliano Roggio. Qualche tempo fa, insieme all’amico Gianmario Urgeghe stavamo progettando di fare congiuntamente un lavoro di ricerca su di lui, ma per una serie di motivi la cosa venne accantonata. Avevo anche preso contatto con alcuni familiari dell’artista scomparso nel 1999, ma per trascuratezza soprattutto mia, il progetto non aveva finora preso forma.

Purtroppo, le pagine dattiloscritte che ho trovato non portano firma, per cui non sono in grado di dire se l’autore è lo stesso Petronio. Se qualcuno è in grado di attribuirne la paternità, lo faccia cortesemente sapere.

Colgo l’occasione per ringraziare ancora  la moglie di Petronio, Gavina Demurtas,  la cui estrema gentilezza  e disponibilità permette di farci conoscere il grande lavoro di ricerca compiuto con passione ed estremo impegno dal marito.

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GIULIANO ROGGIO nasce a Sorso (SS) il 6 ottobre 1935. Ha frequentato l’Istituto d’Arte di Sassari, avendo per maestri Stanis Dessì e Filippo Figari.

Trasferitosi a Cagliari nel 1955 per ragioni di lavoro, si è subito inserito nel mondo pittorico formando un gruppo di quattro artisti, i quali hanno esposto le loro opere nella Galleria “Studium” nel 1963. Di lui Ciusa Romagna ha scritto: “Giuliano Roggio è ancora acerbo, per questo si tiene troppo fedele a modelli della passata pittura. Ha le possibilità per poter sviluppare un proprio discorso e i passi senza modelli non dovrebbero essergli difficili” (L’Unione Sarda, 1963).

La lezione di Ciusa Romagna gli è servita, infatti nel 1964, staccatosi dal gruppo dove certe espressioni lo condizionavano, Roggio nella sua prima personale viene così descritto: “Oggi che l’astruso e il cerebrale danno la facile patente di artisti, Roggio ha optato per una strada meno clamorosa ma più efficace e sincera. La sua pittura scorre limpida, ricca di colore e di sentimento. A qualcuno questo non piacerà perché non potrà parlare di artista “à la page”, non potrà trovare in lui l’inventore peregrino, il contestatore strampalato. I più invece scopriranno un artista” (Paolo Pais, Il Tempo).

Nel 1965 continua a dipingere assiduamente senza proporre le proprie opere al pubblico.

Nel 1966 partecipa per invito al concorso di Pittura organizzato dalla Città di La Maddalena, in occasione del Bicentenario della sua fondazione. Hoder Claro Grassi scrive di lui sul Giornale d’Italia: “E’ stato premiato un vero artista che in un futuro prossimo verrà sicuramente riconosciuto come tale”.

Nel 1969 il critico d’Arte del quotidiano Il Tempo scrive di lui: “ Onesto, pulito, già in possesso di una personale cifra stilistica, dove la partecipazione del colore inteso come materia, partecipa al discorso e alla formazione del pensiero tradotto in pittura” (Hoder Claro Grassi). Nello stesso anno espone a Fiuggi e l’anno dopo si reca a Montecarlo e Nizza, sulla Costa Azzurra, dove espone lle proprie opere ottenendo lusinghieri successi.

Rientrato in Sardegna, espone a Porto Cervo.

Nel 1971 partecipa alla 7° Mostra Nazionale di Grafica e Pittura, organizzata dalla città di Iglesias, dove fanno spicco gli artisti già affermati come Saetti, Viani, De Chirico, Brindisi, Corpora, Cesetti, Zigaina.

Nel 1972 conosce il pittore e gallerista Adeodato Ciotti, che stimandolo come artista, instaura con lui una solida amicizia, organizzando per lui una mostra nella propria galleria, a Rieti. La mostra ha avuto un successo clamoroso, infatti Roggio ha venduto tutti i 30 quadri esposti, facendo si che la critica sui quotidiani Il Messaggero e Il Tempo gli attribuisse l’appellativo di Promotore del Neofiguratismo Sardo.

Nel 1973 propone una sua personale a Cagliari alla Galleria degli Artisti. I temi sono dei più attuali, incentrando il proprio discorso sull’ecologia. “In un processo graduale, ma vivacemente puntualizzato, Roggio affronta oggi il tema ecologico, non un’indagine spietata portata all’urlo ed alla protesta, ma la tristezza dinanzi alla miseria di una natura deturpata dall’uomo. Paesaggi illanguiditi dalla presenza di inutili residui della nostra civiltà consumistica” (Paolo Pais)

Nel 1974 viene invitato a presentare le proprie opere in occasione dell’inaugurazione di una nuova filiale della Renault. Di lui il critico de La Nuova Sardegna dice: “I quadri esposti sono sorprendenti per la freschezza e la sintesi che li caratterizzano. I pescatori che tirano le reti a terra,risolti con spatolate sapienti ed efficaci, finiscono di essere figure per diventare veri e propri simboli”.

Il critico d’Arte de L’Unione Sarda in relazione alla stessa mostra, scrive:” I colori sono quelli che altri hanno analizzato: blu e celesti,bianchi e grigi su fondi rossi e marrone, guidati da una lieve spatola, a creare tutto calcinoso e sfuggente. Ma quello che più colpisce e commuove è la presenza dell’uomo, romito contro l’immenso mare in burrasca, con la sua barca “hemingweiana” o in folla con altri (ugualmente chiuso in sé stesso) a lottare contro la natura avversa che attende però l’evento di luce e la bonaccia, non essendo smarrita la memoria del sole”.

Sempre nel 1974 espone alla Galleria degli Artisti e il giornalista della RAI Dino Sanna di lui scrive:”Una tematica nuova almeno per noi, quella dell’avvelenamento dell’ambiente naturale. Era una tappa obbligata per Roggio paesaggista di paesaggi belli. Ora che questi non ci sono quasi più, presenta quelli inquinati. Il problema era trovare un equilibrio fra immondizie e l’attrazione pittorica. E’ riuscito a risolverlo bene ed il discorso è appena agli inizi”.

Nel 1975 espone ad Assemini nelle sale de “Il Grillo”, ritrovo mondano della Cagliari bene. Il Tutto Quotidiano gli dedica ampio spazio con lusinghieri apprezzamenti. Sempre nel 1975, la Renault dopo il successo della precedente mostra, invita ancora l’artista ad una nuova esposizione.

Nel 1976 presso la Galleria d’Arte Moderna “L’Arco”, gli viene organizzata una mostra personale nella sua cittadina d’origine. Sulla rivista “Sardegnavanti” il critico d’arte dice di lui: “ La traduzione in arte di ciò che offre la vita dà alla sua opera una straordinaria forza di comunicazione, di partecipazione. Ma ciò che più conta dell’ultima fatica pittorica di Roggio é lo sforzo dell’artista per dare ad ogni cosa un fondamento esistenziale, in cui il tempo,ovvero le condizioni socio-culturali in cui si muove l’artista appaiono in tutta la loro verità”. Sulla stessa mostra, il critico de La Nuova Sardegna dice:” L’artista è sempre nel centro del quadro e si abbandona trasportato dal flusso delle memoria. Questa sua avvertibile partecipazione irradia sulla tela una pacata luce poetica nel cui giro cromatico si disegnano le figure.

Alla fine del 1976 si trasferisce con la famiglia in provincia di Torino, deluso com’è dall’incomprensione e dalla speculazione che ruota intorno ai pittori. Sospende le sue esposizioni e dipinge solo per se stesso perché ciò è la sua vera ragione di vita. S’impegna politicamente e partecipa vivamente allo sviluppo del piccolo centro in cui abita, Cumiana.  Invitato dal Centro Culturale di Villa Venchi organizza nell’ottobre 1977 una sua personale, nella quale occasione Giulio Da Milano nel quotidiano La Stampa scrisse:” Fornito di grandi capacità artistiche

potuto constatare un’attualità espressiva, ovvero le condizioni socio – culturali in cui l’artista opera”.

Il suo impegno politico lo porta a dipingere presso i locali dell’Arci di Cumiana un Murales, sintesi di una delle tanti stragi naziste nell’ultima guerra. Come tutti gli artisti, ogni tanto si estranea e ricomincia a dipingere solo per se stesso, salvo poche eccezioni in cui invia a diverse manifestazioni le sue opere.

Nel 1982, tornato in Sardegna, si dedica allo studio dei monoliti, elementi nei quali l’artista intuisce il carattere inteso come fierezza e cultura del suo popolo dal quale possiamo dire non si è mai completamente staccato, tanto che in una sua mostra nel 1985, allestita presso il Centro Culturale di Sorso, egli si presenta da solo, spiegando il perché del monolito: “Elemento che popola la costa Nord della nostra isola, s’innalza maestoso e severo, immenso nel giallo assolato delle stoppie. Silenzioso essere di pietra, che canta lamenti accompagnati dal vento. Questi monoliti ho voluto dipingere, immergendomi in tutta la loro silenziosa solennità, cercando di capirne il loro millenario tormento, il lavorio del vento che soffia,il battere cocente del sole ed il martellare della pioggia, che incidendoli ricavano da essi, con sintesi efficace, figure di arcaica bellezza, dando loro un’anima in un corpo mai vissuto”. Nello stesso anno l’Azienda di Soggiorno de La Maddalena lo invita ad esporre nella sua Galleria.

Nel 1986 espone a Cagliari alla Galleria degli Artisti e gli viene dedicato un ampio spazio nella pagina culturale della RAI. Nello stesso anno espone alla Galleria Ars di Sassari, ottenendo ancora lusinghieri successi.

Nel 1988 il Comune di Sorso organizza per lui una mostra con la partecipazione dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione.

Nel 1990 ancora su richiesta del Comune di Sorso  espone presso i locali del Centro Culturale.

Le sue opere si trovano presso collezioni pubbliche e private in Italia, Germania, Svizzera, Usa, Spagna, Venezuela e Svezia.

QUELL’ASSORDANTE PIMPUMPAM NATALIZIO

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di Piero Murineddu

Albero, luci ad intermittenza, stelline, presepi caratteristici e fantasiosi,fiocchetti, candeline, zampone, spumante, panettoni, regalini, cibo abbondante,brindisi, spari, concerti che hai l’imbarazzo della scelta,riunioni di famiglia, tombolate e …pimpumpam allegria, allegria! Nel sentire comune,l’augurio di “Buon Natale” fa riferimento sopratutto a questi elementi. Guai mostrare insoddisfazione personale e ancor peggio depressione. Sarebbe fuori luogo e alquanto sgradito. Il buonumore e i sorrisi, seppur forzati, sono d’obbligo, ed è categorico l’obbligo di entrare nel vortice di spensieratezza,col buonismo d’occasione imposto, seppur il più delle volte irritante.
Ma in tutto questo trambusto, c’è spazio per Colui di cui festeggiamo il Compleanno?E’ difficile che questo evento ripetuto ogni fine dicembre incida nel resto dell’anno. a fatica si pensa che quel “Gesù Bambino” che ci riempie di tenerezza è lo stesso che è stato fatto fuori dai potenti di allora in modo atroce, perchè aveva il coraggio di smascherare i “sepolcri imbiancati”,che condivideva la sorte dei più derelitti,era accogliente verso i peccatori e e le persone emarginate dai benpensanti,che divideva quello che era e che aveva con gli altri,che invitava a non abbassare la testa davanti ai prepotenti,a non rassegnarsi davanti ai soprusi e a lottare in modo nonviolento per il raggiungimento della giustizia,che non prometteva un consolatorio paradiso futuro, ma che ha insistito nel dire che un Regno di Pace e Uguaglianza dobbiamo costruirlo su questa terra, impegnandoci negli anni che son dati a ciascuno di vivere. E noi a cantare al Bambinello la mielosa NINNA NANNA, pretendendo di mettere a tacere le sue grida inespresse che vogliono richiamarci a svegliare le nostre coscienze e a diventare finalmente operatori di VERA GIUSTIZIA, RISPETTOSI DELLA NOSTRA E ALTRUI VITA, RISPETTOSI DELLA NATURA E COSTRUTTORI DI UN MONDO REALMENTE UMANO. Passando in una chiesa e vedendo un presepio dove al posto del solito Bambinello pafutello e sproporzionato, era appoggiato il Vangelo, ho pensato che questa Ricorrenza diventa significativa se c’è la volontà e l’impegno di ciascuno di ripercorrere la Traccia da Lui segnata. Auguri

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Ricordando Adriana e il nostro piacevole stare insieme

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di Giovanna Stella

Ho avuto l’onore di fare un tratto di strada insieme ad Adriana. A causa di una malformazione cardiaca congenita, la sua salute era cagionevole, ma  il suo Cuore era Grande, come grande era la sua voglia di vivere.

I frequenti arrossamenti sul volto svelavano la sua timidezza. Si esprimeva molto più con gli occhi e col sorriso che con le parole la mia amica Adriana.

Percorrendo insieme le ripide strade di Sennori, procedeva lentamente e con fatica, motivo per cui ogni tanto dovevamo fermarci a riposare:

Non vi la batto. Oia…su coro meu.

Queste pause permettevano comunque ad entrambe di gustare meglio la reciproca e sempre piacevole compagnia.

La sua casa al centro del paese, proprio dietro l’ attuale ufficio postale, era un porto a cui approdavano tante persone. Lei accoglieva ed ascoltava tutti.

Spessissimo ridevamo insieme delle cose semplici. Capitava che mi confidasse la difficoltà di capire certe cose, ma la Grandezza e la Bellezza della vita le capiva eccome.

La profondità della fede traspariva dal suo sguardo. Era felice di esistere, e lo diceva anche quando era appesantita dall’affanno, non solo quello fisico.

Aveva particolare destrezza nei lavori a maglia. Quella volta che volevo confezionare un maglione per il mio ragazzo di allora e oggi mio marito – forse nel (vano) tentativo di invogliarlo a migliorare il vestire a cui non dava e continua tuttora a non dare particolare importanza, convinto com’ é sempre stato della necessità di curare l’ aspetto interiore più di quello esteriore – Adriana, dicevo, pazientemente mi diede tutte le indicazioni per fare al meglio il lavoro. Completò lei, facendo le cuciture e le rifiniture con estrema precisione. Un piccolo esempio che indica l’ amore e l’ attenzione alle piccole cose che ha sempre avuto.

Amava i fiori, in modo particolare le rose, dal cui profumo si lasciava inebriare.

La nostra frequentazione nacque all’interno di un gruppo d’impegno ecclesiale. Senza esagerazione posso dire che il nostro stare insieme era una preghiera continua, sia partecipando alla Messa sia nella recita dei Salmi, ma anche nel semplice stare insieme e sostenendoci a vicenda.

Sua mamma era sempre preoccupata per il poco appetito della figlia, per cui, passando a prenderla la domenica mattina, ci preparava una ricca colazione, la qual cosa non mi dispiaceva affatto. La mia presenza ridanciana stimolava Adriana a mangiare più volentieri.

Sempre a proposito della facilità alla risata, ricordo quando il responsabile del movimento di cui facevamo parte la scelse come “diacona”, ovvero referente del gruppo. In pratica colei che doveva aiutare gli altri ad essere fedeli e a crescere più speditamente nella vita comunitaria e nella fede.

E ite chere narrere diacona?”

disse ridendo ma nello stesso momento intimorita da questo strano incarico che le si voleva dare. La risposta la tranquillizzò, perchè doveva semplicemente continuare ad essere sé stessa, sostenendo gli altri in letizia, come del resto ha sempre fatto con tutti nel corso della sua troppo breve vita.

Democrazia partecipata? sarebbe bello e giusto, ma….

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di Piero Murineddu

Una variazione d’uso decisa democraticamente. Sarebbe bello, ma…!

Partecipando a una recente seduta del Consiglio comunale di Sorso, ho trovato conferma di quanto sia difficile che nella testa di coloro che amministrano entri l’idea di chiedere il parere dei cittadini sulle priorità e sulle decisioni che riguardano l’interesse collettivo.

In particolare, penso che le elezioni vinte non possano diventare lo scudo per affermare che qualsiasi decisione presa dalla nuova maggioranza venga accettata supinamente dalla popolazione, solo perchè “inclusa nel programma elettorale”. Così facendo, si presume d’interpretare la volontà popolare, ma non sempre è così.

È fuori da ogni logica pensare che si possa variare la destinazione d’uso di ingenti finanziamenti se si ritiene che un’opera abbia priorità su un’altra?

Come la Casa comune per anziani invece che l’adeguamento di una strada rurale: chi può deciderne la priorità se non chi paga le tasse?

Ecco perchè referendum consultivi e assemblee cittadine farebbero crescere concretamente il livello partecipativo e democratico.

Ma la realizzazione di una democrazia compiuta e partecipata attivamente la vedo lontana! Certo, se non incoraggiata e coinvolta, difficilmente la gente ha voglia di esprimersi.

A maggior ragione c’è bisogno che, chi si è fatto carico di amministrare, si prenda a cuore anche la promozione culturale e democratica degli amministrati con iniziative adeguate. 

Pasqua per chi ancora vuole amare

di Giovanna Stella

Pasqua, quella che

riempie il cuore di gioia

rinvigorisce i piedi stanchi

ascolta nell’ intimo le persone

piange con chi piange

Pasqua nel quotidiano di

Una resurrezione che illumina

Luce in chi è triste

Luce in chi soffre

Luce in chi è solo

Luce in chi ama la compagnia

Pace tra chi cammina insieme

Pace a chi insegue la morte

Pace nei cuori stanchi

Pace nelle mani di chi lavora

Pace nei cuori aridi

Pace e poi ancora Pace

Pasqua è ancora Resurrezione

per quelli che ancora vogliono amare