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Quando la lettura può aiutare l’ ascolto

di Piero Murineddu

Proprio ieri ho recuperato un articolo sfuggitomi su Il Fatto Quotidiano di qualche giorno fa. “Bah – penserà qualcuno – visto il giornale, sarà la solita lagna contro l’ormai ex Cav Pregiudicato (Lui, il “Cribbione” Nazionale! ) e i contraddittori tentati del Governo dei Larghi Inciuci di legittimarsi!”.

Eh no, questa volta si tratta di tutt’altro argomento, giusto per prenderci una piccola pausa festiva dalla quotidiana nausea berlusconiana.

Dalla lettura di questo articolo ho appreso che nella famiglia del famoso scrittore Stephen King, la LETTURA era il passatempo più praticato, e anche durante il pranzo e la cena si leggeva a turno.

Cosa senz’altro particolare e sicuramente meglio del silenzio davanti alla TV durante i pasti italiani. In tutti i membri di questa famiglia, col tempo questa passione si è trasformata in capacità di elaborare il pensiero e la fantasia tramite la scrittura.

Entrambi i genitori e i figli hanno pubblicato dei libri.

Con la memoria son tornato a diversi anni fa, ad una settimana di soggiorno nel Monastero di S.Pietro di Sorres, presso Borutta (SS). Anche qui, durante i pasti consumati in silenzio, un monaco leggeva un testo ad alta voce. E’ certo che il genere era diverso da quelli letti nella famiglia King. Durante il trascorrere della settimana, sempre più coglievo la bellezza e l’importanza di questa insolita usanza di comunicare e di socializzare.

L’ascolto intellettivo dei concetti si faceva tutt’uno con il particolare ascolto del vicino di tavolo che andava oltre le parole, espresso magari attraverso il semplice e attento gesto di passarsi le pietanze.

Nei giorni festivi e in qualche altra circostanza, la normale conversazione prendeva il posto di questo silenzio “diversamente comunicativo”.

Credo sia stato lo stesso S.Benedetto a disporre questa regola. Per contro, oltre che pensare al diffuso disamore odierno per la LETTURA, penso anche alla generalizzata desuetudine di un vero ascolto reciproco. Raramente ci si pone davanti all’altro col rispetto e l’attenzione che merita.

Ci si parla, e a volte, ci si sbraita addosso, volendo imporre se stessi e le proprie ragioni. Tristemente avverto poca vera comunicazione in giro.

La lettura di un buon libro può aiutare a recuperare questa dimensione così importante e se lo si fa insieme ad altri, i frutti nella vita di relazione possono essere anche maggiori, e di esempi di lettura d’insieme ne esistono già in giro.

E’ possibile anche che una maggiore Cultura ci faccia uscir fuori da quest’anestesia mentale in cui ci siamo infangati. Che dire allora….buona lettura a tutti.

A quando il governo della Chiesa Cattolica alle donne?

 

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di Piero Murineddu

Se è vero (com’è vero!) che le donne accanto agli uomini li aiutano ad “umanizzarsi” (in solidarietà, nonviolenza,sensibilità, tenerezza,generosità,attenzione al prossimo…..) e li rendono migliori, figuriamoci se in ambito ecclesiale fossero messe a guidare un immenso popolo per aiutarlo ad essere sempre più fedele al messaggio originario del Vangelo! La base della Chiesa sembra aperta all’ordinazione sacerdotale delle donne, e il dibattito è molto sentito. Per contro, a parte qualche rara eccezione, la chiusura delle gerarchie è pressochè totale. Più attuabile potrebbe essere il diaconato femminile e magari da diaconesse l’accesso al cardinalato non sarebbe un’irragionevole utopia. A me sembra che più che impedimenti teologici per osare su certi argomenti, sia principalmente la consuetudine portata avanti nel tempo che costringe a non rompere con ciò che è stato finora, perpetuando l’aspetto escludente e disumanizzante della fede. Sarebbe un’aggrapparsi agli specchi non riconoscere che il ruolo delle donne all’interno della Chiesa continua ad essere marginale e subordinato alle direttive maschili, non di rado maschiliste. Anche le novità e la simpatia del nuovo Papa, seppur fanno intravedere cambiamenti rilevanti per quanto riguarda l’istituzione stessa del papato, meno “sovrano” e più vicino alla gente, non sembrano far sperare in grosse rivoluzioni, su questo argomento come sulla tradizionale morale insegnata dalla Chiesa Cattolica. Il “chi sono io per giudicare?” pronunciato da Papa Bergoglio fa però sperare nella costruzione di una casa comune dove il dialogo e l’accoglienza prevalgano sull’esclusione e sull’imposizione. Continuo a considerare l’utopia quella forza che alimenta la speranza e aiuta a lavorare per costruire un mondo migliore.

 

Piero Murineddu

 

ELETTORI NAUSEATI

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di Marco Piccolo

I politici hanno meritato il difficile momento che stanno attraversando: il fastidio ormai istintivo degli elettori; la delusione quasi automatica che suscitano parole dette così spesso a casaccio, senza rapporto evidente con le azioni. Hanno meritato anche la diffusa voglia di fare giustizia: la voglia di sorvegliare e punire chi ha amministrato il potere con spudoratezza, credendo di trovarsi non già in servizio, ma in un self service. Ovunque siamo circondati da politici specializzati nello spreco, che spendono senza discernimento la fiducia dell’ elettore. Ovunque assistiamo a un naufragio della politica i cui disastri  sono sotto gli occhi di tutti  e già hanno messo radici dentro ciascuno di noi.

IN POLITICA NON SI PUO’ PASSARE SOPRA I PRINCIPI

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di Francesco Guccini

Credo che la sofferenza di oggi possa insegnare qualcosa alla sinistra: per esempio, che non si vive di sole tattiche, la sinistra non può farlo. Che non si può passar sopra i principi, non sono trattabili. Che con Berlusconi non si fanno riforme né accordi. Che le ambiguità del passato si pagano tutte. Berlusconi, la destra, possono fare quello che vogliono, possono sfondare il muro della decenza e della costituzionalità e restano in piedi lo stesso. Ma se la sinistra non è limpida, unita, sinceramente agganciata a dei principi di igiene politica che tutti riconoscono, allora la sinistra paga e duramente. Non ha alternative all’essere “brava”, sincera, unita, pulita. Aggiungerei generosa. È come se la storia la richiamasse senza sconti al rispetto della sua natura, della sua vocazione. Quel fronte ideale che Grillo si impegna a rivendicare per sé e per la sua formazione esiste già: sta nella base della sinistra.

SEGUIRE IL MESSAGGIO EVANGELICO CON DIVERSA SENSIBILITA’

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                                        Le 99 pecore

(tratto dal sito dell’Arsenale della Pace di Torino)

“Ai miei tempi certe cose non succedevano. Ai miei tempi la sera si poteva uscire in pace…”. Ai miei tempi! Il nostro tempo, l’oggi, è l’unico che possiamo vivere. Il resto sono lamentele o perdite inutili di tempo. Dom Luciano Mendes de Almeida, vescovo brasiliano, uomo di Dio, scomparso di recente, ad un comune amico che gli chiedeva: “Che cosa farà il pastore quando novantanove pecore si saranno smarrite e solo una pecorella, la centesima, resterà fedelmente accanto a lui?”, rispondeva così: “La situazione non è così nuova. Anzi, era la situazione alla venuta di Gesù in questo mondo… Penso che Gesù, davanti alle novantanove smarrite, si sarebbe messo a camminare entrando nelle città e nei paesi, predicando e annunciando il Regno di Dio, ma avrebbe invitato la pecorella, la centesima, rimasta fedele a lasciare il riposo, l’acqua, l’erba e camminare al suo lato, per sentieri ardui, sulle rocce e sulla sabbia delle regioni aride per cercare le novantanove smarrite. Così è nata la Chiesa. È la centesima pecora, piccola, povera, sproporzionatamente incapace, ma chiamata a camminare nella sua fragilità a lato del pastore …”.

 

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                         La centesima pecora

(Beppe Ronco – C.D.B. INFORMA giugno 2013)

Ero la centesima pecora, quella fuggita dall’ovile
Forse un po’ selvatica
Stavo stretta tra le altre, mi mancava l’aria
Il recinto, i cani,il bastone del padrone
erano la mia prigione

Quando me ne andai di notte
lasciando ciuffi di lana
tra le maglie della rete,
c’era la luna piena
ad indicarmi la strada

Seguii i sentieri tra le praterie
evitando il bosco
rifugio del lupo e della volpe,
cercando i ricchi pascoli incontaminati
mai percorsi da greggi e nomadi pastori

Bevvi alla fonte pura, brucai nell’Eden,
riposai all’ombra del ligustro
assaporando il sogno di libertà

“Regina” mi sentii chiamare
Era il pastore che abbandonate le novantanove
era corso da me, la più amata, la più preferita
Mi prese sulle spalle premuroso
e mi condusse al Tempio
Stesa sulla pietra affondò il coltello
offrendo la sua primizia più preziosa

Tossicchiò Dio infastidito dal sacrificale fumo:
“Uomini stolti! Il vero fine della vita,
la libertà, mi viene immolata come olocausto.
La schiavitù del Tempio è il peggiore dei fardelli”

Fu allora che pensò di mandare in terra
Qualcuno che parlasse loro, in modo chiaro,
magari usando semplici parabole

 

I partiti passano, gli elettori restano

 

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di Piero Murineddu

Mi ha colpito la risposta che sul primo “Il Venerdì” di giugno, Michele Serra dà ad un lettore che si chiede da che parte guardava il ministro dell’Interno Maroni, quando i gestori del suo partito prelevavano a piene mani dalla cassa comune.

Serra afferma che i leader e i partiti passano, ma “purtroppo”? rimangono gli elettori. Quel tipo di elettorato che dimentica facilmente e osanna certi personaggi nonostante ne conosca le malefatte, presenti e passate. Spesso sentiamo la necessità di costruire una politica trasparente e realmente al servizio della collettività ,mi chiedo però se ciò sia possibile con questa mentalità che ha messo ormai radici profonde. A chi queste troppe deleghe in bianco? A persone che godono della nostra fiducia? A persone limpide che senza ombra di dubbio perseguono il bene comune? A persone presenti e attente a farsi portavoce delle istanze del popolo? A persone disposte a usare la loro cultura e le loro competenze per innalzare la qualità della vita degli altri? A persone che non mirano ad avere privilegi e disposte a lavorare sodo per costruire una convivenza giusta e pacifica? A persone che non si fanno strada creando intorno a sé clientele, e quindi per garantire a se stessi un posto al sole il più lungamente possibile? Questo groviglio di contraddizioni è ancora più evidente a livello locale, dove gli intrecci relazionali sono più ravvicinati. È necessario allora chiedersi ancora se individualmente e collettivamente siamo elevati culturalmente e se siamo consapevoli del grande potere che potremmo avere, solamente ne avessimo la consapevolezza. In definitiva, come vogliamo continuare a considerare la politica: un’opportunità di crescita comune o una mortificante ricerca personale di un piccolo o grande tornaconto? A ciascuno la scelta.

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Sorso. La Pinetina, un paradiso andato perduto

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di Giovanna Stella

Fino a qualche anno fa, piccolo spazio attrezzato nella vasta area pinetata, dato in gestione ad un privato che con la propria famiglia e con passione e professionalità, l’ha reso accogliente. Un vecchio sogno che Franco è riuscito a realizzare.

Spazio natura con costruzione in legno,spazio dove le famiglie, i bambini, anziani e giovani si ritrovavano insieme, chi per una pizza, chi per ascoltare musica, chi per respirare aria pulita. In una piccola striscia di pineta ci stava un po’ di tutto, compresa una passerella in legno che conduceva al nostro splendido mare. Ci si ritrovava insieme per trascorrere ore liete.

Scaduto il contratto, è stato abbandonato, incendiato, deturpato !
Ora le tende colorate sistemate da Lucia non sventolano più. All’interno del bar buio è desolazione. I topi scorrazzano tranquillamente.I fiori seppelliti per l’incuria lasciano spazio ad una moto carrozzella, cimelio dell’incoscienza di chi ha contribuito a distruggere. Pneumatici di varie grandezze, legni secchi dispersi qua e là. Sporcizia dappertutto. L’attuale stato offende la dignità di coloro che l’hanno costruita.

La visione della piscina è scioccante: acqua torbida giallastra, come la coscienza di chi ama distruggere il bello. Una vecchia poltrona galleggiante sembra presagire un futuro di disperazione. Il vento oggi soffia leggero e le mimose si dondolano maestose, e sembrano annunciare una nuova primavera. Ancora più in là il percorso – vita è quasi agonizzante. Nella parete della ormai struttura fantasma l’immagine di un vecchio saggio ed il volto di un disperato sembrano chiederci: “È possibile ancora sperare?” Un profondo silenzio misto a rabbia irrompe in me.

I resti dei servizi igienici sono paragonabili alla coscienza di chi distrugge. Rimangono muti i fiori tutt’intorno, ma vorrebbero urlare e ribellarsi. Davanti a me tubi secchi, ormai senza vita: quanti spruzzi e quanti schiamazzi mentre i bambini si toglievano il sale dalla pelle! Del ristorante rimangono imponenti pali di ferro arrugginito, simbolo dei principi basilari di una convivenza civile anch’essi arrugginiti dal tempo. Un tavolo apparecchiato di niente mi sorprende, una sedia rotta rossa, una caldaia di un ferro da stiro….

Tutto prende il posto della gente che proprio lì in quel tavolo ha consumato pranzi succulenti ferragostani e di calde giornate estive.Vicino un tavolo azzurro che sembra cerchi tristemente compagnia. Intanto la brezza continua a soffiare. Il rumore delle onde del mare è sempre vivo e fluttuante. La natura intorno, il cielo limpido, i raggi solari filtrano tra i rami, le farfalle tornano festanti e sembrano ricordarci un amore ed una passione antica, una fiducia sfuggente.

Per terra due materassi vecchi abbandonati,  il cartello “Algida” rimasto ricorda i gelati consumati nelle gioiose estati trascorse. Anche un lumacone si muove lento,la natura arriva prima di tutti,si muove lento e riscopre la primavera.

Quanto ancora vogliamo rimanere intorpiditi da un inverno troppo lungo?

Cambiare è e deve essere possibile!  Una strada maestra c’è: la partecipazione di ciascuno, la decisione di costruire per sé e per la comunità. L’idea che insieme possiamo farcela a catapultare questa dura realtà ci può ancora salvare.

Sembra ormai un ricordo di un passato remoto quando con un gruppo di anziane sedevamo a bordo piscina con i piedi immersi per rinfrescarci dalla calura di una giornata estiva; nostalgia dei canti,delle barzellette e aneddoti del loro passato vissuto con sacrificio.Tutto allietava la natura circostante. Natura ora delusa, derisa da chi ama distruggere il bello. Quest’ultima altalena rimasta deve necessariamente “ridondolare”per i nostri sogni, per i nostri figli.

Alziamo il capo e ripartiamo dalle cose semplici. Siamo tutti corresponsabili del “brutto” ma anche del “ bello “. Siamo responsabili dei numerosi gesti di vita ma anche di morte.

È tempo di ricostruire.Oggi più che mai è necessaria una nuova rivoluzione. Dobbiamo volere ed essere il cambiamento che vogliamo vedere!

Camici col cuore

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di Giovanna Stella

In questi giorni per necessità varie mi sono recata presso il Consultorio Familiare di Sorso. Già dal primo piano ho respirato un aria accogliente. Nell’ufficio ticket lavora un equipe di persone che mi da’ l’idea di una piccola comunità. Si respira affetto e rispetto reciproco, la stessa atmosfera la respirano gli utenti che vi accedono.Al secondo piano vi trovo il medico e le infermiere molto disponibili. Il tutto mi sorprende piacevolmente. Arrivo anche per necessità di donna nell’ambito ginecologico ed anche qui professionalità, competenza e disponibilità immediata.
Mi rendo conto che ci sono le persone giuste al posto giusto, in un luogo dove più che mai è richiesta umanità e delicatezza.Che dire poi della psicologa che è ormai diventata un punto di riferimento per molteplici persone, professionista con grande capacità d’ascolto per tutti? Dovrebbe essere scontato lavorare al meglio ed accogliere, ma purtroppo sono esempi ormai rari,oppure si è spesso tentati di mettere in evidenza le situazioni negative.
Io, oggi 25 aprile, voglio sottolineare che che in questo servizio mi sono sentita coccolata e penso che ancora si può sperare in una nuova Festa della Liberazione.

Quella mia particolare “via crucis”

di Piero Murineddu

Come solitamente faccio, prendo il treno delle 6,30 per raggiungere il posto di lavoro presso il “palazzo rosa” dell’ASL 1, a Sassari. Apprendo dello sciopero che in giornata ci sarebbe stato dei mezzi pubblici, cosa che inizia a provocarmi un tantino di apprensione, dal momento che me ne servo gia da parecchio tempo. Nel corso della mattinata, dovendosi recare in città per degli appuntamenti medici, dico a mia moglie di trovare il modo di lasciarmi l’auto in zona, cosa che riesce a fare, approfittando di un passaggio per ritornarsene a casa. Dovendo rimanere sul posto di lavoro anche nel pomeriggio, a fine mattina mi reco a comprare qualcosa per mangiare, pensando di servirmi dell’auto. Dimenticando lo sciopero, la lascio al capolinea “Santa Maria” della metropolitana, servendomi di questa per ritornare indietro e col progetto di riprenderla all’uscita pomeridiana per andare a prendere l’auto che mi avrebbe riportato a casa. Amarissima sorpresa quando a fine lavoro mi ricordo dello sciopero, con la prospettiva di andare a riprendere l’auto, e quelli che sono pratici di Sassari, sanno la distanza che c’è da via Monte Grappa al quartiere del Latte Dolce, in prossimità di Sant’Orsola: chilometri e ancora chilometri. Rassegnato, m’incammino, non prima di aver telefonato ad un caro amico al quale ho dato appuntamento da li a poco: nonostante il desiderio, neanche questa volta ci saremmo potuti vedere. Faccio tappa alla stazione ferroviaria, che fa la prima fermata proprio dove sono diretto. Visto il gruppetto di bigliettai radunati, chiedo se il treno delle 18 era abolito o meno. Alla risposta che ci sarebbe stato, mi rilasso e aspetto pazientemente tre quarti d’ora. Quando vedo il treno arrivare, mi avvicino, scoprendo che non sarebbe ritornato a Sorso a causa dello sciopero. Chiedo se esiste un percorso breve per arrivare a piedi alla mia meta, avendo conferma che l’unico sarebbe quello lungo i binari, ma non essendoci lo spazio per i pedoni, la cosa è vietata. Che fare? Vedo fermo un taxi, ma in tasca mi ritrovo solo qualche spicciolo. Avanti, a piedi verso una meta per niente vicina e con la stanchezza della giornata che mi sento addosso. Da subito, la mancanza di allenamento nel camminare si fa sentire e la maggior parte dei chilometri da percorrere sono ancora tutti davanti. Durante il percorso, oltre la preoccupazione di respirare il meno possibile i gas delle auto, scopro diversi tratti di marciapiede sconnessi e con alberi nel bel mezzo. Penso a quante difficoltà ci sono per chi vorrebbe percorrerli in sedia a rotelle e mi sento solidale con una mamma costretta a spingere la carrozzina col suo bambino facendo innumerevoli slalom. Ad un certo punto, per non subìre completamente la situazione non scelta e tutt’altro che piacevole, decido di mettere gli auricolari e per tutto il resto della camminata, ascolto la voce di David Maria Turoldo, un caro e grande prete deceduto ormai una ventina d’anni fa, con la consapevolezza di una grave malattia che ne ha consumato il fisico ma non fiaccato la mente e lo spirito. Dopo due ore dalla fine del lavoro, raggiungo la sospirata auto, non con un po’ di preoccupazione di trovarla con qualche vetro rotto, considerata la brutta fama della zona. Consolato dal fatto di averla ritrovata integra, mi si sdraio dentro sfinito e completamente sudato, con ancora nelle orecchie la calda e vigorosa voce di David Maria che m’incoraggiava a non lasciarmi abbattere dalle avversità, ma di cercare dentro la forza di andare sempre avanti. E detto da lui……

OCCHI DI BAMBINO

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di Giovanna Stella

 

Stamane mentre compravo il pane in un piccolo negozietto di Sorso, ho incontrato un bambino che con gli occhi semplici e ridenti mi ha augurato ” buona primavera!”. Mi ha lasciato interdetta.Non ho pottuto far altro che sorridere commossa e gioire di quell’istante. Il miracolo racchiuso e sprigionato attraverso il suo sguardo mi ha accompagnato tutto il giorno ed ho cercato anch’io di imitarlo augurando a tutti una nuova e profumata primavera.