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Sull’amaro caffè di Gramellini

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Massimo su Silvia

di Massimo Gramellini

Ha ragione chi pensa, dice o scrive che la giovane cooperante milanese rapita in Kenya da una banda di somali avrebbe potuto soddisfare le sue SMANIE D’ALTRUISMO in qualche mensa nostrana della Caritas, invece di andare a rischiare la pelle in un villaggio sperduto nel cuore della foresta. Ed è vero che la sua SCELTA AVVENTATA rischia di costare ai contribuenti italiani un corposo riscatto.

Ci sono però una cosa che non riesco ad accettare e un’altra che non riesco a comprendere. Non riesco ad accettare gli attacchi feroci a qualcuno che si trova nelle grinfie dei banditi: se tuo figlio è in pericolo di vita, il primo pensiero è di riportarlo a casa, ci sarà tempo dopo per fargli la ramanzina. E non riesco a comprendere che tanta gente possa essersi così indurita da avere dimenticato i propri vent’anni. L’energia pura, ingenua e un po’ folle che a quell’età ti spinge ad abbracciare il mondo intero, a volerlo conoscere e, soprattutto, a ILLUDERTI ANCORA DI POTERLO CAMBIARE. Le delusioni arrivano poi, quando si diventa adulti e si comincia a sbagliare da professionisti, come canta Paolo Conte. Silvia Romano non ruba, non picchia, non spaccia. Non appartiene alla tribù dei lamentosi e tantomeno a quella degli sdraiati. La sua unica colpa è di essere entusiasta e sognatrice. A suo modo, voleva aiutarli a casa loro. Chi in queste ore sul web la chiama «frustrata», «oca giuliva» e «disturbata mentale» non sta insultando lei, ma il fantasma della propria giovinezza”.

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Alcune domande

di Piero Murineddu

No, non sono tra quelli che si uniscono al feroce coro contro il vice direttore del Corrierone milanese. Lo considero degnamente pensante, anche se, a tratti, un tantino ambiguo.

L’ambiguità di Massimo la vedo tra la prima parte e il proseguo del suo scritto.

“Smanie d’altruismo”

L’affermazione la trovo completamente fuori luogo. Pur non conoscendola, non credo che Silvia avesse bisogno di dedicarsi al prossimo per colmare egoisticamente sue eventuali frustrazioni personali, e se ha fatto una scelta, credo l’abbia fatta in piena libertà e nessuno si può arrogare il diritto di giudicare il modo in cui una qualsiasi persona decida d’impostare la sua vita.

“Scelta avventata”

Non riflettuta, credo di capire. Anche qui, Massimo: hai elementi sufficienti per tale affermazione, che ritengo alquanto grave? Conosci Silvia? Hai seguito il percorso che l’ha condotta a fare questa scelta? Sei certo che non fosse consapevole del rischio che correva?

Questi due passaggi son contenuti nella prima parte. Da qui in poi Gramellini cambia tono e atteggiamento, ma un’altra affermazione mi lascia sconcertato:

…illuderti ancora di poterlo cambiare (il mondo)

Anche questa. Mi sembra una tipica affermazione di quel tipo di adulto che ha rititato i remi in barca e, rassegnato, si lascia trasportare dalla corrente, ovunque lo conduca.
Eppure sappiamo, almeno io ne sono convinto, che con l’impegno individuale, il mondo può sempre migliorarsi e probabilmente, evitare il baratro verso cui sembra destinato, dove per “destino” intendo la volontà degli uomini di scannarsi a vicenda. Ma come, vogliamo rubare ai giovani qualsiasi speranza e fiducia in un futuro più giusto e più umano? Se così facessimo, avremmo una responsabilità imperdonabile verso le generazioni che verranno, ammesso che ciò sia ancora possibile.

Massimo, ho letto le tue giustificazioni e i chiarimenti fatti a seguito di quell’amarissimo caffè mattutino. In parte ti capisco, ma

 

non ti permetto di togliere a speranza ai miei figli!

 

Ps
Anch’io mi unisco al grazie a Silvia da parte di Gianni Di Santo che segue

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Grazie a Silvia e alle altre

 

di Gianni Di Santo

Io non mi chiamo Silvia. E non so perché abbia scelto di fare volontariato lontano dal nostro paese. Perché un giorno qualsiasi un ragazzo o una ragazza decidano, all’improvviso, di partire per rotte insicure alla ricerca del volto dell’altro. Forse dovremmo avere anche il coraggio di non giudicarli con troppa fretta questi angeli custodi di terra “altra”.

Però so, sappiamo, che se non avessimo, ogni tanto, davanti ai nostri occhi bendati da conformismo borghese, questi volti dimenticati dalle comodità occidentali, che hanno in sé la cultura del donarsi, questo povero Paese sarebbe già da tanto tempo alla deriva.

Silvia e le altre, Silvia e gli altri, il sorriso e la speranza di chi sta là, in terra straniera, ci provocano ogni giorno, mettono a nudo le nostre tranquillità in nome di un silenzio e nascondimento operoso che nemmeno sogniamo nei nostri territori digitalizzati.

Le mani al posto delle chat. Il cuore al posto del calcolo. Il dono al posto del regalo. L’anima al posto dell’indifferenza. Il loro sorriso ci spiazza. E mai ci consola.

Ecco perché io, noi, a questa Silvia e le tante altre che non conosciamo, vogliamo dire solo grazie.

Ezra che visse vent’anni a Rapallo

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di Piero Murineddu

Certo, Ezra Weston Loomis Pound, nato a Hailey il 30 ottobre 1885 e morto a Venezia il primo novembre 1972, poeta e saggista, ha appoggiato Benitone e aveva simpatie per quell’altro galantuomo rispondente al nome di Adolfino, com’era chiamato dai suoi feroci cani, ma da qui ad essere portabandiera di quegli altri gentiluomini e giovanottoni con la capa rasata e ingiubbottati anche con 40 gradi all’ombra ce ne passa.

Aveva idee sull’economia particolari il buon Ezra, e voleva convincere il suo Benitone da Predacchio che, se applicate, gli italiani non avrebbero pagato più le tasse. Oh caspità oh caspiterina! Ma v’immaginate? Gli italiani non sarebbero stati costretti neanche a versare l’oro per la Patria (scusate, ma qui il maiuscolo è d’obbligo).

Pur non essendo minimamente cagato dal Dux, il buon Ezra ha continuato a credere in Lui, l’Uomo della Provvidenza, aderendo addirittura alla Repubblica Sociale quando era chiaro che ormai il tempo della dittatura – grazieaddio – era finito. Arrestato e imprigionato, ebbe un tracollo psicologico che lo portò a trascorrere tredici anni in manicomio. Ad ogni modo era un uomo di cultura e persone di pregio, quale Pier Paolo Pasolini, non lo abbandonarono nel momento della depressione.

Ma veniamo a quei giovanottoni con bicipiti e tricipiti, borchie e cianfrusaglia varia rigidamente nera, sempre pronti a portare la pasta ai poveracci (italiani) e nel contempo a pestare malamente gl’immigrati che con l’avvento dell’era EmmeEssexpadano hanno rialzato la capa rapata.

Sapevate che la figlia di Ezra è dovuta ricorrere alle vie legali contro l’appropriazione del suo cognome da parte di questo movimentucchio?

Sapevate che dal 2003 occupano abusivamente un palazzone romano dove vi hanno insediato amici e parenti e che, andati i finanzieri per controllare le carte, i gentili giovanottelli li hanno minacciati, dicendo che il tutto poteva finire in un bagno di sangue?

Sapevate che EmmeEsse ex padano e autorità varia romana sanno tutto eppure niente cambia?

Non lo sapevate? Adesso lo sapete.

Certo che quella sbandata per Benitone non la doveva prendere il buon Ezra…..

Aveva aspetti positivi Ezra. Ma cosa fanno quelli di CasaPound? Fanno propri quelli più negativi negativi e diventando quel che sono, che evito di dire perché questo argomento mi ha veramente stancato.

Ma comunque, pax nobiscum&cosìsia

Annuncio elettorale in Sardhigna

di Piero Murineddu
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Cattura
di Alessandro Cipolla
Saranno le elezioni regionali in Sardegna ad aprire il 2019 della politica italiana, con il 2018 che invece si chiuderà con il voto in Trentino Alto Adige e, forse, in Basilicata e Abruzzo ma in questi due casi ancora c’è incertezza sulla data.
In Sardegna invece almeno è sicuro quello che sarà il periodo: le urne si apriranno a inizio febbraio 2019. Vediamo allora chi saranno i candidati a sfidarsi in queste elezioni e cosa dicono i sondaggi in merito al voto.
Anche se ancora non c’è l’ufficialità della data esatta, secondo quanto stabilisce la legge regionale 108 le elezioni regionali in Sardegna dovranno svolgersi tra il 20 gennaio e il 24 febbraio 2019.Anche se manca ancora l’ufficialità , alla fine al data delle elezioni dovrebbe essere domenica 24 febbraio.
La legge elettorale per le elezioni in Sardegna è stata modificata per l’ultima volta nel 2013. Per garantire la governabilità, sarà eletto governatore il candidato più votato: se dovesse ottenere tra il 25% e il 40% dei voti ci sarà un premio di maggioranza del 55% dei seggi, oltre il 40% invece il premio sarà del 60%.
Con meno del 25% invece non scatterà alcun premio di maggioranza. Inoltre la legge elettorale prevede la possibilità di effettuare un voto disgiunto (si può votare per una lista e per un candidato presidente non collegati fra loro), mentre la soglia di sbarramento è del 10% per le coalizioni e del 5% per le liste non coalizzate.
Se ancora non si ha la certezza ufficiale in merito alla data di queste elezioni regionali in Sardegna, la situazione nell’isola è abbastanza simile anche per quanto riguarda gli aspiranti governatori che si andranno a sfidare.
Tra i principali partiti o coalizioni, chi aveva giocato d’anticipo era stato il Movimento 5 Stelle che a inizio agosto tramite il voto online ha ufficializzato il proprio candidato: Mario Puddu, ex sindaco di Assemini. Dopo che però che Puddu è stato condannato a un anno per abuso d’ufficio, l’ex sindaco ha ritirato la sua candidatura con i pentastellati che ora quindi dovranno trovare un altro candidato tramite delle nuove primarie online .
Nel centrosinistra la scelta sarà affidata alle primarie in data 16 dicembre. In pole position sembrerebbe esserci Massimo Zedda, attuale sindaco di Cagliari, ma si parla anche di una possibile nuova candidatura dell’attuale governatore Francesco Pigliaru che, nel novembre 2017, ha comunque dichiarato che non si sarebbe ripresentato per un secondo mandato.
Si stacca dal PD anche Andrea Murgia che sarà il candidato di Autodeterminazione, una sorta polo indipendentista formato da sette movimenti: RossoMori, Irs, Sardigna Natzione, Liberu, Sardegna Possibile, Gentes e Radicales Sardos. Possibile un appoggio esterno anche di Caminera Noa.
Il centrodestra dopo il vertice di Palazzo Grazioli si presenterà compatto. La sintonia ritrovata tra Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, ha portato a una sorta di divisione dei candidati alle regionali con la Sardegna che dovrebbe spettare alla Lega.
Il senatore Christian Solinas, segretario del Partito Sardo d’Azione che alle ultime politiche ha stretto un accordo con la Lega, potrebbe essere un nome spendibile mentre Forza Italia sarebbe più orientato per l’europarlamentare Salvatore Cicu.
A formare la coalizione di centrodestra saranno Lega-Psd’Az, Forza Italia, Fratelli d’Italia, UdC e Riformatori. Non ci sarà invece il Partito dei Sardi, che alle elezioni del 2014 si è presentato con il centrosinistra e che dovrebbe anch’esso scegliere il candidato attraverso delle primarie a fine novembre.

Forza alé, forza alé, forzItalia, forza alé…..peperepepepé

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di Piero Murineddu

Sentite a me (è ai sardi che mi rivolgo, ma potrebbe interessare anche qualche “continentale”), avete comprato La Nuova, o state ancora poltrendo nel letto? Dai, se vi alzate in fretta, fate ancora in tempo a recarvi all’edicola più vicina. Intanto questo articolo ve lo regalo io.
Si tratta del raduno degli zombi forzisti che, ancora convinti di valere qualcosa, tentano si suonare la carica in vista delle imminenti regionali.

“Siamo qui per dirvi che ci siamo”. Ah si? Bene bene bene.
L’organizzatore, tal Cicu Barore, afferma che è disposto “anche” ad allearsi con la Lega (ma guarda…), ma non possiamo far prevalere nessuno in quanto – udite udite- Forza Italia Alè deve poter dare le carte ed essere cabina di regia”.

Capito avete? Cioè, in pratica Barore pensa di essere ancora al tempo di menomalechesilvioc’è, per cui il diritto di dare le carte, le solite carte truccate, spetterebbe al suo movimentopartitoochissàcos’èmaistato.

Queste chiare e inequivocabili parole lo dirà al Tizio nominato nella foto (in realtà vi erano schierati i politicantini forzisti plaudenti, ma per quel che contano, ho preferito sostituirli con quest’altra più eloquente foto).

L’Atteso (no, non Gesù, anche se l’Avvento è alle porte), in questa settimana sarà in Sardegna per i suoi show, sicuramente accolto con canti di allegrezza e rami di palme sventolanti ( più o meno come quel nazareno di duemila anni fa, che qualche giorno dopo è stato fatto fuori nel modo più ignominioso del tempo, appeso ad una croce). Grazieaddio non saranno tutti i sardi ad accoglierlo col sorriso forzato, e la scritta nel muro lo dimostra chiaramente.

Certo, fino a poco tempo fa, il Grande leader, dei sardi e dei meridionali in toto ne diceva di tutti i colori, ma cosa volete: gli italiano hanno memoria corta e buona parte dei sardi ancora i più. Eppoi, il Grande Atteso ufficializzerà il nome del candidato governatore, quell’altro giovanottone, tal Christian Solinas, presunto seguace di Emilio Lussu (pace alla sua eterna incazzatura!) , attuale capo del Psd’az e col culo assicurato tra gli scranni del Senato grazie all’intercessione del Tizio su nominato che dicevo .

A proposito della foto. Gli uomini della Digos stanno dandosi da fare per risalire agli autori. Nel caso ne sappiate qualcosa, fatevi gli affaracci vostri. Buona domenica

Yuri Roberto e la sua continua ricerca di significato

di Piero Murineddu

“Prima di convertirmi al Cristianesimo ero uno che seguiva Kerouac, Hendrix, la beat generation, il mito di Woodstock. Poi è accaduto un fatto concreto nella mia esistenza: l’incontro con Cristo che ha capovolto tutto. L’essere monaco benedettino è una conseguenza della mia scelta: trovare lo spazio adatto per uno stile di vita cristiano”

Con queste parole, Roberto spiega la sua decisione d’intraprendere la strada del monachesimo, inizialmente comunitario, vivendo insieme ad altri monaci per undici anni, per poi decidersi per una vita eremitica alle pendici dell’Etna, riempiendo le sue giornate di lavoro della terra, creazione di icone, musica e preghiera. Durante la leva militare a Udine conosce Franco Battiato, che lo introduce nel mondo della musica. I due, oltre che dall’amicizia, sono stati uniti da una collaborazione artistica. E’ sua “Nomadi”, fatta conoscere dallo stesso Battiato. Tra i tanti esperimenti musicali affrontati, c’è stato un periodo in cui faceva dei concerti accompagnandosi dall’harmonium ed improvvisando con la voce. Durante la vita eremitica, ha inciso un LP con brani della tradizione gregoriana e un “Te Deum” della durata di quindici minuti circa. Ascolto spesso questo brano, specialmente quando sento il bisogno di immergermi in un’atmosfera di preghiera profonda e silenziosa.

Le considerazioni che seguono introducono bene la profondità espressa da questa canzone, il cui testo riporto integralmente subito dopo

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LE ACQUE CHE SCORRONO IN SILENZIO

di Christian Albini

“Le acque che scorrono in silenzio. Questo popolo ha rigettato
le acque di Siloe che scorrono piano” (Isaia 6,8).

Da quando mi è passato sotto gli occhi questo versetto di Isaia, non smetto di pensarci. Siloe era una piscina alimentata dalle acque di una sorgente fuori dalle mura della città vecchia di Gerusalemme.
Sono le acque dove Gesù invia il cieco nato a lavarsi affinché ritrovi la vista (cfr. Giovanni 9,7).
La tradizione cistercense vi vede il simbolo della vita contemplativa, la cui immagine si è impressa in monasteri sorti tra le foreste, sulle rive dei fiumi, tra rocce ravvivate da sorgenti.
Thomas Merton le definisce le acque che il mondo non conosce, perché preferisce l’acqua dell’amarezza e della contraddizione.
Provo il desiderio di ritrovare queste acque che scorrono piano, in silenzio. Spesso, nella nostra interiorità c’è tutt’altro.
E’ l’acqua che ci dà da bere il Signore che diventa in noi una sorgente che zampilla (cfr. Giovanni 4,14). La sorgente è in noi, è quella del divino che è in noi, che comincia a scorrere quando rotola via la pietra dell’ego. Siloe è il nome di un desiderio, di un’attesa.

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LE ACQUE DI SILOE

Quando il mondo ancor non era
che un progetto preesistente
e il mercante d’oriente soltanto un’idea
pure io facevo parte dei tuoi sogni
per essere un tuo messaggero

Ed apparvero le acque sulla terra fertile
ed un falco che volava nelle notti di luna
e dal grembo di una donna pure io
con il codice del tuo sentimento
con la forza nella voce
per parlare di tuo Figlio

Ora tendo le mie mani con un’anfora al mattino
E una ciotola di legno riempio di pane
la ricchezza della luce è la povertà
con un magico di volo ti abbassi
ai confini del mondo e riveli
e riveli tua immagine

Il mio corpo appartiene alla terra
ed il sole che contiene è un tuo riflesso
In un tempo sconosciuto io ritornerò
con un magico volo nei tuoi giardini
e alle acque di Siloe riavrò tutte le cose di una volta

(Pia,sovrana,attraverso le nubi giunge una voce. Tutta la terra custodisco e la vita in silenzio, certo, dolcemente per sempre, priva di vecchiaia, divina esterna)

Diversamente, è pura ipocrisia (il “Padre nostro” di Michele Meschi))

Diversamente, è pura ipocrisia (ma ad essere ipocriti siamo abituati)

di Piero Murineddu

“Può rivolgersi a Dio chiamandolo Padre solo chi s’impegna ad orientare la propria vita al bene dei fratelli”.

E qui la condizione perché siamo noi a considerarlo Padre non c’entra nulla. È Lui che ci considera figli, a prescindere dagli innumerevoli “credi” che ci siamo inventati e che ci dividono, siano essi “religiosi” o laici.

Per un padre la cosa più importante che sta’ al di sopra di tutto l’altro è che i propri figli vivano in pace. La salute, la carriera lavorativa, il farsi strada nella vita, un matrimonio riuscito….. Tutte cose che passano in second’ordine, per quanto valore abbiano.

Ciò che rende felice un genitore è che i figli conservino un rapporto realmente fraterno in ogni circostanza e in qualsiasi strada abbiano intrapreso. È un fatto che sperimentiamo, sia che siamo genitori nella carne, sia che lo siamo nello spirito.

Eppoi ci sono quelle inquietanti parole di Gesù che non dovrebbero lasciarci indifferenti e farci rialzare dal banco “pregatoio” per catapultarci nelle strade dell’altrui sofferenza:

Non chi dice Signore Signore, ma chi fa la volontà....” ecc ecc

 

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di Michele Meschi

Come motiva magistralmente Alberto Maggi, il “Padre Nostro” è il testo più complesso del Nuovo Testamento, oltre che – elemento da non sottovalutare – l’unica preghiera che Gesù ha direttamente insegnato e autorizzato.

Oltre che in Matteo e in Luca, essa compare nella cosiddetta “Dottrina dei dodici apostoli” (Didaché), testo siriaco o egiziano a cavallo tra il primo e il secondo secolo, ovvero contemporaneo ai libri più tardivi del Secondo Testamento.

Ricorda Maggi [si cita direttamente] che il “Pater” non è una pia formula di devozione, “ma la formula di accettazione delle Beatitudini […]. Può rivolgersi a Dio, come Padre, solo chi si impegna a orientare la propria vita al bene dei fratelli. Per questo, fin dai primi tempi della Chiesa, il Pater era parte essenziale della liturgia battesimale: solo al momento del battesimo il catecumeno poteva recitare la preghiera del Signore, quale segno di conversione radicale della sua vita”.

“La preghiera inizia rivolgendosi al Padre che è “nei cieli”. Essere nei cieli o sulla terra è quel che distingue la condizione divina da quella umana. Quest’affermazione si comprende meglio, se inserita in un’epoca nella quale l’imperatore pretendeva di essere considerato di natura divina, e il rifiuto di adorarlo era causa di morte. I cristiani, affermando che nei cieli c’è solo il loro Dio, non riconoscono nessuna autorità, se non quella del loro Padre celeste. Sfidando i detentori del potere, i credenti rivendicano la loro libertà”.

“La prima petizione del Padre nostro riguarda la santificazione del suo nome, che non ha solo l’ovvio significato di rispettarlo, ma esprime l’impegno del credente a far conoscere questo Dio come Padre con il proprio comportamento (“Perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”, Mt 5,16)”.

“La richiesta “venga il tuo regno” non ha il significato di chiedere quel che ancora deve arrivare, perché dal momento in cui una comunità ha accolto le Beatitudini di Gesù, il regno di Dio è già presente (“di essi è il regno dei cieli”, Mt 5,3)”. Si auspica piuttosto che questo regno, ovvero la società alternativa fondata sulle Beatitudini, possa estendersi sempre di più, offrendo così a ogni uomo una proposta di vita piena”.

“Quella che riguarda la volontà divina (“sia fatta la tua volontà”) è per molti la richiesta più difficile, perché si pensa che questa coincida con gli eventi tristi, luttuosi della vita. È infatti allora, quando non ci sono più speranze o alternative, che sospirando rassegnati si dice “sia fatta la tua volontà”.

“In realtà l’evangelista non adopera il verbo “fare”, che indica un’azione umana, bensì “compiere”, espressione dell’agire divino. Non si tratta di fare la volontà di Dio, ma si chiede che il suo disegno d’amore sull’umanità si compia, permettendo a ogni uomo di divenire suo figlio, e ci si impegna attivamente perché questo possa realizzarsi”.

“L’espressione “come in cielo così in terra” non si riferisce solo all’ultima richiesta, quella della volontà, ma ingloba tutte le altre. Cielo e terra indicano il creato: la preghiera di Gesù non è riservata a un solo popolo, ma universale, aperta a tutte le genti”.

Ancora Maggi: “Il versetto più difficile da tradurre è quello del pane, in quanto contiene un termine che non esiste nella lingua greca (“dacci oggi il pane nostro, quello epiousion”) e che è da sempre lo scoglio per ogni traduttore. Dal quarto secolo la traduzione latina, denominata Vulgata, tentò di superare la difficoltà presentata da questo termine sconosciuto, traducendolo in due diverse maniere: “supersubstantialem” in Matteo e “cotidianum” in Luca. Quest’ultimo termine, più facile a pronunciarsi e anche più comprensibile, venne trapiantato dal vangelo di Luca in quello di Matteo per formare la versione liturgica, originando però l’equivoco che la richiesta riguardasse il pane da mangiare ogni giorno, causando lo scandalo di chi, pur pregando, non riceve nulla. Il pane che nutre l’uomo non va richiesto a Dio e non è inviato dal cielo, ma è compito degli uomini produrlo e condividerlo generosamente con chi non ne ha. Questo pane che viene richiesto al Padre è invece la presenza di Gesù, il pane di vita (Gv 6,35), alimento essenziale per la comunità, sia nell’eucaristia sia nella sua Parola”.

“La sola volta in cui nel Pater una petizione viene motivata da una clausola, essa riguarda il condono dei debiti: “come noi li condoniamo ai nostri debitori”. I credenti che hanno accolto le Beatitudini non possono dividersi in creditori e debitori. Il condono concesso dal credente al fratello non è condizione di quello del Padre, ma la sua conseguenza, e permette la realizzazione della volontà di Dio sul suo popolo (“Non vi sia alcun bisognoso in mezzo a voi”, Dt 15,4)”.

“La resistenza a condonare i debiti ha portato poi a spiritualizzare questa richiesta, trasformando i debiti da economici a spirituali, fino a parlare di peccati. Mentre è possibile perdonare le colpe e restare in possesso dei propri averi, la richiesta del Pater esige la rinuncia a questi”.

“Nella Lettera di Giacomo si legge: “Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno al male” (Gc 1,13-14). Purtroppo aver reso la petizione del Pater con “non c’indurre in tentazione” ha da sempre sconcertato i credenti, restii a credere in un Padre che tenta i propri figli. La traduzione CEI del 2008 ha cercato di migliorare l’espressione rendendola con “non abbandonarci alla tentazione”. L’azione di Dio non è quella di indurre l’uomo nella tentazione bensì di liberarlo dalla stessa”.

“Non farci soccombere nella prova”: è questo il significato della richiesta della comunità, che chiede di non cadere in una situazione che non è capace di gestire. Non si tratta delle prove che la vita presenta, ma il singolare “prova” indica un’unica prova, particolarmente temuta, e dalla quale Gesù metterà in guardia i suoi: “Vigilate e pregate per non cadere nella prova” (Mt 26,41). È la prova della cattura di Gesù, alla quale tutti i discepoli soccombono, nonostante le reiterate dichiarazioni di essere pronti a morire con lui”.

La richiesta di non cedere durante la persecuzione “prepara l’ultima petizione, quella di essere liberati dal maligno (non dal “male”)”, in cui quest’ultimo termine acquisisce chiaramente il significato di ciò che rende più refrattari all’azione di Dio, prima fra tutte l’ambizione del potere e della supremazia sugli altri.

“La fedeltà al Padre suscita avversione e persecuzione, ma questa anziché indebolire la comunità la irrobustisce e la rende testimone visibile del suo amore incondizionato per l’umanità”.

Linguaggi Universali

In mezzo a tante diversità, di cui spesso abbiamo timore perché non le conosciamo, ci sono almeno quattro espressioni del sentire umano che ci accomunano:

IL PIANTO
IL SORRISO
LA GIOIA
IL DOLORE

Solo se prendessimo in seria considerazione questo dato di fatto, è possibile che la diffidenza e l’aggressività che in noi riscontriamo nei rapporti con l’altro diminuirebbero di molto, fino a scomparire, rendendoci reciprocamente accoglienti e forse un tantino più felici. Eh si, perché è il modo con cui consideriamo il nostro prossimo e col quale ci rapportiamo che determinano la contentezza o la pesantezza di stare in questo mondo.

Rita Clemente, persona eccelsa originaria della Puglia e che gli eventi della vita l’hanno portata a mettere su casa da tutt’altra parte della penisola, precisamente a Chieri, non distante da Torino. Si esprime ottimamente attraverso la poesia, con temi in prevalenza sociali. Pacifista e antimilitarista convinta, tra le altre cose è impegnata anche a dare il proprio apporto per sostenere le persone in difficoltà.

Persona stimabilissima Rita.
In passato ho messo in musica alcuni suoi testi, cosa che avevo interrotto per mancanza d’ispirazione compositiva. Nell’ultimo periodo mi ero imposto di prenderla quasi per i capelli questa benedetta musa ispiratrice che tardava a farmi visita. Con le belle o con le brutte maniere si è degnata di venire e quello che sentirete nel video è il resoconto dello scambio che abbiamo avuto.

Dopo diversi tentennamenti, mi son deciso a mettermi davanti alla videocamera e premere il play. Pochi accordi di chitarra e le note che escono dall’armonica sono quasi improvvisate. Se rifacessi la registrazione, sicuramente ne uscirebbe fuori qualcosa di diverso. Ma per adesso credo basti così, grato anche perché quel giorno il continuo tossicchiamento mi ha dato un po’ di tregua.

Sulle ruspe “governative”

di Piero Murineddu

Allora, chiariamola bene questa storia delle ruspe sempre in bocca a certi personaggi, secondo me di dubbio valore.

È fin troppo evidente che l’uso che ne vogliono fare costoro è perché la presenza dei ‘luridi zingari” danno fastidio e li si vorrebbe allontanare il più possibile, ancora meglio eliminarli dalla faccia della terra. Beninteso, non danno fastidio solamente a loro, a parte di questi nuovi (s)governanti venuti alla ribalta in questi tempi, ma a molta, mooooolta, moltissima gente, con l’odorato delicato e con la puzza sotto il naso.

Seguite il discorso? Ecco, allora vado avanti.

Una disposizione europea di non molto tempo fa definisce i campi nomadi (nomadi un piffero, in quanto la maggior parte tendono ad essere stanziali) dei veri e propri lager. E di fatto è così. I comuni nel cui territorio sorgono questi villaggetti molto precari sono stati invitati a dare possibilità alle famiglie, perlopiù Rom ma non solo (i Rom sono un’etnia, una sola, degli antichi “camminanti”) di usufruire di alloggi, e non lontano dai centri abitati, ma in mezzo alle altre normali abitazioni, e questo per agevolare l’integrazione.

Integrazione, avete letto bene. Difficoltosa sicuramente, e non solo per resistenza degli “zingari” ( lo scrivo senza la minima intenzione di offendere qualcuno), ma molto spesso per rifiuto dei civili ed educatissimi residenti. Difficoltosa ma non impossibile, se la si vuole e se ci decidiamo a diventare finalmente un Paese civile. Nei fatti, non nelle parole.

Molti comuni hanno o stanno ottemperando a tale disposizione, con finanziamenti europei e col sostegno delle Diocesi, altri fanno finta di non conoscere tale pronunciamento arrivato da figure che hanno autorità nell’intera Europa.

Posso andare avanti? Si? Bene.

Va bene che questi attuali timonieri italici dell’Europa se ne strafottono, salvo ricorrervi quando fa loro comodo, ma fino a prova contraria, dell’Europa facciamo parte. Ci siamo stancati, non è conveniente, non si prendono le loro responsabilità per quanto riguarda l’accoglienza dei migranti? Tutto quello che volete, ma per adesso siamo un Paese Europeo. Facciamo un bel referendum Europa si Europa no, e nel caso che si decida per il no, legiferiamo come meglio ci aggrada. Certo, quella di eliminare i lager non è una vera e propria legge, ma comunque…..

In ogni caso, dove dovrebbero vivere gli “zingari”, molti dei quali sono italianissimi?
Badate bene. I primi a voler abbandonare i campi sono loro.

Torniamo alla nuova responsabile della Commissione “diritti umani”. Avete letto l’articolo? Ancora no? Ecco, leggetelo da bravi, e poi ritornate voi alla nuova responsabile della Commissione “diritti umani”.

La nuova presidente della Commissione Diritti Umani è una senatrice leghista che sostiene “le ruspe nei campi rom”

https://www.tpi.it/2018/11/14/presidente-commissione-diritti-umani-lega-ruspe-rom/

 

Sulla prossima “beatificazione” di Edvice Carboni e dintorni

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di Piero Murineddu

Edvige Carboni nacque a Pozzomaggiore, un paesino in provincia di Sassari, fra il 2 e il 3 maggio del 1880 da Giovanni Battista Carboni e Maria Domenica Pinna. Secondogenita di quattro fratelli, la sua vita fu impreziosita da eventi “straordinari”, quali apparizioni mistiche, bilocazioni, contatti coi defunti, stigmate ed esorcismi.

La famiglia si trasferì nel Lazio per seguire una della figlie che lì aveva ottenuto l’insegnamento scolastico. Durante la seconda guerra mondiale Edvige soccorreva poveri, prigionieri politici, ammalati. Morì a Roma il 17 febbraio del 1952.

Nel 2019 sarà dichiarata beata, e in un passo successivo ufficialmente santa.

Questa la sua brevissima biografia. A me certi aspetti mi lasciano completamente indifferente, quali apparizioni mistiche, bilocazioni e via dicendo. Se poi, in un particolare contatto, avrebbe assicurato addirittura Benito Mussolini di stare tranquillo perché la sua permanenza nel purgatorio sarebbe durata solo sei anni per poi raggiungere definitivamente la beatitudine eterna dopo aver “espiato” non si sa come né dove la sua “pena” per le discolatte che ha combinato su queste terra, beh, allora proprio i cosiddetti iniziano a gonfiarsi progressivamente.

Ma possibile che la maggior confessione cristiana qual’è il Cattolicesimo debba continuare con questa strana prassi per poter affermare con certezza “provata” che il Dio che ci ha fatto conoscere Gesù Cristo abbia bisogno di queste stravaganze umane per poter accogliere tra le sue braccia amorose i suoi figli e le sue figlie, compresi/e coloro con sesso non ben definito? Almeno un miracolo doc, virtù straordinarie, cause e causette con avvocati del diavolo e compagnia giudicante?

Senza contare subito il titolone del giornale locale: “La Sardegna terra di santi”. “Santi” perché pazienti e mansueti, quello si, abituati a subire le tante angherie che hanno subito da tempi remoti fino alle biforcute baggianate degli attuali politici, specialmente di quelli che tentano di rifarsi una verginità con la speranza di continuare ad occupare indegnamente le preziose poltrone del comando. La “santità” intesa da Gesù è quella di non far dormire sonni tranquilli ai potenti di turno, spesso ingannatori di gente credulona, altro che abbassare la testa e pensare esclusivamente alla vita ultraterrena.

Per tornare ad Edvige, apprezzo il suo sforzo di soccorrere chi aveva bisogno d’aiuto, e lei credo lo abbia fatto con tutto l’amore e la delicatezza possibile. Tutto il resto non mi riguarda.

Naturalmente intelligenti

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Domanda
Mio nipote di tre anni piange quando vede il vicino, che è nero. E se i bambini fossero istintivamente razzisti? (Carlo)

Risposta
Vivevamo nel Regno Unito da qualche mese quando mia figlia, di ritorno da scuola, mi ha chiesto di parlarmi in privato: “Papà, è razzista dire che qualcuno è indiano?”.

Sono rimasto sorpreso: “Direi di no, forse se si tratta di nativi americani”. “No, no”, mi ha interrotto lei, “proprio indiani. Perché oggi l’ho detto a una bambina che viene dall’India e lei mi ha dato della razzista”.

Continuavo a non capire e le ho chiesto di spiegarmi meglio: “A ricreazione stavamo giocando a nascondino e a un certo punto io ho gridato: ‘Presto, prendete l’indiana!’. E lei si è offesa”.

Ora era tutto chiaro. Le ho spiegato che il problema non era la parola “indiana”, ma usare la nazionalità o l’etnia di una persona per definirla: “Se ti chiedono se sei italiana non c’è nulla di male, ma se ti chiamano ‘l’italiana’ invece che con il tuo nome non è gentile”.

Non è importante sapere se i bambini siano istintivamente razzisti: quello che conta è che i bambini sono naturalmente intelligenti e basta davvero poco per fargli capire concetti fondamentali.

Me ne sono accorto nei giorni scorsi quando mia figlia, parlando della nuova scuola che frequenta da quando siamo rientrati in Italia, mi ha parlato di una certa Sidney: “È italiana?”,le ho chiesto. “Sì, è italiana di origini indiane”, mi ha risposto lei, dimostrando di aver raggiunto una consapevolezza che ancora sfugge a molti adulti, politici compresi.
(Claudio Rossi Marcelli)

daddy@internazionale.it