Vendita di macchine di morte: avanti così….senza vergogna !

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di 7Maurizio Vecchio

La commessa per la vendita di armi all’Egitto di cui si parla in queste settimane è la più grande
ottenuta dall’Italia dalla fine della seconda guerra mondiale, in grado di ribaltare gli equilibri delle
forze militari in Medio Oriente in un momento di particolare tensione tra potenze internazionali e
regionali (come afferma il sito di approfondimento arabo indipendente Noon post). E non è una
novità.

Lo dimostrano i dati. Il Paese destinatario del maggior numero di licenze italiane per forniture di
armi è proprio l’Egitto con 871,7 milioni di euro (derivanti in particolare dalla fornitura di 32
elicotteri prodotti da Leonardo spa) seguito dal Turkmenistan con 446,1 milioni (nel 2018 non era
stato destinatario di alcuna licenza). Al terzo posto si colloca il Regno Unito con 419,1 milioni
complessivi. Fra le prime dieci destinazioni delle autorizzazioni all’export di armi italiane nel 2019 ci
sono quattro Paesi Nato (due dei quali anche nella Ue) insieme a due dell’Africa Settentrionale
(l’Algeria oltre all’Egitto), due asiatici (Corea del Sud insieme al già citato Turkmenistan) e infine
Australia e Brasile. Complessivamente il 62,7% delle autorizzazioni per licenze all’export ha come
destinazione Paesi fuori dalla Ue e dalla Nato. Per quanto riguarda le imprese, ai vertici della
classifica delle autorizzazioni ricevute troviamo Leonardo spa con il 58% seguita da Elettronica spa
(5,5%), Calzoni srl (4,3%), Orizzonte Sistemi Navali (4,2%) e Iveco Defence Vehicles (4,1%). Le
importazioni totali registrate sono state di 214 milioni di euro, per il 68% con origine negli Usa e per. il 14% provenienti da Israele (va notato che in queste cifre non compaiono gli import da Ue e area
economica europea non più soggetti a controlli dell’Unità per le autorizzazioni dei materiali di
armamento).

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È in questo contesto che si colloca l’attuale commessa della vergogna, che ha una storia in
crescendo. Nei primi giorni di febbraio, infatti, le agenzie di stampa economiche hanno annunciato
la richiesta egiziana a cinque banche italiane di un prestito agevolato per un valore di 45 milioni di
euro destinato a coprire l’acquisto di due fregate Frame Bergamini e di una serie di velivoli da
addestramento avanzato e da combattimento leggero realizzati dalla società Leonardo. L’8 giugno, poi, l’Ansa ha comunicato il via libera del Governo italiano per la vendita all’Egitto di due fregate multiruolo Fremm (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi), originariamente realizzate per la
Marina Italiana e che, pertanto, dovranno essere rimpiazzate

A ciò si aggiungono altre 4 navi e 20 pattugliatori (che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani), 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. Un contratto che confermerebbe l’Egitto come il principale acquirente di sistemi militari italiani per un complessivo valore stimato tra i 9 e gli 11 miliardi di euro

Eppure in seguito al massacro di Rab’a del 2013, nel quale le forze di sicurezza egiziane hanno
ucciso almeno 1.150 dimostranti, i ministri degli esteri dell’Unione europea si sono impegnati a «sospendere le licenze di esportazione verso l’Egitto di attrezzature che potrebbero essere usate a fini di repressione interna» e a «rivedere la loro assistenza nel settore della sicurezza con l’Egitto».
Da allora, peraltro, almeno 12 Stati membri dell’Ue, Italia inclusa, hanno contraddetto quell’impegno, nonostante non sia stata fatta giustizia per quel massacro e la repressione si sia intensificata da quando al-Sisi guida il Paese.

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Massacro_di_piazza_Rabi’a_al-‘Adawiyya

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Alcune organizzazioni per i diritti umani hanno documentato l’uso di equipaggiamento militare o di sicurezza fornito da Paesi europei per commettere abusi nei confronti di manifestanti pacifici, anche durante la violenta repressione delle proteste di massa del settembre 2019, nonché nel corso di operazioni militari nel Sinai del Nord, durante le quali l’esercito egiziano ha commesso crimini di guerra

Lo scorso febbraio, sette organizzazioni per i diritti umani, inclusa Human Rights Watch, hanno
chiesto all’Ue di adottare misure concrete – tra le quali il rispetto dell’impegno preso nel 2013 –
come risposta alla crisi dei diritti umani in Egitto, associandosi alla richiesta di un «riesame
profondo e completo» delle relazioni dell’Ue col Paese formulata dal Parlamento europeo nel
novembre 2019.

Al contrario l’Italia si è accreditata un ruolo di capofila in un sostanziale allineamento con gli altri
Paesi dell’Unione che, almeno nei fatti, dimostrano di essere indifferenti alle conseguenze della
commessa. E il silenzio vale molto più di ogni parola.

Nonostante la drammaticità della situazione, le voci che, all’interno della maggioranza del nostro
Paese, hanno espresso una timida contrarietà sono state assai flebili e, singolarmente, irrilevanti. Il
Governo è giunto a sostenere che le commesse non influenzeranno l’impegno dell’esecutivo e del
Parlamento sull’affaire Regeni, affermando addirittura che proprio le intese militari potrebbero
favorire gli obiettivi di collaborazione con le autorità egiziane. Peccato che secondo il quotidiano indipendente Al Khalij al Jadid «il Cairo sta cercando di placare Roma sulla questione Regeni con un accordo di alto livello». Il giornale ricorda che, dopo la morte del ricercatore, le licenze per l’esportazione militare dall’Italia al regime di Abdel Fattah al Sisi sono passate dai 7,1 milioni di euro del 2016 a 7,4 nel 2017 fino a raggiungere 69 milioni di euro nel 2018. «Questo numero supera di gran lunga gli acquisti totali di armi nel periodo tra il 2013 e il 2017, secondo un documento rilasciato dal ministero degli esteri italiano», commenta ancora il quotidiano.

La realizzazione delle commesse (quelle già concluse e quella in itinere) non può essere
riduttivamente confinata nell’alveo delle “scelte politiche” che competono, secondo i principi della
Costituzione, al potere esecutivo. C’è, infatti, in tali scelte un vulnus alla nostra Carta molto più
profondo di quanto possa apparire.

Al potere esecutivo competono certo gli atti politici e le commesse militari – quale espressione di
politica estera e di difesa – sono espressione di esercizio di tale potere in conformità alla nostra
Carta Costituzionale. Nondimeno l’atto politico – seppur caratterizzato da larga discrezionalità – ha
dei limiti precisi e disegnati dal Potere legislativo che ne costituiscono contraltare e contrappeso.
Orbene, in materia di autorizzazione alla vendita di armi l’atto politico del potere esecutivo è
vincolato da una rigida normativa, interna e internazionale, che trova fondamento nei precetti degli articoli 10 e 11 della Costituzione. In questo quadro la legge n. 185 del 1990 non lascia spazio ad alcuna speculazione giuridica:

a) non si può commerciare in armi con governi responsabili di gravi violazioni delle convenzioni
internazionali in materia di diritti umani;
b) non si può commerciare in armi con Paesi la cui politica contrasti con i princìpi dell’articolo 11. della Costituzione;

c) non si può commerciare in armi con Paesi in conflitto armato, che pure rispettino i diritti umani,
se ciò non avviene attraverso il parere delle Camere.

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Si tratta di princìpi ulteriormente rafforzati dalla legge 4 ottobre 2013, n. 118 di ratifica ed
esecuzione del Trattato sul commercio delle armi, adottato a New York dall’Assemblea generale
delle Nazioni Unite il 2 aprile 2013.
Nel caso specifico il potere esecutivo ha quindi agito riuscendo, in un sol colpo, a violare l’intera
normativa interna e internazionale vigente.
Ma il concetto di violazione – nel suo significato giuridico – non esprime appieno il vulnus realizzato.
È, infatti, riduttivo e parziale (oltre che ontologicamente errato) qualificare come semplice
violazione di legge l’atto politico dell’esecutivo che si pone in contrasto con la legge e la Costituzione. Nel caso specifico l’atto politico (e stiamo discutendo di un atto strategico e fondamentale per la posizione internazionale del nostro Paese) elude, infatti, i contrappesi che il nostro sistema costituzionale e istituzionale prevede nell’ambito della legittima autonomia di ciascuno dei tre poteri.
Le commesse della vergogna non violano solo la legge, ma «elidono, escludono e ignorano» il
contrappeso, agendo come se esso non esistesse. La violazione determina un mutamento dell’assetto
istituzionale: con esse viene, di fatto, abrogata la legge che ne disciplina i presupposti. Si tratta di un
effetto gravissimo poiché il potere di intervenire sulla legge, anche abrogandola, appartiene
esclusivamente al Parlamento.

Ciò dovrebbe aprire un dibattito (*) capace di coinvolgere tutte le formazioni politiche e le reti che si sono già mobilitate sul versante politico. È indispensabile individuare una reazione di natura
giudiziaria, atteso che l’atto politico mette in gioco non solo scelte politiche ma il “modo” attraverso
il quale quel risultato – politicamente inaccettabile – è stato raggiunto. Non può ammettersi che
proprio quel “modo” – in spregio alla Costituzione e alla separazione dei poteri – possa ritenersi
esente da responsabilità, conseguenze e “sindacato” giurisdizionale. C’è in gioco l’assetto
costituzionale prima ancora che singoli princìpi della Costituzione.

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Aprire un dibattito tra le forze politiche?

Ma figuriamoci! Destra, “sinistra”, centro, su&giù…tutti d’accordo che su certi argomenti non c’é cosa migliore che TACERE. In tempi poi di pandemia e conseguente sconquasso economico, urge riempire le Casse e ogni modo é lecito, anche calpestare i dettami della Costutuzione e permettere che quelle costosiiiiiisime macchine da guerra provochino vittime, lutti e distruzione a non finire. A casa d’altri, naturalmente. Avanti così, ma lontano dalle nostre orecchie a cui non arriverá l’indicibile Urlo di dolore. A meno che i Rumori non si avvicinino troppo, la qual cosa, giorno dopo giorno, é sempre più che una semplice ipotesi. E sia chiaro: sará difficile poter dire che potevamo pensarci prima.(Piero M.)

Vendita di macchine di morte: avanti così….senza vergogna !ultima modifica: 2020-08-12T04:39:34+02:00da piero-murineddu
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