A quando la presidenza dell’Eucaristia da parte di una donna?

di Luigi Sandri

Un vescovo tedesco propone che si ridiscuta sulla possibilità dell’ordinazione sacerdotale delle donne, pur negata dai papi Wojtyla e Bergoglio; una donna si autocandida alla guida della diocesi di Lione; Comunità di base ritengono anti-evangelico proibire alle donne di presiedere la Cena del Signore. Che fare?

 Come fiocchi di neve che, isolati, non contano nulla, ma unendosi possono formare una valanga travolgente, allo stesso modo domande ed esperienze legate alla “questione-donna” – eterogenee ma infine compatte per sfidare lo status quo patriarcale e maschilista – stanno investendo la Chiesa cattolica romana ponendole interrogativi radicali per avviare un cambiamento di paradigma ecclesiale, istituzionale e pastorale.

Aperto in dicembre 2019, il Sinodo tedesco di fatto ha iniziato i suoi lavori a gennaio, riprenderanno in autunno. Esso, composto da rappresentanti del clero e del laicato, ha all’ordine del giorno anche l’ipotesi di ammettere donne al diaconato e, qualcuno spera, pure al presbiterato.

In marzo la Conferenza episcopale tedesca (DBK) ha eletto come suo nuovo presidente il vescovo di Limburgo, monsignor Georg Bätzing (classe 1961), che sostituisce l’arcivescovo di Monaco, cardinale Reinhard Marx (1953), anima “progressista” della DBK. Ora, il neo-eletto, interrogato a fine maggio sulle prospettive del dibattito in atto, ha accennato all’ordinazione sacerdotale delle donne. Seppure i severissimi “no”, in proposito, proclamati da Giovanni Paolo II, e nella sostanza ribaditi, pur soavemente, da Francesco, sembrano aver chiuso la questione, “ciò non significa – ha detto il prelato – che non se ne possa nemmeno parlare. La richiesta è li, nel bel mezzo della Chiesa». Per capire l’audacia di tali parole, sarà bene ricordare che nella lettera apostolica Ordinatio saceridotalis (1994) Wojtyla proclamava che, per difendere “la divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa.”

Come mai Bätzing candidamente relativizza questo magistero? Perché non solo in Germania, ma in tutta la Mitteleuropa, nel Nordamerica e anche nel Sud del mondo, vi sono molti gruppi che vanno nel senso pur stroncato dal papa polacco; e altri che, rifiutando il “sacerdozio”, prospettano una Chiesa ove tutti i ministeri siano aperti a uomini e donne. Incrociando oggettivamente il programma dell’Assemblea tedesca, l8 aprile il papa ha istituto una nuova commissione (la precedente aveva fallito il compitol) per accertare “se” e “quale” ordinazione ricevessero le diacone nell’antichità. Il Sinodo di ottobre sull’Amazzonia Gli aveva espressamente chiesto che nella commissione ci fossero anche “amazzoniche”. Proposta ignorata.

Il 6 marzo il papa ha accettato le dimissioni del cardinale Philippe Barbarin da arcivescovo di Lione- impigliato, seppure infine non condannato per aver “tollerato” un prete pedofilo. In tale contesto, a fine maggio è accaduto un evento mai verificatosi nella storia della Chiesa: una donna si è autocandidata per guidare la diocesi francese. Anne Soupa, 73 anni, ha spiegato: “Da 35 anni sono sul terreno, come studiosa della Bibbia, teologa, giornalista, scrittrice. Tutto questo mi permette di considerarmi capace di candidarmi al ruolo di vescovo, tutto mi legittima. Ma tutto me lo vieta”. E poi: “Da sette anni, nella Chiesa nulla si è mosso. Papa Francesco ha eluso due richieste fondamentali: quella dell’accesso delle donne a responsabilità reali, e quella della distinzione fra gestione e ministeri per ordinazione… La Chiesa di Francia non può continuare ad essere governata da metà dell’umanità.”

Una provocazione? Forse, ma essa rende stridente, nel XXI secolo, il rifiuto di ammettere le donne, in quanto donne, a quelle cariche; del resto, ha commentato il teologo spagnolo Juan José Tamayo, nella Chiesa antica vi sono fatti che demoliscono le basi del “no” vaticano.

La pace nel mondo non può fare a meno delle scuse alle donne da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Cosi si intitola una lettera aperta – resa nota a Pentecoste – le cui prime firmatarie sono Paola Cavallari, dell’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne; Carla Galetto e Doranna Lupi, ambedue dei gruppi donne Comunità di Base; Paola Morini, dell’Oivd. L’appello finora – primi di agosto – ha ottenuto 478 firme. Direttamente, la lettera è rivolta al presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Gualtiero Bassetti.

Sempre sul tema Chiesa-donna, da leggere è il documento della Comunità cristiana di base di san Paolo in Roma. Tali esemplificazioni, più quelle di Bätzing e Soupa, non esauriscono il “sentire” della Chiesa romana; ad esse se ne potrebbero aggiungere centinaia, tutte convergenti nel dire che essa, così come è strutturata, patriarcale e maschilista, non va. Certo, lo status quo ha dalla sua pile di dichiarazioni di Concili, papi, teologi e santi; ma ha l’Evangelo?

Tutti questi interventi fanno riferimento ad un ampia bibliografia. Qui vogliamo ricordare “Non sono la costola di nessuno”. Letture sul peccato di Eva. Il libro – a cura della Cavallari – oltre ad un’introduzione di questa, e una prefazione di Lilia Sebastiani, riporta saggi di Giancarlo Anderlini, Carlo Bolpin, Lidia Maggi, Paolo Ricca, Brunetto Salvarani e Letizia Tomassone. Un ventaglio ben assortito che esamina, dal punto di vista biblico e storico, il “caso” di Eva, con riflessioni non scontate e prospettive intriganti che illuminano anche il rapporto Donna-Chiesa cattolica e rendono più acute le domande per l’oggi.

Che fare, dunque? Quello che il pontificato in atto non ha osato: sollecitare i fratelli vescovi ad affrontare le citate problematiche nelle rispettive diocesi, per poi convocarli a Roma – o altrove – per gli “stati generali” della Chiesa cattolica, ouverture di un inedito Concilio di “padri” e di “madri” (nubili e sposate, si intende) che affronti la domanda-chiave: “In fedeltà al Vangelo, Maddalena e le altre possono, come gli uomini, celebrare e presiedere la Cena del Signore?” Una certa parte farà muro con un NO granitico; ma, siamo convinti, prevarrà largamente il SI

Il mio parere

di Piero Murineddu

Certo che é impressionante quel no “definitivo” da parte del papa polacco alla possibilitá che le donne possano accedere al sacerdozio ordinato, e questo considerando anche che la Chiesa, nonostante l’apparente staticitá ultra secolare, é una realtá in continuo movimento, o almeno così voglio credere se non si vuole tradire la Sempre Novitá della Proposta Evangelica.

Quindi Luigi, insieme alla sua comunitá romana di cui sotto riporto l’intera introduzione al nuovo volume sull’argomento ” sacerdozio femminile”, immagina e spera in un prossimo Concilio “di padri e madri”, in rappresentanza effettiva dell’intero popolo di Dio, in cui si dice certo che la Questione verrá finalmente risolta a favore dei si.

Ottimista l’amico giornalista, sopratutto in questi tempi di Conservazione a muso duro, se non addirittura di generalizzato dietrofront, a partire da quell’ultimo Concilio voluto da Angelo Roncalli e mai di fatto portato a compimento.

Per tanto tempo si é insistito nel voler tenere separate la “religione” dalla politica, e ancora oggi non é raro sentire un qualunque prete sottolineare imperterrito che lui si deve occupare “solo” di cose spirituali, specie, dico io, se difficilmente lo si sentirá esprimere un’opinione sull’andamento del mondo che non sia strettamente legato al premio del paradiso per i buoni e sfoderare la minaccia della Punizione Divina per chi la domenica non si presenta all’ora stabilita in chiesa per sopportare passivamente la sua noiosa eloquenza.

Mi chiedo tuttavia se siffatti preti e frati si rendano conto che così facendo dimostrano, al contrario di quanto affermano, che non sono affatto coerenti al Messaggio che dice di agire come lievito nella pasta per…..

Preti, frati e naturalmente laici a non finire, tutti attrezzati degli strumenti più adatti per edificare muri di “politica”, quella che impedisce però la promozione e realizzazione delle piena umanitá di tutti.

Lascio spazio alla riflessione fatta in occasione dell’ultima Pentecoste dagli amici e amiche di quel Giovanni Franzoni che fu costretto a dimettersi da abate per le sue idee di apertura al mondo, la cui evoluzione il potere clericale ha spesso voluto impedire.

In fondo alla pagina c’é possibilitá di scaricare in PDF l’intera introduzione

Il nostro pensiero sul sacerdozio femminile

 

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Cercando di vivere in modo consapevole la nostra esperienza cristiana, è stato “inevitabile” imbatterci anche sul significato dell’Eucarestia, su “chi” può presiederla, e dunque sul problema dei ministeri.

Spinti non solo da eventi contingenti che toccavano la possibilità stessa di esistenza della nostra Cdb, ma anche incoraggiati da alcuni imput del Concilio Vaticano II e confortati dagli studi e dalle conclusioni di valentissimi e valentissime competenti dell’esegesi biblica e della teologia, in proposito siamo arrivati a capire che, storicamente e biblicamente, non sono più difendibili la dottrina e la prassi cattoliche ufficiali che escludono le donne, in linea di principio, dalla possibilità di celebrare e presiedere la Cena del Signore.

Eppure… è un dato di fatto che quasi tutte le Chiese, per secoli e secoli, hanno dimenticato il mandato di Gesù a Maria di Magdala (Migdal, in ebraico: villaggio sulle rive del lago di Tiberiade, non lontano da Cafarnao); e, perciò, hanno compiuto una ingiustizia che ha pesato moltissimo non solo sulle donne, ma sull’intera Chiesa – per quanto di ciò a lungo nesciente – , costruita appunto e pensata come maschilista e patriarcale.

In merito, affronteremo in particolare la teoria e prassi della Chiesa cattolica romana che, stando così le cose, è “impossibilitata” ad uscire dalla torre teologica e dogmatica in cui si è rinserrata, a meno che, con un soprassalto di coraggio e di sapienza, non decida finalmente di calare il ponte levatoio che la rinchiude e la difende, per aprirsi alle novità che lo Spirito ispira.

Descriveremo questa torre dalle mura altissime, che non riguardano solo il passato: anche vicende ecclesiali recenti, infatti, lo confermano. A Roma, nell’ottobre 2019, un Sinodo dei vescovi dedicato all’Amazzonia aveva dimostrato una certa audacia perché – partendo dal fatto che, laggiù, comunità ecclesiali disperse nella foresta profonda vedono il prete celibe solamente una volta ogni uno o due anni – aveva dato al papa questo consiglio: «Proponiamo che l’autorità competente stabilisca criteri e disposizioni, nel quadro del n. 26 della Lumen gentium (costituzione del Vaticano II sulla Chiesa), per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo aver una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana mediante la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica».

Un testo – rileviamo – teologicamente e sintatticamente travagliato, segno della difficoltà di tener conto di punti di vista assai articolati perché siano ammessi al presbiterato, seppure in presenza di molte condizioni restrittive, diaconi già sposati (viri probati, di fatto). Invece, a proposito delle donne, pur lodando tantissimo il loro decisivo apporto alla vita di quelle comunità, il Sinodo non aveva osato chiedere neanche il diaconato.

Comunque, dopo tante attese, è arrivata l’Esortazione post-sinodale Querida Amazonia di Francesco, datata 2 febbraio 2020 e pubblicata dieci giorni dopo.
Siamo totalmente d’accordo con tale documento quando, con piena solidarietà e grande tenerezza, si schiera al fianco dei popoli originari dell’Amazzonia, affinché il loro ecosistema sia garantito, i loro territori custoditi, i loro fiumi mantenuti potabili: insomma a difesa del loro diritto di vivere in dignità, protetti dalle mani di rapina che vorrebbero saccheggiare quelle terre a spese di chi le abita da millenni.

L’Esortazione sostiene, poi, le ragioni degli indigeni decisi a mantenere la loro variegata cosmogonia e la loro spiritualità. Benissimo. Ma queste parole, purtroppo, sul versante ecclesiale il papa non le ha inverate: egli infatti, bypassando i consigli del Sinodo, “dimentica” la proposta che diaconi indigeni sposati possano essere consacrati presbìteri; inoltre egli non esplicita che anche donne siano ammesse in tutti i ministeri, o almeno nel diaconato; e perché no? Per non volerle “clericalizzare”, precisa.

Ma ci rendiamo conto che, forse, non è un Sinodo dei vescovi, o un papa da solo che possono cambiare profondamente teologie e prassi che durano da secoli: solo un inedito Concilio – di “padri” e “madri”, e dunque non più clericale – potrebbe farlo. Non è in questione, infatti, un dettaglio: si tratta di mettere in discussione dalle fondamenta il concetto stesso di sacerdozio ministeriale (mediazione necessaria tra il popolo e Dio) affidato ai maschi, meglio se celibi, per arrivare a edificare, invece, una Chiesa caratterizzata da ministeri (servizi per il popolo di Dio), tutti aperti a donne e uomini. Ministeri derivanti dal sacerdozio comune radicato nel battesimo, come bene ha messo in evidenza la Riforma.

Il “sacerdozio” ministeriale, se esercitato anche dalle donne, renderebbe ovviamente meno patriarcale la Chiesa, e vi indurrebbe importanti cambiamenti istituzionali e pastorali; ma risolverebbe, in prospettiva e in profondità, i problemi? Esso, infatti, è estraneo al pensiero di Gesù che mai ha parlato di “sacerdozio” per chi Lo avesse seguito, ma di “discepolato” e di “servizio” [diakonìa]; quel “sacerdozio”, d’altronde, perpetuerebbe separazioni e steccati all’interno del popolo di Dio.

Sarebbe l’ora, invece, come molte e molti nell’intera Ekklesia pensano (e anche noi ci inseriamo in questo fiume), di dilatare tutti i “ministeri”, “servizi” possibili sia a donne che uomini se chiamati a compierli in e da una comunità. Si tratterebbe, nientemeno, che di riconoscere: è stata una scelta infelice, infelicissima la costruzione, nei secoli, di una Chiesa dove il carisma della presidenza dell’Eucarestia è stato considerato – ma agli inizi non era così! – privilegio dei maschi.

Oggi, per superare questa ferrea barriera (del “no” alle donne nei ministeri) si dovrebbe, dunque, operare un cambiamento profondo e radicale di paradigma teologico, accettando che il tempo della Chiesa maschilista vada considerato compiuto e chiuso; e che ora, per gli anni e decenni a venire, ci si dovrebbe impegnare perché si dischiuda tra le doglie del parto il tempo della Chiesa dove, come Pietro e gli altri, anche Maria Maddalena e le altre possano annunciare pure nell’Ekklesia l’Evangelo e presiedere la Cena del Signore.

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ASSEMBLEA EUCARISTICA DELLA COMUNITÁ

La Comunità Cristiana di base di San Paolo si riunisce regolarmente ogni domenica alle 11.30 per celebrare l’Assemblea eucaristica presso i locali in  via Ostiense 152/B a Roma

La preparazione dell’Assemblea eucaristica è curata ogni settimana da un diverso gruppo di componenti della Comunità, suddivisi in modo spontaneo per aree territoriali (Montesacro, Roma Sud-Est, Marconi, Grotta Perfetta) o per attività (Gruppo Biblico e Gruppo Donne). I gruppi si incontrano durante la settimana per discutere sulle letture previste dalla liturgia domenicale o per proporne di alternative in modo da preparare gli spunti per la riflessione collettiva della domenica. Il gruppo di turno si preoccupa anche di guidare la celebrazione dell’ Assemblea eucaristica.

Una Segreteria della Comunità, a cui partecipano rappresentanti dei diversi gruppi, ma che è aperta alla partecipazione di tutti, si riunisce periodicamente per affrontare e risolvere i diversi problemi organizzativi e programmare alcune attività della Comunità.
Per discutere questioni od iniziative di particolare rilevanza la Segreteria convoca in assemblea tutta la Comunità.

Alcuni interrogativi sviluppati nel libro

da “Confronti”

All’alba del XXI secolo un’inquietudine percorre il Cattolicesimo: perché mai la Chiesa ha disatteso l’esempio di Gesù verso le donne, che invece le prime comunità cristiane seguivano?

E se il sacerdozio – la mediazione tra la persona umana e Dio – era estraneo al pensiero di Gesù di Nazareth, perché la Chiesa lo ha introdotto, creando una struttura patriarcale e gerarchica?

L’esclusione delle donne dalla possibilità di celebrare e presiedere l’Eucaristia è un problema che riguarda solo l’ambito religioso, oppure, nella nostra società, favorisce una mentalità che porta a discriminazioni e violenze contro le donne?

A quando la presidenza dell’Eucaristia da parte di una donna?ultima modifica: 2020-08-13T04:14:07+02:00da piero-murineddu
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