Sulla sofferenza delle madri e qualcosetta d’altro

 

d Piero Murineddu

Una piccola ma significativa coda al Faber Day di ieri, anniversario della sua morte.

Lo spunto l’ho avuto questa notte ascoltando una delle centinaia audiocassette che mi ritrovo ben stipate in quell’armadietto laggiù che tengo molto caro.

Dentro vi ho trovato un concerto tenutosi a Cagliari nel luglio del 2005, in omaggio al figlio “ribelle” dei piemontesi Giuseppe e Luigia, che da ragazzo, studiando dai Gesuiti, fu vittima di un tentativo di molestie da parte di un prete.

Ad in certo punto, come si sa, l’anarchico che ha sempre cantato gli emarginati di una società (spesso) ipocritamente “benpensante”, insieme alla sua Dori, decise di oltrepassare il mar Ligure per mettere su un’agriturismo alle pendici del Limbara, presso Tempio Pausania.

Insieme a Cammeriere, Ruggiero, Di Giacomo ed altri, ciascuno con una sua interpretazione di un brano nato dal genio di Fabrizio, a quel concerto partecipò anche Elena Ledda, cantante di Selargius, nell’entroterra cagliaritano, di elevate doti canore, interprete e ricercatrice appassionata del vasto patrimonio della musica etnica isolana.

Nel video esegue in sardo una struggente versione di questo brano tratto da “La buona novella”, del 1970, in buona parte ispirata dai vangeli apocrifi.

Il riferimento ai due condannati a morire in croce é chiaro. Fabrizio mette in rilievo la grande sofferenza provata da ciascuna madre nel vedere il proprio figlio morire in questo modo atroce.

A differenza di quanto si dice nel testo, io credo che l’agonia del Maestro sia stata tutt’altro che un’ “immagine”, e che la sofferenza di Maria non poteva attenuarsi dal pensiero che intanto sapeva (!) che sarebbe risorto.

Al contrario, son portato a credere che la fede della mamma di Gesù sia maturata nel tempo, come anche lo stesso Gesù abbia preso coscienza gradualmente di quello che sarebbe stato il suo destino. Anche in questo sta il suo essere pienamente uomo.

La cosa che si avvicina più al reale é che, se quel giovane avesse procurato meno fastidi al potere religioso del tempo, sarebbe vissuto probabilmente qualche anno in più, e non morendo nel modo riservato ai delinquenti della peggior specie.

Riporto il testo in italiano, e naturalmente ognuno la pensi come crede…..

TRE MADRI

Tito, non sei figlio di Dio
ma c’è chi muore nel dirti addio

Dimaco, ignori chi fu tuo padre,
ma più di te muore tua madre.

Con troppe lacrime piangi, Maria
solo l’immagine d’un’agonia
Sai che alla vita, nel terzo giorno
Il figlio tuo farà ritorno.

Lascia noi piangere, un po’ più forte
chi non risorgerà più dalla morte.

“Piango di lui ciò che mi è tolto
le braccia magre, la fronte, il volto
Ogni sua vita che vive ancora
che vedo spegnersi ora per ora

Figlio nel sangue, figlio nel cuore
e chi ti chiama, Nostro Signore
Nella fatica del tuo sorriso
cerca un ritaglio di Paradiso
Per me sei figlio, vita morente
ti portò cieco questo mio ventre.
Come nel grembo, e adesso in croce
ti chiama amore questa mia voce
Non fossi stato figlio di Dio
T’avrei ancora per figlio mio”

Sulla sofferenza delle madri e qualcosetta d’altroultima modifica: 2020-01-12T18:25:41+01:00da piero-murineddu
Reposta per primo quest’articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog.
I campi obbligatori sono contrassegnati *