Quel fatidico giorno di 51 anni fa, e non solo per Alberto

di Piero Murineddu

Mossi da grande entusiasmo, due giovani preti  decisero di avviare un Centro Studi Biblici in un piccolo paese delle Marche, Montefano, ristrutturando una parte di un vecchio convento in disuso.

Un Centro Studi sottintende che l’attività primaria che vi si svolge è appunto lo studiare, in questo caso sacre scritture, e se lo si fa con impegno e meticolosità, mi sembra normale che non ci si possa limitare ad essere semplici divulgatori di una tradizione statica e intoccabile. Si approfondisce, si confronta. Immagino fatto tutto con grande fatica, mentale sopratutto.

Vengo a conoscenza che una decina di anni fa, il modo “diverso” con cui si presentavano le Scritture, specialmente nelle omelie domenicali e nei vari convegni che nel Centro comunitario continuano ad esserci, attirando gente da ogni parte e non solo i pochi “praticanti” del paesino marchigiano, ha fatto storcere il naso al titolare della vicina parrocchia, certo don André, e di seguito richiamando l’attenzione del vescovo di Macerata Carlo Giuliodori, strimpellatore di chitarra che la cosa fa sempre piacere.

Come succede, l’intervento di un vescovo serve solitamente a richiamare l’ortodossia dell’insegnamento e a mettere i “paletti”, oltre i quali non bisogna andare.

Adesso come sia andata a finire la vicenda di allora non mi è dato di saperlo. Quello che so è che il buon Alberto Maggi la divulgazione del Messaggio cristiano continua a farla ottimamente, come ritiene opportuno farla una persona libera e matura, nello specifico principalmente nella fede; i libri che sforna hanno un buon successo e spesso necessitano di ristampa; ai convegni a cui è invitato o che organizza lui direttamente insieme al confratello, anche lui dei Servi di Maria Ricardo Perez Marquez sono frequentatissimi; molti, grazie alla loro “predicazione” attualizzata ai giorni nostri, riprendono ad interessarsi alla fede, intesa come Cose di Lassù senza tralasciare ASSOLUTAMENTE quelle di quaggiù.Cosa si vuole di più?

Su don André non so niente. Mi auguro che nel mentre, ammesso che si trovi ancora a Montefano e che sia vivo e vegeto, abbia cambiato opinione e si sia rasserenato riguardo alla presenza nella parrocchia di questi due (grazieaddio) rompiballe. Tra l’altro, ricorre subito l’anniversario della morte di un altro (De) André, Fabrizio di nome, e dato che ci sono, auguro miglior salute a me, che nello stesso giorno della sua dipartita, accumulo un anno in più sulle mie indolenzite ossa.

Nella foto, Alberto Maggi ancora giovincello e anche fidanzatino belloccio

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Riporto un capitolo del volume “Due in condotta”, scritto da Alberto sulla sua infanzia e giovinezza

“NEL CASO VOLESSI TORNARE A CASA”

di Alberto Maggi

Alle nove della mattina di martedì 7 gennaio 1969, lasciai casa.

Fu un momento drammatico.

Mio padre, che sembrava di colpo invecchiato di molti anni, singhiozzava disperato, con il capo reclinato sul tavolo della cucina.

Mia madre in piedi, affranta e ammutolita, mia sorella smarrita e preoccupata.

Quando mi avvicinai per salutare e abbracciare papà, lui mi respinse, non mi volle salutare, ma stendendo il braccio per allontanarmi da lui mi consegnò una busta con dei soldi (trentamila lire): “Questi sono se vuoi tornare a casa”.

Mi accompagnarono alla porta di casa mia madre e mia sorella.

Un grande muto abbraccio, lacrime loro, lacrime mie, e via, con il magone in gola, giù di corsa per le scale, disperato e felice, triste e contento.

Al portone mi attendeva il frate che con l’auto mi avrebbe portato nel convento di Montefano, in provincia di Macerata, dove avrei dovuto trascorrere un periodo di accoglienza e di prova.

Questo frate non aveva potuto salire fino all’appartamento, come avrebbe voluto, per conoscere e salutare i miei, perché mio padre lo aveva così minacciato: “Se prova a salire, lo butto giù per le scale!” E mamma, per non essere da meno: “E io dalla finestra!”.

Lasciavo quel che era sicuro, e non sapevo quel che avrei trovato.

Per fortuna non conoscevo il contenuto della busta che il Priore Provinciale dei frati Servi di Maria mi aveva dato da consegnare al priore del convento di Montefano.

Solo dopo molti anni, quando già ero prete, venni a sapere quel che c’era scritto:

“Accogliete per qualche giorno questo giovane impiegato anconetano. Vuole diventare frate, ma non mi sembra adatto, sembra scemo, ride sempre”.

Con queste belle credenziali, iniziai la mia vita religiosa.

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Quel fatidico giorno di 51 anni fa, e non solo per Albertoultima modifica: 2020-01-07T05:31:24+01:00da piero-murineddu
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