Sul canto liturgico

di Piero Murineddu

Il Papa rivolto alle corali liturgiche ha messo in guardia dalla tentazione di «un protagonismo che offusca il vostro impegno e umilia la partecipazione attiva del popolo alla preghiera. Non fate la “prima donna”. Siate animatori del canto di tutta l’assemblea e non sostituitevi a essa, privando il popolo di Dio di cantare con voi e di dare testimonianza di una preghiera ecclesiale e comunitaria».

Per me Francesco ha più che ragione nel fare questo richiamo. Per come sono strutturate le liturgie cattoliche, dove l’assemblea è ridotta ad un ruolo quasi passivo e prevale fin troppo quello di chi presiede, se le si toglie la possibilità anche di cantare, tanto vale che la Messa la si “ascolti” alla tivu.

L’argomento mi riporta alla memoria ancora una volta quando mi recavo nella vicina Porto Torres per partecipare alla Messa domenicale presieduta dall’indimenticato don Tonino Sanna, di cui il prossimo 18 dicembre ricorre il secondo anniversario della sua scomparsa.

Quando non c’era la sua allieva prediletta per suonare l’organo, era lui stesso che, all’ingresso, s’accomodava davanti allo strumento musicale e avviava il canto accompagnandolo con un suono che sembrava potesse far crollare l’intero edificio, di quanto era deciso e alto il volume. Per i presenti era quasi impossibile non unirsi. Il fogliettino coi testi e la melodia conosciuta invogliava pressoché tutti a cantare coralmente. Un vero piacere e un evidente e gioioso senso comunitario.

Cosa diversa quando ti ritrovi forzatamente zittito da un coro che, per quanto bravo possa essere, ti toglie il diritto di partecipare, in quanto il canto eseguito non lo si conosce.

Son trascorsi tanti anni da quando io stesso avevo il compito di animare i canti dell’assemblea celebrante nella chiesa parrocchiale. Sostenuto da un coro, facevo di tutto perché tutti potessero partecipare, senza smania di fare continuamente canti nuovi, escludendo di conseguenza la partecipazione dei presenti.

Quando tuttora qualcuno richiede la mia presenza per animare qualche celebrazione, cosa che quando posso faccio solitamente volentieri ma con sempre più fatica, tendenzialmente son portato a fare canti ai quali chi vuole possa partecipare in quanto conosciuti.

Bene ha fatto Francesco a……..

antonio

Nella foto, l’amico don Tonino Sanna

 

 

Quello che segue è uno scambio avuto con Luca Sannai, successore di don Tonino nella direzione del coro dal prete fondato e in seguito trasferitosi in Francia dove porta l’attività di tenore presso l’Opera di Parigi. Chiarisco questo perchè quanto da lui argomentato non è fatto da uno qualunque. Vediamo…

Luca
Non sono d’accordo, ma soltanto per il semplice fatto che il Belpaese ha un’educazione musicale di base prossima allo zero che si riflette anche sulla Chiesa, (la quale non è comunque esente da colpe, basta farsi un giretto nel resto d’Europa e si capirà al volo il perché).
I pochi preti musicalmente illuminati hanno prodotto assemblee educate e migliori dei cori che ospitano.
Ma al tempo stesso vi sono direttori che hanno prodotto cori di alto livello in contesti parrocchiali dove l’assemblea farebbe meglio a non aprire bocca e no, non è un concerto, è rendere lode a Dio con i talenti che ci ha messo a disposizione.
Poi ci sono i preti-direttori-organisti-compositori, ormai mosche bianche, quadrifogli in un prato inaridito, che si sono permessi entrambe le cose, con un lavoro didattico, pedagogico, spirituale e musicale costante per decenni e decenni.
Perché l’eccellenza non nasce per caso, ma è frutto di lavoro, di fatica, di investimenti di risorse fisiche, economiche, educative, sociali. Fatica che la Chiesa cattolica italiana, almeno si questo versante, ha smesso di fare da tempo immemorabile.

Io
Luca, solo ora leggo il tuo commento. Non ho capito bene se non sei d’accordo con me o con Francesco. Ad ogni modo, sono anch’io dell’idea che le assemblee, quelle cattoliche ancor più di altre confessioni cristiane, sono poco educate al canto liturgico fatto in modo dignitoso, ma dire che “farebbe meglio a non aprire bocca” mi sembra indelicato e anche irrispettoso. Non tutti hanno avuto l’opportunità di frequentare corsi per perfezionare la propria voce, ma questo non è un motivo valido per togliergli il diritto di esprimersi attraverso il suo strumento naturale, anche se non perfettamente accordato. Il coro non può sostituirsi all’assemblea, qualunque essa sia. Accetto che in un brano musicale, il coro faccia la parte più impegnativa e l’assemblea quella più semplice, ma l’ho gia detto e lo ribadisco: a chi partecipa ad un rito comune, non gli si può imporre il silenzio perché “non all’altezza”. È doveroso trovare i modi opportuni perché chi decide di trovarsi insieme ad altri, specialmente per esprimere un credo religioso, venga aiutato a trovare più armonia possibile con tutti i presenti. Se si lavora su questo, possiamo anche intenderci. L’eccellenza la si può pretendere da chi dedica energia e tempo, ma non da persone di diversa provenienza e occupazione che non conoscono neanche il significato dei termini pentagramma e solfeggio

Luca
È proprio questo il punto. Negli altri Paesi europei l’alfabetizzazione musicale praticata fin dalle elementari e con metodologie didattiche corrette ha portato la popolazione ad essere in grado di leggere uno spartito semplice a prescindere dal mestiere esercitato e dal grado d’istruzione. Questo ha fatto si che la gran maggioranza sappia cantare in maniera decente. È stato semplicemente approcciato il problema in maniera differente. Le interazioni coro-assemblea ne trarrebbero giovamento in tutti i sensi.

Io
Guarda Luca, sono stato in contatto con una famiglia tedesca i cui i componenti, TUTTI, suonano uno strumento. Immaginati una famiglia che invece di stare passivi davanti alla tivu, sono attivissimi nel fare musica insieme. Sai più di me quanto la musica è strumento d’unità, e il cantare ancor di più. Quindi quanto dici lo condivido. In Italia questa cultura ce la sognamo. Ma il punto non era questo, ma il DIRITTO dell’assemblea di non essere impedita di esprimere la propria fede attraverso il canto, che sia più o meno intonata. Si creino momenti aperti a tutti per imparare ad essere meno gregge belante (e irritante per i puristi con l’orecchio fino) durante le liturgie comuni. Tutti ne gioveremmo e sentiremmo più il senso di unità. Ma nel cantare anche se stonatelli, si prega ugualmente “due volte”. Stai bene e auguri per la tua attività

Sul canto liturgicoultima modifica: 2018-11-25T10:53:07+01:00da piero-murineddu
Reposta per primo quest’articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog.
I campi obbligatori sono contrassegnati *