di Piero Murineddu
La comunicazione? Tra whatsapp, facebook, messenger e marasorthi vari sembra che ce ne sia a iosa. Sembra. Ma forseforse, a ben guardare, a me pare sempre più diminuire, almeno quella faccia a faccia.
Verba volant, dicono ancora gli acculturati. Carta canta, dicono quelli più diffidenti verso i latinismi. Ma sempre lì siamo.
A Sorso, cosa che è evidente a chi ha occasione di percorrerne le strade, centrali o periferiche fate voi, a “cantare” più che altro sono i muri.
Un genere di canto abbastanza ripetitivo e, in qualche modo, alquanto accusatorio.
Spesso improntato ad una religiosità apocalittica, e per i più addentrati nelle cose di “Lassù”, escatologica.
Una messaggistica che non puoi sfuggire, piaccia o non piaccia, ed il pensierino ce lo fai su. Non siamo al livello di una bella e organizzata riflessione collettiva, tipo assemblea, ma non siamo distanti.
La differenza è che in un’assemblea di qualsiasi tipo, chi vuole prende la parola e si crea un contradditorio che serve sempre. Qui invece possibilità d’interloquire direttamente non esiste. Uno legge la frase, la tiene in mente, girandosela per benino, ma tutto finisce li.
Anzi no, non finisce affatto. Perché, qualora la dimenticassi, passi qualche giorno dopo e te la ritrovi sempre allo stesso punto, immobile. Apparentemente silenziosa, ma in realtà molto chiassosa, quasi aggressiva.
In altre parti godono dei murales, che, oltre a ridare vita a fredde facciate di case, danno un chiaro messaggio, espresso alla luce del sole sicuramente, dal momento che pitturare al buio comporterebbe qualche difficoltà.
A Sorso abbiamo un altro genere di muralismo, perlopiù espresso nottetempo e a chiare, chiarissime lettere.