“Eccome se la conosco!”

di Piero Murineddu

Ma avete idea di cosa si prova nell’assistere all’incontro tra dei vecchi  che sono anni, decenni, praticamente una vita  che non si vedono?

Piccola parentesi a proposito di “vecchio”. Ma chi ha stabilito che  non è elegante definire in tale modo una persona avanti negli anni? A me il termine piace e non lo trovo per niente offensivo, anzi, l’usarlo mi riempie di tenerezza e mi porta ad avere uno spontaneo atteggiamento di massimo rispetto. Quell’altro più usato, “anziano”, lo trovo leggermente ipocrita. Chiusa parentesi e pensatela come volete.

Dicevo dunque sull’assistere a dei vecchi che s’incontrano. Per capirlo bene, l’esperienza bisogna farla, e per me la cosa non è impossibile, dal momento che di tanto in tanto, ne carico in macchina qualcuno/a, e con la  scusa di fargli fare un giretto per far vedere com’è cambiato il posto nel quale si è consumata la sua vita e dove inevitabilmente si sta consumando la mia, facciamo qualche tappa a casa di un suo vecchio amico o amica.

E’ quanto è avvenuto questa mattina. Durante il tragitto è un continuo meravigliarsi di come il tempo trasforma, in questo caso le strade, le piazze le abitazioni….. Le persone specialmente, ma questo non è argomento d’affrontare  durante un’uscita per svagarsi dalla ripetitività di giorni che trascorrono, praticamente sempre uguali, per i nostri cari vecchi.

“Guarda, lì abitavo insieme alla mia famiglia. Ma guarda com’è diventata! E pensare che quando ero piccola c’era una vecchia porta d’ingresso con diverse fessure da dove entrava una corrente che non ti dico…. Appena dietro c’era il buco che si collegava con la fogna. Ma questo in seguito, perchè ancora prima non c’era neanche quello. Il “crocco” non mancava, una robusta asta di ferro attaccata al muro che s’infilava in un piccolo cerchio anch’esso di ferro che rinforzava la chiusura…”

E li a descrivere tutti i particolari di com’era l’abitazione, piccola ma estremamente dignitosa e ordinata. Nel cortiletto interno c’era anche l’immancabile forno e vicino, bella spaziosa e scavata dal nonno molti, molti anni prima, una buca che, oltre che per tenere il vino in fresco, all’occorrenza serviva anche per nascondere parte del grano per non essere costretti a consegnarlo tutto nella casa  dell’Ammasso, quando il poco che si possedeva veniva persino razionato dalle autorità.

Rallentando un po’, vedo che dalla porta della casa adiacente spunta il vestito nero di una donna, e per un attimo appare anche il suo viso. ” E quella signora la conosce?” – ” Eccome se la conosco! Giocavamo sempre insieme ed eravamo molto amiche….”. – ” Aspetti un attimino che provo a chiedere se si ricorda di lei….

Meno di cinque minuti dopo eravamo dentro casa, seduti davanti alla stufetta accesa e chiacchierando dei tempi passati. Loro almeno. Io ero beatamente lì ad ascoltarle, dopo aver provato grande emozione nell’aver visto con quale calore si erano abbracciate appena si son riconosciute. La mia attenzione l’ho riservata principalmente all’altra sorella, costretta all’immobilismo fisico ma con una memoria che magari ce l’avessi io.

“Ti ricordi quando tornavi dal paese dove andavi a stare con tua madrina per qualche tempo e ci cantavi tutte le nuove canzoni che imparavi? Era una meraviglia ascoltarti……”

” E di quella storia di quel parroco che la popolazione aveva mandato via cosa si ricorda?” 

” Eh, lui faceva il suo dovere, ma in quel tempo c’erano quei….come si chiamano…ah, si….c’erano i comunisti c’erano. A lui questi comunisti non piacevano tanto, e lui non piaceva a loro….fatto sta che ad un certo punto sembrava quasi una guerra sembrava….. tutto pieno di carabinieri ….la gente per strada …Ohia, che cosa brutta….. Mio padre, che faceva il commerciante di formaggio, a me e alle mie sorelle ci aveva fatto ritirare a casa perchè non si sa mai cosa poteva capitare……”

In casa è presente anche un’altra sorella,la maggiore, costretta in carrozzina ed esclusa dalla conversazione perchè due gradini separano le due stanze, quella dove staziona lei e l’altra dove la sorella rimane sdraiata nel letto.

“A ti ricordi quando era nato tuo nipote e da su, dove tenevamo la legnaia, vi buttavamo delle fascine per il fuoco?Che inverno freddo quell’anno! Sembrava non volesse mai finire…”

Una famiglia benestante grazie all’attività di commercio, e la mamma era colei che amministrava il tutto, come solitamente capitava e continua spesso ancora oggi. Quando potevano, non mancavano di dare una mano ai meno sfortunati di loro. Come quasi tutte le famiglie che ai tempi non pativano disagi economici, al contrario della maggior parte  della popolazione, i “comunisti” non erano ben visti, incoraggiati in questa poco “simpatia” dal clero che in un paese ha avuto sempre grande influenza. Ma non tutti i “ricchi” erano uguali, e ad un certo punto, al diavolo la politica: l’importante è conservare atteggiamenti di attenzione nei confronti di chi non se la passa bene.

La conversazione è andata avanti per un bel po’ e il clima è stato sempre di reciproco ascolto. Argomento? Quello che è stato e non è più, la giovinezza  e la salute sopra tutte le altre cose. Sembrava quasi che i tanti dolori fisici e di altra natura, per un’oretta buona siano stati se non dimenticati, messi sicuramente in secondo piano.

L’abbraccio finale ha suggellato l’inaspettato e non previsto incontro. E’ molto particolare il saluto fra persone che sanno che con molte poche probabilità avranno occasione di rivedersi ancora. Ed è per questo che ho colto in quell’abbraccio un valore del tutto particolare, una “vicinanza”  difficile da riscontrare nei nostri spesso distratti e sfuggevoli normali saluti.

“Eccome se la conosco!”ultima modifica: 2018-04-07T17:29:27+02:00da piero-murineddu
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