Vittorino Pinna, cestaio e grande umanità

di Piero Murineddu

Quando dalla parte alta di Sennori devi scendertene a Sorso e per qualsiasi motivo hai bisogno di attraversare il centro storico del paese, è facile, nei pressi della chiesetta del Rosario, vedere di fronte alla sua casa un uomo ben barbuto intento a costruire pazientemente e con grande passione, che poco fa trasparire dalla sua seria espressione del volto, i suoi cugnoli, intrecciati prevalentemente coi polloni ancora freschi di ulivo, preferibilmente selvatico.

Finalmente decido di fermarmi:”Buongiorno. Mi scusi, ma vedere una persona con questa  folta barba tutta intenta a creare qualcosa di sicuramente bello con le mani, mi ha attirato. Cosa dice, voglia ne ha di scambiare due parole?” – “Eccome no! Anzi, mi fa proprio piacere. Si accomodi dentro che le faccio vedere le mie….. creaturine”

L’impatto è molto incoraggiante e l’entrare nella stanza d’ingresso trasformata in laboratorio è per me una vera sorpresa. Cestini di tutte le misure, anfore la cui materia prima è il fieno “marino” e, naturalmente, gl’immancabili cugnoli che dicevo prima, quei contenitori che per chi nei tempi passati faceva  vita di campagna, era impensabile non portarsene uno appresso, sia la mattina per metter dentro l’aunzu e il fiaschetto di quello buono,  e alla sera, dopo una giornata di sfiancante fatica, rientrare a casa  colmo di bei grossi fichi, di grosse mele “miàli” o di gustosissimi grappoli di “moscatello”.

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Vittorino Pinna è nato a Sorso il cinque settembre de ’41 da Antonietta Razzu, passata a miglior vita oltre una trentina d’anni fa,  e babbo Salvatore, che ha concluso la sua vita ospite in una casa per anziani a Bonorva. Tra i vari parenti, figura anche un ex sindaco sussincu. Nato e cresciuto in quella viuzza senza uscita e senza nome che a Sorso si trova di fronte al Palazzo Baronale e che il tempo non ha alterato il suo aspetto esteriore. Come tutti nella zona, infanzia trascorsa nel patio del comune a giocare a palline di vetro e a cuacuèdda, scambiare giornaletti, tirare calci al pallone e azzuffarsi “amichevolmente” coi coetanei.

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In fondo alla “strinta” sono ancora visibili i portoni delle stalle che mamma Antonietta affittava

 

A nove anni, per conto del fornaio Catta, inizia a rifornire di pane i negozi:“Abesumeu è pa ghissu chi no n’aggiu immannaddu assai, achì lu pesu di lu moiu in cabbu m’abbasciaba…”. In effetti, per un ragazzetto di quell’età, non era cosa piacevole trasportare chili di pane tondo da via Umberto al negozietto d’alimentari nei pressi della stazione ferroviaria. Fino a 17 anni Vittorino ha fatto il panettiere da Antonino Catta, forno passato poi a Mario Pala, di cui Vittorino era collega negli anni giovanili.  Nel 1966 ha sposato la sennorese Baingia Maria Fois ed è andato a vivere nel di lei paese. Dopo ben trentacinque anni preparando e infornando pane tra Sorso, Sennori, Porto Torres e Valledoria, decide di lasciare. Avendo nel frattempo avuto diversi figli, è chiaro che il tipo di lavoro non gli permetteva di condurre una vita serena, col riposo necessario a riacquistare energie sufficienti per tirare avanti. Questo succedeva specialmente nelle nottate estive di festa, quando proprio di fronte a casa sua veniva piazzato il camion o il palco per l’esibizione dei “complessi” o  dei cantadores a chiterra. Il poetare estemporaneo in sardo era più discreto, ma il movimento degli umani era ugualmente chiassoso, e per lui che iniziava il lavoro a mezzanotte,la cosa diventava sempre più insostenibile Se era riuscito a dormire durante il giorno era bene per lui, altrimenti….

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Ad un certo punto Vittorino capisce che così non poteva continuare. Inizia così a dedicarsi alla campagna , e guardando da uno e dall’altro, impara il mestiere di potatore. Vigna, frutteti, giardinaggio vario e sopratutto  piante d’ulivo. Non passa molto tempo che,  grazie all’impegno messoci, Vittorino diviene  bravo e richiesto. Con l’età che avanza, arrivano anche i problemi di salute, di circolazione del sangue specialmente, motivo per il quale ha dovuto subìre diversi interventi chirurgici. In queste condizioni, il lavoro di campagna che amava l’ha dovuto interrompere, ed è  questo che lo porta ad intraprendere l’attività di cestaio, imparato osservando da ragazzino il proprio genitore. Prima o seconda elementare. Al termine dell’orario scolastico babbo Salvatore lo portava con se in campagna per fare scorta di ribuddi, i polloni di ulivo. Al ritorno a casa, “prima li puri be’ e dabboi andi a giuggà”, si sentiva dire il preadolescentino Vittorino. Vedere il lavoro che svolgeva il padre, al simpatico Vittorino  è venuto utile una volta andato in pensione, undici anni fa circa..Da allora, spesso in compagnia della moglie, espertissima e da sempre impegnata nel costruire grosse anfore e corbule di diverse dimensioni, il sorsinco  “emigrato” a Sennori trascorre le sue giornate intrecciando ramettini per ottenere solidi contenitori di pura materia naturale. Oltre i polloni d’ulivo, apprendo che anche quelli di melograno e di susino sono ottimi allo scopo, dando all’insieme varietà cromatica.

 

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Contentissimo di aver conosciuto Vittorino, uno dei rari sorsichi che riesce a parlare in modo accettabile il sennorese (“ma con mia moglie parlo sempre in sussincu”) e aver ammirato da distanza ravvicinata questa bella barba (“a Natale sono tre anni e cinque mesi che non la taglio”). Il poco uso della lametta Vittorino se lo porta dietro da parecchio tempo, e queste due foto di diverse epoche lo dimostrano….

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…….pur tuttavia, che dietro tutta questa peluria vi sia il viso di un bell’uomo lo sta a dimostrare quest’altra foto di gioventù….

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Ma al di là dell’aspetto esteriore, a me Vittorino è apparsa una gran bella persona. Sarà per me sempre un piacere fermarmi con lui e  raccontarci, senza fretta alcuna e con reciproca confidenza, le cose della vita, quelle piacevoli e quelle meno piacevoli, i motivi che ci hanno procurato gioia e quegli altri, spesso inevitabili e probabilmente più numerosi, che ci hanno provocato dispiaceri e fors’anche sofferenze. Ci ascolteremo con piacere, sforzandoci di capirci e di non giudicarci. Un incontro tra persone, semplicemente tra persone, con pregi e difetti. Come tutti, del resto.

Grazie Vittorino

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Vittorino Pinna, cestaio e grande umanitàultima modifica: 2017-09-29T18:35:35+02:00da piero-murineddu
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