Sappiamo ancora entrare in vero contatto con l’altro?

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Sappiamo ancora entrare in vero contatto con l’altro?

di Piero Murineddu

Spesso confondiamo il sentire con l’ascoltare, anzi nel discorso con altri ci concentriamo più spesso a dare le risposte senza che vengano formulate le domande, questo solo per far capire che stiamo seguendo e anticipando ciò che ci vogliono dire interrompendo colui che parla”

E’ solo un passaggio della toccante lettera pubblicata ieri, sabato 27, sul giornale locale. Una vera lezione sul dialogo, oltre condivisibile analisi sul male di vivere che, in  modo e in misura diversa, ci si porta dietro, spesso con scelte (scelte?) senza ritorno. Voglio tuttavia fermare l’attenzione sul modo che abbiamo di rapportarci con l’altro, diverso da noi per storia, carattere, sensibilità…….

Per quanto anzi  pensiamo e pretendiamo di conoscere dell’altro e nell’altro, rimane tuttavia un “mistero”, da rispettare e da non catalogare definitivamente coi nostri giudizi, o peggio, pregiudizi. Dubito che qualcuno sopporti di veder invaso il proprio invalicabile “spazio”, non tanto  di territorio (questo è un altro argomento) quanto di pensiero, e giustamente e a pieno diritto pretende che questo pensiero venga rispettato. “Nessuno è un’isola”, si diceva e penso si dica ancora, anche se le paure che caratterizzano questi tempi sono tante e la tentazione di rinchiudersi nel proprio fortino indubbiamente e comprensibilmente ci può essere, ma la necessità di creare dei ponti di comunicazione è una caratteristica dell’essere umano. Molti si accontentano di comunicazione  “mordi e fuggi”, altri cercano e sono disposti a costruire ponti più solidi che non sia il semplice e disimpegnato cameratismo di passaggio. Ci sono certo quei caratteri più portati all’introspezione che non all’espansività, all’estrosità spesso fracassona, e a mio giudizio, gli introspettivi, probabilmente anche timidi, si sentono più appagati nel percorrere pochi ponti, ma ben solidi, che tanti e, ripeto, fracassoni. Questo come premessa. Tornando alla frase della lettera che ho su riportato, la capacità di ascoltare non la si ha per natura, almeno secondo me. Capendone l’importanza, è necessario conoscerne le caratteristiche ed imparare a farle proprie. L’esempio fatto nella lettera calza a pennello. Il nostro interlocutore si apre volentieri se vede in noi persone capaci di ascoltare. Oppure, senza per forza doversi “aprire” su cose private e intime, cosa che non con tutti è possibile (e consigliabile), rispettare delle regolette di dialogo, dove si parla uno alla volta, senza anticipare e parlare sopra all’altro. In fondo, il modo in cui ci rapportiamo svela ciò che siamo, e da qui non si sfugge. Considerando l’importanza dell’argomento, sicuramente richiederebbe più tempo e maggior analisi. Per tornare alla lettera e alle particolari difficoltà che ciascuno di noi si può trovare ad affrontare, esistono gruppi di persone che hanno creato un luogo e momenti di ascolto reciproco, e davanti a forzate e imposte solitudini e incapacità di sbrogliarsi da certe dure situazioni di vita, possono essere un’ottima soluzione.

Sappiamo ancora entrare in vero contatto con l’altro?ultima modifica: 2017-05-28T17:27:51+02:00da piero-murineddu
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