Comunicare per crescere

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Comunicazione vera o cos’altro?

di Piero Murineddu

Le lettere di tal Francesco Manai di Bonorva, che saltuariamente vedo ospitate nelle pagine de La Nuova Sardegna, il più delle volte mi trovano d’accordo, e anche in questo caso, salvo alcuni passaggi, l’essenza del suo pensiero lo condivido. E’ innegabile che la comunicazione diretta (in “carne e ossa”, ma anche con espressioni, col gesticolare, col tono della voce, con l’atteggiamento di ascolto, vero o apparente che sia……) rimane sempre quella più completa e vera, ma anche le altre forme sono utili allo scopo, che è quello di condividere all’esterno il nostro mondo interiore.Dico utili, o almeno possono esserlo. L’importante è che l’interesse a comunicare ci sia ancora, sempre che non lo si voglia fare per esibire particolare eloquenza o capacità di elaborare dei concetti più o meno intelligenti. Se si crede ancora che io posso dare qualcosa agli altri e gli altri possono arricchirmi e aiutarmi a rivedere o correggere certe mie posizioni, la cosa può avere sicuramente valore.

Veniamo quindi alla lettera.
Ognuno è “solo” col suo computer, col suo cellulare….“. Indubbiamente nel momento non può essere che così, ma quel momento di “solitudine” potrebbe aiutare a riflettere e quindi a comunicare  meglio ciò che passa per la testa. Ho detto potrebbe, e lo sottolineo anche. Lo scrivere correttamente e in modo comprensibile, è segno di rispetto, per gli altri e principalmente per sè stessi. Giustamente ci si aspetta che anche l’interlocutore faccia altrettanto, ma non sempre i fatti corrispondono alle aspettative. Dico questo perchè oggi abbiamo a disposizione una fonte di informazioni e un mezzo di comunicazione fino a ieri inimmaginabile, qual’è lo web.  Sta’ a noi utilizzarlo al meglio.

Come già detto, nella comunicazione diretta, interpersonale o pubblica, vi sono tutti gli elementi perchè l’incontro tra persone sia più vero, per costruire insieme, certamente, ma anche per trasmettere il proprio pensiero davanti a chi ha giudizi diversi dal proprio.

Nel breve testo del Manai intravedo una nostalgia, un rimpianto per un qualcosa in cui ai nostri giorni è sempre più difficile imbattersi, specialmente nei nostri paesotti di provincia: assemblee dove la gente si riunisce, non tanto per ascoltare un oratore esperto in un qualsiasi campo, quanto per costruire ponti di dialogo. Per chi ha una sensibilità per l’aspetto “spirituale” dell’esistenza, momenti assembleari fissi sono rimasti soprattutto i riti religiosi, ma bisogna riconoscere che non sono proprio luoghi di interscambio dialettico, cosa che considero un’opportunità persa. Rimanendo in ambito “religioso”, nelle parrocchie non mancano incontri biblici, di preparazione al matrimonio o di altro genere, ma i partecipanti rimangono solo quelli strettamente interessati. Sarebbe non solo bello ma anche molto costruttivo e sicuramente edificante se anche nelle normali funzioni domenicali, a volte frequentate saltuariamente da persone “di passaggio”,  ci fosse uno spazio per lo scambio dialettico tra i presenti (per esempio, riflessioni condivise e impegni comuni….). E sarebbe anche un segno importante che la “fede” non è avulsa dal vissuto reale delle persone. Sarebbe prova concreta che certe adunanze sono momenti di vero incontro, e l’incontrarsi comporta il mettere in comune sentimenti, pensieri,parole, aspettative,atteggiamenti…….
Sui “segni positivi sul piano economico occupazionale” visti dal Manai, meglio lasciarli al giudizio dei troppi che continuano a sbattersi per arrivare alla fine del mese. Sicuramente, come anche da lui auspicato, il lavoro per recuperare  la sempre più sbiadita e afona identità culturale è più che mai urgente e necessario.

 

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Comunicare per crescereultima modifica: 2016-01-27T16:37:43+01:00da piero-murineddu
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