Banche e commercio delle armi

Vi siete mai domandati dove finiscono i soldi che depositate in banca?

 

aerei

di Laura Bruzzaniti 

Useresti i tuoi risparmi per sostenere l’industria delle armi? Sceglieresti di essere cliente di una banca che fa profitti dalla vendita di missili verso paesi in conflitto? Molti risponderebbero di no. Eppure, senza saperlo, molti affidano i propri soldi a “banche armate”, banche che traggono profitto dalle esportazioni di armi. Il  ruolo delle banche nella produzione e commercio di armi è fondamentale: chi produce, vende, acquista armi ha bisogno dell’appoggio delle banche per avere credito e servizi bancari per le operazioni commerciali. E le banche, naturalmente, ci guadagnano. L’Italia è tra i primi otto paesi al mondo per la vendita di armi: vendiamo caccia, missili, bombe, munizioni, veicoli militari. Nel 2013 il totale delle transazioni per esportazioni di armi gestite dalle banche italiane ammontava a quasi tre miliardi di euro.

15 ANNI DI BATTAGLIE
Sono molte le banche che prestano i loro servizi all’industria delle armi e così ci si ritrova, senza neanche saperlo, a finanziare con i propri risparmi chi vende o acquista armi. È da questa considerazione – la responsabilità individuale dei correntisti – che nasce la campagna “Banche armate”, lanciata nel 2000 dalle riviste missionarie Mosaico di Pace, Missione Oggi, Nigrizia, per chiedere a cittadini, parrocchie e associazioni di esigere trasparenza dalle proprie banche, di esercitare pressioni e soprattutto di scegliere banche “pacifiche”, non coinvolte con il commercio delle armi.  A quindici anni di distanza, ora i promotori della campagna hanno fatto il punto sui risultati raggiunti e promosso l’appello per una “quaresima disarmata”.

IL CLIENTE DEVE SAPERE DI PIU’
Il commercio di armi è legale e sono legali i servizi bancari collegati. L’esportazione di armi  è regolata dalla legge 185/90 che stabilisce alcuni principi fondamentali: divieto di vendere armi a paesi in guerra o che violano i diritti umani e poi  trasparenza e controllo delle operazioni. Nel rispetto di questi principi, dunque, non c’è niente di illegale in una banca che fa operazioni legate alla vendita di armi.
Per i promotori della campagna “Banche armate”, però, i clienti di un banca devono chiedere di più all’istituto al quale affidano i propri risparmi: non solo il rispetto della legge, ma anche un’assunzione di responsabilità verso la collettività, regole di condotta che non mettano al centro esclusivamente il profitto. II rispetto, in altre parole, di quella responsabilità sociale di impresa che ormai tutte le banche affermano, almeno in teoria, di osservare…

Esportare armi: un commercio legale, ma non troppo
Non sempre le esportazioni di armi avvengono nel rispetto della legge. Le armi  italiane vengono vendute sopratutto all’Arabia Saudita, Algeria, Emirati Arabi Uniti, Oman, Egitto, Turchia, Israele. Dall’elenco dei Pasi è evidente che le armi  vanno anche dove non dovrebbero, per legge, andare: zone di conflitto, regimi che violano i diritti umani. Inoltre, denunciano i promotori di “Banche armate”, sta diminuendo la trasparenza e il controllo sul commercio delle armi. Dal 2012, in attuazione di una norma europea, l’autorizzazione del Ministero dell’Economia per i trasferimenti bancari collegati alla vendita di armi è stata abolita e sostituita da una semplice comunicazione via web. Ancora, la Relazione annuale del Presidente del Consiglio al Parlamento sulle operazioni di export di armi da qualche anno contiene meno informazioni, meno dettagli. Insomma, le autorizzazioni spariscono e le informazioni diminuiscono. E senza informazioni anche l’opinione pubblica può controllare di meno.

“Disarmiamo i nostri conti” 
Con una piccola indagine si può però sapere quali sono le banche che fanno profitti dalla vendita di armi.  Tabelle ed elenchi possono essere consultati su www.banchearmate.it. Chi poi volesse “disarmare” il proprio conto in banca, aderendo all’appello di “Banche armate”, può scrivere al direttore della propria banca, chiedendo informazioni sul coinvolgimento nelle esportazioni di armi (riportiamo qui sotto un modello di lettera da scrivere al Direttore della banca). E se l’istituto  non risponde o conferma di essere conivolto? Allora basta chiudere il conto e spostarlo su una banca non armata.

 


Per scoprire se la vostra banca è coinvolta, scrivete al Direttore…

Egregio Direttore, nella Relazione sull’export italiano di armi del 2013, presentata dal presidente del Consiglio in Parlamento è evidenziato il coinvolgimento di istituti bancari del nostro paese. Come cliente della sede/filiale di………………… titolare del C/C n°………………….. mi sento interpellato, in quanto anche i miei risparmi potrebbero contribuire a sostenere l’export italiano di armamenti. Aderendo alla campagna di Mosaico di Pace, Missione Oggi, Nigrizia, con la presente La invito a confermare o smentire il coinvolgimento della banca da Lei rappresentata. Mi riservo il diritto di rendere pubblica la Sua risposta, dalla quale dipenderà la mia decisione di continuare o interrompere il rapporto con l’Istituto da Lei rappresentato. In attesa di un Suo riscontro, colgo l’occasione per porgerLe i miei più distinti saluti.

 

Banche e commercio delle armiultima modifica: 2015-05-13T06:15:22+02:00da piero-murineddu
Reposta per primo quest’articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog.
I campi obbligatori sono contrassegnati *