Sorso: il Sogno Svanito di una famiglia Rom e il Sogno sempre più lontano di una Nuova Civiltà

casa

di Piero Murineddu

Ormai la bufera creatasi intorno alla famiglia Rom si è placata. Il desiderio di coltivare il terreno e condurre una vita dignitosa ed integrata nel contesto civile, non è stato considerato ammissibile da buona parte della popolazione. I politici hanno applicato scrupolosamente le leggi, mentre le guide religiose hanno preferito continuare nel loro silenzioso e sacro ufficio “divino”: dover smascherare pubblicamente i tanti sepolcri imbiancati richiede troppo coraggio.

Andati a trovarli con mia moglie Giovanna,la frotta di pargoli ci ha accolti con calore, coinvolgendoci spontaneamente nei ritmi di vita familiare, fatta anche di  normale litigiosità tra fratelli. Eravamo andati con intenzioni “serie”, e in effetti mamma Vesna ci aveva condiviso la sua preoccupazione per l’inaudita aggressione verbale subìta, ma l’incontro provoca una naturale e allegra empatia. A seguito dell’Ordinanza di sgombero, si era tentata la possibilità di cercare un diverso alloggio,ma lo sforzo è stato vanificato dalle persistenti paure degli indigeni: chi mai avrebbe affitato una casa a dei pinghinosi zingari? Insomma, il loro destino DEVE per forza essere quello di vivere da nomadi e distanti dal contesto civile locale, per non avere il tempo di sporcarlo e comprometterlo con la loro presenza.  In questo modo, il nostro perbenismo, spesso solo di facciata, è preservato.

Quancuno scopre che la fedina penale dei due genitori non è immacolata. E’ la conferma, trionfalmente gridata dagli eroici autori dello…. scoop (!), che gli zingari sono tutti uguali! Non serve provare a dire che, trovandoci in necessità, noi, onorati e civilissimi cittadini, saremmo capaci di tutto ed anche di altro ancora. E’ inutile anche ribadire che sbagli ne abbiamo fatto più o meno tutti e che, probabilmente e furbescamente, continuiamo a farne.

Quando la sera prima della loro partenza facciamo ritorno nell’oliveto, il pallone da rugby che ho portato dà lo spunto per buttarci in una partita sfrenata. Un fiatone che non vi dico. Il mio povero cappello me lo ritrovo più tardi miseramente schiacciato. “Un po’ di pausa, vi prego! Ma ditemi, siete contenti di andare a vivere in una casa nuova?” – “A noi piacerebbe rimanere qui in campagna. E poi ci eravamo affezionati ai nostri compagni di scuola… sorsosi”. Zio Piè – mi dice una delle più grandi – sai che qualche insegnante mi ha detto che la nostra presenza l’avrebbe aiutata a svolgere meglio il suo ruolo  d’insegnante, che oltre farci conoscere la matematica, l’italiano, e le altre materie, e anche e sopratutto quello di aiutarci a guardare e capire il mondo, i popoli che vi vivono e le tante ricchezze umane e culturali che hanno ? Che non ci sono razze superiori ad altre ma che facciamo parte tutti della stessa razza umana?” Timidi squarci di civiltà.

Ora il rognoso problema a Sorso non c’è più. Zoran e Vesna hanno dovuto rinunciare al loro sogno ed accettare l’alloggio provvisorio ad Alghero, il cui canone d’affitto è anticipato dal Vescovo, in attesa dei rimborsi stanziati dalla Comunità Europea per favorire l’integrazione.

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E’ proprio qui che andiamo a ritrovare i nostri nuovi amici. Prima di recarci da loro,  e dato che mia moglie li aveva gia conosciuti a Sorso, per  me è l’occasione per conoscere la generosa  insegnante d’inglese Irene che, insieme al marito Giuseppe, oltre che occuparsi del loro unico figlio,  stanno spendendo le loro energie per abbattere le altissime barriere che ci separano da questo pacifico e disagiato popolo. Mossi da forti motivazioni principalmente umanitarie e con l’aiuto di altre persone che insieme a loro vogliono superare i tanti pregiudizi ideologici che rendono gli esseri viventi distanti tra loro e spesso nemici, hanno creato un’associazione che opera nell’ambito dell’integrazione tra immigrati e residenti. Accolti con molta semplicità e cordialità nella loro casa, vi troviamo una coppia di sposi Rom, loro amici da vecchia data. E’ la prima volta che mi trovo a far “salotto”con membri di una popolazione romanì, e la cosa mi è molto gradita. Più tardi  arriva Davide, un giovane della locale comunità Rom, sposato con sei figli (“ma con mia moglie abbiamo deciso di usare la spirale. Non possiamo avere figli ogni volta che facciamo l’amore”. Come voi, anche le nostre generazioni si stanno evolvendo, e non possiamo mettere al mondo tanti figli che poi non riusciamo al allevare come meriterebbero”). Nel mentre contatto telefonicamente i miei amici Bianca e Ignazio che vivono nella città catalana. Senza il minimo indugio acconsentono generosamente di regalare una loro bici di cui necessita  un giovane Rom per recarsi sul posto di lavoro. Il gesto acquista maggior valore, dal momento che tempo addietro avevano subìto un’esperienza negativa da parte di  alcuni rom ancora residenti nel campo nomadi, quella sorta di lager che progressivamente stanno scomparendo. La liberazione dal risentimento aiuta a rimarginare le ferite, oltre che agevolare nuovi incontri e nuovi giudizi.

Come promesso, prima di prendere la strada di ritorno, andiamo a far visita alla famiglia costretta ad allontanarsi contro voglia da Sorso. Assenti i genitori, i ragazzi ci accolgono col muso lungo. Non tardiamo a capire il loro poco entusiasmo di vivere in appartamento. L’aria aperta di campagna in effetti è tutta un’altra cosa. Mentre la sensibile Jennifer esprime a mia moglie il dispiacere di aver dovuto interrompere alcune amicizie nate nella scuola di Sorso, gli scatenati maschietti mi trascinano nel largo terrazzo per tirare qualche calcio al pallone: “ Ma questa volta facciamo piano, pa cariddai! Non vorrei rischiare l’infarto come l’ultima volta”.

Cosa dici, zio Piè, riusciremo ad abitare  a Sorso? Sai, ci stavamo affezionando ai nostri compagni “sorsosi”…..   

” E cosa volete che vi dica, chissà che qualcuno che si distingue e ragiona con la propria testa, non riesca a superare i pregiudizi dominanti e vi dia in affitto una casa in campagna, che sicuramente curerete e dove potrete scorrazzare liberamente senza disturbare i vicini. Ci vediamo presto, comunque.  E tu, ridammi il mio cappello, malandrinozzo che non sei altro!”

Sorso: il Sogno Svanito di una famiglia Rom e il Sogno sempre più lontano di una Nuova Civiltàultima modifica: 2015-03-11T06:30:53+01:00da piero-murineddu
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