Mi girano le ruote (Angela Gambirasio)

di Leo Spanu

Ci sono molti modi per affrontare i problemi seri: io lo faccio scherzando. Sono pazzo? Possibile, anzi probabile ma soffro di una profonda forma di allergia al “buonismo” e al “politicamente corretto”. Non c’è niente di più terapeutico (per me) che smontare il perbenismo ipocrita di tutti quelli, e sono tanti, che davanti alla disgrazie (altrui) assumono l’espressione mistica e sofferta di santo Stefano quando lo usavano come bersaglio per le freccette. Lo confesso, il mio sport preferito è bucare i palloni gonfiati con lo spillo dell’ironia. Leggendo “ Mi girano le ruote” (Edizioni Voltalacarta. Sassari 2013) scopro che non sono il solo anche se Angela Gambirasio ha molti e più validi motivi per combattere i vari tipi di giramento di ruote e di parti meno nobili del corpo umano. Infatti Angela va in giro in carrozzella fin dalla più tenera età. Del perché non mi interessa più di tanto mentre invece mi interessa il come e il dove. Mi interessa capire come una persona con un handicap affronta la vita che per lei sarà sempre in salita. Ma Angela è una donna dotata di fine intelligenza e di un grande senso dell’ironia ( e dell’autoironia) è già queste qualità ne fanno una persona speciale, visto che viviamo in una società dove tutti cercano di adeguarsi a canoni di vita (virtuale) ispirati dalla pubblicità più stupida per diventare tutti uguali come i barattoli di pomodori che escono dalla catena di montaggio. Una laurea in psicologia, un lavoro presso l’Università di Milano, un marito: così si presenta Angela. Un’esistenza apparentemente normale se non fosse per quel “problemino” di “deambulazione meccanicamente assistita” (bella definizione presa dallo stupidario medico).

Così Angela si mette a raccontare le sue esperienze di vita quotidiana. Una scrittura scorrevole e accattivante, un umorismo spesso feroce, un’intelligenza vivace, ferita non tanto dal suo handicap quanto dalla stupidità altrui. “ Mi girano le ruote” infatti è più di un libro che denuncia le storture e le contraddizioni di una società che ha scarsa attenzione per i più deboli malgrado le solenni affermazioni di principio, è la storia di una donna che non si arrende mai, che lotta, che cerca e trova un suo ruolo in una società brutalmente competitiva. Un guerra che non avrà mai fine non tanto per le barriere architettoniche che limitano spazi e movimenti ma specialmente per le barriere mentali delle persone cosidette “normali” che forse non hanno ( compreso lo scrivente) le idee chiare sul concetto di normalità.

Primo ostacolo il linguaggio: una serie di definizioni da confondere anche i compilatori della Treccani. Ma come dobbiamo chiamare questi nostri fratelli e sorelle “figli di un dio minore?” Qui Angela si scatena contro la stupidità umana che in continuazione inventa neologismi incredibili. Esempi? Non vedente, ipovedente: cieco non andava bene? Non udente, diversamente senziente, audioleso (difetti al televisore?): sordo no? Oppure non ambulante (non può piazzare la bancarella nel mercatino del paese?), portatore di handicap (e se uno non lo vuole portare?), inabile, disabile, diversamente abile, diversabile ( ci siamo persi la “mente” per strada). Una gamma di castronerie degne del repertorio di un comico. Quella che preferisco in assoluto è “non auto sufficiente”. Sembra il ritratto di un mio compare che senza la moglie non sa cucinarsi neanche un uovo al tegamino.

Intanto che noi normali siamo impegnati in un dibattito linguistico degno dell’Accademia della Crusca, Angela deve combattere treni con pedane che funzionano quando gli pare e se ne hanno voglia, alberghi con servizi per disabili a misura di abili, vigili urbani che pretendono il dono dell’ubiquità ( lei può sostare in questa zona con la sua carrozzella ma deve spostare la sua macchina), norme e regole scritte da marziani che una volta all’anno vengono in vacanza sulla terra, medici le cui competenze e umanità sono pari all’intelligenza. Cioè zero.

Il libro di Angela Gambirasio è un viaggio un po’ picaresco e un po’ drammatico nella “parte oscura della Forza” ( citazione “colta” da Guerre Stellari !) o, se volete, nell’altra parte dell’esistenza, la periferia dove non andiamo mai perché ci sono cose e persone che preferiamo non vedere e non sentire. Ma non c’è nessuna morale da raccogliere nella storia di Angela. Non credo sia nello spirito e nelle intenzioni della scrittrice. C’è solo, se ne abbiamo voglia, il dovere di conoscere e di capire le ragioni degli altri. Magari potremmo scoprire che la tolleranza e la solidarietà rendono più leggera la vita. Agli altri e a noi.

Articolo pubblicato sul Corriere Turritano nr. 12 de 6/12/2014

Mi girano le ruote (Angela Gambirasio)ultima modifica: 2014-12-07T19:40:08+01:00da piero-murineddu
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