“Il pennello morente” di Giuliano Leonardi

di Piero Murineddu

Inaspettatamente, capita che una sera ci si dà appuntamento con Fabio Melis, il musicista sussincu che continua a stupire le platee col suono dei suoi strumenti musicali, arcaici e moderni.

Col baldo e non più giovanissimo concittadino, eternamente con la barba incolta per scelta, la conoscenza non è stata mai allietata dalla frequentazione, probabilmente perché la diversità d’età non ne ha create le opportunità. Ma comunque, è proprio vero che chi stà in “movimento” ha sempre possibilità d’incontrarsi.

Appuntamento quindi nella casa della quasi 80enne Nuccia, nipote di quel grande artista Giuliano Leonardi ancora troppo sconosciuto ai più, nonostante siano trascorsi oltre vent’anni dalla sua morte. In effetti, il riservato Giuliano non faceva molto per far conoscere in giro la sua capacità di pittore e di scultore: mai organizzata di sua iniziativa una Mostra nei lunghi anni trascorsi a Roma, dove nella sua abitazione-laboratorio in affitto sulla Via Appia conduceva una vita semplice e molto ritirata.

Aveva si realizzato opere importanti, come “La Cavallerizza”, il Monumento a Salvo D’Acquisto, la “Virgo Fidelis”, patrona dell’Arma dei Carabinieri, e tante altre meno note, ma su di lui si è parlato sempre poco. Ed è proprio questo il motivo che ha portato Fabio a chiedermi di vederci in questa casa – museo: conoscerne l’Opera, con l’intento di divulgarla nelle continue e numerose tappe dove porta la sua musica.

Durante il tempo in cui siamo stati insieme a Nuccia in questa antica casa impreziosita dalla presenza artistica dello zio, si è abbozzata la possibilità e il desiderio di fare qualcosa di “concreto”, anche per non correre il rischio che prima o poi tutto questo tesoro artistico vada disperso. 

La gentile e cordiale signora non ha mancato di far vedere all’interessato musicista tutte le opere presenti: busti, quadri di diverse dimensioni, bassorilievi. Gli attestati ricevuti e i ritagli di giornale che parlano degli incontri avuti dal Giuliani con personalità civili e religiose sono ben conservati con meticolosa cura. Da sotto un largo panno colorato, Nuccia sfila qualcuna delle numerose incompiute, non facendo mancare le sue continue spiegazioni. Ben accatastate, vi sono anche centinaia di schizzi delle opere realizzate in un secondo momento dallo zio. Più timidamente, l’ospitale signora accenna anche alle cose da lei fatte dietro stimolo del Leonardi, quando ormai vecchio e ammalato, trascorse in questa casa gli ultimi tre anni della sua vita, usando le residue energie a scrivere e sforzandosi a tenere ancora il pennello in mano. Ecco le sue pitture impresse in quadretti, mattonelle, barattoli e bottiglie. Una festa di colori sgargianti.

Dicevo degli scritti. Prevalentemente a carattere religioso, perchè Giuliano Leonardi aveva una marcata vita interiore, espressa in molte delle sue opere. La pittura e specialmente la scultura sono stati per l’Artista sicuramente i modi a lui più congeniali per esprimersi, ma anche attraverso la penna, pur non ritenendosi  “scrittore” nel senso pieno del termine, ha tentato di comunicare il suo sentire e la sua visione del mondo.

Senza intenzione da parte mia di volerne esaltare  capacità in questo campo, voglio tuttavia porre all’ attenzione un testo che, durante la breve visita nel Museo Leonardi, ha colpito la mia attenzione.

Gli ultimi palpiti di un pennello morente

di Giuliano Leonardi

Preoccupato e con un dolore senza conforto, sento vicina la mia fine.

Da giorni mi vedo abbandonato nella parte confusa nel cassetto pieno di bellissimi colori.

Vedo l’artefice al lavoro, ultimando una Madonnina di soave e gentile espressione.

E’ una delle tante composizioni che giacciono in attesa nello studio.

L’artista le ha create in obbedienza alla fede, trascinato da voleri ignoti come in preghiera.

Tutta la vita è stata consacrata a tale pensiero e nessun ostacolo l’ha fermato.

Nella mia vita a servizio delle sue mani ho potuto sentire il grande spirito dedicato al culto delle sacre rappresentazioni.

Molte volte ho sentito il lamento di una vita avversa trasformato in preghiera.

Io ero felice della sua fede e partecipavo anche al dolore che ne fortificava l’animo.

Per me non mancavano affettuosità, espresse spesso senza parole. Benchè breve, quel tempo fu per me gioioso.

Sempre obbediente al suo pensiero e al movimento delle mani spesso tremanti per la stanchezza.

Il passaggio continuo dei colori per spalmarli sulla tela descriveva l’armonia della bellezza e sentivo grande gioia in me.

Nel riposo della sera sognavo sempre. La Madonnina mi sorrideva e il piccolo Divino Figlio mi prendeva, giocando quasi col pensiero di dipingere sé stesso.

Vedevo il mio artefice lavorare in una grande Chiesa.Era stato sempre il suo sogno consacrare sé stesso in un lavoro gigante che esprimesse la sua fede.

La mattina si sentiva la felice armonia dell’organo, le preghiere dei fedeli, le campane che invadevano l’aria della Voce di Dio.

Ancora visioni, ma tristi. Mi trovavo al lavoro di un altro artefice, terribile confusione di vita, nervosa inquietudine in tutte le manifestazioni di lavoro e di sentimenti privi di fede, alla sola ricerca dell’ignoto pazzesco.

Io trasmettevo sulla tela colori già sporchi dal pensiero, ma esaltati e ben pagati da altrettanti pazzi e sporchi nell’anima corrotta. Mi sentivo umiliato e triste senza colpa.

Nel grande pianto mi svegliai trovandomi nel vecchio cassetto, col vecchio onesto artista che è tutto il mio bene.

Egli, col pensiero di sorridente gratitudine e osservandomi amorevolmente, comprese il mio dolore.

Mi mise da parte affinché morente chiudessi i miei occhi davanti a lui e al suo lavoro sulla Madonnina.

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“Il pennello morente” di Giuliano Leonardiultima modifica: 2014-12-06T18:49:31+01:00da piero-murineddu
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