Messaggio più recente

Certi politici? Ladri di giustizia

“Un progetto politico costruito con le migliori forze in campo ed attuato da persone responsabili, competenti, interessate solo al bene comune e proiettate verso il futuro, senza scheletri nell’armadio, senza tentazioni. Che nessuno possa alzarsi e dire: quella persona, quando ha potuto, attraverso il suo incarico pubblico o le sue conoscenze ha sistemato il figlio, la moglie, il fratello, l’amico, se stessa,come succede spesso nelle nostre amministrazioni, negli enti pubblici, dove è sotto gli occhi di tutti il “miglioramento” di stato del proprio nucleo familiare, la sistemazione di amici e parenti…..”                                (Renato Soru)

 

evoluzioni

Cinque domande e due affermazioni

di Piero Murineddu 

“Attraverso l’incarico pubblico, come spesso succede, ha sistemato i suoi….”Nel pensiero dei più, questa prassi è normale.

Ma come abbiamo fatto ad abituarci alla gravità morale e sociale di questo agire da parte di chi provvisoriamente ha ricevuto la fiducia di altre persone?

Ma siamo consapevoli delle conseguenze catastrofiche nelle aspettative e nelle speranze di tutti, specialmente dei ragazzi, che tale modo di fare provoca?

È una imperdonabile offesa alla Giustizia e alla Solidarietà sociale. È una profonda ferita difficilmente rimarginabile. Un “politico” che sfrutta il suo momentaneo incarico in questo modo, fa un danno tale, che neanche le eventuali cose positive che realizza possono coprire e rimediare.

Che ricordo rimarrà di lui una volta che non avrà più in mano il potere?

Come sarà ricordato, sopratutto dai più che non hanno beneficiato dei suoi favori?

Che esempio di integrità morale avrà lasciato alle generazioni future?

Non ho difficoltà ad affermare che un “politico” che agevola i suoi parenti o semplici sodali è un LADRO, specialmente di Giustizia, anche se magari può essere considerato un benefattore.

Scarpe robuste per camminare nel mondo

scarpe_papa-e1363708757273

di Giovanna Stella

Vedendo il Papa Francesco con gli scarponi, mi si rivitalizza la speranza, la speranza che finalmente la Chiesa inizi ad arricchirsi calandosi nei bisogni veri dell’umanità, che la semplicità diventi norma, che il suo fine sia principalmente l’uomo, il povero, l’ultimo ma anche il primo

La mia speranza è anche che la Chiesa non cerchi tanto di indottrinare i bambini, ma cerchi di rispettare la loro purezza e semplicità, favorendone la libera crescita nella speranza continua

E dove stiamo andando a finire? Rispetto per i “TITOLI” ci vuole !

terra-dei-fuochi-papa-francesco-a-don-patriciello-vai-avanti-cosi

 

di Maurizio PATRICIELLO, prete “antidroga”

 
Signor Prefetto,
sono appena ritornato a casa dopo l’incontro in prefettura di mercoledì 17 ottobre.
Come può facilmente immaginare mi sento tanto mortificato dalle sue parole gridate nei miei confronti e senza motivo davanti a un consesso così qualificato.
Che dirle? Se a me, prete di periferia, è concesso di ignorare che chiamare semplicemente “signora”, la signora Prefetto di Caserta fosse un’offesa tanto grave, non penso assolutamente che fosse concesso a lei, arrogarsi il diritto di umiliare un cittadino italiano colpevole di niente, presente in prefettura come volontario per dare il suo contributo alla lotta contro lo scempio dei rifiuti industriali interrati e bruciati nelle nostre campagne.
Alla fine dell’incontro ho ricevuto la solidarietà di tante persone presenti all’increscioso episodio e la rassicurazione da parte della signora Prefetto di Caserta che non si era sentita per niente offesa da me nell’essere chiamata ” signora”. Forse le sarà sfuggito che lei non era e non è un mio superiore.
Mi dispiace. Tanto. Avrebbe certamente potuto consigliarmi di rivolgermi al Prefetto di Caserta, chiamandola ” signora Prefetto”. Avrei accolto immediatamente il suo consiglio. Invece, con il tono di voce del maestro che redarguisce lo scolaro, e con parole tanto dure quanto inopportune, ha quasi insinuato che il sottoscritto non avesse rispetto per lo Stato.
Scrivo sovente per Avvenire, il giornale che ha il merito di aver portato il nostro dramma alla ribalta della cronaca nazionale. Se vuole può controllare se tra i miei numerosi editoriali c’è una – dico una sola – parola dove non risuona un amore sviscerato per la mia terra, la mia Patria, la mia gente. E un rispetto sofferto per le Istituzioni.
Al contrario, se una cosa mi addolora ( l’editoriale di ieri, martedì 16 ottobre lo conferma ), se una cosa mi addolora, dicevo, è constatare che tante volte è propria la miopia delle istituzioni, la pigrizia di tanti amministratori, il cattivo esempio di tanti politici che fanno man bassa di denaro pubblico, a incrementare la sfiducia e la rabbia in tanti cittadini.
Personalmente sono convinto che la camorra in Campania non la sconfiggeremo mai. Lo dico non perché sono un pessimista. Al contrario. Non la sconfiggeremo perché il “pensare camorristico” ha messo radici profondissime in tutti. Quel modo di pensare e poi di agire che diventa il terreno paludoso nel quale la malapianta della camorra attecchisce.
Come ho potuto dirle in corridoio, io alle mortificazioni sono avvezzo. Spendo la mia vita di prete nella terra del ” Clan dei Casalesi”. La mia diocesi, Aversa, è quella di Don Peppino Diana.
Quante umiliazioni, signor Prefetto. Quante intimidazioni. Quanti soprusi. Quante minacce da parte dei nemici dello Stato o di semplici delinquenti.
Ma io dei camorristi non ho paura. Lo so, potrebbero uccidermi e forse lo faranno. Io l’ho messo in conto fin dal primo momento in cui sono stato ordinato prete.
No, non sono loro che rendono insonni le mie notti. Loro non sono lo Stato. Loro sono i nemici del vivere civile. Loro hanno sempre e solamente torto.
Io credo allo Stato. Alla democrazia. Io credo alla libertà. Io credo alla dignità dell’uomo. Di ogni uomo.
Io spendo i miei giorni insegnando ai bambini, ai ragazzi, ai giovani che non debbono temete niente e nessuno quando la loro coscienza è pulita. Ma aggiungo che bisogna sradicare il fare camorristico sin dai più piccoli comportamenti. Perché tutto ciò che uno pretende in più per sé e non gli appartiene, lo sta rubando a un altro. Perché ogniqualvolta che una persona si appropria di un diritto che non ha, sta usurpando un potere che non gli è stato dato. Tutti possiamo cadere in queste sottili forme di antidemocrazia.
Ecco, signor Prefetto – glielo dico con le lacrime agli occhi – lei stamattina mi ha dato proprio questa brutta impressione. Lei ha calpestato la mia dignità di uomo.
Ha voluto mortificare il prete o il volontario impegnato sul dramma dei roghi tossici?
Ha voluto insegnarmi l’educazione – a 57 anni! – o mettermi a tacere perché già immaginava ciò avrei denunciato?
Le nostre campagne languono, signor Prefetto. I giovani sono scoraggiati. I tumori sono aumentati a dismisura.
La gente muore in questa terra avvelenata e velenosa. Le amministrazioni locali – qualcuno glielo ha ripetuto anche stamattina – non riescono a tutelare i loro territori e la salute dei loro cittadini. E proprio a costoro viene ricordato il dovere farlo. È una serpe che si morde la coda.
Noi abitanti di questi paesi a Nord di Napoli, ci sentiamo prigionieri in questo ” Triangolo della morte” dal quale desideriamo uscire quanto prima, pur sapendo che per tanti di noi i danni alla salute sono ormai irreparabili.
Lo facciamo per le generazioni future. Per andare con serenità incontro a sorella morte quando sarà il momento.
Ci ripensi. In mezzo a tanti problemi in cui siamo impelagati; mentre nei nostri paesi tanta gente scoraggiata non ha fiducia più in niente e in nessuno; mentre la camorra ancora ci fa sentire il suo fiato puzzolente sul collo; mentre i rifiuti tossici continuano ad essere bruciati e interrati nelle nostre terre, il signor Prefetto di Napoli, mette alla berlina un prete davanti a una cinquantina di persone, perché si è rivolto al Prefetto di Caserta chiamandola semplicemente ” signora”, anziché ” signora Prefetto”. Incredibile. Resto, naturalmente, coi miei dubbi.
Ai miei diritti non rinuncio facilmente. Ma, mi creda, cerco a mia volta di non invadere quelli di nessuno.
Purtroppo, stamattina, credo che lei, signor Prefetto, pur forse senza volerlo, abbia maltrattato e rinnegato i miei.
Le auguro ogni bene.

don-patriciello-prefetto

VOTO di SCAMBIO

voto_di_scambio_N

 

di Piero murineddu

Nei giorni scorsi sono venuto a conoscenza dell’arresto del consigliere regionale calabrese Antonio Rappoccio, accusato di aver ideato un metodo truffaldino per essere eletto e per far eleggere una sua sodale. Per la Procura, l’accusa di truffa deriva dal fatto che il politico in questione, insieme agli altri indagati, avrebbe indotto circa 850 persone a iscriversi, versando 15 euro, alla società fantasma “Alicante” e a partecipare, dietro il pagamento di 20 euro, ad un concorso, superando il quale, secondo Rappoccio, avrebbero avuto concrete possibilità di lavoro.

LA PROMESSA DI UN POSTO IN CAMBIO DEL VOTO, quindi.

In questo caso, un lavoro fantasma, perchè la società non esiste.

MA SE FOSSE REALMENTE ESISTITA  E NON CI FOSSE IN MEZZO DENARO ESTORTO,  IL FATTO SAREBBE MENO GRAVE, LEGALMENTE E MORALMENTE?

Voglio toccare quel punto che purtroppo caratterizza il rapporto di buona parte dei cittadini con la politica:

VOTO IL TALE SE ASSICURA A ME O AD UN MIO FAMILIARE UN LAVORO,

oppure un qualsiasi altro tornaconto,e su questo la fantasia può liberamente spaziare. Nel pensare comune, è diventata norma che se vuoi “andare avanti” ti devi rivolgere ad un politico,considerato simbolo di chi ha accesso al Potere. Questa prassi sembra talmente radicata, che ormai ci si è abituati, e la rassegnazione non coinvolge solo la popolazione di scarso livello culturale e di bassa scolarità, sulla quale il politicante senza scrupoli più facilmente può far breccia.

Con la vicenda Rappoccio, i magistrati calabresi tentano di bloccare la prassi usata da una buona percentuale di aspiranti ad accapparrarsi una fetta del potere politico. Grazie a Dio, ogni tanto la Magistratura cerca di ripulire il nostro Paese dal fango morale che lo sommerge.Purtroppo, questo “fango” è alimentato dalla mentalità secondo la quale, per bisogno o per ottenere favori anche illeciti, si continua a baciare le mani al Potente di turno.

La distorsione del pensiero ha raggiunto livelli tali, al punto di considerare “benefattore” colui che ha fatto raggiungere lo scopo richiesto, lecito o meno. Ci si dimentica che dovere primario del Rappresentante Pubblico è quello di lavorare per la Giustizia Sociale e non per concedere favori individuali.

QUAL’E’ IL COMPITO DELLA POLITICA SE NON QUELLO
DI FAR STARE MEGLIO TUTTI INDISTINTAMENTE ?

Nel lavoro immane di pulizia, il Magistrato, seppur tenace e coraggioso, non può essere lasciato solo.Tento di azzardare un’ipotesi….. assurda. Proviamo ad immaginare se in questo Alto Tentativo di far prevalere la Giustizia, ci fosse la collaborazione dei cittadini, sopratutto di coloro che sono ricorsi a questa mercificazione della loro dignità e prendessero coraggio per rinunciarvi e denunciare i gioghi che li legano ai troppi politicanti senza scrupoli, che continuano a trarre profitto da questo bisogno primario, qual’è quello di lavorare per vivere, e questo in modo particolare a livello locale. Il riferimento è anche a molte Ditte e Società che sono costrette a sborsare tangenti ai vari Assessori per poter lavorare.

Sono un sognatore? Può darsi. E forse anche fortunato. Non mi sono mai trovato nella necessità di chiedere “favori” e agevolazioni, sopratutto per scavalcare altri, e non mi sento di giudicare coloro che l’hanno dovuto fare per necessità. I maggiori colpevoli sono i Potenti senza scrupoli che hanno tratto profitto dal Bisogno degli altri e continuano a trarne, avvelenando la convivenza e, cosa ancor più grave, tradendo la speranza dei nostri figli in una Società Giusta e caratterizzata dal Rispetto Reciproco.

Ma ci si rende conto del Grave Danno che tale andazzo provoca?

Si può mai perdonare un Peccato Sociale così grave?

La persona dietro la divisa

download

 

 

di Piero Murineddu

Qualche giorno fa, all’interno dell’abitato di Sorso sono stato fermato da una pattuglia di carabinieri. Dal controllo, è risultato che avevo omesso di effettuare la Revisione dell’auto. Evidentemente, con occhio esperto (e perchè probabilmente di buon umore!), hanno capito che non si trattava di furbizia per contravvenire alla legge, ma semplicemente di una dimenticanza in buona fede, per cui hanno evitato la multa più il ritiro del libretto, raccomandando di presentarmi quanto prima nella locale caserma per presentare la prova dell’idoneità dell’auto alla circolazione, cosa che non ho mancato di fare in giornata.Ho constatato così che non tutte le forze dell’ordine preposte alla sorveglianza stradale, ma non solo, sono intenzionate ad accanirsi nei riguardi di coloro che compiono infrazioni. Nell’immaginario collettivo c’è il Vigile urbano sempre col taccuino pronto, quasi impaziente di compilare verbali per rimpinguare le sempre magre casse comunali. Evidentemente però, è necessario fare delle distinzioni, e riconoscere che dietro una divisa c’è sempre una persona che vive situazioni comuni a tutti, e quindi con capacità di comprensione e di immedesimazione. Naturalmente ringrazio i due carabinieri per avermi evitato disagi e, sicuramente, un lungo malumore.

La politica riacquisti il suo originario e alto valore

democrazia-partecipata-2

di Piero Murineddu

Ascoltando gli umori della gente, molto spesso capita di constatare il basso livello del sentire comune nei confronti della politica. Nel disorientamento generale, ancora di più si cerca il “politico” quasi esclusivamente per il proprio tornaconto personale e familiare. È ancora possibile invertire la marcia e credere che la politica riacquisti il suo originario e alto valore? Io credo di sì, a condizione che ciascuno riprenda in mano la responsabilità della partecipazione e del bene comune. Belle parole, dirà qualcuno. Ma piccoli segni di controtendenza, ogni tanto se ne intravedono. A Sorso, grazie anche alla presa di posizione di chi era contrario, il Comune ha rinunciato alla realizzazione di astrusi parcheggi interrati nel centro cittadino.

sorso, municipio

E ancora. Vista l’assenza di un parco attrezzato di giochi e il mancato ripristino di quello esistente, lasciato distruggere per mancanza di cura e controllo, si sta organizzando una raccolta di firme per ottenere quanto di diritto. È necessario responsabilizzare i cittadini alla partecipazione, in modo diversificato e fantasioso. Questionari, serate a tema, porta a porta, volantinaggi, interventi nelle scuole, occupazioni simboliche, “scioperi alla rovescia” … Penso a Danilo Dolci, che 60 anni fa organizzò i disoccupati in un paese siciliano per recuperare una strada in abbandono. Utopia? A Sorso la fontana de “La Billellera” è da tempo inaccessibile. E se coloro che ritengono inaccettabile questa chiusura, decidessero di organizzarsi per garantirne l’apertura, magari facendo dei turni per la custodia?

Sorso – Il Comune e i fondi per il culto alla Vergine “Noli me tollere”

 

noli me

di Piero Murineddu

Apprendo che la giunta comunale di Sorso ha stanziato 5.000 euro di contributo straordinario per il comitato della Madonna di “Noli me Tollere”, festeggiata in questi giorni. Non so se tale decisione sia legata al recente sfregio arrecato alla scultura mariana situata presso la spiaggia, magari come….riparazione (“spirituale”, intendo). Chiedo scusa per la presunzione, ma penso che Maria di Nazareth preferirebbe che tale somma, seppur piccola, contribuisse alla realizzazione, per esempio, di un parco giochi qui a Sorso, che possa donare momenti di felicità ai tanti bambini e genitori che lo stanno aspettando, un diritto per troppo tempo disatteso. Ma si sa, ingraziarsi la “religiosità popolare” fa comodo al Potere di turno.

processione

Lungi da me il voler offendere la sensibilità di qualcuno, ma veramente è mia convinzione che Colei che ha dato alla vita il Giusto per eccellenza, più che devozionalismi il più delle volte sterili, desidererebbe maggiormente che coloro che si ritengono suoi devoti, dedicassero la loro volontà e i loro sforzi a costruire rapporti fraterni e strutture di giustizia e solidarietà. Il vero e grave “sfregio” e sacrilegio non lo si fa alle statue o alle cose, ma piuttosto quando non si ha attenzione e rispetto per le persone, specialmente quelle che soffrono e patiscono di più. Senza giustificare nessuno, penso anche che il “balordo” che ha sfregiato la scultura, faccia parte di quella categoria di persone in un certo qual senso ferite dalla vita, a cui sicuramente la Mamma celeste non fa mancare il suo sguardo tenero e misericordioso.

madonna

Funerali negati nelle domeniche di Quaresima

banco vuoto

Il funerale negato in domenica di Quaresima da parte di una delle due parrocchie di Sorso, paese sardo dove vivo, mi dà lo stimolo per divulgare  la LETTERA APERTA ALLA CHIESA firmata da un nutrito gruppo di religiosi e laici.

Gesù Cristo ci ha proposto una strada di Giustizia e di Felicità, mentre noi la imprigioniamo in una rete di fredde norme e di legalismo. E’ da questa visione anacronistica che è nato il divieto per la celebrazione del funerale. Grazie a Dio, come contrappeso all’inaccettabile diniego, il funerale è stato celebrato nell’altra parrocchia del paese, dove addirittura è stato permesso al Pastore della locale comunità evangelica di parlare all’Assemblea, in segno di Accoglienza e di gioiosa fraternità cristiana. Piccoli passi per far cadere le barriere ideologiche e religiose e per agire in coerenza alla Buona Novella annunciata.

 

Lettera aperta alla Chiesa italiana

 

Rifacendoci alla tradizione più antica della comunità credente, che per comunicare usava lo stile epistolare, anche noi abbiamo pensato di scrivere una lettera aperta alla chiesa italiana. La trama principale delle nostre inquietudini è espressa dal testo della lettera alla chiesa di Efeso: “Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio”. Abbiamo sempre pensato che questo fosse vero; abbiamo sempre pensato che la nostra condizione di donne e uomini credenti ci rendesse concittadini nella storia di tutti e familiari con il Mistero. Abbiamo sempre pensato che la nostra fede ci facesse responsabili nei confronti della vita di ogni creatura e dei difficili parti storici, sociali, economici, culturali e spirituali che la comunità umana vive da sempre. Abbiamo sempre pensato anche, che proprio perché siamo familiari di Dio, non siamo esenti dal vivere sulla nostra pelle le fatiche che ogni popolo fa per poter essere popolo degno e libero. Ma oramai, da molto tempo, ci sembra che questo non sia tanto vero, e soprattutto, con tristezza diciamo che forse nessuno ci chiede ed esige questa familiarità con il Mistero e questa solidarietà con la storia.

La struttura ecclesiale infatti sembra più preoccupata a guidarci che a farci partecipare e soprattutto a farci crescere.

Le nostre comunità cristiane appaiono più tese a difendere una tradizione che a vivere una esperienza di fede.

Noi sappiamo come diceva Paolo alla sua comunità di Corinto, che abbiamo il diritto di essere alimentati con parole spirituali e con un “nutrimento solido” (Cfr. 1Cor 3,1-2), e invece

ci sentiamo trattati come persone immature, come se non fossimo responsabili delle nostre comunità, ma solo destinatari chiamati a obbedire a ciò che pochi decidono ed esprimono per noi.

E proprio in questo odierno contesto storico di grande fatica ma anche di grande opportunità per tutti i popoli, e dunque anche per la nostra società italiana, sentiamo che la chiesa è lontana da questa fatica quotidiana dell’umanità. E che quando si fa presente, lo fa solo attraverso analisi , sentenze e a volte giudizi, che non ascoltano e non rispettano le ricerche e i tentativi che comunque la società fa per essere più autentica e giusta.

Ci sembrano sempre più vere le parole di Gesù nel Vangelo: “Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito” (Mt 23,4). Noi non vorremmo essere collusi e complici di questo stile di vita, perché come credenti concittadini dei santi e familiari di Dio, sappiamo quanto è difficile sospingere la storia verso la pienezza della vita. Sappiamo anche che è difficile essere coerenti, ma lo vorremmo essere perché la coerenza oggi, sarà possibilità di vita per tutti. Perché condividere quello che abbiamo e non il sovrappiù, curarci dalle nostre ferite interiori,separarci da tutti quegli stili di vita che invece di includere escludono e invece di far crescere recidono, non è semplice ma è possibile, soprattutto quando nasce da una ricerca comune, dove ciascuno può suggerire qualcosa, dove ciascuno può condividere la sua visione del mondo e soprattutto la sua esperienza di Dio. Ma noi non ci sentiamo sostenuti nel far questo e l’esempio che abbiamo dalla chiesa ufficiale è, la maggior parte delle volte, quello di pretendere riconoscimenti e di difendere propri interessi, immischiandosi in politica solo per salvaguardare i propri privilegi.Vogliamo essere popolo che cerca davvero di fare esperienza di Gesù, di quel Gesù che ispirava sogni di vita, che ispirava desideri di cambiamento. Quel Gesù che riusciva a far sognare anche chi conosceva solo disprezzo, o chi comunque veniva giudicato peggio di altri ed emarginato. Ci domandiamo come mai ci dicono di essere obbedienti al magistero senza chiederci di essere fedeli a questo sogno bellissimo di una umanità composta da “ogni lingua, razza, popolo, nazione” (Cfr. Ap 7,9).

Perché ci viene chiesto di essere credenti che devono obbedire e difendere la verità e non ci dicono invece che la Verità è più grande di noi e per questo va ricercata costantemente, ovunque e con tutti?

Allora è per questo che vorremmo offrirvi queste nostre riflessioni, vorremmo che la chiesa ripensasse le sue strutture di comunità, e soprattutto la propria struttura gerarchica e i suoi rapporti con la società. Noi vorremmo che si rifiutasse ogni privilegio economico e soprattutto vorremmo che l’economia delle strutture ecclesiali non fosse complice della finanza e delle banche che speculano con il denaro a scapito del sudore e del sangue di individui e intere comunità, praticando un indebito sfruttamento, non solo delle risorse umane, ma anche di quelle naturali. Queste, in breve, sono alcune delle nostre inquietudini che condividiamo con tutti i credenti, perché “la Vita si è manifestata e noi l’abbiamo contemplata, vista, udita, toccata con le nostre mani” (Cfr. 1Gv 1,1-4) e di questo vorremmo rendere testimonianza. Ci impegniamo a cominciare un processo di autocritica e critica costante, per aiutarci a vivere e crescere insieme, come comunità di credenti ma anche come compagni e compagne di cammino di tutti coloro che – tra evoluzioni, rivoluzioni e rivelazioni- fanno di tutto per rendere la storia più bella, solidale e giusta.

Giuliano Roggio, pittore

di Piero Murineddu

Ogni qualvolta  ho l’opportunità (e l’onore!) di entrare in quello che fu il “sacro tempio” dello studio  e ricerche varie compiute dall’indimenticabile Amico Petronio, cerco di farlo con estrema delicatezza. In quella piccola stanzetta sento un profondo rispetto per le interminabili ore che il Nostro vi trascorreva leggendo, annotando, catalogando. Vi si trova veramente di tutto. Avevo già parlato di questo, specialmente nei filmati realizzati per onorarne la memoria, ma  quando saltuariamente vi metto piede, scopro sempre cose nuove.

Questa  volta vi ho trovato una sorta di curriculum  artistico del pittore Giuliano Roggio. Qualche tempo fa, insieme all’amico Gianmario Urgeghe stavamo progettando di fare congiuntamente un lavoro di ricerca su di lui, ma per una serie di motivi la cosa venne accantonata. Avevo anche preso contatto con alcuni familiari dell’artista scomparso nel 1999, ma per trascuratezza soprattutto mia, il progetto non aveva finora preso forma.

Purtroppo, le pagine dattiloscritte che ho trovato non portano firma, per cui non sono in grado di dire se l’autore è lo stesso Petronio. Se qualcuno è in grado di attribuirne la paternità, lo faccia cortesemente sapere.

Colgo l’occasione per ringraziare ancora  la moglie di Petronio, Gavina Demurtas,  la cui estrema gentilezza  e disponibilità permette di farci conoscere il grande lavoro di ricerca compiuto con passione ed estremo impegno dal marito.

000_0007

GIULIANO ROGGIO nasce a Sorso (SS) il 6 ottobre 1935. Ha frequentato l’Istituto d’Arte di Sassari, avendo per maestri Stanis Dessì e Filippo Figari.

Trasferitosi a Cagliari nel 1955 per ragioni di lavoro, si è subito inserito nel mondo pittorico formando un gruppo di quattro artisti, i quali hanno esposto le loro opere nella Galleria “Studium” nel 1963. Di lui Ciusa Romagna ha scritto: “Giuliano Roggio è ancora acerbo, per questo si tiene troppo fedele a modelli della passata pittura. Ha le possibilità per poter sviluppare un proprio discorso e i passi senza modelli non dovrebbero essergli difficili” (L’Unione Sarda, 1963).

La lezione di Ciusa Romagna gli è servita, infatti nel 1964, staccatosi dal gruppo dove certe espressioni lo condizionavano, Roggio nella sua prima personale viene così descritto: “Oggi che l’astruso e il cerebrale danno la facile patente di artisti, Roggio ha optato per una strada meno clamorosa ma più efficace e sincera. La sua pittura scorre limpida, ricca di colore e di sentimento. A qualcuno questo non piacerà perché non potrà parlare di artista “à la page”, non potrà trovare in lui l’inventore peregrino, il contestatore strampalato. I più invece scopriranno un artista” (Paolo Pais, Il Tempo).

Nel 1965 continua a dipingere assiduamente senza proporre le proprie opere al pubblico.

Nel 1966 partecipa per invito al concorso di Pittura organizzato dalla Città di La Maddalena, in occasione del Bicentenario della sua fondazione. Hoder Claro Grassi scrive di lui sul Giornale d’Italia: “E’ stato premiato un vero artista che in un futuro prossimo verrà sicuramente riconosciuto come tale”.

Nel 1969 il critico d’Arte del quotidiano Il Tempo scrive di lui: “ Onesto, pulito, già in possesso di una personale cifra stilistica, dove la partecipazione del colore inteso come materia, partecipa al discorso e alla formazione del pensiero tradotto in pittura” (Hoder Claro Grassi). Nello stesso anno espone a Fiuggi e l’anno dopo si reca a Montecarlo e Nizza, sulla Costa Azzurra, dove espone lle proprie opere ottenendo lusinghieri successi.

Rientrato in Sardegna, espone a Porto Cervo.

Nel 1971 partecipa alla 7° Mostra Nazionale di Grafica e Pittura, organizzata dalla città di Iglesias, dove fanno spicco gli artisti già affermati come Saetti, Viani, De Chirico, Brindisi, Corpora, Cesetti, Zigaina.

Nel 1972 conosce il pittore e gallerista Adeodato Ciotti, che stimandolo come artista, instaura con lui una solida amicizia, organizzando per lui una mostra nella propria galleria, a Rieti. La mostra ha avuto un successo clamoroso, infatti Roggio ha venduto tutti i 30 quadri esposti, facendo si che la critica sui quotidiani Il Messaggero e Il Tempo gli attribuisse l’appellativo di Promotore del Neofiguratismo Sardo.

Nel 1973 propone una sua personale a Cagliari alla Galleria degli Artisti. I temi sono dei più attuali, incentrando il proprio discorso sull’ecologia. “In un processo graduale, ma vivacemente puntualizzato, Roggio affronta oggi il tema ecologico, non un’indagine spietata portata all’urlo ed alla protesta, ma la tristezza dinanzi alla miseria di una natura deturpata dall’uomo. Paesaggi illanguiditi dalla presenza di inutili residui della nostra civiltà consumistica” (Paolo Pais)

Nel 1974 viene invitato a presentare le proprie opere in occasione dell’inaugurazione di una nuova filiale della Renault. Di lui il critico de La Nuova Sardegna dice: “I quadri esposti sono sorprendenti per la freschezza e la sintesi che li caratterizzano. I pescatori che tirano le reti a terra,risolti con spatolate sapienti ed efficaci, finiscono di essere figure per diventare veri e propri simboli”.

Il critico d’Arte de L’Unione Sarda in relazione alla stessa mostra, scrive:” I colori sono quelli che altri hanno analizzato: blu e celesti,bianchi e grigi su fondi rossi e marrone, guidati da una lieve spatola, a creare tutto calcinoso e sfuggente. Ma quello che più colpisce e commuove è la presenza dell’uomo, romito contro l’immenso mare in burrasca, con la sua barca “hemingweiana” o in folla con altri (ugualmente chiuso in sé stesso) a lottare contro la natura avversa che attende però l’evento di luce e la bonaccia, non essendo smarrita la memoria del sole”.

Sempre nel 1974 espone alla Galleria degli Artisti e il giornalista della RAI Dino Sanna di lui scrive:”Una tematica nuova almeno per noi, quella dell’avvelenamento dell’ambiente naturale. Era una tappa obbligata per Roggio paesaggista di paesaggi belli. Ora che questi non ci sono quasi più, presenta quelli inquinati. Il problema era trovare un equilibrio fra immondizie e l’attrazione pittorica. E’ riuscito a risolverlo bene ed il discorso è appena agli inizi”.

Nel 1975 espone ad Assemini nelle sale de “Il Grillo”, ritrovo mondano della Cagliari bene. Il Tutto Quotidiano gli dedica ampio spazio con lusinghieri apprezzamenti. Sempre nel 1975, la Renault dopo il successo della precedente mostra, invita ancora l’artista ad una nuova esposizione.

Nel 1976 presso la Galleria d’Arte Moderna “L’Arco”, gli viene organizzata una mostra personale nella sua cittadina d’origine. Sulla rivista “Sardegnavanti” il critico d’arte dice di lui: “ La traduzione in arte di ciò che offre la vita dà alla sua opera una straordinaria forza di comunicazione, di partecipazione. Ma ciò che più conta dell’ultima fatica pittorica di Roggio é lo sforzo dell’artista per dare ad ogni cosa un fondamento esistenziale, in cui il tempo,ovvero le condizioni socio-culturali in cui si muove l’artista appaiono in tutta la loro verità”. Sulla stessa mostra, il critico de La Nuova Sardegna dice:” L’artista è sempre nel centro del quadro e si abbandona trasportato dal flusso delle memoria. Questa sua avvertibile partecipazione irradia sulla tela una pacata luce poetica nel cui giro cromatico si disegnano le figure.

Alla fine del 1976 si trasferisce con la famiglia in provincia di Torino, deluso com’è dall’incomprensione e dalla speculazione che ruota intorno ai pittori. Sospende le sue esposizioni e dipinge solo per se stesso perché ciò è la sua vera ragione di vita. S’impegna politicamente e partecipa vivamente allo sviluppo del piccolo centro in cui abita, Cumiana.  Invitato dal Centro Culturale di Villa Venchi organizza nell’ottobre 1977 una sua personale, nella quale occasione Giulio Da Milano nel quotidiano La Stampa scrisse:” Fornito di grandi capacità artistiche

potuto constatare un’attualità espressiva, ovvero le condizioni socio – culturali in cui l’artista opera”.

Il suo impegno politico lo porta a dipingere presso i locali dell’Arci di Cumiana un Murales, sintesi di una delle tanti stragi naziste nell’ultima guerra. Come tutti gli artisti, ogni tanto si estranea e ricomincia a dipingere solo per se stesso, salvo poche eccezioni in cui invia a diverse manifestazioni le sue opere.

Nel 1982, tornato in Sardegna, si dedica allo studio dei monoliti, elementi nei quali l’artista intuisce il carattere inteso come fierezza e cultura del suo popolo dal quale possiamo dire non si è mai completamente staccato, tanto che in una sua mostra nel 1985, allestita presso il Centro Culturale di Sorso, egli si presenta da solo, spiegando il perché del monolito: “Elemento che popola la costa Nord della nostra isola, s’innalza maestoso e severo, immenso nel giallo assolato delle stoppie. Silenzioso essere di pietra, che canta lamenti accompagnati dal vento. Questi monoliti ho voluto dipingere, immergendomi in tutta la loro silenziosa solennità, cercando di capirne il loro millenario tormento, il lavorio del vento che soffia,il battere cocente del sole ed il martellare della pioggia, che incidendoli ricavano da essi, con sintesi efficace, figure di arcaica bellezza, dando loro un’anima in un corpo mai vissuto”. Nello stesso anno l’Azienda di Soggiorno de La Maddalena lo invita ad esporre nella sua Galleria.

Nel 1986 espone a Cagliari alla Galleria degli Artisti e gli viene dedicato un ampio spazio nella pagina culturale della RAI. Nello stesso anno espone alla Galleria Ars di Sassari, ottenendo ancora lusinghieri successi.

Nel 1988 il Comune di Sorso organizza per lui una mostra con la partecipazione dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione.

Nel 1990 ancora su richiesta del Comune di Sorso  espone presso i locali del Centro Culturale.

Le sue opere si trovano presso collezioni pubbliche e private in Italia, Germania, Svizzera, Usa, Spagna, Venezuela e Svezia.

QUELL’ASSORDANTE PIMPUMPAM NATALIZIO

illuminazioni-di-natale

di Piero Murineddu

Albero, luci ad intermittenza, stelline, presepi caratteristici e fantasiosi,fiocchetti, candeline, zampone, spumante, panettoni, regalini, cibo abbondante,brindisi, spari, concerti che hai l’imbarazzo della scelta,riunioni di famiglia, tombolate e …pimpumpam allegria, allegria! Nel sentire comune,l’augurio di “Buon Natale” fa riferimento sopratutto a questi elementi. Guai mostrare insoddisfazione personale e ancor peggio depressione. Sarebbe fuori luogo e alquanto sgradito. Il buonumore e i sorrisi, seppur forzati, sono d’obbligo, ed è categorico l’obbligo di entrare nel vortice di spensieratezza,col buonismo d’occasione imposto, seppur il più delle volte irritante.
Ma in tutto questo trambusto, c’è spazio per Colui di cui festeggiamo il Compleanno?E’ difficile che questo evento ripetuto ogni fine dicembre incida nel resto dell’anno. a fatica si pensa che quel “Gesù Bambino” che ci riempie di tenerezza è lo stesso che è stato fatto fuori dai potenti di allora in modo atroce, perchè aveva il coraggio di smascherare i “sepolcri imbiancati”,che condivideva la sorte dei più derelitti,era accogliente verso i peccatori e e le persone emarginate dai benpensanti,che divideva quello che era e che aveva con gli altri,che invitava a non abbassare la testa davanti ai prepotenti,a non rassegnarsi davanti ai soprusi e a lottare in modo nonviolento per il raggiungimento della giustizia,che non prometteva un consolatorio paradiso futuro, ma che ha insistito nel dire che un Regno di Pace e Uguaglianza dobbiamo costruirlo su questa terra, impegnandoci negli anni che son dati a ciascuno di vivere. E noi a cantare al Bambinello la mielosa NINNA NANNA, pretendendo di mettere a tacere le sue grida inespresse che vogliono richiamarci a svegliare le nostre coscienze e a diventare finalmente operatori di VERA GIUSTIZIA, RISPETTOSI DELLA NOSTRA E ALTRUI VITA, RISPETTOSI DELLA NATURA E COSTRUTTORI DI UN MONDO REALMENTE UMANO. Passando in una chiesa e vedendo un presepio dove al posto del solito Bambinello pafutello e sproporzionato, era appoggiato il Vangelo, ho pensato che questa Ricorrenza diventa significativa se c’è la volontà e l’impegno di ciascuno di ripercorrere la Traccia da Lui segnata. Auguri

orme1