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CARNEVALI ANDATI

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di Piero Mu.

Uno che guarda queste due foto, può rimanere colpito da un particolare, mentre un altro può essere attratto da qualcosa di diverso. Chiunque, che abbia o meno partecipato a questi due eventi carnevaleschi organizzati dal Falesi siciliano e da tutta la giovinaglia che era riuscito a riunire intorno a sé, guardando queste due immagini potrebbe ricordare qualche fatterello a loro legato oppure esprimere la personale reazione nel vedere l’esuberanzadi questi giovani sussinchi di allora – “esuberanza” specialmente da parte dei chirurghi con mascherina, meno degli altri, in verità – .

Ciò detto, vi dico da cosa sono colpito io. Lo vedete quel qiovanetto che se la sfila a braccetto con l’amica? No, non quello a sinistra. Quello più avanti, a destra. Individuato? Orbene, quello sono io. Cosa mi colpisce? Ingrandendo la foto, mi accorgo che tra l’indice e il medio della mano sinistra tengo – pensate un po’ – una sigaretta, fumazzata con tanta disinvoltura e apparente nonchalance. No, non era nè MS, nè Nazionali, nè Esportazione,nè Alfa, nè Gitanes, nè Gauloises, nè “Murduress”, nè “Il fumo nuoce gravemente alla salute, nè – più esplicitamente – “Il fumo uccide”….. Era semplicemente una sigarettina – il più striminzita possibile – che mi preparavo io. Senza metterci dentro – e credetemi, santiddio! – nient’atro che non fosse tabacco, s’intende. Sicuramente, è una delle ultime folate micidiali che ho introdotto nei polmoni.

Embè – potrebbe obiettare qualcuno – e questo cosa c’entra col Carnevale che sta’ impazzando (si fa per dire, specialmente a Sossu)? Cosa c’entra? Niente. L’ho voluta dire e l’ho detta. Se ti va, dì la tua, magari più attinente alle foto e …. al Carnevale che in questi giorni sta’ impazzando, a Sossu mica tanto.

Comunicare per crescere

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Comunicazione vera o cos’altro?

di Piero Murineddu

Le lettere di tal Francesco Manai di Bonorva, che saltuariamente vedo ospitate nelle pagine de La Nuova Sardegna, il più delle volte mi trovano d’accordo, e anche in questo caso, salvo alcuni passaggi, l’essenza del suo pensiero lo condivido. E’ innegabile che la comunicazione diretta (in “carne e ossa”, ma anche con espressioni, col gesticolare, col tono della voce, con l’atteggiamento di ascolto, vero o apparente che sia……) rimane sempre quella più completa e vera, ma anche le altre forme sono utili allo scopo, che è quello di condividere all’esterno il nostro mondo interiore.Dico utili, o almeno possono esserlo. L’importante è che l’interesse a comunicare ci sia ancora, sempre che non lo si voglia fare per esibire particolare eloquenza o capacità di elaborare dei concetti più o meno intelligenti. Se si crede ancora che io posso dare qualcosa agli altri e gli altri possono arricchirmi e aiutarmi a rivedere o correggere certe mie posizioni, la cosa può avere sicuramente valore.

Veniamo quindi alla lettera.
Ognuno è “solo” col suo computer, col suo cellulare….“. Indubbiamente nel momento non può essere che così, ma quel momento di “solitudine” potrebbe aiutare a riflettere e quindi a comunicare  meglio ciò che passa per la testa. Ho detto potrebbe, e lo sottolineo anche. Lo scrivere correttamente e in modo comprensibile, è segno di rispetto, per gli altri e principalmente per sè stessi. Giustamente ci si aspetta che anche l’interlocutore faccia altrettanto, ma non sempre i fatti corrispondono alle aspettative. Dico questo perchè oggi abbiamo a disposizione una fonte di informazioni e un mezzo di comunicazione fino a ieri inimmaginabile, qual’è lo web.  Sta’ a noi utilizzarlo al meglio.

Come già detto, nella comunicazione diretta, interpersonale o pubblica, vi sono tutti gli elementi perchè l’incontro tra persone sia più vero, per costruire insieme, certamente, ma anche per trasmettere il proprio pensiero davanti a chi ha giudizi diversi dal proprio.

Nel breve testo del Manai intravedo una nostalgia, un rimpianto per un qualcosa in cui ai nostri giorni è sempre più difficile imbattersi, specialmente nei nostri paesotti di provincia: assemblee dove la gente si riunisce, non tanto per ascoltare un oratore esperto in un qualsiasi campo, quanto per costruire ponti di dialogo. Per chi ha una sensibilità per l’aspetto “spirituale” dell’esistenza, momenti assembleari fissi sono rimasti soprattutto i riti religiosi, ma bisogna riconoscere che non sono proprio luoghi di interscambio dialettico, cosa che considero un’opportunità persa. Rimanendo in ambito “religioso”, nelle parrocchie non mancano incontri biblici, di preparazione al matrimonio o di altro genere, ma i partecipanti rimangono solo quelli strettamente interessati. Sarebbe non solo bello ma anche molto costruttivo e sicuramente edificante se anche nelle normali funzioni domenicali, a volte frequentate saltuariamente da persone “di passaggio”,  ci fosse uno spazio per lo scambio dialettico tra i presenti (per esempio, riflessioni condivise e impegni comuni….). E sarebbe anche un segno importante che la “fede” non è avulsa dal vissuto reale delle persone. Sarebbe prova concreta che certe adunanze sono momenti di vero incontro, e l’incontrarsi comporta il mettere in comune sentimenti, pensieri,parole, aspettative,atteggiamenti…….
Sui “segni positivi sul piano economico occupazionale” visti dal Manai, meglio lasciarli al giudizio dei troppi che continuano a sbattersi per arrivare alla fine del mese. Sicuramente, come anche da lui auspicato, il lavoro per recuperare  la sempre più sbiadita e afona identità culturale è più che mai urgente e necessario.

 

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La vecchia, la cassiera e …l’ecologia

Mi scuso per non essere in grado d’indicare la fonte di questo bellissimo raccontino

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Alla cassa di un supermercato una signora anziana sceglie un sacchetto di plastica per metterci i suoi acquisti.
La cassiera le rimprovera di non adeguarsi all’ecologia e le dice:
“La tua generazione non comprende semplicemente il movimento ecologico. Noi giovani stiamo pagando per la vecchia generazione che ha sprecato tutte le risorse! ”

La vecchietta si scusa con la cassiera e spiega:
“Mi dispiace, non c’era nessun movimento ecologista al mio tempo.”
Mentre lei lascia la cassa, affranta, la cassiera aggiunge:
” Sono persone come voi che hanno rovinato tutte le risorse a nostre spese. E ‘ vero, non si faceva assolutamente caso alla protezione dell’ambiente nel tuo tempo.”

Allora, un pò arrabbiata, la vecchia signora fa osservare che all’epoca restituivamo le bottiglie di vetro registrate al negozio. Il negozio le rimandava in fabbrica per essere lavate, sterilizzate e utilizzate nuovamente: le bottiglie erano riciclate. La carta e i sacchetti di carta si usavano più volte e quando erano ormai inutilizzabili si usavano per accendere il fuoco. Non c’era il “residuo” e l’umido si dava da mangiare agli animali.
Ma noi non conoscevamo il movimento ecologista.

E poi aggiunge:
“Ai miei tempi salivamo le scale a piedi: non avevamo le scale mobili e pochi ascensori.
Non si usava l’auto ogni volta che bisognava muoversi di due strade: camminavamo fino al negozio all’angolo.
Ma, è vero, noi non conoscevamo il movimento ambientalista.

Non si conoscevano i pannolini usa e getta: si lavavano i pannolini dei neonati.
Facevamo asciugare i vestiti fuori su una corda.
Avevamo una sveglia che caricavamo la sera.
In cucina, ci si attivava per preparare i pasti; non si disponeva di tutti questi aggeggi elettrici specializzati per preparare tutto senza sforzi e che mangiano tutti i watt che Enel produce.

Quando si imballavano degli elementi fragili da inviare per posta, si usava come imbottitura della carta da giornale o dalla ovatta, in scatole già usate, non bolle di polistirolo o di plastica.
Non avevamo i tosaerba a benzina o trattori: si usava l’olio di gomito per falciare il prato.
Lavoravamo fisicamente; non avevamo bisogno di andare in una palestra per correre sul tapis roulant che funzionano con l’elettricità.
Ma, è vero, noi non conoscevamo il movimento ambientalista.

Bevevamo l’acqua alla fontana quando avevamo sete.
Non avevamo tazze o bottiglie di plastica da gettare.
Si riempivano le penne in una bottiglia d’inchiostro invece di comprare una nuova penna ogni volta.
Rimpiazzavamo le lame di rasoio invece di gettare il rasoio intero dopo alcuni usi.
Ma, è vero, noi non conoscevamo il movimento ambientalista.

Le persone prendevano il bus, la metro, il treno e i bambini si recavano a scuola in bicicletta o a piedi invece di usare la macchina di famiglia con la mamma come un servizio di taxi 24 h su 24. Bambini tenevano lo stesso astuccio per diversi anni, i quaderni continuavano da un anno all’altro, le matite, gomme temperamatite e altri accessori duravano fintanto che potevano, non un astuccio tutti gli anni e dei quaderni gettati a fine giugno, nuovi: matite e gomme con un nuovo slogan ad ogni occasione.
Ma, è vero, noi non conoscevamo il movimento ecologista!

C’era solo una presa di corrente per stanza, e non una serie multipresa per alimentare tutta la panoplia degli accessori elettrici indispensabili ai giovani di oggi.
Allora non farmi incazzare col tuo movimento ecologista!

Tutto quello che si lamenta, è di non aver avuto abbastanza presto la pillola, per evitare di generare la generazione di giovani idioti come voi, che si immagina di aver inventato tutto, a cominciare dal lavoro, che non sanno scrivere 10 linee senza fare 20 errori di ortografia, che non hanno mai aperto un libro oltre che dei fumetti, che non sanno chi ha scritto il bolero di Ravel…( che pensano sia un grande sarto), che non sanno dove passa il Danubio quando proponi loro la scelta tra Vienna o Atene, ecc.

Ma che credono comunque poter dare lezioni agli altri, dall’alto della loro ignoranza!”

 

 

 

 

Cosa significa essere genitore di un portatore di handicap,anzi,due

di Piero Murineddu

E’ con molto piacere e con senso di gratitudine che ospito questa testimonianza di Antonio Catta, ex vigile urbano in pensione di Sennori e padre di Maria e Giuseppe, due giovani e, da quel che mi dicono, dinamicissimi disabili che eccellono nelle discipline sportive che li vedono impegnati pressoché quotidianamente. Antonio ci fa un racconto toccante ed appassionato di ciò che comporta accompagnare  i propri figli ad acquisire giornalmente la loro individuale autonomia, aiutandoli a crescere e nel contempo crescendo con loro. Una coppia e una famiglia che con tenacia, seppur in mezzo ad inevitabili difficoltà e forse incomprensioni, riescono a trasformare giornalmente una “debolezza” in sicura forza. Antonio e Maria Agostina sono riusciti a non chiudersi in quella che comunemente viene considerata una “disgrazia”, qual’è il dare al mondo dei figli  “con problemi”. Con il loro carattere e sicuramente con alto senso di fiducia, oltre che cercando e trovando il sostegno di altre famiglie, sono riusciti e continuano ad essere un esempio per noi tutti.

Invito a leggere con attenzione le parole di Antonio.

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Prendiamo esempio dal coraggio dei nostri figli

di Antonio Catta, insieme alla moglie Maria Agostina

Cosa significa essere genitore di un portatore di Handicap? Vuol dire vivere certamente delle situazioni difficili, a volte di grande sofferenza e a volte di grande gioia, ma vuole anche dire la possibilità di trasformarla questa sofferenza, dar possibilità ad altri di conoscere e di emozionarsi per qualcosa di sconosciuto, e anche ribaltare concetti radicatisi nel tempo. Tutto questo per noi avviene nella quotidianità, quando ci si trova, decine di volte, a lottare contro i luoghi comuni legati all’handicap, quando questa parola fa paura e quando diventa una montagna invalicabile.

Noi genitori di persone disabili siamo i  Ministri delle Pari Opportunità dei nostri figli, quelli che di fronte al pregiudizio, all’ignoranza, alla preclusione, si indignano, protestano e combattono, ma senza per questo essere diversi dagli altri genitori che combattono per altre cose non di meno importanza. Trovarsi in questa situazione significa viverla giorno per giorno, anche quando sembra che non ci siano speranze, quando tutto sembra fermo, senza soluzione, quando tuo figlio non fa progressi o si ammala di continuo, quando le differenze fra lui e gli altri sono evidenti, macroscopiche, e il futuro diventa un gigantesco punto interrogativo. La fatica sta proprio li, nel vivere giorno per giorno, anche momento per momento, senza porsi tante domande, senza aspettarsi la risoluzione definitiva, il “miracolo”, ma vivendo secondo per secondo quanto ti chiede la vita di tuo figlio stesso.

Molte volte abbiamo tempestato di domande i medici, le insegnanti, gli impiegati di enti pubblici. Spesso ci siamo posti dei traguardi, degli obiettivi che puntualmente saltavano, ci interrogavamo continuamente sul futuro dei nostri due ragazzi, riuscendo solo a stressare tutti, familiari compresi.
Non c’è, nei portatori di handicap, una ricetta uguale per tutti, e quando qualche volta ci viene chiesto come abbiamo fatto a raggiungere certi risultati, rispondiamo che per noi la soluzione è stata non avere una ricetta, solo il buon senso ed una famiglia compatta che credeva ciecamente nei propri figli. Fin dall’inizio ci siamo messi in testa che dovevamo vivere giorno per giorno, senza pensare ossessivamente al futuro. Abbiamo sempre scelto di presentare i nostri figli al mondo intero per quello che erano e che sarebbero stati, affinché fossero accettati con i loro limiti ma soprattutto con le loro potenzialità.

Mentiremmo se dicessimo che la vita è stata tutta facile. Ugualmente non saremmo sinceri se negassimo le soddisfazioni.
Noi abbiamo scoperto che nei nostri figli un aspetto molto importante, è la tensione alla loro autonomia.

Essere autonomi non è una cosa che si inventa, ma una ginnastica continua, un’opera d’arte che prende forma giorno per giorno, imparando a contare sulle proprie forze, a prendere coscienza e fidandosi di se stessi. Quasi sempre l’autonomia di un figlio inizia con l’autonomia del genitore quando questo riconosce a se stesso una sua identità, una sua dimensione, e può essere sprone del figlio a fare altrettanto.

Per noi genitori è importante capire che bisogna accettare gradualmente la condizione di disabilità di nostro figlio, aiutandolo però nella ricerca del suo miglioramento fisico e psichico.
Noi genitori di disabili possiamo essere una risorsa per gli “addetti ai lavori”siano essi insegnanti,  medici,  assistenti sociali… Mi piacerebbe che il rapporto con queste figure fosse un rapporto  fra persone che abbiano reciproca fiducia, sempre per il bene del disabile. E’ giusto che ognuna delle due parti riconosca i propri limiti e che nessuno si ostini in una posizione senza prima aver tentato anche delle alternative se quello che si sta facendo sembra non funzionare.

Un genitore vive giorno per giorno la diversità del proprio figlio, ed impara ad accorgersi di ogni suo cambiamento, quindi dovrebbe essere preso seriamente in considerazione come capace collaboratore sia per un medico, sia per insegnante e sia per un assistente sociale.

Lo Stato, le Regioni ed i Comuni stanno facendo tanto per i nostri figli. E’ necessaria però una maggiore informazione. Infatti molti genitori,non sanno neanche che vi sono tantissime Leggi sulla disabilità, prima fra tutte la Legge Quadro sull’Handicap n° 104/1992.  Leggi che riguardano soprattutto l’Assistenza Sociale,le Agevolazioni Lavorative, le Barriere Architettoniche, le Agevolazioni Fiscali,il Diritto alla Salute,il Diritto al lavoro e il Diritto allo Studio, e fare in modo che la normativa venga attuata nella sua interezza.

Sulla Scuola

Se un bambino diversamente abile viene iscritto a scuola, normalmente prima di lui arriva la diagnosi medica, rigorosamente da allegare agli atti. Quasi nulla di ciò che è scritto somiglia al bambino che realmente è. In nessuna di quelle pagine viene riportato quello che sa e potrebbe fare, ma solo e semplicemente quello che non può fare. Non è un buon inizio. “Anzitutto è da chiarire che dal punto di vista dell’azione educativa che la scuola deve compiere, non ha importanza tanto la classificazione tipologica dell’handicap, quanto l’analisi e la conoscenza delle potenzialità del soggetto che ne è portatore e la definizione dei suoi bisogni educativi” (da una circolare del Ministero della Pubblica Istruzione). A noi genitori non dispiacerebbe se questo inizio del cammino scolastico dei nostri figli fosse intrapreso assieme. I genitori sanno come fare, devono solo trovare il modo di trasmettere la propria competenza. Voi (insegnanti) capite benissimo che per i nostri figli è fondamentale stare bene insieme ai compagni e in questo potete esserci di grande aiuto. I bambini imparano la sensibilità e la solidarietà dall’esempio di noi adulti.

Per programmare un futuro di qualità

 

Il futuro dei nostri figli sarà di qualità:

1. Quando verranno superati i pregiudizi sulla diversità (Principio di non Discriminazione)
2. Quando verranno garantiti e tutelati i diritti dei cittadini disabili (Diritto di Cittadinanza)
3. Quando si abbandonerà la mentalità per cui i professionisti prendono le decisioni a nome dei disabili (Nulla per i disabili senza i disabili e le loro famiglie)
4. Quando verrà riconosciuto il ruolo fondamentale della famiglia nella collaborazione e co-progettazione della vita del proprio figlio, insieme alle Istituzioni (Personalizzazione dei Servizi)
5. Quando si metteranno in atto tutte le azioni per attuare una vera integrazione sociale, e si considererà il disabile e la sua famiglia non come problema ma come risorsa, a vantaggio della collettività. Aumentare la qualità della vita di un disabile significa aumentare la qualità della vita di tutti i cittadini
6. Quando, e basterebbe solo questo, vedremo finalmente applicata in tutto e per tutto la Legge 104/1992 . “ La Legge – Quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”

Vi garantisco che se venissero applicate tutte queste cose non verrebbe a mancare il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia, per i nostri figli e per noi genitori. Ce n’è quanto basta per poter vivere con  dignità e serenità.

In conclusione, a tutti  gli altri genitori e familiari che vivono situazioni simili alla nostra dico che non vinceremo mai la guerra, ma con il nostro coraggio e la nostra testardaggine, tutti i giorni vinceremo le nostre piccole battaglie. Prendiamo esempio dal coraggio dei nostri figli.

Sui primi posti riservati alle “autorità”

di Piero Murineddu

E’ difficile non riconoscere che viviamo in un Paese dove la divisione in caste è molto marcata, e questo per antica consuetudine. Sarebbero molti gli esempi da fare, ma non ho voglia di riaprire lo stanzone delle incazzature individuali e collettive, sempre straboccante per svariatissimi motivi. Oltre queste mie poche righe introduttive, nel seguito del presente post ho messo insieme alcuni articoletti trovati qui e là riguardanti il malvezzo di riservare le prime file di diverse assemblee pubbliche alle cosidette autorità, posti che non di rado rimangono vuoti fino alla fine, e come si dice più avanti, senza preavviso da parte degli interessati. E’ una consuetudine, ripeto, perpetuata dagli organizzatori dell’evento, convinti probabilmente che le persone  non siano tutte uguali e che in ogni caso, la loro autorità dev’essere messa in rilievo (anche perchè diversamente, gli interessati potrebbero risentirsene).  A me personalmente, quando ciò avviene nelle Chiese, dove dovrebbe continuamente risuonare l’Affermazione che “i primi saranno gli ultimi”, la cosa da’ particolarmente fastidio, ancor più quando chi presiede l’adunanza, evidentemente sentendosene onorato, indica all’intera assemblea riunita l’eventuale presenza del politico, locale o meno, sopratutto se fregiato – non si sa fino a che punto degnamente – dell’appellativo di “onorevole”. ” I primi saranno gli ultimi”, è stato detto, ma la cosa riguarderebbe un vago futuro post mortem, non provabile e per molti anche poco probabile, per cui…….

Ma, come qualcuno già sapra, io sono particolarmente …….suscettibile.
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 Eliminate per favore i posti riservati alle autorità

di Maurizio Molinari

Spesso mi capita di partecipare a concerti e rappresentazioni.In tutti assisto all’odioso costume di riservare i posti migliori delle prime file alle “autorità”: sindaci, assessori, comandanti dei Carabinieri, della Guardia di Finanzia, rappresentanti dei Beni Culturali, degli imprenditori, e altri, arrivano bellamente all’ultimo minuto e prendono posto con grande eleganza in pole position, magari ancor più odiosamente accompagnati dai rispettivi compagni/e e figli/e, in barba alle povere persone arrivate un’ora prima per prendere il posto.

Una brutto e antipatico costume che nei miei viaggi in Europa ho personalmente incontrato solo nei paesi della fascia mediterranea, Italia, Spagna, Grecia, guarda caso anche i paesi più in crisi e peggio piazzati in tutte le classifiche internazionali.

Lo so, può sembrare piccola cosa, ma per me è indice e sintomo di una infondata presunzione di superiorità da parte delle “autorità”, origine di molti dei nostri mali e delle corruttele, anche solo morali, delle nostre istituzioni.

Quindi cari sindaci, assessori, comandanti dei Carabinieri, della Guardia di Finanzia, rappresentanti dei Beni Culturali, degli imprenditori, e altri, nessuno di noi nega che siate delle autorità nel vostro settore, e nessuno nega il vostro importante ruolo, ma siete pur sempre normali persone che svolgono un lavoro remunerato, molto spesso con soldi pubblici.
Questa autorità non vi dà però alcuna patente di superiorità rispetto ai normali cittadini e non vi autorizza in alcun modo ad occupare i posti migliori a dispetto delle persone che hanno fatto lo sforzo di arrivare prima e per questo ne avrebbero diritto più di voi.

Quindi un invito: eliminate per favore gli antipatici posti riservati alle autorità, o quantomeno care autorità rifiutatevi di sedervi in quei posti!

Anche questi sono piccoli segnali di cambiamento.

 

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L’altra sera sono andato……

di Francesco Giorgioni

L’altra sera sono andato ad assistere ad uno spettacolo comico, al teatro del mio paese.
Quando sono andato ad acquistare i biglietti, tre giorni prima, mi hanno sottoposto una pianta della sala perché potessi scegliere liberamente i posti.
Liberamente fino ad un certo punto: una buona parte delle poltrone in prima fila nella pianta era segnata di blu, non disponibili in quanto riservate alle “autorità”.
Ogni volta che m’imbatto in questo malcostume mi chiedo: perché?
Perché chi ci rappresenta e dovrebbe dare l’esempio non rinuncia a questi privilegi e non va a comprarsi il biglietto come fa qualunque altra persona?
E, se le autorità nulla c’entrassero, perché chi gestisce un teatro o un auditorium deve sentirsi in dovere di lasciare la prima fila alle autorità?
Perché?
Quando poi sono arrivato a teatro, nessun sindaco, assessore o consigliere che avesse i titoli per essere considerato “autorità” era presente.
Quindi le poltroncine riservate sono rimaste vuote.
E la mia indignazione per questo Paese dei privilegi, anziché placarsi, è cresciuta.
Per fortuna lo spettacolo era divertente e me ne sono dimenticato: è proprio vero che una risata li seppellirà.

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Almeno avvertissero che…….

di Alessandra Carta

Oggi sono stata alla biglietteria del teatro della mia città,Alghero. I biglietti erano quasi completamente esauriti, restavano sospesi un buon numero di posti riservati alle autorità, che spesso poi disertano. La mia domanda è: i politici e le autorità, che tra l’altro non pagano il biglietto, non possono avvertire i responsabili del teatro della loro NON presenza prima dell’apertura della biglietteria, rendere disponibili i loro posti e dare la possibilità a chi è veramente interessato di acquistare e scegliere il posto? Evitando poi che iniziato lo spettacolo vi sia un via vai di chi occupa le poltrone libere all’ultimo momento?

 

STORIE DI ORDINARIO DISAGIO SOCIALE ED ESISTENZIALE

 

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“La LOCOMOTIVA”, di Francesco Guccini, ispirata da un fatto realmente accaduto il 28 luglio 1893, quando il fuochista anarchico Pietro Rigosi, di 28 anni, si impadronì di una locomotiva e la mando a schiantarsi contro una vettura in sosta nella stazione di Bologna, e “PIAZZA,BELLA PIAZZA”, ispirata da una filastrocca che la mamma di Claudio Lolli cantava al figlioletto e il cui testo parla di varie stragi legate sempre a Piazza Maggiore e alla stazione di Bologna, negli anni della cosiddetta strategia della tensione e degli attentati in cui decine di persone inermi persero la vita per oscure manovre probabilmente organizzate negli alti palazzi del potere. Due canzoni che in parte esprimono rabbia e frustrazione e che il reo confesso di questo omicidio di Sassari usava per comunicare col mondo circostante, aiutato dalla sua chitarra. Comunicare che cosa? Forse RABBIA e FRUSTAZIONE per non esser riuscito a realizzare le proprie aspirazioni e, ancora forse, anche DISPERAZIONE per non riuscire ad intravedere una via d’uscita, in mezzo al ripetersi di giornate tutte uguali e probabilmente insignificanti. (Pi.Mu.)

Il tempo passa, eccome se passa!

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di Piero Murineddu

E’ proprio vero che man mano che gli anni passano si tende a far conoscere il meno possibile in giro la data del proprio compleanno. No, non tanto per non vedere che si invecchia, cosa tutto sommato che non dovrebbe dispiacere. Forse si diventa più discreti, meno festaioli, meno invogliati a “paga’ a bi”, più che altro per evitare di ascoltare le banalità del momento e di evitare agli altri di doverle dire. Certo, a tua moglie e ai tuoi figli la ricorrenza non può sfuggire, e il segno della loro partecipazione solitamente non manca. Può capitare anche che si senta il desiderio di riunire qualche amico intorno ad un bicchiere di vino e a qualche fetta di fainè bella calda consumata nel piccolo locale col forno a legna, in quella stradina stretta dove la fanno veramente buona e il gentile fornaio ti porta vicino il braciere acceso per farti gustare atmosfere dimenticate. Certo, piccole cosette che fanno ancora piacere,ma senza andare oltre. Per me personalmente è l’occasione sopratutto per riascoltare il Tema del tempo che passa del caro Francesco. Ascoltare quelle discontinue rullate di batteria che indicano lo scorrere in modo altalenante dei giorni. La stessa cosa che fanno quelle due voci sovrapposte, che fanno pensare agli alti e bassi delle giornate.
Quando e’ stato il mio compleanno, qualcuno potrebbe chiedersi. Qualche giorno fa, appunto, ma evitate gli auguri. Sapete,oggi e’ una giornata …bassa. Se avete voglia, ascoltatevi la vecchia canzone di Francescone: ve la offro io.

 

Il tema

Un anno è andato via della mia vita

già vedo danzar l’altro che passerà.

Cantare il tempo andato sarà il mio tema

perché negli anni uguale sempre è il problema.

E dirò sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi;

cercherò i minuti le ore i giorni i mesi gli anni i visi che si sono persi;

canterò soltanto il tempo.

Ed ora dove sei tu che sapevi ridare ai giorni e ai mesi un qualche senso?

La giostra dei miei simboli fluisce uguale

per trarre anche dal male qualche compenso.

E dirò di pietre consumate di città finite morte sensazioni,

racconterò le mie visioni spente di fantasmi e gente lungo le stagioni,

canterò soltanto il tempo.

 

E via e via e via: parole vane che scivolano piane dalle chitarre.

E se ne vanno e vibrano non resta niente: un suono che si sente e poi scompare.

E sono qui sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi;

e cercherò i minuti le ore i giorni i mesi gli anni i visi che si sono persi,

e canterò soltanto il tempo.

 

Sennori: ricordo delle antiche strade

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di Giulio M.Manghina

Delle antiche strade ricordo che iniziavano in salita; per andare a scuola, in chiesa o al camposanto.Il ritorno era dunque in discesa, ad alleviare la fatica quotidiana della prima e, negli altri due casi, la tristezza.
Al buio son ormai vuote, pur nel giorno di festa, tranne un anima che, solitaria, non rinuncia alla preghiera. Strade che evocano ricordi – che sono sempre nebbiosi, privi di colori – memorie, volti e voci di persone che han lasciato solo vuoti, in questo luogo immoto e silenzioso.
Il primo amore, le scivolate sull’acciottolato umido, le processioni, per i vivi e per i morti – i passi sono ormai perduti, qualche cicatrice è rimasta.

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Fin qui il ricordo di Giulio. Quelle che seguono sono alcune reazioni di altri/e sennoresi che le stesse strade, impresse in queste foto e nella loro memoria, hanno percorso negli anni dell’ormai passata giovinezza, ciascuno/a coi propri occhi e la propria sensibilità (Pi.Mu.)

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Bellissime queste foto. Quanti ricordi. … (Antonietta Codrignani)

È vero, siamo rimasti in pochi in questa “landa desolata”, noi povere vittime scampate ai privilegi della 167 (Angela Piras)

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Grazie Giulio, conservo molto affetto per Sennori. Conosco bene le sue “carrelas in alzada “, ed altrettanto bene conservo nel cuore e nella mente le tante persone che ho conosciuto, le varie zie, diventate “tatta” . La laboriosità della gente che ci vive l’ingegno, l’ospitalità, i profumi delle case nei giorni di festa, la solidarietà tra i compaesani. (Fiorenza Sanna)

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Grazie Giulio. Eh ….. ricordi che, ahimè,stanno scivolando sempre più dalle memorie,un po’ per colpa di tutti. Speriamo che il ricordare riprenda da noi stessi,pian pianino,senza fretta (Pina Pazzola)

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Giulio complimenti! Sei riuscito a risvegliare ricordi dove tutti, anche noi figli di emigrati, ci riusciamo a vedere. Un paese che forse non riconosciamo più, soprattutto perché lo vediamo con occhi diversi da adulti e non più da bambini. Che nostalgia! Grazie della condivisione! (Antonello Fine)

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Grazie. Giulio, perché hai permesso di accarezzare i miei ricordi
La nostalgia un’ospite gradita in questo iniziò di nuovo anno. Il tempo passa inesorabile,i colori si affievoliscono, le emozioni danzano festose in me. È dolce rituffarmi ora nella mia fanciullezza Quanti giochi,balli in girotondi,canti,consumati in allegrezza e spensieratezza Il cuore pieno di speranza. Adesso mi piace coccolare la bambina che c’è in me ! (Giovanna Stella)

Ricordi…ricordi…ricordi. Carrela longa e via del fiore ..tu Giovanna tra le più piccole. (Vito Senes)

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La soggettività dei ricordi, caro Giulio. I miei al contrario sono nitidi, colorati e “pieni” di vita vissuta. Quando riaffiorano, sembra come se andassi al cinema per vedere sempre lo stesso film, ti ricordi…chie l’ha bidu a fora, in 3D, e tutte le volte si aggiungono sempre nuovi particolari, persone, cose che lasciano dentro di me delle care sensazioni (Nicolino Camboni)

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Guardarsi indietro, Giulio, è segno di chi nel tempo rimane un sognatore,ma quanto bene fà al cuore vedere come in un film, un passato di una vita, vissuta ognuno di noi come,come si viveva all’ora con più pane e meno companatico. Io arrivato a Sennori nel sessanta non ho vissuto le vostre emozioni, ma le mie altrove, non pensiate che fossero diverse da quelle dei miei oggi compaesani. Quando avrò voglia vi racconterò il mio primo approccio con questo laborioso paese, nel bene e nel male. (Mario Mucedda)

A Mario

 

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di Piero Murineddu

Mario è sassarese, residente a Li Punti. L’ho incontrato l’estate scorsa e seppur da allora non ci sono stati molte occasioni per rivederci e approfondire la reciproca conoscenza, Mario è una di quelle persone con la quale si crea da subito una vicinanza affettiva che non necessita di ripetute frequentazioni. Quello indicato alla fine di queste poche righe è un dono che Mario mi ha fatto, mettendolo nella mia pagina FB. Non è un caso se il caro Mario ha voluto farmi partecipe della triste vicenda raccontata nel video da questo babbo che ha perso il figlio nel pieno della sua giovinezza. Anche Mario tanti anni fa ha perso il proprio figliolo che si affacciava alla vita, investito da un autobus mentre felice scorrazzava con la sua bici nuova nei pressi della chiesa sassarese di San Giuseppe. Una grande ferita che ancora oggi stenta a rimarginarsi nel cuore e nel ricordo di Mario. Grande l’esempio che veniamo a conoscere attraverso questo breve filmato, ed è possibile che facendomelo conoscere, il caro Mario abbia voluto forse dirmi che anche lui vorrebbe riuscire a trasformare quella che è stata una tragedia – e per un genitore la perdita di un figlio lo è sempre, al di là delle circostanze più o meno drammatiche in cui avviene – in una occasione per uscir fuori dal proprio piccolo spazio personale e familiare, e contribuire generosamente a migliorare il mondo circostante, spargendo intorno a sé semi di amore e di attenzione per il prossimo. Nonostante i momenti di stanchezza e di scoraggiamento, sono certo che Mario questa nuova strada l’abbia già intrapresa, e le persone che entrano in contatto con lui ne traggono sicuramente beneficio. Questo posso testimoniarlo personalmente. E’ questo un modo, oltre che per onorare il ricordo del suo piccolo Tore, incamminatosi troppo presto verso la felicità eterna, anche per contribuire concretamente a far si che questo nuovo anno appena iniziato sia migliore di quello che ci siamo messi alle spalle.

Grazie Mario Porcu

 

 https://www.facebook.com/gianpietro.ghidini.4/videos/517944781715241/?pnref=story

TE DEUM

TE DEUM LAUDAMUS

di Giuliana Martirani

Signore, ti lodiamo e ti ringraziamo per il PIANETA TERRA

Ti lodiamo per le GRANDI SPERANZE che lungo questi anni
e in questa generazione abbiamo coltivato:
per il FEMMINILE PLURALE, la NONVIOLENZA,
l’ansia e il lavoro per una PACE INTERNAZIONALE
attraverso la DIFESA POPOLARE NONVIOLENTA (DPN)

Ti lodiamo per la Difesa Popolare Nonviolenta
già realizzata in India, Sudafrica,
Filippine, Europa dell’Est, ma anche
a Betlemme nella Basilica della Natività
e per le centinaia di milioni di pacifisti
che dicono: «Not in my name».

Ti lodiamo per l’INTERCULTURALITÀ,
e l’anelito di Uguaglianza
attraverso l’Autodeterminazione politica ed economica,
e la piena dignità della Terra attraverso
l’INTEGRITÀ DEL CREATO e l’EQUITÀ SOCIALE.

Ti lodiamo per i movimenti per la GIUSTIZIA, LA PACE
e l’ACCOGLIENZA AGLI IMMIGRATI,
agli SFOLLATI, ai RESPINTI;
per i cartelli per la RIFORMA DELL’ONU,
e quelli per DEBITO 0, FAME 0,
e per le CAMPAGNE contro il Partenariato Transatlantico
per il Commercio e gli Investimenti (Ttip)

Ti lodiamo per i 17 Obiettivi dell’AGENDA ONU 2030
e per la CARTA DI MILANO, 2015
che ripropongono gli obiettivi del Millennio perduti.

Ti lodiamo per i movimenti per un WELFARE MONDIALE
attraverso la TOBIN TAX e il METODO FLASSBECK
e il divieto di speculazione sul cibo.

Ti lodiamo per per il REDDITO DI CITTADINANZA
e per tutti quelli che lavorano alla
GIUSTIZIA, PACE, SALVAGUARDIA DEL CREATO
e a nuovi STILI DI VITA.

Ti lodiamo per il BENE COMUNE e per i BENI COMUNI
non proprietà ma DIRITTI di ciascuno e di tutti.

Ti lodiamo per chiese, partiti, sindacati, intellettuali, movimenti
alla ricerca del BENE COMUNE e dei BENI COMUNI della Terra
e che riscattano dagli imperialismi finanziari, economici e politici.

Ti lodiamo per l’AFRICA che geme,
immenso popolo nel pianto e agonia.
Tu che nascesti da una vergine bruna,
come bruna è la tua sposa africana,
chinati sui figli suoi per salvarli, curarli e carezzarli
e ridar loro il soffio della vita,
prima che troppo presto se ne vadano.
Quanto tempo ancora dovrà restare confusa e sbandata?
Salvala! Indicaci le strade per aiutarti.

Ti lodiamo per l’AMERICA LATINA
per il BUEN VIVIR che ci sta indicando
e le nuove vie economiche che sta sperimentando,
per i progetti di CHIESA POPOLARE
e di EDUCAZIONE DEGLI OPPRESSI.

Ti lodiamo per questo CONTINENTE MARTIRE
e per tutti i suoi martiri di un’economia che uccide.

Ti lodiamo per l’ASIA
per Gandhi e la NONVIOLENZA
e Vinoba Bhave e il Dono della terra
e per tutti i doni spirituali e nonviolenti che ci mostra.

Ti lodiamo per il NORD AMERICA e l’EUROPA

Ti lodiamo per l’EMPOWERMENT personale che mette in piedi le persone
e per l’ONNICRAZIA che mette in piedi persone e comunità.

Ti lodiamo per il PERSONALISMO che riscatta dall’individualismo,
per l’UNIVERSALISMO che riscatta dagli egoismi nazionali,
e per il FEMMINISMO che riscatta dal maschilismo e dal patriarcato.

Ti lodiamo per lo SVILUPPO INTEGRALE E SOSTENIBILE,
per la FINANZA ETICA, e per il COMMERCIO EQUO E SOLIDALE
che riscattano da un’economia e una finanza che uccidono.

Ti lodiamo per il dono della CULTURA
del saper cioè andare a fondo della comunicazione,
individuarne gli orientamenti culturali, filosofici, etici.

Ti lodiamo per il dono della PROFEZIA,
del parlare al tuo posto per mostrare il tuo sogno e il tuo progetto
di GIUSTIZIA, PACE e BELLEZZA,
e per l’intuire l’andamento economico e politico:
quale sbocco avranno le scelte fatte,
e che effetti produrranno sul futuro.

Ti lodiamo per il dono dell’orientamento e dell’EDUCAZIONE
per saper giudicare le persone e gli avvenimenti,
sapervi guardare dentro,
ma anche saper e-ducere, tirar fuori,
in modo da poter orientare persone e popoli,
dare delle indicazioni, delle direzioni.

Ti lodiamo per il dono della SAPIENZA,
del saper vedere dentro le cose,
del saperle percepire, capirne il senso,
viverle in sintonia con il tutto, saper discernere, essere giusti.

Ti lodiamo per il dono della SCIENZA e del METODO
della tecnologia, del saper costruire utensili, macchinari e tecniche.

Ti lodiamo per il dono della COMUNICAZIONE
del saper comunicare, saper parlare molte lingue,
aver facilità di comunicare via satellite, via internet,
ma anche saper facilitare la comunicazione
con tecniche nonviolente nei gruppi di studio
così come nelle sedute terapeutiche.

Ti lodiamo per il dono della CARITÀ,
per la concretezza delle opere,
del saper guarire le piaghe dei poveri e dei Paesi impoveriti,
degli ammalati, così come le ferite degli sconsolati,
degli afflitti e dei depressi, e fare miracoli:
dove c’è miseria far fiorire il benessere,
dove c’è malattia far nascere ospedali e medicine,
dove c’è violenza far nascere giustizia, diritti umani e pace.
Ti lodiamo per il dono della FEDE, dell’interiorità.
della fiducia in Dio, dell’abbandono a Lui e della spiritualità.

 

https://www.youtube.com/watch?v=F1CKHSp1puE