Quella mia particolare “via crucis”

di Piero Murineddu

Come solitamente faccio, prendo il treno delle 6,30 per raggiungere il posto di lavoro presso il “palazzo rosa” dell’ASL 1, a Sassari. Apprendo dello sciopero che in giornata ci sarebbe stato dei mezzi pubblici, cosa che inizia a provocarmi un tantino di apprensione, dal momento che me ne servo gia da parecchio tempo. Nel corso della mattinata, dovendosi recare in città per degli appuntamenti medici, dico a mia moglie di trovare il modo di lasciarmi l’auto in zona, cosa che riesce a fare, approfittando di un passaggio per ritornarsene a casa. Dovendo rimanere sul posto di lavoro anche nel pomeriggio, a fine mattina mi reco a comprare qualcosa per mangiare, pensando di servirmi dell’auto. Dimenticando lo sciopero, la lascio al capolinea “Santa Maria” della metropolitana, servendomi di questa per ritornare indietro e col progetto di riprenderla all’uscita pomeridiana per andare a prendere l’auto che mi avrebbe riportato a casa. Amarissima sorpresa quando a fine lavoro mi ricordo dello sciopero, con la prospettiva di andare a riprendere l’auto, e quelli che sono pratici di Sassari, sanno la distanza che c’è da via Monte Grappa al quartiere del Latte Dolce, in prossimità di Sant’Orsola: chilometri e ancora chilometri. Rassegnato, m’incammino, non prima di aver telefonato ad un caro amico al quale ho dato appuntamento da li a poco: nonostante il desiderio, neanche questa volta ci saremmo potuti vedere. Faccio tappa alla stazione ferroviaria, che fa la prima fermata proprio dove sono diretto. Visto il gruppetto di bigliettai radunati, chiedo se il treno delle 18 era abolito o meno. Alla risposta che ci sarebbe stato, mi rilasso e aspetto pazientemente tre quarti d’ora. Quando vedo il treno arrivare, mi avvicino, scoprendo che non sarebbe ritornato a Sorso a causa dello sciopero. Chiedo se esiste un percorso breve per arrivare a piedi alla mia meta, avendo conferma che l’unico sarebbe quello lungo i binari, ma non essendoci lo spazio per i pedoni, la cosa è vietata. Che fare? Vedo fermo un taxi, ma in tasca mi ritrovo solo qualche spicciolo. Avanti, a piedi verso una meta per niente vicina e con la stanchezza della giornata che mi sento addosso. Da subito, la mancanza di allenamento nel camminare si fa sentire e la maggior parte dei chilometri da percorrere sono ancora tutti davanti. Durante il percorso, oltre la preoccupazione di respirare il meno possibile i gas delle auto, scopro diversi tratti di marciapiede sconnessi e con alberi nel bel mezzo. Penso a quante difficoltà ci sono per chi vorrebbe percorrerli in sedia a rotelle e mi sento solidale con una mamma costretta a spingere la carrozzina col suo bambino facendo innumerevoli slalom. Ad un certo punto, per non subìre completamente la situazione non scelta e tutt’altro che piacevole, decido di mettere gli auricolari e per tutto il resto della camminata, ascolto la voce di David Maria Turoldo, un caro e grande prete deceduto ormai una ventina d’anni fa, con la consapevolezza di una grave malattia che ne ha consumato il fisico ma non fiaccato la mente e lo spirito. Dopo due ore dalla fine del lavoro, raggiungo la sospirata auto, non con un po’ di preoccupazione di trovarla con qualche vetro rotto, considerata la brutta fama della zona. Consolato dal fatto di averla ritrovata integra, mi si sdraio dentro sfinito e completamente sudato, con ancora nelle orecchie la calda e vigorosa voce di David Maria che m’incoraggiava a non lasciarmi abbattere dalle avversità, ma di cercare dentro la forza di andare sempre avanti. E detto da lui……

Quella mia particolare “via crucis”ultima modifica: 2013-03-24T11:02:12+01:00da piero-murineddu
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Commento (1)

  1. piero-murineddu (Autore Post)

    Caro Piero, se non ci fossero stati i disagi di cui parli, tutto si sarebbe svolto “secondo routine”, invece hai avuto l’opportunità di vivere una giornata diversa, più faticosa ma anche più intensa.Fare cose che non facciamo più normalmente serve a risvegliare la nostra attenzione e a mettere alla prova il nostro fisico, ormai troppo abituato ai soliti movimenti. Dovresti quindi essere fiero di averla vissuta. D’altra parte, l’assistenza psicologica di Don Turoldo mi sembra sia stata efficace… Camminare è vivere, soprattutto se lo si fà senza buttarsi giù, ma guardandosi attorno e cogliendo piccole cose che non vedevamo da tempo… Nel frattempo spero che le tue energie si siano “rigenerate”.
    (Franci Doro)

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