Autore archivio: piero-murineddu

Il “non impressionatevi…..” di don Tonino Bello

Non ho cercato questo video stasera. Me lo son ritrovato casualmente, ammesso che di caso si possa parlare. Grande commozione nell’ascoltare il carissimo e indimenticabile vescovo don Tonino Bello, sicuramente non molto tempo prima che la malattia prendesse definitivamente sopravvento su di lui, introducendolo alla Gioia Senza Fine. Parla, mi sembra di capire, a dei seminaristi che si preparano al sacerdozio, ma è come se parlasse a ciascuno di noi, in qualsiasi stato ci troviamo.
Se decidi di ascoltarlo, fallo fino in fondo, cercando di cogliere tutta la passione che quest’uomo ha avuto per la vita, sentito la vicinanza di un Dio compagno di viaggio e la straordinaria tenerezza che ha sperimentato verso qualsiasi creatura. (P.Muri.)

https://www.youtube.com/watch?v=PuKFpAIT96M&feature=share

Il canto natalizio di Andrea Parodi

In questo video, Andrea canta insieme a bambini che credo siano suoi e dei due amici musicisti. Adesso canterà in eterno insieme a bambini dai più svariati colori di pelle e di luoghi che li hanno visti nascere, compresi i troppi che sono annegati nel Mediterraneo cercando di raggiungere una terra accogliente e sopratutto dei cuori palpitanti di tenerezza e capaci di com-passione, diventati ormai così rari. (P.Muri.)

https://www.youtube.com/watch?v=xeqyT6l2o2s&app=desktop

PACE? NEL POSSIBILE……

 

“Il vero senso della pace è il riconoscimento che c’è un prossimo, cui dobbiamo voler bene, e che se non gli vogliamo bene, l’abbiamo già ucciso dentro di noi” ( don Primo Mazzolari)

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Conosciamo la radicalità di don Primo, che poi non è molto diversa da quella del suo e, per quanto riusciamo, del nostro Maestro. Constatare tuttavia che in certe situazioni non è possibile camminare fianco a fianco, non vuol dire non voler bene all’altro. Per chi ha fede, si può continuare a pregare per lui ed essere disponibile nel caso che abbia bisogno di aiuto; non sparlare di lui con altri; se lo accetta, non rifiutargli il saluto e, se non si viene fraintesi, neanche un sorriso……Se altro non è possibile, inutile macerarsi in inutili sensi di colpa. Dove non arrivo io, arriverà qualcun altro. (P.Muri.)

IL CHIODO FISSO DI SOCCI ANTONIO

Se ne avete la forza e sopportate la puzza di carogna (verso il modo di fare giornalismo, intendo), aprite questa pagina di “Libero” e leggete l’articolo. Dopo ci spendo qualche considerazione.

http://www.liberoquotidiano.it/news/opinioni/13293777/vaticano-omelia-di-natale-papa-francesco-antonio-socci-ossessione-immigrati.html

“È veramente ossessionato! Anche nell’omelia di questo Natale il comiziante peronista obamiano invece di parlare di Gesù Cristo, parla dei migranti. Solo e sempre politica! Gli hanno ordinato di martellare su questo punto e lui da cinque anni bombarda quotidianamente”.(A.So.)

 

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di Piero Murineddu

Quindi, secondo il signor Antonio, a Papa Francesco gli avrebbero ordinato di fissarsi coi migranti e lui, obbedientemente, eseguirebbe.

Ditemi voi se questa non è chiara dimostrazione di odio verso l’attuale Papa, tra l’altro da lui definito ignorante, da parte di questo ortodossissimo giornalista cattolico, che ha trovato occupazione in un giornale come “Libero”, la qual cosa è in perfetta sintonia con la dichiarata guerra verso il capo della Chiesa, combattuta con tutte le armi possibili e con una virulenza inaudita da persone e gruppi allergici ai cambiamenti e abituati ad una visione di Chiesa come Potere religioso, quello più incisivo, nelle coscienze sopratutto.

E pensare che per CL, il movimento in cui Socci si è formato, obbedire all’autorità corrispondeva una volta ad obbedire a Cristo, così almeno si diceva, ad iniziare dal fondatore Luigi Giussani. Vescovi e Papa, verrebbe da intendere, anche se per loro, prassi normale è “obbedire” principalmente, se non esclusivamente, alle varie scale gerarchiche all’interno del Movimento, per cui il responsabile locale di fatto è più ascoltato del vescovo della loro diocesi. Se l’autorità ufficiale (vescovo e adesso anche il Papa) dice e fa cose che coincidono col “nostro” pensiero, bene (quello del Movimento, perché chi si distingue è visto con sospetto e “rompe” la comunione), altrimenti, senza farmi troppi scrupoli, gli dichiaro apertamente guerra, arrivando ad affermare che tradisce il messaggio evangelico, che rinnega la Tradizione, che vuole far crollare il millenario edificio ecclesiale e che addirittura obbedisce a degli ordini dati non si sa bene da chi.

Anto’, toglitelo dalla testa questo chiodo fisso e cerca di dormire sonni tranquilli. Non sarai tu né chi sta dietro di te che impediranno ai tantissimi, cattolici, di altre religioni o di nessuna religione, di vedere in Giorgio Bergoglio e nella sua fatica di rendere visibile il volto misericordioso del Dio fattoci conoscere da Gesù Cristo, una speranza per il mondo che tende all’autodistruzione.
Buon Natale anche a te

A PROPOSITO DI TRAVAGLIO CHE SI VORREBBE CANDIDARE ALLA GUIDA DEL M5s

 

di Piero Murineddu

Dirige un giornale che più filogrillino non si può, ma ieri ha firmato un editoriale in cui strigliava Luigi Di Maio. Il direttore del Fatto quotidiano, Marco Travaglio, non gliele ha mandate a dire al candidato premier M5s e ha spiegato ai suoi lettori cosa sta sbagliando nella sua inarrestabile scalata al governo“.

Hai letto? Bene. È quanto scrive una giornalista, tale Tagliaferri, su “Il Giornale”, quotidiano maionetta di cui si conosce chi muove i fili. Secondo costei, e quindi secondo il suo direttore, così scrivendo, Travaglio, l’ “antipaticissimo” direttore de “Il Fatto Quotidiano”, si candiderebbe come leader del M5s.

A scanso di equivoci, non sono “grillino” e non sono fan né di Travaglio né di chicchessia, ma mi illudo di saper riconoscere l’ipocrisia e lo squallido farfugliare di chi stravolge volutamente la realtà, dei fatti e delle intenzioni. Questi specialisti della disinformazione, abituati a servire il padrone, non possono capire che un vero giornalista libero, in questo caso Travaglio, può permettersi di scrivere ciò che pensa, sempre e davanti a chiunque, anche se al destinatario, Di Maio in questo caso,appartenente ad uno schieramento che (presumibilmente) sente più vicino di altri, può creare fastidio. Travaglio ha sempre detto che considera il suo fare giornalismo come pungolo, e se le sue considerazioni riguardano la politica, con l’obiettivo che il politico migliori il suo operato.
Ma lo dico ancora una volta: certi pseudo giornalisti questo non lo potranno mai capire, abituati come sono ad obbedire a chi assicura loro la pagnotta e possibilmente anche il companatico.

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Ma guarda se a quest’ora e all’anti vigilia di Natale, devo mettermi a fare il difensore di Travaglio, che in verità lo sa far benissimo da sé.

A mia figlia Marta nel giorno del suo compleanno

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In mezzo a tante foto sorridenti e piene di vita, come sei in realtà, ho scelto questa non attualissima in cui sembri leggermente imbronciata e probabilmente pensierosa.

Ti chiedo scusa, ma la vedo più attinente all’impegno che hai intrapreso da qualche tempo, facendo il tirocinio pre laurea in una realtà dove giornalmente entri in contatto con tante situazioni di disagio che molti patiscono.

Davanti alle sofferenze altrui c’è poco da stare allegri, specialmente in questo mondo dove stiamo alimentando sempre più indifferenza e paure verso il diverso, spesso immotivate.

Sono certo che, con la grande sensibilità che hai, sei molto attenta a ciascuna persona che stai incontrando e che manifesta il suo bisogno d’aiuto e le sue tante fatiche.

Ti auguro di conservarla e di accrescerla sempre più questa attenzione piena di delicatezza, non perdendo mai la serenità d’animo e il sorriso sincero che ti hanno sempre accompagnata e che spero sempre ti accompagneranno nella tua vita, che spero lunga e in salute, e per quanto ti sarà possibile, sempre col tuo splendido sorriso.

Ti amo, figlia mia carissima, insieme a mamma  Giovanna.

Un post scriptum di particolare valore

 

Il più delle volte, noi genitori non siamo capaci di esprimere i profondi e forse insondabili sentimenti che proviamo verso altri esseri umani che, con l’aiuto di Dio, abbiamo donato alla vita. Ci proviamo, ma spesso non riusciamo ad andare oltre semplici balbettii. La Poesia è sicuramente più capace di affrontare tale impresa.

Ed è proprio ad un vero poeta che stamattina ho chiesto aiuto.
Già la risposta che ha dato alla mia richiesta è impregnata di poesia:

Grazie a te per la discreta e delicata confidenza, Piero. Ti confesso che ho provato una genuina empatia leggendo il tuo messaggio per la tua perla. Per cui scriverò (appunto nello specchio dell’empatia) ciò che mi hai chiesto. Perché la poesia deve sempre avere autenticità, e l’occasione un punto di leva che risuoni dentro il cuore la sua verità. Grazie Piero, il tuo è un testo autentico di amicizia. Lo apprezzo. Ci lavoro in giornata

.
Quello che segue è il frutto della sua fatica di queste ore.Scritta per sua figlia di due anni meno della mia, ma col pensiero rivolto a Marta e a tutti i nostri amati figli.
Sincera e impagabile gratitudine verso Gabriele

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A MIA FIGLIA

di Gabriele Via

Impariamo piano
come gesti di mestieri
così antichi e quotidiani
questa
tanto diversa
appartenenza,
nata
dalla più profonda
intima
prossima umanità.

Il sentimento
il ricordo
la tenerezza
la cura
la speranza
tutto il bene
e la vitalità.

Iniziamo ad una maniera
ma poi -ricordi?-
dovremo traversare
questa stagione di bolina:
l’unico modo di andare
più veloce del vento
con la sua stessa forza
nella sua stessa tempesta
navigarci contro
la vita come la vita
in uno squaderno diagonale
di diversa velatura.

Non mi farò legare
al robusto albero di maestro,
non canterò
come Orfeo
meglio delle sirene.
Terrò gli occhi aperti nella notte:
le mie lacrime
tanto simili al mare
e il mare alla vita:
perché la vita è sempre tutta
è solo tutta.
Il mistero della sua forza
è questo nascere
di vita alla vita.
Vita in faccia alla vita
totalità particolare
senza sinonimo.
Urlo di vento
nella freschezza umida
del primo giorno.
Ho iniziato ad essere tuo padre
quando tu iniziasti ad essere mia figlia.
Il mio essere figlio
si è protratto
fino al genitore
che sono diventato
nel tuo volere nascere,
un genitore appena nato
fragile come bocciolo dischiuso:
il neonato che nessuno vede
è il padre.
Ed ora che sei donna
la mia fragilità,
davanti allo sgomento del mare
immenso
insonne
insondabile
abissale
forse a me non più navigabile,
chiederebbe una storia da ascoltare
una filastrocca da filare
e diventare se mai
il contenuto di un abbraccio
che riceviamo donando
in questo lentissimo
imparare
i piccoli gesti
del rischio
di amare.

Ah, le mamme e le nonne di una volta!

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di Piero Murineddu
 
I libri ammucchiati sul mio comodino sono diversi. No, non fraintendete. Non è perchè sono un gran lettore, purtroppo. La verità è che li ho iniziati e lasciati lì bell’impilati, aspettando pazientemente (loro)di essere ripresi in mano per proseguirne la lettura. Eh, a voglia di pazientare! Ma prima o poi rinizio a sfogliarvi, tranquilli.
In realtà questo di Leo, l’unico che è riuscito a pubblicare in attesa che anche gli altri già belli pronti vadano alle stampe, l’avevo letto completamente, ma ogni tanto lo riapro a caso e vedo cosa mi capita sott’occhio.
E che bel “caso” che mi è capitato! Avete letto? Certo, c’è il finale che è tutto uno spasso. La prova della fantasia linguistica dei sussinchi doc. A proposito, non ho mai capito la derivazione del “poscheddhino“, riferito all’italiano maccheronico in cui le nostre mamme era imbattibili (la mia sicuramente, la vostra non so). Qualcuno me lo spiegherà, prima o poi.
 
La cosa che a me colpisce maggiormente di questa paginetta è la descrizione che si fa delle vecchie di una volta (dico “vecchie”, perchè a noi ragazzi tali sembravano, anche se magari erano sulla…. cinquantina!)
 
“Donnino vivace, piena d’energia (che) girava scalza. Sempre in movimento, pronta a dare una mano a tutti. Vivace intelligenza e una mimica straordinaria…”.
Naturalmente ieri, oggi e sempre ci saranno anche le “muzziggone” (c’è spazio per tutti in questo mondaccio), ma per forza di cose, quelle di una volta erano piene d’energia e sempre in movimento (figuriamoci, tirare su una famiglia di sei, otto, dieci e anche più figli…). Nonna Nicoletta sicuramente, ma anche un po’ tutte erano disponibili nell’andare incontro ai bisogni altrui. Sono stati sempre i poveri che hanno capito gli altri poveri, e la povertà, a parte qualche eccezione, era la ……regola.
E l’intelligenza?Dove la mettiamo l’intelligenza? Nelle cose concrete dico, quella che alla fine conta. Prima, seconda e per i più fortunati, fors’anche la terza elementare. Giusto imparicchiare a leggere e far di conto. Ma molti, moltissimi, neanche hanno conosciuto l’odore del gesso o le bacchettate della maestra sulle dita delle mani. Eppure nel mandare avanti le grandi fatiche giornaliere, e non solo fisiche, non le batteva nessuno. E per finire, la mimica. Oggi si usa l’espressione “linguaggio non verbale”, ma è riferita ai diversi e numerosi modi di comunicare che ha l’essere umano ( e per chi è attento, anche gli animali, intese come bestie). In questo caso il riferimento alla mimica è a quella usata da nonna Nicoletta per dire che suo marito non c’era, e maggiormente, quando subito dopo ha dovuto rincorrere il “signore elegante” per fargli capire che invece stava arrivando.
Ah, le mamme e le nonne di una volta!

BEN VENGA L’ONORIFICENZA SE……

«Quando in Sardegna hanno progettato quattro nuove carceri ho fatto i conti: si potevano realizzare 80 comunità come la nostra. Qui la recidiva è del 4%. Su 98 ragazzi solo quattro sono rientrati in carcere”. (don Ettore Cannavera)

 

di Piero Murineddu

Quando avevo appreso la notizia che Mattarella aveva assegnato un titolo onorifico a don Cannavera, ero rimasto addirittura infastidito. Non tanto per il prete, a cui ho sempre riconosciuto l’impegno costante nel cercare di curare le ferite provocate da questa società, intrisa di violenza a tutti i livelli. Era l’idea di “premiare” chi fa semplicente il dovere a cui è chiamato dalla propria coscienza, e don Ettore non è un prete che si limita esclusivamente ( e spesso freddamente) all’ “ordinaria amministrazione” di ciò che fa un qualsiasi “religioso” che si vede in giro, anche se in realtà l’esempio che ha lasciato Gesù dovrebbe spingere ad una vita fatta di “grandi cose”, e non solo per i preti.

Dopo aver letto l’intervista in questo articolo, ho cambiato idea. Vi si legge che al momento di ritirare il premio, il don dirà al soporifero Presidente che i carceri minorili non servono per recuperare giovanissimi a nuova vita e che coi soldi destinati a costruirne di nuovi, si potevano avviare decine e decine di comunità tipo “La Collina”, da lui fondata e animata. Ecco, chiarito questo, sono ben lieto di un nuovo “commendatore” ( che gia il termine…..).

Auguri commendator Ettore, e provoca sempre una piccola o grande scossa per risvegliarci dal torpore in cui ci culliamo un po’ tutti, dal prete a cui addirittura danno fastidio gli elemosinanti davanti alle chiese, al “praticante” che sente il Vangelo nell’ora domenicale ma rimane sordo e indifferente davanti ai tanti poveri che gridano per il resto della settimana, e scuotere anche i troppi politici che non ricordano più che la detenzione, più che farla pagare a chi ha commesso qualche reato, ha lo scopo sopratutto di ridare alla società persone “rieducate” e non ulteriormente incattivite.

http://m.lanuovasardegna.it/…/chiudiamo-le-carceri-minorili…

 

Di seguito, un programma televisivo di due anni fa, dove don Ettore motiva che cosa lo ha portato a dare le dimissioni da cappellano del carcere minorile  di Quartucciu (CA)

 

Uno spezzone dello stesso programma, dove un giovane racconta il suo impatto traumatico col carcere minorile

 

SEMPRE GRATI AD ANDREA E PEPPINO

 

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di Piero Murineddu

Quando mi salta di pubblicare paginette tratte dai due volumi sugli “Ammenti” di Andrea Pilo,mi è stato chiesto di mettere anche la traduzione. In un primo momento non ero molto d’accordo, in quanto, riportando lo scritto solo in sussincu, si costringe il lettore a riprendere confidenza con certi termini che purtroppo sono andati ormai in disuso. Però, giustamente la difficoltà rimane per i più giovani, che la parlata locale l’hanno sentita raramente oppure, peggio, non l’hanno mai praticata, a differenza di altri luoghi dove i giovanissimi continuano ad essere orgogliosi di parlare fra loro come hanno sentito sempre in casa. Eccomi quindi a venire incontro a queste richieste, cosa che, preciso, farò di tanto in tanto.

Colgo l’occasione per rilevare la scelta che Andrea, insieme all’amico Peppino Manzoni, hanno fatto nel dover scrivere certi termini che, specialmente nella pronuncia sorsese, hanno un suono che ci caratterizza, così come per i portotorresi, i sassaresi, li casthiddhani (castellanesi?). Prendiamo per esempio l’articolo “il”: a Sorso si pronuncia con una erre aspirata, quindi “ru“, sopratutto quando si trova all’interno di una frase e non all’inizio. In entrambi i casi e giustamente, Andrea e Peppino hanno optato per “lu”. Altro esempio il termine povero: si pronuncia “pobaru” ma hanno scritto povaru. Vi è poi l’uso dell’ “h” per risolvere il problema di certi suoni esclusivamente locali o quasi, tipo gusthaddu, pisthendi, accusthaddi, chisthi, posthi…… A me la soluzione “H” sembra ottima, del resto usata da chi ogni tanto si butta a scrivere in sussincu, come il sottoscritto.

I racconti di Andrea, a cui Peppino ha dato una grossissima mano specialmente nello scrivere ma non solo, oltre che essere belli e divertenti, danno l’opportunità di rinfrescare il nostro parlare tradizionale (dialetto? Lingua?), aiutarci a risolvere alcuni problemini di scrittura, conoscere termini antichi e per molti sconosciuti, venire a conoscenza di fatti avvenuti tempo fa, reali o di fantasia che siano. Sempre grati ad Andrea e Peppino. E se ogni tanto capita di riscontrare qualche errore, non è il caso di star lì a criticare. Quello che conta è il faticoso e prezioso lavoro di ricerca che ci hanno lasciato.

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di Piero Murineddu

Sembra quindi che il destino delle tonnellate di carne in via di putrefazione nella spiaggia del sesto pettine stia per compiersi.

Di trascinare il pesantissimo ed ingombrante fardello, oltre che ormai puzzolente, in mare aperto e affondarlo, manco a parlarne per l’esagerato costo.

Dopo attenta e meditata valutazione di 17 enti riuniti in consiglio, la decisione sarebbe di interrarlo e farne attrazione turistica, a imitazione di un precedente di 34 anni fa, quando di un’altra balena si ricomposero pezzo dopo pezzo le ossa e l’intero scheletro lo si può ancora oggi “ammirare” in un salone apposito della facoltà di veterinaria a Sassari (anche se qui l’obiettivo è di conoscenza scientifica). Non so se ci sia un costo per accedere alla meravigliosa e allegra visione, ma a quanto pare i visitatori non mancano.

Secondo il consigliere delegato alle Politiche Ambientali (!) di Sossu, sarebbe motivo per attirare frotte di turisti. La cosa potrebbe essere abbastanza verosimile, dato che solitamente nel nostro territorio in estate vi transitano e vi soggiornano parecchi stranieri, e non trovando in paese nessun sito degno di essere visitato, almeno il povero scheletrone di un cetaceo lasciato settimane e settimane a marcire sballottato dalle onde senza sapere cosa farne, potrebbero andare a vedere, magari dopo aver pagato il biglietto d’ingresso.

Quindi, all’attuale Amministrazione, dopo il secondo quinquennio che decide il destino dei sorsinchi, il Caso starebbe ispirando un’iniziativa “museale”. Laddove non sono riusciti letterati e artisti locali di pregio, o anche la Tradizione della sempre più lontana Civiltà Contadina, stanno forse riuscendo i resti di una balena che – madonnasantissimaemiracolosadinolimetollere – ancora non si sa bene perchè si sia ritrovata morta stecchita nelle spiagge sussinche.

Che volete che vi dica, non sarà una Pinacoteca che raccoglie le opere di Pietro Antonio Manca, di Giuliano Leonardi, di Giuliano Roggio, dei fratelli Tanda e di tanti altri (senza contare gli artisti grazieaddio ancora viventi!); non sarà manco un sito dove i nostri ragazzi possono conoscere i tantissimi attrezzi che servivano ai nostri nonni per lavorare la campagna, per ottenere i frutti della trasformazione delle olive e dei tanti tipi di uve tipici del nostro territorio…… L’importante è che un museo degno di questo nome ci sarà. L’ho detto, non della nostra storia e delle tante ricchezze umane e culturali, ma solo di una povera balena che chissà come chissà perchè si è trovata a defungere sulle spiagge sussinche.

Anzi. Aspettate, aspettate un pò……

Non sarà che la generosa balena l’abbia fatto per ispirare l’attuale consigliere delegato alle Politiche Ambientali di Sossu, componente di un’Amminisrazione che tira a campare e che magari avrà ancora il coraggio di presentarsi in un prossimo futuro a decidere della vita quotidiana dei sorsinchi?

Ah, il Cetaceo Ispiratore!

 

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Aggiornamento al 14 dicembre

Anche oggi il vecchio professore ha pensato di pubblicare il mio pensiero sull’argomento su espresso. L’avevo mandata naturalmente in formato ridotto, per rientrare nel numero di caratteri consentiti per la pubblicazione. Il saggio Brigaglia, a sua volta, ha pensato di ridurla ulteriormente, eliminando il finale che avrebbe potuto incattivire gli attuali amministratori sorsinchi, nei miei confronti e nei confronti di tutti quelli che divergono dal loro operare. La sua risposta mi ha lasciato così. Non ha focalizzato il mio intento, che, ribadisco, era ed è quello che sarebbe ora che a Sorso nascesse un luogo fisico dove raccogliere le opere dei numerosi artisti nati o vissuti a Sossu e da dove divulgare in modo appropriato le opere letterarie prodotte nel tempo dall’ingegno di diversi sussinchi, oltre che far conoscere alle nuove generazioni la Civiltà Contadina, esponendo i tanti attrezzi che molti abitanti di Sorso metterebbero  volentieri a disposizione. Ma al vecchio Manlio gli si deve perdonare questo e altro, se non altro per ricambiarlo del prezioso apporto che ha sempre dato alla Cultura sarda. Eppoi, effettivamente, non gli rimaneva molto spazio per una risposta più articolata.

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