Non solo Gaza e Ucraina

 

Vecchie e nuove guerre, a partire dall’ Africa, a cui i media “occidentali” poco s’ interessano. Distruzioni e morti lontane, soprattutto dai nostri pensieri e preoccupazioni. I curatori del sito interris.it, uno dei pochi che non hanno lo sguardo concentrato sul proprio ombelico, si sono occupati di aiutarci a lanciare lo sguardo oltre il limitato orizzonte dei nostri interessi. Vediamo….(Piero)

SIRIA

Il primo pensiero non può non andare alla Siria, terra martoriata da 12 anni di guerra, esattamente dal marzo 2011. I ribelli islamisti di Al Nusra che combattono il regime del presidente siriano Bashar al Assad controllano ancora alcune zone del Paese, tra cui Iblid al confine con la Turchia. La cittadina è vicina ai tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte.

IRAK

20 anni dopo la guerra in Iraq, iniziata il 20 marzo 2003 da una coalizione guidata dagli Stati Uniti alla quale partecipò anche l’Italia, la situazione nel Paese è ancora disastrosa. Centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita a causa di decenni di guerra civile e dell’ascesa del sedicente Stato islamico e del suo regno del terrore. La maggior parte dei giovani è disoccupata; i miliardi di entrate derivanti dal prezzo record del petrolio non passano alla popolazione ma vengono presi da élite corrotte; le milizie dell’Isis dominano ancora alcune parti del Paese. Milioni di iracheni stanno lottando per avere prospettive future.

SOMALIA

In Somalia un ventennio di guerre civili e assenza del controllo statale hanno permesso a gruppi terroristici come Al-Shabaab di insediarsi all’interno del Paese. Oggi il Paese africano si trova ad affrontare innumerevoli sfide. Dal 2021 vive una situazione di impasse politica a causa del termine del mandato del presidente Mohamed Abdullahi Mohamed e del continuo rimandare le elezioni presidenziali e parlamentari. Questo ha portato a nuove violenze con i terroristi che cercano di indebolire il governo e assoggettare nuove zone. Inoltre, il Paese si trova ad affrontare forti crisi climatiche. Oltre allo stato di emergenza causato dalla maxi invasione di locuste, si teme che la situazione possa peggiorare a causa dell’arrivo quest’anno di El Niño, con conseguenti inondazioni che potrebbero spingere altre centinaia di migliaia di persone verso l’insicurezza alimentare. Questo Natale, la situazione umanitaria nel Paese rimane profondamente preoccupante, con quasi quattro milioni di persone che affrontano la fame e circa 1,2 milioni di sfollati a causa delle recenti alluvioni.

LIBIA

La Libia è uno dei Paesi più instabili e pericolosi del mondo, spiega Affarintenazionali.it : la sistemica instabilità politica e la costante crisi economica la pongono tra i 20 stati più fragili al mondo secondo il Fragile State Index. Il Paese è privo di un’autorità centrale dallo scoppio della guerra civile nel 2014, durante la quale due governi si sono contesi la leadership della Libia facendo affidamento su diverse milizie irregolari. Le Nazioni Unite riconoscono il Governo di Unità Nazionale (GNU), i cui principali sponsor finanziari e militari sono la Turchia e il Qatar. Il GNU ad oggi controlla solo parte della Tripolitania (la regione nord-occidentale del Paese). La maggior parte della Libia è invece nelle mani del Governo di Stabilità Nazionale (GNS), che fa affidamento sulla forze militari del generale libico Khalifa Haftar, il quale a sua volta riceve supporto materiale e finanziario dall’Egitto, dagli Emirati Arabi Uniti e, indirettamente, dalla Russia tramite i mercenari della Wagner, presenti anche in molte altre regioni dell’Africa. Nonostante un cessate il fuoco permanente accordato dalle due parti nel 2020, i negoziati mediati dalla missione UNSMIL dell’ONU non hanno portato ad un trattato di pace vero e proprio. Anche se la frequenza degli scontri armati è diminuita, non vi è ancora un esecutivo capace di garantire l’ordine e la pubblica sicurezza. A questi due mali vi si è aggiunta più di recente la catastrofe naturale dell’uragano Daniel che ha investito il Mediterraneo e ucciso migliaia di persone. La Libia resta inoltre uno dei principali hub della tratta di esseri umani, laddove numerosi migranti africani in cerca di miglior vita in Europa diventano vittima dei trafficanti.

MYANMAR

Il Myanmar, noto anche come Birmania, è stato teatro il 1 febbraio del 2021 di un colpo di Stato militare che ha rovesciato il governo di Aung San Suu Kyi. I mesi successivi sono stati segnati da grandi proteste contro la giunta e da forti repressioni militari, sia contro la popolazione civile, sia contro le minoranze religiose, come quella dei Rohingya che vive nella parte settentrionale del Paese, nello stato di Rakhine.
Secondo i rapporti delle Nazioni Unite, i Rohingya sono una delle minoranze più perseguitate nel mondo.

ARMENIA

Il 19 settembre 2023 l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva militare su larga scala nella regione del Nagorno-Karabakh, a maggioranza armena. Il risultato è stata una schiacciante e rapidissima vittoria azera che ha portato al disarmo delle forze della Repubblica dell’Artsakh.E che ha provocato al contempo l’esodo di decine di migliaia di abitanti armeni dalla regione. Quasi tutta la comunità armena che viveva nell’ex Regione autonoma del Nagorno-Karabakh (in Azerbaigian) è scappata in Armenia.

“La regione cesserà di esistere entro la fine dell’anno”, evidenzia Caritas Italiana che aggiunge: dopo tre decenni di conflitti e guerre con il governo azero, sono arrivate in Armenia circa 100.000 persone secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), su una popolazione stimata di circa 120.000 abitanti. Non sono riusciti a fuggire solo poche centinaia di persone, principalmente malati e anziani”.

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

Di guerre dimenticate in Africa ce ne sono tante, come quella del delta del Niger dove i contrasti etno-politici proseguono dai primi anni Novanta. Nella Repubblica Democratica del Congo siamo di fronte ad una guerra dimenticata da oltre trent’anni. Lo sfruttamento illegale delle risorse naturali e minerarie, ma soprattutto lo scontro in costante deterioramento con i paesi limitrofi nella zona orientale, peggiorano la stabilità del Paese. Anche in Sud Sudan la situazione è drammatica. Il Paese nasce nel 2011 dopo cinquant’anni di guerra e un referendum dove il 98,8 per cento della popolazione vota per la separazione dal Sudan. Ma dopo neanche tre anni scatta una nuova guerra civile, un conflitto che si trasforma in guerra tribale tra i due gruppi etnici del Paese: i Dinka e i Nuer. Dopo più di dieci anni e diversi tentativi a favore la pace, persistono le schermaglie tra etnie e la fine della guerra sembra sempre più lontana.

SUD SUDAN

Dopo il primo (2019) ed il secondo colpo di Stato (2021) il Sud Sudan è stato colpito dal terzo golpe per ragioni politiche ed economiche il 15 aprile del 2023. Lo scontro ha diviso il Paese a metà e vede contrapposti i due gruppi di membri del Consiglio di sovranità di transizione: da una parte l’esercito sudanese e dall’altra le Rapid Support Forces. Del conflitto ne hanno parlato sporadicamente i media la scorsa estate, poi è stato completamente eclissato dal conflitto tra Hamas e Israele.Eppure, il conflitto si sta allargando a vaste parti del Paese e la gente fugge in territori vicini o in altre Nazioni. La scorsa settimana i combattimenti hanno raggiunto Wad Madani (180 chilometri a sudest di Khartum) importante centro di smistamento degli aiuti umanitari e rifugio per gli sfollati in fuga dagli scontri nella capitale. Questo Natale segna un triste primato per il Sudan: il Paese ha raggiunto infatti il più alto numero di sfollati interni del mondo. Si tratta di almeno 7,7 milioni di persone, tra cui – si stima – almeno 3,3 milioni di bambini. Il numero è quasi raddoppiato da aprile, quando il devastante conflitto ha spaccato il Paese in due. La drastica riduzione della produzione alimentare nazionale e la grave carenza d’acqua lasciano le famiglie sfollate in una situazione disastrosa. Nel silenzio generale.

Non solo Gaza e Ucrainaultima modifica: 2023-12-27T08:53:57+01:00da piero-murineddu
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