Breve biografia di Gavina Demurtas

Due parole di premessa

di Piero Murineddu

 

“Non ha paura di affrontare l’altro, “il diverso” e frequenta la vicina tribù  Osserva, ascolta, impara, aiuta, socializza. Si fa strada in lei (…..) il senso del dovere, della responsabilità, della condivisione, della fratellanza”.

Storicamente, il passaggio descritto di seguito da Anna Demuro si colloca nel periodo dell’infanzia trascorso  dalla piccola Gavina in Africa, durante uno dei diversi tentativi fatti dall’Italia d’impadronirsi di una porzione del continente oltre il Mediterraneo, “nero” per il colorito della pelle dei suoi abitanti ma  con un sottosuolo ricchissimo che ha fatto gola  a chi se n’è voluto da sempre impossessare, ieri come oggi.

All’ “affrontare l’altro” ormai  gli si è dato una valenza esclusivamente negativa, mettendo in secondo piano l’aspetto positivo del termine (Iniziare a esaminare una questione, approfondirla, considerarla nei vari aspetti……). È sicuramente con questa predisposizione d’animo che Gavina avvicinava i suoi coetanei e tutte le persone più grandi d’età, e questo atteggiamento la portava ad “ascoltare, imparare, aiutare, socializzare” e di conseguenza a far proprio “il senso del dovere, della responsabilità e della condivisione”. Sorella di tutti.

È proprio vero che gli anni dell’infanzia sono basilari per far crescere una buona e forte personalità. Buona e forte Gavina lo è stata, e pure con un certo caratterino. Po’ In tutta la sua lunga vita. Per lei e i suoi familiari, per il marito, per i figli e le figlie. Per tutte le persone che hanno avuto la fortuna d’incontrarla.

 

IMG-20180804-WA0011

Gavina Demurtas, la grande madre

di Anna Demuro

Nasce a Sorso (SS) il 25 ottobre del 1930 e si spegne a Sorso il 28 luglio del 2018.
Non difetta di coraggio fin dall’infanzia, quando assume l’incarico di portare cibo e bevande al padre, prigioniero degli inglesi nel campo di concentramento di Asmara, in Eritrea.

Non ha paura di affrontare “l’altro”, “il diverso” e frequenta la vicina tribù. Osserva, ascolta, impara, aiuta, socializza. Si fa strada in lei che già frequenta la scuola primaria, il senso del dovere, della responsabilità, della condivisione, della fratellanza.

Nella conduzione della famiglia, composta di sei figli, Gavina è il braccio destro della madre. Pian piano emerge in lei un carattere di ferro, battagliero, che non si ferma dinanzi agli ostacoli, non si arrende ad una vita di stenti.

A guerra finita, la famiglia rientra in Italia, spogliata di tutto. Conosce la fame, e proprio a questa condizione di estrema miseria Gavina si ribella. Nonostante la giovane età ha imparato a guardare lontano, dove la fame può essere vinta dalla forza delle braccia e della volontà, a qualsiasi costo. Non tollera la condizione dei fratelli, né quella dei genitori provati, dalla lunga prigionia che ha tolto loro ogni speranza.

Decide di trovarsi un lavoro. Fa la commessa a Sassari in un negozio di tessuti e quando consegna ai genitori il primo salario, è scossa da un sentimento che lei stessa, a parole, non saprà mai spiegare. È molto di più del sano orgoglio che nasce dalla consapevolezza di essere in grado di provvedere ai bisogni primari della famiglia. È un sentimento che resta attaccato lì, al cuore, come la radice si attacca alla roccia. Forse proprio li, in quel momento, quando Gavina vede la sazietà dei suoi cari seduti intorno alla tavola, esplode in lei quell’amore per gli altri che le pulsa nel petto.

Non è stato facile per lei superare le ostilità di una società completamente chiusa, contraria all’idea che una donna potesse varcare la soglia di casa per cercare lavoro, autonomia dalla famiglia di origine, indipendenza da qualsiasi figura maschile.
La donna doveva badare alla casa e ai figli, al massimo poteva fare la sarta o ricamare ma sempre chiusa tra le mura domestiche. L’unica alternativa poteva essere la vita monacale, come in pieno Medioevo.

Gavina ha saputo guardare molto lontano e non ha avuto bisogno di scendere in piazza per gridare a tutti la sua idea di libertà. Ha capito che l’unica strada per arrivare a lei doveva necessariamente passare attraverso la cultura. Una strada lunga e difficile, un percorso ad ostacoli che non le faceva paura.

Non le bastava più sapere leggere e scrivere e fare la commessa per tutta la vita. Voleva conseguire la licenza di Scuola Media senza però togliere alla famiglia il salario: dunque lavorava di giorno e la notte studiava. Quando, sopraffatta dalla stanchezza e dal sonno si accasciava sui libri, il padre provava a svegliarla col tintinnio del cucchiaino sulla tazzina di caffè.

Era una donna decisa, determinata e con queste qualità e la preparazione adeguata ha superato anche gli esami del concorso bandito dalle Poste Italiane. Ha servito lo stato per quarant’anni con puntualità e rigore. L’ha servito tre volte: lavorando allo sportello, prendendosi cura del marito e dei quattro figli nati dalla loro unione, e del prossimo a lei sempre presente.

Non c’era povero che, nel deposito presso la sua abitazione non trovasse ciò che gli serviva per vestirsi o ripararsi dal freddo la notte. Non c’era disabile che non potesse ottenere il supporto sanitario di cui aveva bisogno e non c’era famiglia con un infermo allettato cui lei, se chiamata, non regalasse il suo tempo. “Sono volontaria. Chiamami.”
Si presentava sempre così.

Queste sono le opere di Gavina che tutti possiamo vedere ma ci sono anche quelle che pochi conoscono: scadenze da onorare, bisogni da soddisfare, viaggi di necessità anche oltre confine e tant’altro di cui nessuno doveva sapere.

Questa è carità e la carità non si mostra.
Ma l’amore al suo prossimo è una luce che ha accompagnato Gavina per tutta la vita e tutti lo abbiamo veduto. Siamo testimoni diretti!

Nel giorno delle sue esequie è stata accompagnata dal mesto urlo dell’ambulanza, al cui servizio ha donato circa trent’anni della sua vita, salvando tante persone.Va bene anche questo ma crediamo che a Gavina Demurtas si debba molto di più.

Sicuramente una figura da aggiungere alle tante che hanno dato lustro alla nostra città e che possiamo vedere scorrere in “Sorso e il territorio. Storia – Arte – Cultura”, sul portale del Comune di Sorso. Tutto questo va bene ma non basta a rendere giustizia di tanta abnegazione nella totale donazione di sé agli altri. Occorre un riconoscimento da parte delle Istituzioni nelle forme concrete che tutti conosciamo, riservate finora soltanto agli uomini.

La madre dei poveri, dei malati, dei disabili, dei bisognosi di ogni genere di assistenza, dispensatrice d’amore, ha diritto, finalmente prima donna nella città di Sorso, ad un segno tangibile di perenne gratitudine che ne custodisca la memoria.

Breve biografia di Gavina Demurtasultima modifica: 2018-09-02T13:28:56+02:00da piero-murineddu
Reposta per primo quest’articolo

Commenti (6)

  1. Mario Alfio Demurtas

    Condivido le belle parole dette ma Vi prego, nuovamente, di evitare di citare all’interno dei discorsi gli altri familiari.

    Rispondi
    1. piero-murineddu (Autore Post)

      Chiedo scusa del ritardo nel rispondere, oltre che per avere fatto nomi non graditi. Non capisco il “nuovamente”, in quanto non ho ricordo di richiesta in questo senso. Saluti

      Rispondi
  2. Marco Montisci

    Io ho conosciuto solo un breve capitolo della sua vita meravigliosamente raccontanta in questa biografia… E poso assicurare che “non aveva mai tempo” perché impegnata col “suo servizio in ambulanza”… Una persona splendida che ho avuto la fortuna di conoscere… Grazie!

    Rispondi
    1. piero-murineddu (Autore Post)

      Chiedo scusa per il ritardo nella risposta. Grazie a te per l’attenzione e sempre grato all’esempio lasciato da Gavina e il caro Petronio

      Rispondi
  3. Tonino

    Bell’articolo, complimenti.
    Avendola conosciuto sig.ra Gsvina, abitavo vicino casa sua, posso confermare tutto quanto scritto rispetto al suo altruismo e assoluta dedizione per il prossimo.
    Sono d’accordo che merita essere ricordata come una grande donna di valore per il paese tutto … dedicarle una via, intestarle un premio, insomma un gesto cheperpetui la sua memoria nelle generazioni

    Rispondi
    1. piero-murineddu (Autore Post)

      Scusa per il ritardo nel rispondere. Risposta che è solo un grazie per l’attenzione. Stesso nome e cognome, il tuo, di un mio caro amico che versa in grave “pericolo” di vita. Ti chiedo un pensiero per lui. Saluti

      Rispondi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog.
I campi obbligatori sono contrassegnati *