“Nel caso morissi prima io – diceva Ferrante alla moglie – dovrà essere ugualmente una festa

piero capula

 

piero capula

 

di Piero Murineddu

Ieri pomeriggio, il freschetto creatomi in campagna mi stava trattenendo dal rispettare l’impegno preso con mia moglie di partecipare al funerale del “Ferrante” di Castelsardo, Piero Capula. Riuscito a far violenza alla mia comodità, dopo una bella doccia rinfrescante siamo riusciti tuttavia a metterci in viaggio.

Arrivati a Lu Bagnu, poco prima di Castelsardo, lungo il marciapiede della via principale, vediamo seduti al fresco o a passeggio vari profughi che qui hanno ricevuto ospitalità e buona accoglienza. Credo che gli abitanti di questa sempre più popolosa frazione, seppur le case dei vacanzieri siano tante, abbiano conservato un forte senso comunitario e di appartenenza, cosa che li porta a solidarizzare con queste popolazioni che sempre più si mettono in viaggio per sfuggire i tanti pericoli e i tanti aspetti di vita disumana che si lasciano alle spalle nei loro Paesi, africani o di altrove.

Fermatici per chiedere indicazioni come raggiungere la chiesa, dopo un signore che ci risponde con molta cordialità, un altro motorizzato, di sua iniziativa c’invita a seguirlo. Del resto, la maggior parte della gente in movimento, era proprio lì che si stava recando. Arriviamo una buona mezzoretta prima dell’inizio e l’interno del luogo di culto, inaugurato appena l’anno scorso, è già stracolmo. I tantissimi ventagli cercano di supplire disperatamente all’ insufficiente ricambio dì aria. In alto ci sono si delle piccole finestre, ma è possibile che non siano state predisposte per l’eventuale apertura. Che nostalgia delle vecchie chiese di una volta, con quelle grosse mura che ti facevano arrivare all’estasi “spirituale”senza sforzarti più di tanto. Trovato posto vicino al’ingresso, improvvisamente una leggera e provvidenziale brezza da’ ai presenti un insperato sollievo. E’ possibile che sia stato direttamente lo Spirito Santo ( si sà, Lui “soffia”dove e quando vuole!), ma anche il generoso e continuo sventolìo di due signore accanto, mi aiuta a partecipare meglio al rito funebre.

L’arrivo del feretro viene accolto dal canto  “Più presso a te, Signor“, il cui testo originario è stato scritto nel 1841 da Sarah Flower Adams su musica del compositore americano Lowell Mason. Si dice che l’orchestra l’abbia suonata mentre il  transatlantico  “Titanic” mentre il 15 aprile del 1912 stava affondando. Idea azzeccatissima per accompagnare l’ultimo viaggio terreno di questo 63enne corallaro Espansivo, Gioviale, Socievole e Generoso, come al termine della Messa ha scandito il direttore del coro (e credo parroco), citando l’articolo apparso  su La Nuova il giorno dopo la tragedia.

L’omelia dell’anziano don Usai richiama il rosso del corallo, colore che rimanda al grande amore che sicuramente Piero aveva per la vita, per la moglie Pietrina, la figlia Bianca, gli amici e, non per ultimo, per il mare dove ha trascorso buona parte della sua esistenza.

Sui versi ritmati di “La Guerra di Piero”, la famosa canzone antimilitarista di De Andrè, un suo amico d’infanzia gli ha dedicato una struggente “La Pace di Piero”, in cui ha rimarcato che probabilmente, le continue immersioni marine erano un voler cercare l’essenza di sè stesso e della vita stessa. Uguale concetto espresso dalla figlia Bianca, la quale rimpiange già le amorevoli indicazioni che il padre non le faceva mancare, comprese le necessarie correzioni, così  mal sopportate da un’adolescente che spesso presume che finalmente può farne a meno. Non conosco la giovane ragazza, ma anch’io ho una figlia della stessa età, per cui so di cosa parlo. “Diceva babbo che più che coraggio a fare quel particolare lavoro, per lui sarebbe stato coraggioso il non farlo”.   Ferrante e le profondità marine erano diventate un tuttuno, per cui giorno per giorno Piero non faceva altro che realizzare sè stesso attraverso la sua insostituibile passione.

Personalmente ho vissuto l’intera serata come l’opportunità che un intero popolo si è dato per festeggiare uno dei suoi membri migliori, quella festa che la moglie Pietrina ha chiarito ai presenti: “Nel caso morissi prima io – le diceva Piero – dovrà essere ugualmente una festa”.

E’ vero – come ha detto al termine don Giuseppe – tutta quella gente, fatta d’individui con le più disparate sensibilità ed esperienze, ieri sera è stata spinta dalla Simpatia,dalla Stima e dall’Affetto  provati per quell’uomo che, in un periodo della sua vita e per motivi probabilmente non “religiosi” in senso stretto, ha sentito il bisogno di percorrere il Cammino di Santiago di Compostela. Trenta giorni e notti di cammino volutamente solitario, lui abituato alla compagnia di chiunque capitava d’incontrare, il più delle volte rallegrata dalle sue battute e dal suo buon umore. In quel mese, chissà quali e quanti sentimenti avranno riempito  il cervello ed il cuore di Piero Capula.

Durante il percorso in auto per raggiungere il cimitero di Castelsardo, ho visto molti profughi fermi e a testa china, partecipi anche loro del grande dolore che stavano vivendo non solo i familiari, ma tutte le persone che avevano conosciuto, e anche coloro che non avevano avuto la fortuna di conoscerlo (ed io sono tra loro), il protagonista della “bella serata”.

Significatamente, il percorso a piedi, durante il quale gli amici si davano il cambio per portare a spalle l’ultimo corallaro di Castelsardo, ha preso avvio dalla piazza principale del paese, dove tutti solitamente s’incontrano e creano relazioni. Per le condoglianze personali ai familiari, mia moglie Giovanna è riuscita a abbracciare le due donne di Ferrante, la moglie e la figlia, dicendo loro che una strana forza ci aveva portati a partecipare al non disperato lutto che stavano vivendo. “Venite  quando volete – le è stato risposto – la nostra casa è sempre aperta per tutti“.

Tutt’intorno, le persone si salutavano e si abbracciavano.

“Nel caso morissi prima io – diceva Ferrante alla moglie – dovrà essere ugualmente una festaultima modifica: 2015-07-03T12:37:16+02:00da piero-murineddu
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