Voglio un’umanesimo della compassione

andreoli  di Vittorino Andreoli

 

 

Voglio vivere in un umanesimo che contenga la compassione.


Voglio sostenere ed essere parte di una cultura che ponga la compassione come legame centrale.

Voglio che si attivi e si promuova una memoria del dolore dell’altro, per combattere l’indifferenza e la finzione di una felicità attaccata all’ultima invenzione del lusso.

Voglio che l’uomo senta il dolore di un altro uomo, senza pregiudizi, perché il dolore è lo stesso e certi dolori sono inutili.

Voglio che chi spende tutto per l’inutile si ricordi di chi non può spendere nulla nemmeno per l’essenziale, e scopra che forse quanto noi stiamo sprecando è necessario ad altri.


Questo nuovo umanesimo riattiverebbe il piacere dell’aiuto, non del fare l’elemosina che serve solo a puntualizzare la differenza e dare prova di grandezza o del diritto a vivere nel benessere mentre l’altro, a cui si danno le briciole, ha il dovere di fare il poveretto.


Si riscoprirebbe la bellezza del dono, che è prima di tutto offerta di se stessi, metaforicamente espressa da un oggetto pieno di noi.


Si riscoprirebbe la grandezza dell’ospitalità, che vuol dire stare insieme per conoscere l’altro con la curiosità che l’altro abbia qualcosa da dare, proprio perché diverso.

La diversità come arricchimento, non come fonte di sospetto e di esclusione.
Domina invece il «mio», chiuso dentro mura o filo spinato e circondato da mine anti-diverso. Il diverso come ladro – e si dimentica che quel diverso diventa ladro perché è stato escluso.


La nostra non è una società della compassione, del sentire il dolore e la gioia dell’altro, ma una società del volontariato, di chi concede a ore servigi a basso prezzo, con indosso i guanti della prevenzione e il terrore di una contaminazione immaginaria. Il mondo è pieno di preclusioni e di odio, compensati da un volontariato operato, per lo più, da genie che si annoia e che non ha nulla da fare e allora va a vedere lo spettacolo della povertà (…).


Voglio far parte di un umanesimo senza volontari, dove tutti siano disposti ad aiutare l’altro. Dove il bisogno non serva a dare soddisfazione ai volontari, handicappati di diversa natura. Dove tutti siano allo stesso momento bisognosi di essere aiutati e desiderosi di aiutare, e non esista la categoria di chi da e quella di chi riceve (…).


Voglio armarmi di bontà e debellare l’indifferenza: per cogliere il dolore dell’altro: se non sai cosa mi fa soffrire, come fai a dire che mi ami?; per cogliere il dolore dell’altro come inutile, ingiusto, intollerabile ed evitabile; per sentire il dolore dell’altro come un imperativo a fare qualcosa per allevarlo o eliminarlo; per aver voglia di compassione: asciugare le lacrime di chi si è incontrato e soffre; per amare la compassione come hanno fatto sempre gli uomini veramente grandi e quelli che avevano le parvenze degli dei.

(tratto da “Capire il dolore, di V.Andreoli)

Voglio un’umanesimo della compassioneultima modifica: 2015-06-01T05:01:23+02:00da piero-murineddu
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