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“Ogni morte di uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell’umanità”

Sicurezza, per chi? Ogni morte di uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell’umanità; e così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona per te. (John Donne – 1572/1631)

 

b

 

di Rita Clemente

Di questi primi cinque mesi dell’anno due date mi balzano alla memoria e m’inducono a qualche riflessione. La prima è il 7 gennaio 2015. Tutti ricorderanno che in questo infausto giorno un gruppo di jihadisti è entrato nella redazione di Charlie Hebdo e ha freddato dodici persone (tra cui sette vignettisti), ferendone altre undici. Un fatto allucinante che giustamente ha acceso l’opinione pubblica di sdegno e di raccapriccio. Uccidere, soprattutto chi è inerme, è sempre un atto efferato, comunque lo si giustifichi non avrà mai giustificazione. Uccidere poi in nome di Dio è quanto di più aberrante ci possa essere, perché ti dà un senso di onnipotenza disumana, che non può essere messa in discussione da alcuna logica, da alcuna razionalità. Quel giorno tutti siamo rimasti smarriti, come di fronte a una potenza maligna senza volto, che non sai quando e come attaccherà ancora. L’Occidente si è sentito colpito in uno dei suoi valori più alti: la libertà. E ciò ha provocato una immediata reazione di coesione identitaria: ci siamo tutti riconosciuti in Charlie Hebdo, la matita è diventata il simbolo del bene, contrapposto alle armi di chi rappresenta, senza ombra di dubbio, il Male. Dopo sono cominciate le riflessioni più articolate ed anche i “distinguo” e ovviamente le contrapposizioni. Innanzi tutto, sulla natura degli assassini. C’è chi accusa tutti i Musulmani a prescindere, come portatori di una ideologia fondamentalista e potenzialmente terrorista ( e le destre non aspettavano altro). C’è chi, pur condannando il fanatismo intollerante dei jihadisti, ritiene ingiusto fare di tutte le erbe un fascio e condannare tutti i musulmani, a prescindere. C’è chi mette in rilevo anche le grosse responsabilità dell’Occidente (gli USA in testa) nell’aver destabilizzato il Medio Oriente e creato questo vento di follia. Non meno forti le contrapposizioni sulla religione. C’è chi accusa la religione tout court di essere un seme di discordia e d’intolleranza, e c’è chi ravvisa in tutte le religioni (a ragione, secondo me) una potenzialità fondamentalista, c’è chi distingue tra modo e modo di vivere la fede religiosa. Strettamente legato al discorso sulla religione, si è scatenato poi il dibattito sulla libertà. Grande, immensa parola, ma a volte dal significato ambiguo e sfuggente. La libertà è un grande valore da difendere, senza dubbio, ma non ci sono condizioni, non ci sono limiti, non ci sono confini da rispettare? Innanzi tutto, bisogna precisare che tipo di libertà. In questo caso, la libertà di satira. La satira si sa, è fatta per fustigare i vizi, i difetti, le arroganze del potere, anzi, dei poteri. “Castigat ridendo mores” (corregge i costumi ridendo),diceva la famosa iscrizione latina sui teatri. Ma anche lì ci si chiede: può la satira diventare pura irrisione, illimitato disprezzo, offesa gratuita di ciò che altri ritengono un valore altamente significativo per sé? La mia risposta è no, perché, a mio avviso, la parola libertà va sempre coniugata con un’altra parola altrettanto importante, che è rispetto. Non semplice tolleranza, ma rispetto per l’altrui sensibilità, gli altrui valori. Certo, niente giustifica un efferato assassinio e non si può mettere sullo stesso piano chi fa satira, anche irrispettosa, con chi uccide a sangue freddo. Ciò però non esime dal dovere di rispettare ciò che per gli altri è sacro, così come non è giusto imporre ad altri i propri convincimenti religiosi. Ma come ha diviso il mondo occidentale, l’assassinio di Parigi ha anche diviso il mondo islamico, soprattutto degli immigrati che in Occidente ci vivono. C’è stato chi si è sentito offeso, umiliato nella sua stessa identità etnica e religiosa dall’assassinio dei jihadisti e ne ha provato profonda vergogna. C’è chi, pur condannando l’attentato senza remore, non ha accettato, a ragione, di essere colpevolizzato solo perché musulmano. Ad un’analisi più attenta, non dovrebbe sfuggire il fatto che l’azione dei jihadisti non ha di mira solo il mondo occidentale, ma anche gran parte del mondo musulmano, e le prime e più numerose vittime dell’ISIS si contano appunto tra i musulmani stessi. Quindi, la questione è molto complessa e non consente né una facile lettura, né un giudizio sbrigativo. L’altra data da ricordare è il 21 aprile 2015. Cosa è successo? Un’altra delle infinite stragi di migranti nelle acque del Mediterraneo, ma questa volta molto più tragica, con un numero di vittime raccapricciante: più di 900 annegati. La reazione di stampa e opinione pubblica in Occidente è stata radicalmente diversa. Al di là delle solite parole di circostanza sul dispiacere, il cordoglio per le vittime, lo sdegno contro gli scafisti che provocano le stragi, la chiamata in causa dell’Europa, il rimpallo di responsabilità tra le varie forze politiche (forze di governo, forze di opposizione) non c’è stata nessuna reazione di identificazione identitaria, come se quei morti non fossero anche “nostri”, non ci appartenessero. E anzi, dopo le prese di posizione e i cordogli formali dei primi giorni, è stato come se volessimo archiviare il tutto, demandarlo a chi di dovere e rituffarci nelle solite diatribe sugli scontri politici della nostra Italietta o sui risultati dei vari campionati di calcio. Ma, se pure è vero che ogni morto pesa come un macigno, 900 morti sono una strage che pesa immensamente di più! Sì, non ci sono esecutori “materiali” di quelle morti, ma questo è, di fatto, l’olocausto dei nostri giorni. Per il quale si invocano solo soluzioni militari: bombardare i barconi prima che si riempiano di disperati. Come se fosse possibile fermare il mare della paura, della disperazione, della miseria! Si dà la colpa di tutto agli scafisti: eliminiamo i “cattivoni” e il gioco è fatto! Ritorneremo tutti puri e innocenti come la neve. Questo dimostra la cecità e, oserei dire, anche la malafede di chi propone tali soluzioni. Gli scafisti di certo non sono dei gentiluomini, sono dei criminali, ma non sono essi la causa del problema!

Scrive Raniero La Valle:

“Parliamoci chiaro, la tesi secondo cui i migranti sono vittime degli scafisti non ha nessuna logica, non sta in piedi. Gli scafisti non vanno a prendere le persone da casa per costringerle a partire. Sono le persone che si rivolgono agli scafisti, pagano cifre spropositate e mettono a rischio consapevolmente la propria vita e quella dei loro cari pur di provare a raggiungere l’Europa. Gli scafisti fanno affari d’oro nel mercato aperto dal controllo delle frontiere esterne. Gli scafisti esistono perché chi fugge da guerre o povertà non può entrare nello spazio Schengen (https://it.wikipedia.org/wiki/Accordi_di_Schengen) con mezzi di trasporto ordinari (navi, aerei, macchine).

Le leggi di mercato (del mercato tanto osannato) ci dicono che quando c’è una domanda, si crea subito un’offerta. E la domanda c’è, disperata: la domanda di salvezza, di vita, di futuro. A questa domanda rispondono gli scafisti, approfittando della disperazione di milioni di uomini e donne. Un grande affare! Perché anche il dolore e la miseria possono diventare “affari” nel grande mercatone dove chi la fa da padrone è l’inesorabile legge del profitto! Affondiamo i barconi, colpiamo gli scafisti, eliminiamo l’offerta. Che importa se poi la domanda resterà, tragica e insistente, a soffocare al di là del mare? Se condanneremo questi uomini e queste donne a non avere scampo, né futuro e neanche vita? Ora io mi chiedo: ma davvero tra i due eventi, a parte la tragica sproporzione di perdita di vite umane, davvero non c’è collegamento, connessione? Certo che c’è: ma noi la vediamo solo nella nostra paura. Respingiamo i barconi carichi di migranti, perché tra di loro possono annidarsi i pericolosi jihadisti. Che importa se su quei barconi ci sono soprattutto quegli uomini e quelle donne che proprio dai jiadisti intendono fuggire? Ma le connessioni più tremende noi non le vediamo. Rifiutando di creare altre vie legali di scampo, dei corridoi umanitari, di organizzare su tutto il territorio europeo un’accoglienza degna di esseri umani (come richiedono i trattati internazionali) non facciamo che aumentare la rabbia, lo sconforto, la disperazione, che tutto fa osare, senza remore e senza freni inibitori. Non facciamo che alimentare la percezione rabbiosa di uno stato permanente di ingiustizia, che fa proliferare la sete di giustizie sommarie e vendicative. Non fa, in ultima analisi, che alimentare il terrorismo. Noi gridiamo Je suis Charlie pensando alla nostra sicurezza violata. Respingiamo i barconi con i profughi perché temiamo che la nostra sicurezza venga minacciata. Non ci rendiamo conto però che, se l’umanità, al di là del Mar Mediterraneo, diventa un oceano di sofferenza che non si può alleviare in nessun modo, nessuno, proprio nessuno potrà mai sentirsi al sicuro. La sicurezza di chi vive in condizioni di terrore continuo, di guerra, di violenza, di tortura, di mancanza di futuro, ci piaccia o no, è la condizione imprescindibile per la nostra stessa sicurezza. Altrimenti, saremo tutti dei profughi sballottati dalle onde tempestose dei fanatismi e delle vendette. Dai fondamentalismi di chi si aspetta di purificare il mondo con il lavacro del sangue, non importa di chi, purché nemico, o considerato tale. E qui la religione non c’entra, è solo un orribile pretesto, come dimostrano le moschee (non solo le chiese) distrutte dagli stessi musulmani.

Condividere quel poco o tanto del benessere che ci resta con chi non ha più niente da perdere è l’unica chance per sentirci sicuri e in pace, se non altro con la nostra coscienza. Ma soprattutto, per sentirci ancora uomini, degni di questo nome.

 

Editoriale di CDB INFORMA    Foglio d’informazione della Comunità Cristiana di Base di Chieri  –  Giugno 2015

A Sossu tolleranza zero verso i zozzoni? Eia, maperò verso TU-TTI, nessuno escluso

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di Piero Murineddu

 

Avviamo la stagione estiva con una battaglia  contro tutti coloro che non rispetteranno le norme ambientali. Tolleranza zero e sanzioni per chi non mantiene il decoro pubblico“.
(lu sindaggu di Sossu Morghen – “La Nuova” di sabato  del 6 giugno 2015)

 

   Eia….. giustissimo è!

 

Ormai il senso civico, che stringi stringi non vuol dir altro che rispetto per gli altri e specialmente per la propria intelligenza, in giro sta sempre più scarseggiando, per cui, se non vogliamo buttarci tutti in muntinaggiu (per i non sussinchi: se vogliamo continuare a considerarci persone civili e rettamente pensanti), bisogna che ci decidiamo ad agire gumentisidocca, e Decisionismo e Giusta Fermezza sono necessari  da chi è preposto a far rispettare le leggi, non dimenticando che lui prima dì tutti queste leggi le deve rispettare. E’ appunto su questo che mi accingo a questionare.

Da  persone ragionevoli quali diciamo di essere, ci si aspetterebbe responsabiltà, e come dicevo, rispetto e blablablatraralallà, ma così non è. Non so oggi, ma una volta, quando all’asilo qualcuno faceva una marachella, veniva punito, e altrettanto avveniva nelle scuole elementari, da dove spesso tornavi a casa con le mani indolenzite dall’implacabile vesthighita (verga, possibilmente d’ulivo)  della maestra, oppure subìre l’onta di stare  dietro la lavagna a contemplarne il didietro impolverato, oltre che a sbirciare le gambe pelose della burbera insegnante – secondina.

Ecco, in un certo senso, seppur cresciuti in età,  ancora oggi si ha bisogno della punizione per  capire il retto vivere, e per molti, per paura di prenderne altre di punizioni. Chi sbaglia paga, senza più eccezioni e  privilegi: rilevata l’infrazione, pagata la multa.

 

Battaglia contro tutti coloro che non rispettano le norme ambientali“,

afferma senza esitazione alcuna il nostro Caroleader locale pro tempore, che per la seconda volta ha deciso di stressarsi per dover pensare diuturnamente come far vivere bene i propri concittadini (ma ga ti r’ha fattu và!)

 

Tolleranza zero!E certo. Anzi, zerissimo e anche spaccato.

 

“Sanzioni per chi non mantiene il decoro pubblico”


Sanzioni&Sanzionissime!  Ci mancherebbe. Il decoro pubblico è una casa sacrosanta e tutti – T U T T I ! – abbiamo il dovere di curarlo e rispettarlo,sia che siamo persone fisiche o persone giuridiche, che portiamo avanti attività individuali o pubbliche.

Qualche esempio? Vediamo.

1. Chi si fa portare a passeggio dal proprio cagnolino  o cagnone bau bau, sa che deve portarsi il necessario per i bisogni fisiologici densi (no, non per lui: la cosa sarebbe contro la pubblica decenza, troppo ingombrante e –  deuzinilibareggia – con tutti gli stiticoni che ci sono, nelle pubbliche strade l’aria sarebbe tremendamente ammorbata)

2. Chi  sbevazza fino a farsi scoppiare il ventre (e svuotarsi completamente le busciacche), non deve andarsene in giro a ruttare, pisciacchiare e, peggio ancora, a vomitare dove capita i litri&litri di non più fresca birrozza che si ha nello stomacone, insieme al non ancora digerito intruglio vario.

3. Chi ancora imperterrito continua il proprio lento suicidio sfumazzando, non deve buttare le schifosissime cicche qua e là dove capita, e specialmente nelle nostre spiagge super pulite e super “fornite di servizi”. Lo so, questo inaspettato  e forse immeritato riconoscimento strappa ancora qualche sorrisino , ma così è. Speriamo solo che i micidiali escherichiacoli e forse anche enterococchi intestinali riscontrati a Platamona si fermino e si estinguino lì, altrimenti chi ha assegnato l’incredibile bamdierina blu ai nostri mari, si tronca lu goddhu per venire a riprendersela.

4. Stesso discorso vale per i pubblici scarrascioni, e non tanto perchè ti ritrovi  la loro salivare produzione improvvisa&schifosissima nel marciapiede mentre a testa china te la passeggi tranquillo, quanto per il voltastomaco che ti viene quando, la mattina presto, aspettando ancora cimaggoso&sbadigliante  il bus che ti porti al lavoro, senti tutta la laboriosa preparazione che il tipo fa nella propria bocca prima di scaraventarla con forza a due-tre metri di distanza da lui e a pochi palmi da me.

 

Esempi potrei farne ancora tanti, ma vi evito ulteriore nausea per non rischiare che vi passi l’appetito o rivediate, mezzo digerito, cìò che avete già magnazzato.

Tolleranza zero – dunque –  Sanzioni per chi non mantiene il decoro pubblico. Per tutti, MAPROPRIOTUTTI, sussinchi e sinnaresi,con qualche indulgenza possibilmente verso i turisti, contro i quali solitamente e famelicamente ci si accanisce per spillar loro  dinà il più possibile.

Per chi controlla, affibbiare una sonora multa a chi sgarra è relativamente semplice, ma mi chiedo:

e se a contravvenire tali disposizioni è lo stesso controllore in agguato per prenderti in castagna?

Non voglio dire il vigilino o il vigilone sempre col taccuino e penna in mano. Intendo l’Ente pubblico, Responsabile diretto della salvaguardia non solo del decoro, ma specialmente della salubrità dell’ambiente,valore primario e assoluto per la vita delle persone, delle piante e degli animali, pabauzzi e carramerdha compresi.

Allora, siamo certi che l’Amministrazione Pubblica adempia a questo dovere? Ne siamo certi, ma proprio certicerticerti? Vediamo, e non mi si venga a dire che gli esempi che seguono non c’entrino una minchia  con ciò di cui stiamo trattando.

1. E’ di qualche tempo fa la scoperta dei vecchi cassonetti della spazzatura, tristemente accatastati nell’agro alle spalle della Piramide, struttura sportiva la cui cura spetterebbe (spetterebbe!) all’Amministrazione Pubblica.

A me sembra una grave mancanza di rispetto per l’ambiente. A voi no?

2. Per lungo tempo una zona dell’agro sussincu è stata attraversato da un misterioso ed inquietante fiumicciatolo proveniente da chissà dove, e a subire i rimpalli delle responsabilità sono state naturalmente le famiglie che nella zona vi abitano.

Come e quando si è intervenuti per evitare i disagi e le preoccupazioni dei residenti?

 

3. Per lungo tempo, una famiglia di via Tibula ha dovuto subire le infiltrazioni umide provenienti da una abitazione confinante. Invano e a lungo gli occupanti hanno chiesto che s’intervenisse per porre termine a ciò.

L’Ente pubblico ha il dovere o no di alleviare i disagi dei cittadini?

 

4. Più o meno da quando la stazione locale dei carabinieri è stata trasferita, il vecchio edificio centrale, anticamente un convento, è in stato di estremo degrado. La proprietà è sempre dell’ormai irrelevante Provincia, ma possibile che finora non si sia riuscita a trovarla una stramaledetta  soluzione? Stesso discorso per lo stradefunto Lido Iride e per la vecchia fabbrica privata di conserve attigua a La Billellera, ma quest’ultimo tasto evito di toccarlo, pa cariddai….

Anche qui, si è fatto tutto il possibile per ovviare a tale stato di vergognoso abbandono?

Ne vogliamo ancora uno di esempietto? E dai…

Per quanto tempo nella vasta zona pinetata sono state segnalate la presenza di grossi pneumatici, carcasse di auto, resti di amianto, gravemente nocivi per l’ambiente, e l’autorità costituita non si è prontamente attivata?

Come abbiamo visto, non si tratta solo di salvaguardare il decoro urbano nello stretto significato del termine.

 

Allora,riassumendo:

“Tolleranza zero e sanzioni per chi non mantiene il decoro pubblico”

Eia…Eia…..Eeeeiaaaaaa…. ma  che la cosa sia reciproca:

per il popolo amministrato, in mezzo al quale vi sono molti zozzoni irresponsabili, ma anche per chi siede nelle stanze dei bottoni, dove a volte si annida qualche zozzoncello….responsabile.

 

 

n.b.

Nella vicenda su esposta si parla di Sorso, ameno paesotto a nord ovest della costa sarda, ma con gli opportuni adattamenti, potrebbe riguardare qualsiasi  situazione dove vi sono comandanti (pochi) e comandati (molti), oltre che raccomandati (un’infinità). Ma questo è un altro discorso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riprendono i lavori di Pedrugnanu: “Ave” ai 480mila euro regionali

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di Piero Murineddu

 

Ed ecco che oggi il solerte e puntuale corrispondente de “La Nuova”, Saivadori da Sossu, che si firma   S.S. nei trafiletti e nei secondari articoli (oggi il suo primo articolo è dedicato ai sussinchi morosi che  se non pagano l’eba sentiranno lu zoccu dalla bene-male-merita Abbanoa), quest’oggi ci rallegra la domenica facendoci sapere che i lavori della strada che porta alla chiesetta campestre dove quel dì lontano si sarebbe fatta ritrovare la Vergine, impuntatasi perchè voleva una chiesa tutta per sé, sono ripresi. Finalmente! Non ne potevo più. Ogni volta che dovevo percorrerla, il dubbio di sapere se dovevo tornare indietro o meno, mi stava logorando li neivvi, visto che il cartello d’interruzione è rimasto sempre  lì, fisso e minaccioso.

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Comunque, ora sappiamo che dall’8 al 19 giugno, la strada sarà interdetta agli automobilisti e ai carrattuneri, esclusi chi abita in quelle case a cui sono state aggiustate le entrate chissà con quanti dinà. A proposito, non sarà per questo che sono venuti a mancare i finanziamenti per poterli concludere entro la data indicata dal cartellone, cioè 9 luglio 2013? L’alluvione no v’entra nuddha perchè si è abbattuta sulla povera Sossu lo scorso giugno di un anno fa. A ri-proposito, cosa dicono le previsioni meteo? Mancano pochi giorni al primo anniversario, e con lo stravolgimento del clima a cui noi umani abbiamo contribuito, non vorrei che……..Stiamo all’erta stiamo.

cartellone

 

E va be’. Comunque, percorrendola nell’ultimo periodo, durante il tragitto, incrociando un’altra auto, ho dovuto fermarmi o spostarmi alla mia destra diverse volte, in quanto lo spazio per due auto non era sufficiente. E che è? Non vorrei che avessero preso male le misure al momento della progettazione. E poi quei cordoli così alti del marciapiede, la cui larghezza è varia in diversi punti.

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Se lo spessore del caro asfalto ( “caro” nel senso di prezzo, intendo, non nel senso …affettivo) non compenserà la cosa, ho paura che le mie (e anche vostre, sia chiaro) gomme ne piangeranno le conseguenze, dal 20 giugno in poi (?). Spero che i numerosi (!) pulman di pellegrini percorreranno il tratto dalla “Madonnina”, altrimenti, incrociandoli, dovrò tornare indietro fino a Sossu, coi birighitti girati e incazzatissimo. Buon lavoro, dunque: il 20 giugno non è lontano.

 

 

 

 

Tangibili incentivi per invogliare alla partecipazione

 

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di Piero Murineddu

Interessantissima questa iniziativa che arriva da Orotelli, un piccolo comune di poco più di 2000 abitanti non lontano da Nuoro. Un modo molto concreto e “gratificante” per invogliare la gente a curare il proprio territorio. Non male neanche l’idea di far curare il verde pubblico a cittadini volontari in cambio di sgravi fiscali. Quest’altra notizia è di qualche tempo fa, e starebbe prendendo forma a Sassari, e si spera, anche a Sossu, Sennari, Porthudorra e ovunque ci sia ancora voglia di partecipare attivamente per migliorare la convivenza. Naturalmente bisognerebbe  organizzare il tutto con intelligenza e lungimiranza. Riuscendo ad avviare tale iniziativa, potrebbe essere l’inizio di un diverso rapporto fra cittadini e istituzioni, quello che da troppo tempo è stato mortificato e non incoraggiato dai politici, ovvero quella

            partecipazione attiva alle decisioni

              che riguardano la vita collettiva,

compreso il “Bilancio partecipato” (decidere le priorità col coinvolgimento della cittadinanza), aspetto fondamentale di una Democrazia Partecipativa che, generalmente, continua a rimanere una chimera, al di là dei miserevoli blablabla dei politici che ogni tanto si sentono risuonare nelle aule consiliari o in qualche pietosa dichiarazione pubblica.

Se fate attenzione, ogni tanto si viene a sapere della nascita di comitati spontanei che decidono di attrezzarsi per pulire spiagge, pinete, piazze e spazi degradati. Con questo spirito, oltre che per abbattere gli alti “muri” tra vicinato, sempre a Sassari sono nati due condomini solidali. E’  un chiaro segno di volontà di essere attivi, nel  “fare” e nell’  “essere“. Comunque, oltre che per richiamare alla necessità di rispettare                   l ‘ambiente in cui si vive, sicuramente lo si fa’ anche per suonare la sveglia all’Ente pubblico, spesso negligente su quelli che sono i suoi compiti.

Quindi, armati di zappetta, cesoie, rastrello e carriola, a curare la porzione di verde pubblico o altro spazio assegnato, risparmiando qualcosa che permetterebbe di adempiere alle scadenze mensili con maggiore tranquillità. Concretizzandosi l’idea, magari migliora la responsabilità verso la Cosa Pubblica. E’ possibile anche la nascita di qualche problemuccio, tipo il far dispetti a quell’antipaticone che cura quel pezzo di giardino pubblico e chissà cos’altro, e considerando la famosa gravidanza continua della mamma degli incalcolabili imbecilli, bisogna considerare anche questo aspetto. Ripeto, la cosa è da vedere con attenzione, prevedendone il più possibile gli sviluppi.

Se la cosa venisse realizzata a Sorso, sarebbe un passo avanti considerevole, visto l’abissale distacco di chi amministra e il più delle volte silenti amministrati.Nella cittadina romangina si ha ormai la sensazione che chi ha accesso alla stanzina dei bottoni lo faccia per tirare a campà,senza voglia e senza alcun entusiasmo, probabilmente a causa anche del persistente vuoto delle casse comunali, che non permetterebbe ldi adempiere puntualmente agli impegni presi. Di oggi è la notizia che l’Amministrazione comunale si è arresa all’ultimatum imposto dalla Regione per rinunciare ad un assessore. Lo si è fatto a denti stretti, per non essere commissariati. In confidenza vi dico  che  speravo nell’arrivo del Commissario (ma mi raccomando che rimanga tra noi: conosciamo la permalosità di lor signorincelli, e non vorrei che mi bloccassero …..gli avanzamenti di carriera). Non la vedevo un’onta, ma una speranza di uscir fuori da questa avvilente stagnazione. Ma comunque, se proprio non si ha il coraggio di buttare la spugna, sarebbe un atto di grande dignità iniziare finalmente un’opera di attivo coinvolgimento della popolazione, sia per migliorarci il posto dove viviamo e sia sopratutto per crescere tutti culturalmente e con vero senso civico. Così facendo, chi sta’ amministrando in questi scarsi produttivi anni la non più ridente cittadina romangina, lascerebbe  uno dei pochi ricordi positivi di sé ai posteri.

 

manifesto elettorale sbeffeggiato (5)

 

Così Francesco riabilita la Chiesa del dissenso

francesco

di Paolo Rodari

 

 

L’ultimo è Timothy Radcliff, nominato sabato scorso consultore del dicastero di Giustizia e pace. Teologo controverso, nel 2011 il suo nome venne depennato dalla lista dei discorsi ufficiali all’assemblea di Caritas Internationalis. Le sue posizioni in favore dell’abolizione del celibato sacerdotale e aperte sul tema dell’omosessualità non piacevano oltre il Tevere, dove la censura dell’ex Sant’Uffizio era tenuta in buon esercizio. La sua “riabilitazione”, invece, dice di un papato che non vuole porre museruole, e che sa attendere anche da alcuni dei teologi cosiddetti “del dissenso” contributi decisivi per l’esercizio di una vera sinodalità.

Contributi che trovano spazio anche sull’ Osservatore Romano, che tre giorni fa ha messo in pagina un testo di Jon Sobrino edito da Emi. Gesuita basco emigrato nel Salvador, celebre teologo della liberazione, qualche anno fa ha visto le sue tesi bollate dal Vaticano come «erronee e pericolose». E a nulla valse un articolo in sua difesa di Víctor Manuel Fernández, rettore della Pontificia Università Cattolica di Argentina, osteggiato in curia romana proprio per la sua difesa di Sobrino, ma riabilitato da Francesco con l’elevazione al rango di arcivescovo.


Prima di Sobrino, Gustavo Gutiérrez. Il teologo peruviano fondatore di quella teologia della liberazione che nei precedenti pontificati era sinonimo di connivenza col marxismo, una settimana fa era fra i relatori alla conferenza di presentazione dell’assemblea della Caritas aperta poi da Francesco. Già due anni fa Gutiérrez venne ricevuto dal Papa in segno di un’amicizia che anche Ratzinger non mancò di mostrargli: nel 1996, in un incontro con i vertici dell’episcopato latino-americano, l’allora cardinale prefetto della Dottrina delle Fede ebbe parole di elogio nei suoi confronti.


I segnali di apertura di Francesco verso alcune teologie controverse ci sono fin dall’inizio del suo pontificato. Da subito egli ha sbloccato la causa di beatificazione di Oscar Romero, sul quale la recente biografia di Roberto Morozzo della Rocca apre scenari inaspettati: di nemici, Romero, ne aveva molti, alcuni fra i sui confratelli vescovi, altri in Vaticano fra prelati ossessionati dal suo presunto filo marxismo e invidiosi dei suoi successi di popolo. Ma fra questi nemici non si possono annoverare i Papi della sua difficile epopea: Paolo VI e Giovanni Paolo II. Francesco ha autorizzato anche l’apertura del processo diocesano del vescovo de La Rioja (Argentina), monsignor Enrique Angelelli, ucciso dai militari argentini il 4 agosto 1976. E, insieme, è arrivata l’apertura del processo diocesano per la beatificazione di Dom Hélder Câmara, il vescovo «delle favelas». Romero, Angelelli, Câmara: uccisi perché cristiani ma, insieme, osteggiati da una Roma curiale conservatrice e a tratti miope.

(La Repubblica 22 maggio 2015)

Voglio un’umanesimo della compassione

andreoli  di Vittorino Andreoli

 

 

Voglio vivere in un umanesimo che contenga la compassione.


Voglio sostenere ed essere parte di una cultura che ponga la compassione come legame centrale.

Voglio che si attivi e si promuova una memoria del dolore dell’altro, per combattere l’indifferenza e la finzione di una felicità attaccata all’ultima invenzione del lusso.

Voglio che l’uomo senta il dolore di un altro uomo, senza pregiudizi, perché il dolore è lo stesso e certi dolori sono inutili.

Voglio che chi spende tutto per l’inutile si ricordi di chi non può spendere nulla nemmeno per l’essenziale, e scopra che forse quanto noi stiamo sprecando è necessario ad altri.


Questo nuovo umanesimo riattiverebbe il piacere dell’aiuto, non del fare l’elemosina che serve solo a puntualizzare la differenza e dare prova di grandezza o del diritto a vivere nel benessere mentre l’altro, a cui si danno le briciole, ha il dovere di fare il poveretto.


Si riscoprirebbe la bellezza del dono, che è prima di tutto offerta di se stessi, metaforicamente espressa da un oggetto pieno di noi.


Si riscoprirebbe la grandezza dell’ospitalità, che vuol dire stare insieme per conoscere l’altro con la curiosità che l’altro abbia qualcosa da dare, proprio perché diverso.

La diversità come arricchimento, non come fonte di sospetto e di esclusione.
Domina invece il «mio», chiuso dentro mura o filo spinato e circondato da mine anti-diverso. Il diverso come ladro – e si dimentica che quel diverso diventa ladro perché è stato escluso.


La nostra non è una società della compassione, del sentire il dolore e la gioia dell’altro, ma una società del volontariato, di chi concede a ore servigi a basso prezzo, con indosso i guanti della prevenzione e il terrore di una contaminazione immaginaria. Il mondo è pieno di preclusioni e di odio, compensati da un volontariato operato, per lo più, da genie che si annoia e che non ha nulla da fare e allora va a vedere lo spettacolo della povertà (…).


Voglio far parte di un umanesimo senza volontari, dove tutti siano disposti ad aiutare l’altro. Dove il bisogno non serva a dare soddisfazione ai volontari, handicappati di diversa natura. Dove tutti siano allo stesso momento bisognosi di essere aiutati e desiderosi di aiutare, e non esista la categoria di chi da e quella di chi riceve (…).


Voglio armarmi di bontà e debellare l’indifferenza: per cogliere il dolore dell’altro: se non sai cosa mi fa soffrire, come fai a dire che mi ami?; per cogliere il dolore dell’altro come inutile, ingiusto, intollerabile ed evitabile; per sentire il dolore dell’altro come un imperativo a fare qualcosa per allevarlo o eliminarlo; per aver voglia di compassione: asciugare le lacrime di chi si è incontrato e soffre; per amare la compassione come hanno fatto sempre gli uomini veramente grandi e quelli che avevano le parvenze degli dei.

(tratto da “Capire il dolore, di V.Andreoli)

Il dolce canto di Maria Nicoletta

luigi e nicoletta

 

di Giovanna Stella

Un particolare canto mi accompagna fin dagli anni adolescenziali, quando a Sennori, all’interno di un gruppo ecclesiale, si cercava di trovare valori forti coi quali giocare la nostra vita. Un canto musicalmente semplice. La voce dell’autrice, Adriana Mascagni, la ricordo non particolarmente graziata, eppure il cantare insieme quelle parole piene di significato dava anche alla melodia una  particolare bellezza:

Povera voce di un uomo che non c’è
la nostra voce se non ha più un perché:
deve gridare, deve implorare
che il respiro della vita non abbia fine.

Poi deve cantare perché la vita c’è,
tutta la vita chiede l’eternità;
non può morire, non può finire
la nostra voce che la vita chiede all’ Amor.

Non è povera voce di un uomo che non c’è,
la nostra voce canta con un perché.

 

Cara Nicoletta, io credo che la tua vita questo “perchè”  l’abbia sempre avuto, e sicuramente, ora che hai varcato il Grande Confine, gioisci già della sua conferma. Da sempre ti preparavi ad intraprendere il Mistero, definito “Casa del Padre” nel manifesto che ha annunciato il tuo Passaggio.

Ti ho sempre conosciuta tenacemente abitata dalla presenza rassicurante del Cristo. Lo cercavi e lo trovavi nelle frenetiche attività a cui ti dedicavi. Gli indifesi, coloro che si pongono o che vengono forzatamente relegati negli ultimi e spesso nascosti posti, erano quelli che attiravano la tua compagnia consolatrice. La tua vita è stata un continuo offrirti agli altri, mettendo le tue sofferenze in secondo piano.

La tua attività d’insegnante l’hai vissuta sempre con passione. Delicata e fantasiosa coi tanti bambini che hai incontrato e che hai amato. Non ti bastavano le tue innumerevoli parole ed esempi concreti per cantare la vita e le lodi al Signore.  Ti piaceva cantare e scherzare, ma a volte dai tuoi occhi trapelava l’inevitabile fatica di vivere. In particolari momenti mi confidavi quella solitudine che solo chi trova vera accoglienza e ascolto riesce  a condividere. Non esitavi nell’asciugare il tuo bel viso solcato da calde e liberatorie lacrime. Con infinita fiducia ti riaffidavi alle Mani Paterne e Materne di Dio.

Ti ho vista fragile come tutte le mamme che sopravvivono alla morte prematura di un figlio. Il doloroso distacco  l’hai serbato gelosamente nel tuo intimo, con la fiduciosa certezza di ritrovarlo. E’ finalmente arrivato il giorno per gioire della Sua Tenera Pace, con Carlo e con tutti i tuoi cari. Con amore libero e completo, continuerai a sostenere  Stefania, Fabrizio,Luigi e tutte le persone che hai momentaneamente lasciato.

Grazie per l’esempio che ci hai lasciato,  carissima Nicoletta.

La difesa nonviolenta non è una pia utopia

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tratto da serenoregis.org

 

La ricerca per la pace e la promozione della Difesa Popolare Nonviolenta costituiscono l’elemento più caratterizzante delle attività istituzionali del Centro Studi, in una prospettiva di continuità e sviluppo dell’opera pionieristica del suo fondatore, Domenico Sereno Regis, in favore dell’obiezione di coscienza e contro l’installazione di missili sul territorio nazionale.

L’idea di pace che vi soggiace prevede non solo l’assenza di guerre e/o di conflitti armati, ma anche la giustizia sociale (poiché non vi è pace senza giustizia), il rispetto per l’ambiente e le generazioni future, l’attenzione e l’ascolto dell’altro – dal livello intrapersonale (gli aspetti difficilmente accettabili di sé), a quello interpersonale, sociale e macrosociale (le culture diverse).

Il raggiungimento di questi propositi potrà certo avvenire solo nel lungo periodo e richiederà, per essere effettivo, sia una grande partecipazione politica (il “potere di tutti” di cui parlava il fondatore del Movimento Nonviolento, Aldo Capitini), sia un modo di procedere reversibile in caso di errore, il che – necessariamente – esclude l’uso della violenza. Più in particolare, il conflitto viene considerato come un aspetto ineludibile della vita, e viene stimolata la ricerca di una sua trasformazione creativa, nella quale tutte le parti interessate siano coinvolte nell’elaborazione di soluzioni da cui ciascuna tragga vantaggi tali da escludere un’escalation della violenza. Quest’ultima può essere tanto diretta, quanto strutturale, culturale e/o psicologica, e nei suoi singoli aspetti o nella loro combinazione va a colpire i bisogni umani fondamentali, tra cui la stessa possibilità di sopravvivenza di milioni di persone ogni anno.

L’estrema complessità, globalità e urgenza di questi problemi rende indispensabile un’accurata impostazione della ricerca teoretica, della raccolta della documentazione, della divulgazione e della progettazione degli interventi diretti sul territorio. Sin dalla sua fondazione, il Centro Studi ha provveduto a sviluppare una fitta rete di contatti con enti nazionali ed internazionali operanti nel settore, quali l’International Peace Research Association, l’Italian Peace Research Institute (di cui gestisce la segreteria e cura la redazione della Newsletter), il Mouvement pour une Action Nonviolente (MAN), la Transnational Foundation for Peace and Future Research (TFF), il Movimento Nonviolento (MN), il Movimento Internazionale per la Riconciliazione, il coordinamento internazionale Nonviolent Peace Force, numerosi musei per la pace, la rete internazionale di peace-researchers TRANSCEND ed ha preso parte alla fondazione del Centro Interateneo di Studi per la Pace. Grazie a queste collaborazioni è stato possibile realizzare numerosi seminari e conferenze – rivolti ora ad un pubblico specialistico, ora ad un pubblico più vasto – tra cui si segnalano l’Osservatorio Internazionale su violenza e nonviolenza (con cadenza annuale), i cicli di incontri Come valutare le riforme costituzionali: potere, giustizia e nonviolenza e Politica e violenza, nonviolenza e politica (1997), Lotte nonviolente nel Kossovo, con mostra fotografica, e Conflitto, violenza e nonviolenza: il contributo della psicologia, della psicoanalisi e della psichiatria (1998), Attività delle Peace Brigades International, Il diritto e la guerra, Aspetti strutturali del rapporto tra stato e guerra e il corso di aggiornamento per docenti Il Novecento: un secolo tra violenza e nonviolenza (1999), Trasformazione nonviolenta dei conflitti: l’approccio Maggiore/minore (2001), Dalla “risoluzione” alla trasformazione nonviolenta dei conflitti: il metodo TRANSCEND e Obiezione di coscienza in Israele (2002), Iraq: una guerra annunciata (2003). Quanto alla raccolta di documentazione, si è provveduto a mantener viva la memoria storica grazie al recupero di importanti fondi archivistici di privati e di movimenti pacifisti e nonviolenti attivi in Italia, mentre la Biblioteca, la videoteca e l’emeroteca del Centro Studi vengono continuamente aggiornate, tenendo anche conto, nella scelta dei testi, dell’attività seminariale e convegnistica che viene svolta anno per anno. In particolare i convegni internazionali si propongono non solo di favorire l’aggiornamento di studiosi/e sui più recenti risultati della ricerca per la pace, ma anche di sensibilizzare un più vasto pubblico e le autorità locali sul successo di azioni di intermediazione nonviolenta organizzate dal basso, al fine di dimostrare la perseguibilità – con budget decisamente inferiori a quelli attualmente destinati alle spese militari – di politiche di difesa difensiva e di operazioni di peace-keeping, peace-building e peace-making. Tra i maggiori convegni recentemente organizzati, si segnalano Difesa Popolare Nonviolenta e Protezione Civile (1998), Il conflitto è politica, non guerra (1999), La nonviolenza nella ricerca, nell’educazione e nell’azione: temi e ambiti della ricerca per la pace in Italia e nel mondo (2001), Globalizzazioni, terrorismi e guerre: le alternative della nonviolenza (2002), Forze nonviolente di pace (2003), nonché Epistemologia, Ecologia, Estetica: il contributo di Gregory Bateson alla ricerca per la pace e all’educazione.

Angelino, l’irrimovibile impoltronato quasi invisibile

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di Massimo Gramellini

Nel volgere di poche ore, l’opposizione ha chiesto le dimissioni di Alfano due volte e per motivi opposti. Prima perché avrebbe lasciato entrare in Italia un giovane marocchino senza accorgersi che era un terrorista dell’Isis. E poi perché lo avrebbe messo in galera nonostante fosse improbabile che si trattasse di un terrorista dell’Isis. Alfano ovviamente non ha fatto una piega. Ci è abituato. Da anni non passa giorno senza che qualcuno non chieda le sue dimissioni. Anch’io, nel mio piccolo, le ho reclamate in un paio di occasioni: la vicenda Shalabayeva e il divieto ai prefetti di trascrivere i matrimoni gay. Ma tutti ricorderete la faccia abbastanza spaventosa di Salvini mentre intima la cacciata del ministro dopo i disordini del primo maggio all’Expo, la devastazione di piazza di Spagna da parte dei tifosi olandesi, i ritardi nei soccorsi agli alluvionati di Genova e qualsiasi altra calamità naturale o umana abbia attraversato questo martoriato Paese.

Come il Malaussène della saga di Pennac, Alfano sembra disegnato apposta per il ruolo di capro espiatorio. Un capretto, più che altro. Poco ingombrante ma inamovibile, anche se sempre in discussione. Di Renzi le opposizioni (e parte della maggioranza) dicono le peggio cose, eppure nessuno si sogna di chiederne le dimissioni. E’ lui semmai che ogni tanto le minaccia, ovviamente per finta. Alfano invece non finge: è sinceramente attaccato a una poltrona che occupa però con impalpabile discrezione. Al punto che, il giorno in cui si dimettesse davvero, nessuno se ne accorgerebbe e tutti continueremmo a chiedere le sue dimissioni.

ANDEDDI A FAVV’AMMAZZA’, ovvero Pietosa Arroganza Clericale

Invito a scorrere con attenzione questa conversazione telefonica. Per renderla leggibile, cliccarci sopra.

 

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        ANDEDDI A FAVV’AMMAZZA’

 

di Piero Murineddu

 

Prima di arrivare a Cagliari, Giuseppe Mani è stato capo di tutti i cappellani militari, con diritto ai gradi di Generale. Per nove anni ha retto la Chiesa del capoluogo sardo, e in seguito è stato anche presidente della Conferenza Episcopale dell’isola.  Evidentemente, questo vecchio vescovo ormai in pensione, è un tipetto poco diplomatico e molto diretto. Diciamo al limite dell’istintivo. Se dessimo retta alla fondatezza degli influssi zodiacali, essendo il Nostro venuto alla luce il 21 giugno, ha fatto appena in tempo a superare l’irrequietezza dei Gemelli per abbracciare l’irascibilità del Cancro, ma lo scetticismo verso queste influenze delle stelle nella vita individuale è ammissibile. Ma poi, se si vuole assolutamente leggere l’oroscopo prima di mettere il naso fuori casa, chi se ne impipa:ognuno è libero di agire come meglio gli aggrada, di vivere secondo raziocinio o di consultare gli astri.

Tra gli episodi che hanno caratterizzato la  permanenza  dell’Illustrissimo Reverendo in Sardegna, precisamente nel 2007, dopo aver disposto il trasferimento del parroco di Sant’Eulalia di allora, in un incontro coi parrocchiani contrariati della decisione, affermò piccato: “Non vorrei che pensaste che voi amate la Chiesa e il Vescovo la odia, che voi siete intelligenti e io un cretino che fa le scelte. Levatevelo di testa, questo nella Chiesa non vige; questa non è Chiesa, questa è baracca!” Le cronache raccontano che andò via accompagnato dai fischi.  Un uomo abituato a dare ordini dunque, e gli ordini, perdinci, guai a discuterli, e non solo in ambito militare. E’ possibile che il caratterinonientemale  abbia sempre accompagnato l’  “uomo di Dio”, e si sa, con l’avanzare dell’età certi aspetti della persona si accentuano. Dunque, interpellato per telefono dal giovane giornalista impertinente, il vecchio prete ha perso la (poca) pazienza e ha mandato lui, i colleghi e il proprietario del giornale a “morì ammazzati” (nel posto dove vivo io si dice più modestamente a fass’ammazzà), non facendo mancare l’invito finale d’ordinanza di lodare Gesù Cristo. E va bè,che sarà mai…..di persone sanguigne e facilmente infiammabili il mondo è strapieno, e anche le gerarchie ecclesiastiche non sono esenti.  Il fatto è che la reazione è stata causata da lecitissime domande poste dall’intimorito giornalista (timore dal trovarsi ad interloquire con un monsignorone, tra l’altro addirittura  Generale), il quale non ha avuto neanche il tempo di rispondere il “Sempre sia lodato” finale d’ordinanza. Ognuno dia al fatto il giudizio che crede.

Voglio piuttosto soffermarmi sul seguito del poco gentile augurio:”Non voglio vedere il mio nome sul giornale, altrimenti do ordine ad un gruppo di gente di non comprare l’Unione per una settimana”. Oh caspiterina, proprio un vero Generale! Sembra che anche quando era a Cagliari abbia attuato questa – come chiamarla – minaccia, ritorsione, vendetta o, più poeticamente, boicottaggio. Nel caso di quest’ultima possibilità, sarebbe una forma di lotta nonviolenta, ma – e di questo chiedo scusa –  non propendo a pensare che l’illustre Mani sia un seguace di Gandhi o di Luther King. Credo invece che la minaccia del vecchio prete sia frutto dell’antica arroganza clericale che ha portato molti ad allontanarsi – grazie a Dio- da una certa Chiesa, che per secoli ha abusato del potere non solo spirituale sulle anime per tenere sottomesse le persone e condizionarne le vite. Anche grazie all’azione dell’attuale Papa, il Messaggio originale evangelico sta’ ritornando faticosamente in primo piano, nonostante le molte resistenze all’interno della stessa Chiesa (gerarchie, preti e molti laici). Ho fiducia che questa vicenda del mica tanto reverendissimo Mani sia uno degli ultimi colpi di coda di un clericalismo da sempre combattuto dallo stesso Gesù Cristo. Ma comunque, Egli è venuto a salvare i peccatori e, a differenza di quella umana, la Giustizia divina  guarda nel profondo. Se lo si vuole, nessuno è esentato dall’intraprendere un cammino di conversione, anche i gerarchi della Chiesa. Pentimento e Ripararazione, quindi: il vecchio arcivescovo si tolga i pesanti gradi di Generale, riconosca il suo sbaglio, chieda scusa a chi ha offeso e collabori, per quanto può, a svelare  tutte le turpitudini che hanno scandalizzato i piccoli e i grandi. Così sia