Autore archivio: piero-murineddu

Eugenio, un grande uomo

di Piero Murineddu

È un grande uomo Eugenio, e come lo ha sempre dimostrato nella sua attività politica e sociale, lo sta dimostrando dal modo in cui sta affrontando il “drago” che si è impadronito del suo corpo

Sett’antanni compiuti lo scorso 21settembre.Missionario Saveriano, nell’89 viene sospeso dal ministero sacerdotale per essersi candidato a svolgere direttamente attività politica. Nonostante ciò Eugenio ha continuato a servire il prossimo e le grandi cause.

Sempre impegnato a fianco dei movimenti pacifisti e non violenti. Sempre impegnato in prima linea a favore dei popoli oppressi. Sempre pronto a rischiare la propria vita pur di proteggere i più deboli e lottare contro le ingiustizie.

È un grande uomo con un cuore immenso Eugenio. In certi momenti della lotta che ha intrapreso contro la malattia, non si vergogna di dire che ha dei momenti di apparente debolezza che lo portano a piangere. Ma anche questo suo ammetterlo apertamente ci conferma che è un grande e sempre lo sarà. Grazie Eugenio carissimo

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GRAZIE ALLA VITA

di Eugenio Melandri


Una nuova settimana con alcune novità. Sia sul lato della battaglia senza tregua contro il drago, sia su varie cose che mi sono capitate in questi giorni.

1. il drago alza un po’ la coda. Sono cominciate ad evidenziarsi conseguenze, peraltro attese, della chemioterapia. Forti dolori di pancia, attacchi di diarrea, acidità. nausea. Poi da venerdi sera scorso mi sono accorto di “sputare sangue”. Durante tutta la notte ho avuto alcuni momenti di- chiamiamolo così.espulsione del catarro, che era pieno di grumi di sangue. Mi sono un po’ spaventato. Ho aspettato che arrivasse mattina e ho chiamato il centro d Meldola dove mi hanno consiglio di rivolgermi al pronto soccorso di forlì. Sono andato al pronto soccorso, dopo un esame del sangue e un rx ai polmoni, mi hanno detto che devo fare ulteriori approfondimenti – naturalmente con l’istituto tumori – per scoprirne la causa. Il sangue ha continuato a venire anche la notte scorsa e un po’ pure nel pomeriggio. In conclusione, domani dovrò fare una visita al riguardo. Per ora gli esami rilevano soprattutto un inizio abbastanza forte di anemia.Con una grande presenza di sangue nelle feci.

2. Non ho vissuto bene questo momento. Il vedere che sputavo e sputo sangue che si aggiungeva al fatto che il primo attacco di diarrea è arrivato all’improvviso e che di conseguenza mi sono sporcato, mi ha proprio scoraggiato. Ho pianto ed ho avuto paura.Poi, lo dico con sincerità, mi sono vergognato per essermi sporcato e ho pianto. Come è difficile accettare di essere debole e fragile. Di non essere del tutto padrone delle tue cose. Di accettare di dipendere dagli altri. Di non essere efficienti.
Eppure, nello stesso tempo, se voglio sconfiggere i drago, devo anche non accettare queste conseguenze e lottare in tutti i modi per superarle se sopraggiungono. Mi combatto tra queste cose e so che poi non sarebbe così difficile armonizzarle se cercassi di rispondere sempre da “uomo” che ha tante paure ma anche tante risorse. Chiamato a vivere e vivere in pienezza, ma anche mortale. Che deve ogni giorno trovare la forza sia di accettare il limite, sia di ribellarsi ad esso.Vorrei essere capace di fare questo, ma mi accorgo di essere ancora distante. Un esempio, spesso per la presenza della metastasi in L2, non solo ho dolore, ma cammino male e a volte traballo. Qui tutti mi consigliano di camminare con un bastone. Io fino ad ora mi sono rifiutato. E’ per non darla vinta la drago oppure perchè non voglio accettare di aver bisogno del bastone e quindi non accetto di essere debole. Forse è per tutti due i motivi. Di fatto è così.
Sta di fatto che oggi mi sono scoraggiato, ho pianto ed ho avuto paura. Forse un punto a vantaggio del drago. Non lo so. anche perchè lo scoramento, e il pianto penso siano parte integrante della mia umanità.

3. Mi accorgo che spesso faccio proprio fatica ad essere sereno, anche se lo voglio essere. Ragionando capisco che devo vivere questo momento della mia vita lottando per vivere, per non dare al drago un minimo di spazio vitale. Capisco tuttavia anche che al termine di questa avventura può esserci la morte. Una parola che per me non può essere tabù, che devo elaborare come possibile. Non rinunciando tuttavia a nessun attimo di vita e di speranza. Vivo una sorta di sensazioni parallele, quasi contraddittorie tra loro: la paura e la “tigna”; la ribellione e l’accettazione; la rabbia ma anche m anche la quiete.

4. Stamattina in ospedale prima mi hanno fatto le analisi del sangue, poi una serie ininterrotta di flebo per darmi un po’ di energia. Forse le perdite di sangue di questi giorni mi hanno davvero indebolito, tanto che avevo la pressione a 80 su 60. Un po’ bassina per me che normalmente viaggio su ben altri livelli. Poi nel pomeriggio gastroscopia che è servita a mettermi il cuore in pace. Dai risultati pare di non vedere emorragie in atto. Speriamo, anche perchè una ipotesi possibile era quella che fosse intaccato anche il torace. Ipotesi prontamente smentita dal primario della equipe che mi segue.
Domani previsto prelievo, visita per controllare la terapia del dolore e il seminario organizzato da alcuni medici sul testamento biologico, a questo incontro sono stato invitato come relatore. E mi fa molto piacere parteciparvi. Poi mercoledì, se tutto va bene, chemioterapia. Poi interromperò una settimana per riprendere poi con un’altra serie di tre.

5. Intanto sto preparandomi a ricevere il sacramento dell’unzione degli infermi. Che non è un sacramento da tirar dietro a chi sta morendo, aspettando casomai che abbia perduto conoscenza, così non si accorge di nulla. Quello dell’unzione degli infermi è un sacramento di guarigione che la chiesa ti regala per vincere la malattia. Voglio prepararmi a riceverlo, anche insieme a tutti i miei parenti e amici. Chiedendo loro di starmi accanto e di darmi una mano in questo momento così importante della mia vita

Ho ancora tante cose da raccontare: delle piccole attività che facciamo qui; del fatto che sabato pomeriggio ho avuto l possibilità di andare a Parma dove ho incontrato un po’ tutti. Dei programmi che abbiamo, nonostante l’età e gli acciacchi. Saranno l’oggetto della prossima tappa.

Pensare “in compagnia”

“Lo slogan “pensare con la propria testa”, se inizialmente poteva essere un invito al senso critico, oggi ormai è diventato l’assunto che rende equivalenti tutti i pareri e impedisce di riconoscere valore allo studio e alla competenza, rendendoci tutti più superficiali”.

di Piero Murineddu

Diciamo che Giovanni non è un pivellino qualsiasi. Usa evidentemente e seriamente il raziocinio e lo studio continuo lo aiuta a elaborare al meglio il suo pensare.

Qui affronta la questione del senso critico che crediamo di possedere. Spesso illusoria, dice Giovanni. Ammettiamolo senza problemi che non poche volte si tende a scimmiottare lo slogan di moda e a uniformarci a ciò che passa il convento delle reazioni comuni, spesso facendolo rimbalzare sul nostro panzone e ributtarlo intorno a noi.

Quello di Giovanni è un chiaro invito a prendere in considerazione la fatica di studiare e approndire che altri hanno fatto prima di noi. Certo, c’è poi necessariamente l’elaborazione personale, insieme al continuo studio che non dobbiamo presuntuosamente mettere da parte.
Se poi ci pensiamo un pochetto, siamo il frutto di quanti prima di noi hanno vissuto, patito, approfondito, sperimentato. In estrema sintesi, guardiamo avanti senza perdere di vista quanto è stato….La nostra storia.

 

Le parole chiare di Gino

Un video di qualche mese fa, ma le parole di Gino, che riportano fatti documentati, sono sempre attuali, piacevolmente e drammaticamente attuali. Le ONG sono tutte degne del massimo rispetto, Emergency ancor di più. Il bene impagabile che hanno fatto e continuano a fare rimane e rimarrà nella Storia, mentre chi maliziosamente le ha diffamate e ha tentato d’infangarne l’opera, cadranno nell’oblio. Anzi, lo sono gia. (pimu)

 

copia – incolla il link e ascolta quanto dice Gino Strada

https://www.facebook.com/sinistra.it/videos/1125791884243178/UzpfSTEwMDAwMDgzMzAxODU4NjoxODg5NDM5MDQxMDkzODQ1/

Vai, France’…..

Copia – incolla il link e leggi la notizia……

https://napoli.repubblica.it/cronaca/2018/10/26/news/in_locale_di_napoli_divieto_di_entrata_per_matteo_salvini-210063881/?fbclid=IwAR1-35hZ41xK7KrBiyzIFshl9uAJOhXyU6U1sEZW3iRDvZxe6oxFdKSR8qQ

 

Cattura

 

di Piero Murineddu

Appunto, come molti cattolicicattolicicattolici, ben istruiti dal parroco o dal frate che, prudentementepernonrischiarediperderepecorelle, raccomandano ai loro fedeli, al fine di non essere “disturbati” dai cattiviiiiiissimi e pericolosiiiiissimi Testimoni di Geova, di mettere un cartello vicino al campanello d’ingresso, dove si dice di non rompere i c……. perché loro credono alla Madonna e ai Santi.

Così la domenica mattina possono preparare in santissima pace (!) il succulentissimo pasto festivo per marito, figli, nipoti, suocera, sorella nubile e fratello divorziato, gattini, cani, topi e anche mettere da parte un bel pezzettone di ciambellone che la sera, dopo l’imbrunire, porterà al segreto amante che mai nessuuuuuuno avrebbe sospettato….

Cosa stavo dicendo……Ah, si, il cartello anti Tizio. Spero che Francesco non subisca ritorsioni, sia dai tanti ingrugniti tifosi del ministrochenonmirappresenta a cui è precluso l’accesso, sia direttamente dallo Stesso, attraverso feisbuc che usa come bastone mediatico.

Lezione di civiltà. In Italia?No, in Francia.

(redazione del sito TPI)

“Capolinea, scendete tutti”. Così un autista di autobus di Parigi ha invitato tutti i passeggeri che erano sul suo mezzo a scendere quando si è reso conto che nessuno si era spostato per far salire un uomo in sedia a rotelle.

La vicenda è stata raccontata su Twitter dall’account “Accesible pour tous”, un’associazione che si batte per il diritto dei disabili a vivere e lavorare in un mondo più accessibile.

L’immagine dell’uomo, e le poche righe che descrivono l’accaduto, sono state condivise migliaia di volte. In molti hanno elogiato la condotta dell’autista, che ha dato una lezione di civiltà a chi ignora i disagi vissuti dalle persone con ridotta mobilità.

Contattato da HuffPost France, l’uomo della foto – che ha preferito rimanere anonimo -, ha confermato quanto accaduto a Clichy, nel 17° arrondissement, il 18 ottobre. Ha poi raccontato di soffrire di sclerosi multipla primariamente progressiva.

“Stavo aspettando l’autobus con mio fratello – ha detto – e quando è arrivato nessuno voleva spostarsi per farmi salire, nonostante il mezzo fosse abilitato per il trasporto dei disabili“.

“Quando l’autista si è reso conto – ha continuato – si è alzato e ha invitato tutti a scendere. Ha detto che l’autobus era arrivato al capolinea e che il prossimo sarebbe passato dopo cinque minuti”.

Il conducente si è poi avvicinato all’uomo in sedia a rotelle. “Ci ha detto che tutti un giorno potrebbero aver bisogno di una carrozzina e ci ha fatto salire, lasciando a terra gli altri”.

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QUALCHE CONSIDERAZIONE

di Piero Murineddu

Attenzione, giusto per essere chiari, e al giorno d’oggi occorre esserlo al millesimo, per non rischiare di essere impallinati dai tanti cecchini appostati. Il titolo l’ho messo io, e non perchè in Italia non ci siano esempi simili, ma semplicemente perchè oggi, nel nostro Paese, sembra (SEMBRA,!) che prevalgano atteggiamenti tutt’altro che civili. Allora, vediamo. L’autista può essere incriminato per interruzione di pubblico esercizio? E’ possibile, ma intanto ha dato una grande lezione, specialmente ai primi della fila che hanno impedito, non spostandosi, che il passeggero disabile potesse salire. Magari gli altri passeggeri si sarebbero spostati, ma credo ugualmente, almeno mi auguro, che hanno capito il gesto dell’autista e abbiano pazientemente aspettato il prossimo bus senza maledire nessuno e con una grande lezione in tasca. Ne avranno parlato coi figli a casa, e i figli, a loro volta, avranno imparato che verso chi patisce disagi di qualsiasi genere, ha diritto di essere agevolato e rispettato. E noi, i sani, gli efficienti, i “civili”, abbiamo il DOVERE di rispettarli…..

Soldifacili&Stradesbagliate

di Pape Diaw

Che cosa sta succedendo alla Comunità Senegalese? Due cittadini senegalesi fermati per l’omicidio della povera Desirée.

La comunità senegalese era molto amata, persone miti, tranquilli, conosciuti e famosi per l’ambulantato.

Prima il senegalese non rubava, non spacciava, sempre disponibili e gentili. Adesso le cose sono cambiate, sono diversi i senegalesi accusati di omicidio, adesso si fa di tutto.

Soldi facili a tutti costi porta i giovani a prendere strada sbagliate. Bisogna aprire una discussione seria dentro la comunità, parlarne apertamente, troppe cose non vanno.

Vedo l’immagine di un popolo che era tanto amato, che adesso sta cambiando pelle.

Possiamo difendere i diritti, ma i delinquenti no.

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di Piero Murineddu

Il coraggio di fare autocritica, quello che manca troppo, ovunque ci giriamo. Pronti a guardare la pagliuzza nell’altrui occhio, ma non la trave nel proprio. I migranti? Uomini e donne come tutti e tutte, e quindi soggetti a sbagliare, semprechè, come in questo caso, se ne riconosca l’effettiva colpevolezza. Nessuna mitizzazione da parte di chi, usando il raziocinio, cerca di avere atteggiamenti di comprensione verso chi è stato costretto PER UNA QUALSIASI RAGIONE (e non per sfuggire la “giusta” giustizia del proprio Paese!) a cercare un posto per condurre un’esistenza più dignitosa. Chiunque eventualmente provochi ferite alla collettività, deve assumersene la responsabilità e prendersi le conseguenze. Grazie Pape

L’ “Osposidda” di Gigi Sanna

di Piero Murineddu

“Osposidda” racconta del tragico episodio avvenuto nell’84 in una località montana immersa in Barbagia, Sardegna.

Questa interpretazione dei nuoresi “Istentales”, termine sardo indicante un piccolo gruppo di stelle della costellazione di Orione, è sicuramente meno di “atmosfera” della versione dell’ autore, Piero Marras, ma più coinvolgente, più “rockettara”. D’altronde Gigi Sanna e i suoi amici musicisti trasformano tutto in etnopop, genere inviso ai puristi del folk e parimenti agli amanti del rock così come l’abbiamo sempre conosciuto, più o meno duro.

Diciamo che se voglio starmene disteso ad ascoltare, preferisco la versione di Marras; se invece mi và d’imbracciare la chitarra e posizionarmi bene il sostegno per l’armonica, impresa che mi crea sempre qualche problemino, scelgo la versione di Gigi il pastore.

Pastore, si. Oltre che preparare le esibizioni pubbliche e registrare in studio nuovi brani che crea, Sanna continua a fare il pastore, oltre che portare avanti un agriturismo.

Ebbi modo d’incontrarlo dieci anni fa circa, in occasione di un Primo Maggio svoltosi nell’Isola dell’Asinara, allora “occupata” dai lavoratori che portavano avanti la loro battaglia per il mantenimento del posto di lavoro all’interno di quell’inferno velenoso che è sempre stato il Petrolchimico di Porto Torres. Una lunga vertenza che aveva attirato l’attenzione dei mass media, oltre che l’inutile passerella dei soliti politici opportunisti. Per lungo periodo, all’Asinara venne cambiato il nome in “Isola dei Cassintegrati”.

Per l’occasione, il gruppo musicale, sempre impegnato a sostenere lotte sociali, insieme agli stessi operai composero un brano, “L’isola dei ribelli”, che presentarono insieme sopra il palco allestito nel cortile di Fornelli, dove si era svolta l’intera manifestazione.

Di una lunghetta intervista fatta a Gigi, a causa delle mie solite scarse attrezzature tecniche, me n’era rimasto un brevissimo spezzone (vedihttps://www.youtube.com/watch?v=70-gj6RpPyE), tutto sommato abbastanza insignificante in confronto all’interessantissime cose che ci eravamo dette.

Ma ora ascoltate il ritmo che questi Istentales riescono a sprigionare dai loro strumenti e dalla rude voce del panciuto Gigione, compositore, cantante e pastore.

Un momento tragico e vergognoso nella storia della Sardegna

di Leonardo Sardu

La storia che vi raccontiamo risale a vari decenni fa, ed è una storia tragica di banditismo sardo vero, nel quale i cattivi diventano leali e i probi, col sangue de sa justhitzia, perfidi.

Era la sera del 19 gennaio del 1984. Quattro fuorilegge sequestrarono l’imprenditore di Oliena Tonino Caggiari, ma furono subito intercettati ad Osposidda, nel monte Corrasi, (tra Orgosolo e Oliena) da una “pattuglia” di civili olianesi immediatamente postisi alla ricerca del compaesano.

Tale manifestazione fu l’espressione de Sa kirka o de Su Kertu, così chiamata a secondo della variante linguistica, la quale rispondeva all’istituto antichissimo della radicata cultura sarda comunitaria, che impegnava gli abitanti dei rispettivi paesi colpiti dai furti di bestiame in genere (o in questo caso da sequestro), ad andare alla ricerca della cosa rubata per restituirla al proprietario.

Ricevuto l’allarme, le forze dell’ordine raggiunsero, quindi, quella località: con circa cinquecento tra carabinieri e poliziotti, ma con i civili furono quasi mille gli uomini che accerchiarono i quattro latitanti più l’ostaggio. I fuorilegge non vollero arrendersi, diranno gli inquirenti, e la conseguenza fu un conflitto a fuoco durato almeno quattro ore: una vera e propria battaglia. Fu una carneficina. Sul campo rimasero i quattro latitanti più un poliziotto.

Erano rispettivamente Tore Fais di Santulussurgiu, Francesco Carta di Noragugume, Giovanni Corraine di Orgosolo, Peppino Mesina anche’egli di Orgosolo e il sovrintendente Vincenzo Marongiu di Mogoro. Sui corpi dei banditi non fu possibile eseguire l’autopsia, tanto erano dilaniati dalle pallottole. Ciò che seguì fu uno spettacolo macabro che si credeva appartenere al passato, a quei tempi tanto famosi di “caccia grossa”: le forze dell’ordine in posa sorridenti accanto al morto ammazzato.

Ma il culmine fu raggiunto quando i quattro corpi furono caricati in distinte camionette e portati in trofeo per le vie di Nuoro a sirene spiegate, ma a passo d’uomo, come il rituale rientro dalla caccia al cinghiale.

I banditi, benché “banditi”, dimostrarono di essere più civili: liberarono l’ostaggio in un momento in cui potevano utilizzarlo come scudo. La pietà dei fuorilegge non fu ricambiata e anche da morti fu loro riservato, proprio da coloro che avrebbero dovuto comportarsi all’esatto contrario, il disprezzo e un trattamento disumano.

La condotta delle forze dell’ordine rientrava nella strategia bellica esposta nella massima «Percere Subiectis et debellare superbos» ( «Perdonare quelli che si sottomettono e sconfiggere i superbi», dall’Eneide di Virgilio) dal rappresentante dello Stato Luigi Lombardini, ora defunto, il giorno dopo la strage ( su “La Nuova Sardegna” del 21 gennaio 1984), mentre il procuratore generale Giuseppe Villa Santa giustificò quella strage come “necessaria” e parlò apertamente di “Vittoria dello Stato”.

Questi fatti colpirono non poco le coscienze dei sardi e la stessa Chiesa isolana si pronunciò per voce dell’allora vescovo di Nuoro monsignor Melis: «Non si deve dimenticare che la misericordia non è in contrasto con la giustizia, ma la eleva e la supera: è in altre parole una forma superiore di giustizia che va alla radice della riconciliazione fra gli uomini»
( “La Nuova Sardegna” del 27 gennaio 1985).

Ad Osposidda non mancano mai i fiori.

OSPOSIDDA

Allumadas de fogu
chimbe carenas fritas:
tintu a ruju an su logu
in oras malaitas.
Ballas graes at rutu
in sas frunzas d’armidda.

Chie bos faghet lutu
mortos de Osposidda?
A sa tzega sas armas
fiores an brujadu:
sun negadas sas parmas
a su malefadadu.

S’istudat in su putu
un’urtima ischintidda:
chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda?

Sonende bos passizan
finas in s’istradone:
omines assimizan
a peddes de sirbone.

Sa pietade at sutu
ranchida sa mamidda :
chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda?

Ti essit dae su coro
su sambene caente :
mancu medaglia ’e oro
tana dadu, Pitzente.

Pianghene a sucutu
pitzinnos e pobidda:
chie bos faghet lutu
mortos de Osposidda?

Cantu tempus ancora
p’at a cherrer, o frade,
pro chi nd’essamus fora
de sa barbaridade
e no canten su mutu
sas feminas de idda ?

Chie bos fachet lutu
mortos de Osposidda?

 

OSPOSIDDA

Balenii di fuoco.
Cinque corpi freddi han tinto
la terra di rosso
in ore maledette.

Pallottole pesanti
son cadute sui ramoscelli di timo.

Chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Alla cieca le armi
han bruciato i fiori.
Si spegne nel pozzo
un’ultima scintilla.

chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Al suono di clacson
vi esibiscono per la strada.
Assimilano uomini
a pelli di cinghiale.
La pietà ha succhiato un seno amaro.

Chi vi piangerà
morti di Osposidda?

Ti esce dal cuore il sangue caldo,
ma nemmeno la medaglia d’oro ti han dato, Vincenzo. Piangono singhiozzando
i bambini e la moglie.

Chi vi piangerà,
morti di Osposidda?

Quanto tempo ancora ci vorrà, fratello,
per uscire dalla barbarie
e perché le donne del paese
non cantino lamenti funebri?

Chi vi piangerà,
morti di Osposidda?

Ottoannifa

di Piero Murineddu

No, quell’ultimo scorcio d’anno del 2008 non è stato molto felice per Yosè, Giuseppe. Nel giro di pochissimo tempo è venuta a mancare la moglie Giannina, l’amico artista e musicista di Sennori Giampiero e Piero, osilese, fratello di Franco e cognato di Stella, che, dopo aver trascorso buona parte della sua vita come missionario in terra africana imparando giorno dopo giorno ad essere amico e fratello della gente del luogo, aveva deciso di tornare tra i suoi confratelli a Torino per continuare la sempre faticosa ma arricchente vita comunitaria.

Un giorno mi vedo consegnare un testo, con l’invito a metterlo in musica. Da subito mi sono sentito investito di una grossa responsabilità, oltre che sentirmi onorato di tale fiducia.

Non trovavo facile decidere le note che esprimessero al meglio la forza dei sentimenti che questo testo conteneva.

Prova e riprova, alla fine qualcosa ne uscì fuori. Niente di “orecchiabile”, come solitamente il mio modestissimo estro musicale è riuscito a produrre, ma a me andava bene. Mi era sembrato di esser riuscito a creare l’atmosfera adatta per quelle parole così forti e così profondamente sentite dal mio amico.

Colgo l’occasione per abbracciare i familiari delle tre carissime persone che in questo momento, in modo che a noi non è facile neanche lontanamente immaginare, continuano la loro misteriosa esistenza in quell’Altrove che ci attende tutti. Nessuna paura. Solo l’augurio esteso a tutti di arrivarci con un’accettabile salute.