Ricordando la forza di Adriano e di Susanna

Polish_20231202_062053857

di Piero Murineddu

Venni a conoscenza della morte di Adriano Stagnaro il 4 ottobre 2011. Era stata una scoperta casuale, e seppur a distanza di tempo, piansi per la sua scomparsa.Non lo conoscevo personalmente Adriano. Tempo addietro avevo scoperto il suo sito, dove con meticolosità aggiornava sull’evoluzione della malattia che giorno dopo giorno lo stava consumando. SLA, sclerosi laterale amiotrofica. Descriveva in modo particolareggiato le sue giornate, le uscite con gli amici,le terapie, la perdita graduale della sensibilità del suo corpo. Grande appassionato di sport e di vita all’aria aperta prima che la malattia lo colpisse.

Leggendo tra le pagine, avevo scoperto che una poesia del poeta indiano Tagore, “Rendimi libero“, era diventata per lui aiuto e motivazione per non arrendersi mai. Era il testo, seppur con qualche adattamento, che diverso tempo prima avevo messo in musica. Decisi di farne un filmato e di dedicarglielo, cosa che Adriano apprezzò molto e che custodiva in una pagina dello strumento di comunicazione che gli offriva internet, col quale son certo aiutava tanti altri ad affrontare le avversità della vita con quella misteriosa forza qual’é il Coraggio di sperare contro ogni speranza.

Registrata parecchi anni fa davanti ad una fotocamera, mi rendo conto che un tantino meno affrettata sarebbe stata meglio. La riascolto col pensiero fisso sullo sguardo dell’amico purtroppo mai incontrato e su quello di tutte le persone che in questo momento sono impedite da malattie che giorno dopo giorno rubano la loro libertà.

In seguito avevo saputo che anche una mia conterranea che pativa la stessa malattia, orafa a Sassari, nel 2017 aveva concluso il suo faticoso cammino terreno. Come Adriano, il moderno mezzo informatico le permetteva di liberarsi dalla prigionia in cui la costringeva la grave patologia.

Insieme alla presentazione che Adriano faceva di se stesso nel suo sito ormai inattivo, riporto anche il particolarissimo “Te Deum”  di Susanna.

Per chi lo desidera, legato all’ argomento un bellissimo film visto nei giorni scorsi e tratto da una storia vera:

https://www.raiplay.it/video/2020/03/ogni-tuo-respiro-e02bb3a7-ab63-472d-a87c-20ab8d6b3c3c.html?wt_mc=2.www.wzp.raiplay_dati

 

Mi preparo alla morte, amando la vita fino all’ultimo secondo

 di Adriano Stagnaro

Ci sono malattie talmente terribili e devastanti  che, istintivamente, siamo portati a pensare che non possano colpirci, che siano  destinate agli “altri”.

Poi, un  giorno, ci accorgiamo con terrore di essere diventati noi stessi “gli altri” di  qualcuno.

Mi chiamo Adriano Stagnaro, sono nato il 29 settembre del 1970 ed ho la SLA. Anzi, forse sarebbe più corretto dire che ho una  qualche forma di Malattia del Motoneurone, di cui la SLA (Sclerosi Laterale  Amiotrofica) è la variante più nota e diffusa.Malattia irreversibile, incurabile e letale.

La SLA è una malattia bastarda, che non si limita  a distruggere le cellule nervose che trasmettono gli impulsi motori ai muscoli  volontari, portando il corpo ad una progressiva paralisi. La SLA, morso dopo  morso, si mangia tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta: prima  inghiotte il tuo futuro, poi comincia a sbocconcellarsi il tuo presente. L’appetito della SLA si rivolge preferenzialmente  ai progetti, ai sogni, alle speranze, alle passioni. E’ una malattia prepotente  ed egoista: non sopporta di essere messa in secondo piano, ma vuole a tutti  costi diventare il tuo Pensiero Unico.

Il Pensiero Unico, piano piano, come un cuculo nel  nido altrui, fa strage di tutti i tuoi interessi. A questo punto, nella tua  vita, resti solo tu e la malattia, non riesci più a vedere altro, non esiste più  altro. E’ come essere già morti, da vivi. Ma la SLA non ha fatto i conti con me.

Il Sito delle Anime Fiammeggianti nasce con lo  scopo di fungere da baluardo di tutto ciò che mi appassiona, di tutto ciò per  cui vale la pena combattere.È il fortino di quella vita interiore che nessuna  malattia, per quanto subdola e spietata, riuscirà mai a strapparmi.

Un anziano sacerdote, don Albino, un giorno mi disse:

“Se nessuno berrà alla fonte della tua anima, la  sorgente diverrà pantano e non servirà più a niente”.

E’ per questo che ho deciso di condividere con voi  le passioni della mia vita, attraverso il sito “Anime fiammeggianti”. Voglio raccontarvi di come io  mi preparo alla morte, amando la vita fino all’ultimo secondo. E di come si  possa continuare ad amare Dio e ad aver fede in Lui anche dopo che la nostra  vita ci è stata strappata dal Male.

Vedete, io non ho alcuna paura della morte, perché  credo nella vita eterna. E’ ciò che verrà prima della morte che mi spaventa. La morte sarà un’amica che verrà ad invitarmi a  fare un giro. Io uscirò dal mio corpo e andrò con lei, finalmente libero.

Te Deum laudamus per ogni nuovo giorno strappato alla Sla

di Susanna Campus

Cari amici, questo è il Te Deum di una malata di Sla. Sapete, quando ci si ammala, si guarda la vita con un’ottica diversa, ed è quello che è accaduto a me. Prima vivevo “distratta” dagli impegni quotidiani che riempiono le nostre giornate. Oggi, invece, ancorata al mio letto, sono costretta a guardare tutto dando un peso “diverso” (e io dico: più profondo) a ogni cosa che mi circonda. Quest’anno è stato un susseguirsi di buone e cattive notizie, eppure – se proprio devo dire con una sola parola quello che è il mio stato d’animo – quella parola è “grazie”. Sono ancora qui fra voi.

Dovete sapere che per comunicare utilizzo un sintetizzatore vocale, che nei primi mesi del 2013, dopo anni di onorato servizio, si è rotto lasciandomi senza voce. Provate a immedesimarvi. Da un giorno all’altro non potete più non solo parlare (io quello non lo faccio più da tempo), ma proprio comunicare con gli altri. Così ho dovuto ricominciare a “parlare” col cartello (cioè a “dettare” con lo sguardo le lettere raffigurate su un pannello che poi vanno a formare il mio pensiero). Non solo. Essendosi rotto il computer ho dovuto smetterla di navigare con gli occhi su internet. Una vera sciagura per una impicciona come me, cui piace moltissimo sbirciare negli affaracci altrui. E non potevo più nemmeno scrivere. su un giornale online e rispondere alle email degli amici. Così quella santa donna di mia sorella Immacolata ha fatto da computer, interpretando il movimento delle mie pupille, trascrivendo i miei pensieri, rincuorandomi quando mi deprimevo perché non capiva. Una fatica bestiale!

Poi la Sla (come fa ormai da diciassette anni a questa parte) ha ricominciato a perseguitarmi. Con i primi di luglio ho iniziato a respirare male e, quando ho fatto il cambio cannula e la broncoscopia, i medici hanno visto che la mia trachea era in procinto di rottura. Quando ho visto i volti dei miei rianimatori sbiancare ho capito che la situazione si era fatta grave. La Sla voleva ancora una volta “impedirmi di vivere” e a settembre, quando hanno dovuto ricoverarmi perché avevo un foro nella trachea, ci è quasi riuscita. Sono messa così male che non si è trovato un medico disposto a operarmi. Ora sono qui solo grazie al dottor Demetrio Vidili (che io chiamo affettuosamente “babbo”) che ha “messo una pezza” sostituendomi la cannula. Che dire? Fino ad ora sono qui anche se mi piange il cuore a pensare che, a causa di tutti questi intoppi, non sono potuta andare a Cagliari a incontrare quel gigante di papa Francesco.

Vivere in bilico, ogni giorno dover lottare non solo contro la malattia ma anche contro la tentazione di mollare tutto, non è facile. Ma, sarà che sono un tipo caparbio, sarà che sono circondata da una famiglia meravigliosa e da un’infinità di amici che mi sostengono, anche queste prove possono essere superate. La gratitudine che nasce dall’aver strappato “ancora un giorno” alla Sla è il sentimento che caratterizza la mia quotidianità. Non so, ma mi pare che questo mi aiuti anche a vedere le cose secondo una nuova prospettiva: tutto diventa importante se capisci che ti è stato donato.

Certo, la mia vita, e quella di tanti malati di Sla, non è più un’autostrada; assomiglia di più a una stradina di montagna, tortuosa e a tornanti, ma si addice bene al mio spirito da scalatrice che non s’arrende alle prime difficoltà. E poi, sapete, la strada che conduce alla vetta è ricca ogni giorno di sorprese che bisogna imparare a cogliere.

Ricordando la forza di Adriano e di Susannaultima modifica: 2023-12-02T05:13:46+01:00da piero-murineddu
Reposta per primo quest’articolo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non verrà pubblicato ma sarà visibile all'autore del blog.
I campi obbligatori sono contrassegnati *