Il ” Non é mai troppo tardi” del maestro Manzi e molto altro ancora

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di Piero Murineddu

Oggi, ricorrendo l’anniversario del suo decesso avvenuto il 4 dicembre 1997, ho sentito quasi doveroso dare un piccolo contributo per ricordare e onorare la memoria di Alberto Manzi, che personalmente, per il grande contributo dato alla promozione della Cultura e non solo a quella nazionale, ritengo essere un Eroe. In questa definizione, da parte mia nessun riferimento ai riconoscimenti per l’essersi distinto durante il conflitto mondiale, oppure, come si usa in questi tempi dove il significato delle parole spesso viene stravolto, per essere rimasto vittima di un casualissimo incidente stradale durante una delle moderne e armatissime  “missioni di pace” in terre altrui. Meglio chiarirlo per non rischiare di essere frainteso.

Uomo da sempre impegnato nel far progredire la partecipazione alla vita Civile, ed é questo che ritengo vero Eroismo. Anche l’America Latina trasse beneficio dalla sua presenza, cosa che naturalmente ha dato fastidio ai dittatori di turno, quei criminali messi sulla poltrona del comando dal non raro arrogante Potere nord americano. Figuriamoci se uno come Manzi non avrebbe dato fastidio a chi ha sempre impedito che i popoli prendessero coscienza, e la sua vicinanza alla Teologia della Liberazione confermava la sua “pericolosità “. La Cultura, l’arma da sempre più temuta in assoluto da chi vuole tutt’altro che il Bene altrui. Del concetto e dell’esperienza in America del sud parla lo stesso Manzi nell’ultima intervista, riportata in fondo a questa pagina, in cui, oltre farci sapere che per le sue trasmissioni in tivù veniva ripagata con duemila lire piu il rimborso per farsi ripulire le camice sporche sempre di nero dei gessetti, ci dice anche che in occasione dell’omicidio di Kennedy gli fu detto di non parlarne, altrimenti chi ascoltava…..Ecco, puntualmente lui alla sera ne parlò, e proprio per farne discutere. Un tipettino coi cosiddetti Alberto.

Noi anzianotti  conosciamo quest’uomo come il “maestro Manzi” per la sua scuola televisiva  “Non é mai troppo tardi”,  forse meno per ‘Educare a pensare”, cosa che sarebbe URGENTISSIMA da fare in questi attuali tempi di …Pochezza Pensante. Ma se si ha la pazienza di leggere l’articolo che segue di Eleonora Cortopassi, che ringrazio, lo si scoprirá anche in altre vesti.

Altro su Alberto Manzi si trova su

https://www.centroalbertomanzi.it/alberto-manzi-biografia-completa/

Ecco una significativa lettera che nel 1976  scrisse ai suoi alunni di V elementare….e a tutti noi.

Albertomanzi

Voi siete parte di me, ed io di voi

Cari ragazzi, abbiamo camminato insieme per cinque anni.Per cinque anni abbiamo cercato di godere la vita, e per goderla abbiamo cercato di conoscerla, di scoprirne alcuni segreti.
Abbiamo cercato di capire questo nostro magnifico e stranissimo mondo non solo vedendone i lati migliori, ma infilando le dita nelle sue piaghe, infilandole fino in fondo perché volevamo capire se era possibile fare qualcosa, insieme, per sanare le piaghe e rendere il mondo migliore.

Abbiamo cercato di vivere insieme nel modo più felice possibile. È vero che non sempre è stato così, ma ci abbiamo messo tutta la nostra buona volontà. E in fondo in fondo siamo stati felici. Abbiamo vissuto insieme cinque anni sereni (anche quando borbottavamo) e per cinque anni ci siamo sentiti sangue dello stesso sangue.

Ora dobbiamo salutarci. Io devo salutarvi.

Spero che abbiate capito quel che ho cercato sempre di farvi comprendere:

NON RINUNCIATE MAI, per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, AD ESSERE VOI STESSI. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o addomesticare come vorrebbe.

Ora le nostre strade si dividono. Io riprendo il mio consueto viottolo pieno di gioie e di tante mortificazioni, di parole e di fatti, un viottolo che sembra identico e non lo è mai. Voi proseguite e la vostra strada è ampia, immensa, luminosa. E’ vero che mi dispiace non essere con voi, brontolando, imprecando; ma solo perché vorrei essere al vostro fianco per darvi una mano al momento necessario. D’altra parte voi non ne avete bisogno. Siete capaci di camminare da soli a testa alta,

PERCHE’ NESSUNO DI VOI E’ INCAPACE DI FARLO.

Ricordatevi che mai nessuno potrà bloccarvi se voi non lo volete, nessuno potrà mai distruggervi,

SE VOI NON LO VOLETE.

Perciò avanti serenamente, allegramente, con quel macinino del vostro cervello SEMPRE in funzione; con l’affetto verso tutte le cose e gli animali e le genti che è gia in voi e che deve sempre rimanere in voi; con onestà, onestà, onestà, e ancora onesta, perché questa è la cosa che manca oggi nel mondo e voi dovete ridarla; e intelligenza, e ancora intelligenza e sempre intelligenza, il che significa prepararsi, il che significa riuscire sempre a comprendere, il che significa riuscire ad amare, e… amore, amore.

Se vi posso dare un comando, eccolo: questo io voglio. Realizzate tutto ciò, ed io sarò sempre in voi, con voi.

E ricordatevi: io rimango qui, al solito posto. Ma se qualcuno, qualcosa vorrà distruggere la vostra libertà, la vostra generosità, la vostra intelligenza, io sono qui, pronto a lottare con voi, pronto a riprendere il cammino insieme, perché voi siete parte di me, e io di voi. 

Il vostro maestro Alberto

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Un grande contributo per innalzare gli umili

di Eleonora Cortopassi

Alberto Manzi nacque a Roma il 3 novembre del 1924 da Ettore, di professione tranviere, e da Maria, casalinga.

Si iscrisse dapprima all’istituto magistrale (allora gratuito per i maschi), e poi studiò all’istituto nautico, col sogno di diventare capitano di lungo corso. Nel 1942, a guerra in corso, il giovane Manzi si arruolò in Marina come sommergibilista. Nel 1943 Manzi aderì al battaglione d’assalto «San Marco», appartenente all’VIII Armata inglese.

Nel 1944 a soli vent’anni Manzi ebbe una bambina (Alda) dalla ragazza che frequentava, Ida Renzi, anche lei di professione insegnante, e che sposò ufficialmente nel 1946. Alberto e Ida ebbero poi altri figli, Massimo, Roberta e Flavia.

Alberto da piccolo col padre Ettore

Manzi a guerra in corso si iscrisse alla facoltà di Scienze Naturali, si laureò in Biologia all’Università della Sapienza di Roma e poi in Pedagogia. Divenne poi il direttore della Scuola Sperimentale dell’Istituto di Pedagogia della facoltà di Magistero dell’Università della Sapienza.

Fu così che iniziò a lavorare nell’ambito scolastico forte dei suoi studi: la sua prima esperienza fu all’Istituto romano di rieducazione e pena «Aristide Gabelli». Il posto era stato rifiutato da altri quattro colleghi prima di lui, ma Manzi colse al volo l’opportunità e pubblicò anche il primo giornale degli Istituti di Pena, La Tradotta.

Il lavoro di Manzi coi ragazzi dietro le sbarre attirò l’attenzione del Movimento di collaborazione civile di Giuliana Benzoni, fondato alla fine del 1945 che aveva l’obiettivo di rieducare (o educare) i più giovani alla democrazia dopo il Ventennio.

Nel 1954 Manzi lasciò l’Università e iniziò a lavorare come insegnante nelle scuole: il suo primo incarico fu alla scuola elementare «Fratelli Bandiera» di Roma dove iniziò a svolgere ricerche di pedagogia scolastica (ricerche che non abbandonò mai più).

Quello stesso anno fu inviato dall’Università di Ginevra in Amazzonia per effettuare degli esperimenti scientifici (interessandosi in particolare dei nativi). Da quel momento in poi si recherà in Sud America periodicamente ogni anno fino al 1977.

Gli anni successivi alla guerra videro Manzi dedicarsi anche alla scrittura oltre che alla ricerca e all’insegnamento: con Grogh storia di un castoro vinse il Premio «Carlo Collodi» nel 1948 (il testo fu poi pubblicato da Bompiani nel 1950 e adattato in versione radiofonica dalla Rai tre anni dopo in quello che divenne una versione di enorme successo distribuito in svariati Paesi). Era stato proprio il Movimento della Benzoni a fondare il Premio «Collodi» nel 1948 per promuovere la letteratura per i bambini e i ragazzi.

Andando a ritirare il «Collodi» a Milano Manzi conobbe Domenico Volpi, il nuovo direttore della rivista per ragazzi Il Vittorioso, fondata nel 1937, che lo invitò a collaborare con la rivista, una collaborazione che fu proficua che si sarebbe protratta per buona parte degli anni Cinquanta.

Con Il Vecchio Orso nel 1952 vinse il premio «Il Maestro» indetto dalla Radio italiana per la trasmissione «La Radio per le scuole». Orzowei però è stata l’opera forse di maggior successo di Manzi, che vinse il Premio «Christian Andersen» e poi fu edito da Vallecchi e Bompiani e tradotto in ben 32 lingue.

Lavorando con i ragazzi e i bambini più «difficili» e bisognosi prima, e poi maturando le proprie esperienze di educatore e pedagogo in Amazzonia e poi nelle classi delle scuole rurali poi come insegnante Manzi iniziò a comprendere la necessità e anche le possibilità dell’educazione da impartire alle classi sociali più umili.

Il maestro constatava la difficilissima situazione dell’educazione in Italia dopo la guerra e il Ventennio, e notava che non solo mancavano spesso e volentieri le attrezzature necessarie alla didattica, ma le scuole per i figli dei contadini mancavano perfino degli obiettivi primari per qualsiasi istituto scolastico elementare, ossia insegnare a leggere e scrivere.

Manzi nel programma RAI Educare a pensare

Le esperienze di educatore e pedagogo di Manzi «culminarono» nella trasmissione RAI che lo ha reso celebre, Non è mai troppo tardi, che fu in onda dal 1960 al 1968.

Dal 1954 la RAI aveva inaugurato le proprie trasmissioni televisive e quel nuovo e straordinario apparecchio divenne anche un potentissimo mezzo di educazione, una volta superato lo «shock» iniziale.

Manzi non era nuovo alla collaborazione con i mezzi radio televisivi: già nel 1950, quando lavorava al «Gabelli», aveva collaborato alla trasmissione radio Il vostro racconto. Lavorò al primo capitolo di una striscia di racconti che si chiamava Il tesoro di Zi’ Cesareo.

Non è mai troppo tardi si inseriva nell’ambito del programmi di Telescuola, un ciclo di programmi promossi dalla professoressa Maria Grazia Puglisi (che già aveva lavorato all’EIAR come annunciatrice a partire dall’entrata in guerra dell’Italia nel 1940) del Ministero della Pubblica Istruzione che a partire dal 1958 si era posto l’obiettivo di far arrivare l’istruzione anche ai residenti nelle zone rurali e quindi più difficilmente «raggiungibili» dalla scuola.

Nel 1960 Manzi fu inviato dal proprio direttore scolastico a fare un provino in RAI: si stava cercando un maestro per condurre un nuovo programma televisivo per insegnare a leggere e scrivere agli analfabeti adulti.

Durante gli otto anni di Non è mai troppo tardi, Manzi continuò a percepire il proprio regolare stipendio di insegnante; la RAI gli corrispondeva soltanto un «rimborso camicia» perché continuamente, coi gessetti, le camicie si sporcavano e bisognava cambiarle spesso.

Manzi di sè diceva che «Non insegnavo alla gente a leggere e scrivere: invogliavo la gente a leggere e scrivere».
Per via della scarsissima diffusione degli apparecchi televisivi nell’Italia degli anni Sessanta Non è mai troppo tardi si appoggiava a oltre duemila PAT(Punto d’Ascolto Televisivo)  diffusi su tutto il territorio italiano. Era previsto che in ogni PAT ogni puntata fosse seguita da un maestro che, dopo la fine di ogni trasmissione, avrebbe provveduto a lavorare coi propri allievi (che non erano affatto solo dei bambini) sull’argomento proposto da Manzi in ogni puntata.

Non è mai troppo tardi è ricordato come uno dei maggiori e più importanti esperimenti educativi per adulti di ogni tempo, tanto che è stato premiato dall’UNESCOper il suo altissimo valore morale ed educativo ed è stato riprodotto anche in altre zone del mondo, inclusa l’America Latina frequentata dallo stesso Manzi ogni anno fino al 1984.

Dopo Non è mai troppo tardi Manzi continuò a scrivere, viaggiare, insegnare, spendersi per l’educazione, la divulgazione, la letteratura per ragazzi. Collaborò ancora col Ministero per l’Istruzione italiano e con la RAI negli anni successivi realizzando varie trasmissioni, sempre per promuovere l’educazione e «invogliare» allo studio e alla cultura. Il 1987 sarà il suo ultimo anno di insegnamento alla scuola elementare.

Eccetto i viaggi, le collaborazioni e le pubblicazioni, Manzi lavorò sempre presso la «sua» scuola elementare di Roma, la «Fratelli Bandiera», e tornò alla ribalta nel 1981 quando si rifiutò di applicare il metodo delle «schede di valutazione» previsto dalla riforma scolastica al posto della precedente tradizionale pagella; Manzi disse che non poteva bollare un ragazzo (che magari se lo sarebbe portato dietro per anni) con un giudizio arbitrario. Questa «disobbedienza» gli costò un anno di sospensione dall’insegnamento (e quindi anche dello stipendio). Dopo, Manzi fu persuaso a tornare all’insegnamento e a emettere un giudizio che però ottenne che fosse uguale per tutti gli alunni, «Fa quello che può, quello che non può non fa».

Nb

Il video che segue é introdotto dalla dicitura:

“Tv buona maestra”

Si, quella fatta da lui, e non certamente quell’attuale. (Piero)

Il ” Non é mai troppo tardi” del maestro Manzi e molto altro ancoraultima modifica: 2023-12-04T05:05:47+01:00da piero-murineddu
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