L’ ordinaria Umanità di Antonio Piga

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di Piero Murineddu

Stesso nome di mio padre, Antonio. Giorno e mese di nascita uguali, 17 gennaio. L’anno è parecchio distanziato l’uno dall’altro, 1918 e 1953. Da sei anni Antonio Piga gioisce libero in quell’Altra Dimensione dove non ci sono patimenti, domande senza risposte, giudizi e molto spesso pregiudizi.Tutto quell’insieme di situazioni che rendono bella o meno bella la vita di ciascuno.

Come per molti, quella di Antonio è stata “faticosa”, e non per forza in senso strettamente fisico. Aveva perso la mamma da adolescente, e alla  mamma Antonio  era molto affezionato. Nel periodo delle grandi decisioni e delle ancora più grandi incertezze, gli era venuto a mancare un fondamentale sostegno, creando un vuoto che, nonostante l’impegno, gli altri familiari non sono riusciti a colmare, e non certamente per colpa. È stato sempre di animo buono Antonio, e le persone che lo hanno conosciuto oltre le apparenze lo potrebbero testimoniare. Da giovane, ingaggiato dall’allenatore de “La RiscossaPilo, uno che caricava i suoi giocatori  che trovava bighellonare sfaccendati in giro sulla sua motocarrozzetta per portarli sul campo ad allenarsi, dava un buon apporto al gioco di squadra. Non è stato mai troppo espansivo Antonio, di quelli che hanno atteggiamenti e argomenti pronti per rallegrare la compagnia, esemplari sempre molto ricercati ma non facili da trovare.

Per qualche tempo aveva provato a lavorare col padre negli impianti del petrolchimico di Porto Torres, ma evidentemente non era ambiente adatto per lui. Molto più a suo agio si era trovato nei lunghi anni che ha trascorso nella vicina Sassari, in modo particolare in un laboratorio di corniceria. Al tempo gli era più giovevole non fare rientro quotidiano nella casa paterna di Sorso, preferendo alloggiare in un hotel del centro storico del capoluogo.

Gli eventi della vita, ad un certo punto l’avevano portato a stabilirsi in una casetta di famiglia in campagna, dove le comodità non sono mai state tra le migliori, mancando servizi essenziali quali l’elettricità e l’acqua corrente. Aveva cercato di adattarsi Antonio, ma i disagi son stati sempre tanti, e anche il vivere in solitudine non gli ha dato la giusta spinta per mettere a frutto le potenzialità che sicuramente possedeva.

Spesso, di prima mattinata, lo si vedeva ai bordi del primo tratto di strada asfaltata  che collega Sorso con Sassari. Pochi chilometri verso il suo paese che inizialmente percorreva con una motoretta, in seguito in bicicletta. A volte abbastanza spedito e quasi allegramente seduto sul mezzo, più sovente  spingendolo, specialmente nei tratti in salita, quando faceva rientro.

Antonio la sua indipendenza l’ha sempre cercata e l’ha ottenuta decidendo di vivere in quella casetta di “Campisili“,  seppur con molti disagi.

Le tappe in paese erano sempre le stesse, giorno dopo giorno. Come capita, ad un certo punto  Antonio aveva dovuto fare i conti con gli anni che passano e i poco inevitabili acciacchi dell’età, che non di rado prendono la forma di vere e proprie patologie che condizionano i giorni e gli anni che si hanno davanti.

Avendo necessità di un alloggio più confortevole e igienicamente più garantito, ad Antonio era stata data ospitalità in un centro comunitario di Sorso, dove negli ultimi quattro o cinque anni poteva relazionarsi con altre persone senza bisogno di dover affrontare la fatica di recarsi nel centro abitato.

Sicuramente ben voluto Antonio, e molti, conoscendo i disagi che pativa, non mancavano di dargli una mano.

La bara che racchiude il suo corpo è stata ricoperta di nuda terra, come vorrei che si facesse con me alla fine dei miei giorni.

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Da quel lontano giorno di novembre, con l’assenza di Antonio Sorso è molto più povera. Di Umanità, il bene più prezioso che potremmo avere in pienezza ma a cui troppo spesso non diamo il giusto valore.

Di lui ricorda mia moglie Giovanna Stella:

Tutte le volte che incontravo Antonio per me era un vero piacere. Mi bastava il suo sguardo per capire la bellezza del suo animo buono. Abbiamo parlato spesso, raccontandoci il reciproco vivere. Spesso mi parlava di sua mamma ed io di mio padre, morti entrambi prematuramente, e questo provocava lacrime che uscivano ininterrotte dai suoi occhi azzurri, Anche io piangevo e il silenzio che si creava era pieno di significato. Era da un po’ che non lo incontravo con la sua bici arrugginita, che spesso si portava dietro per le strade di Sorso come la più fedele delle compagne. Brevi ma intensi i nostri incontri. Una mattina, inaspettatamente vidi un carro con una bara entrare nel cimitero e un piccolo corteo al seguito. Provai una forte commozione e dispiacere per non averlo accompagnato nel suo ultimo viaggio. Credo che lui abbia amato tantissimo la libertà. Mi rimarrà nel cuore e continuerà a vivere. Il suo passaggio sulla terra ha lasciato molti segni di normalissima e proprio per questo Grande Umanità”.

L’ ordinaria Umanità di Antonio Pigaultima modifica: 2023-11-08T05:18:54+01:00da piero-murineddu
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