Il dialogo possibile secondo Giuseppe Morotti

La seguente riflessione è stata presentata nel novembre 2011 all’Istituto Teologico di Bolzano e riproposta in due parti nel mese di gennaio 2012 ad un gruppo di adulti che si riunisce regolarmente nella parrocchia Tre Santi di Bolzano.

In dialogo con la cultura postmoderna

di Giuseppe Morotti

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La cultura in cui tutti noi siamo cresciuti e abbiamo trascorso la nostra giovinezza è stata la cultura moderna, detta anche della secolarizzazione. Una cultura che poneva molta fiducia nell’uomo, nella sua razionalità, nella sua autonomia, nella sua capacità di risolvere tutti i problemi dell’umanità con l’aiuto della scienza e della tecnica. Un uomo guidato da grandi ideali, utopie e ideologie ben definite che si fondavano su verità assolute di libertà, di progresso, di sviluppo e di benessere per tutti. Una cultura animata quindi da valori profondi e alla quale da una parte dobbiamo essere grati dato che ci ha permesso di raggiungere le più alte cime del pensiero,dell’arte, della scultura, della scienza, della tecnica.

Ma ponendo la ragione al di sopra di tutto, la società occidentale moderna ha fatto di essa “una ragione armata” che con l’aiuto di una scienza e di una tecnica asservite al mito di un mercato sempre più globalizzato è giunta a dominare dispoticamente il mondo. Di conseguenza, «assistiamo ad una dimensione consumistica delle relazioni e ad una dimensione relazionale dei consumi. Proprio per questo siamo di fronte ad una popolazione di individui sempre più svincolati.

Ci troviamo però ora a essere sempre più immersi nella cultura “post-moderna”, nata in gran parte in reazione agli eccessi e alle contraddizioni della cultura moderna. È la conseguenza di aver esperimentato quanta violenza e spersonalizzazione possa causare ogni sistema e ogni ideologia totalitaria, sostenuta da una razionalità sempre più scollata dalla vita reale e che prende sempre meno in considerazione la persona e le relazioni interpersonali.

«Mentre la modernità si poggiava sulla convinzione che esercitando la ragione il mistero della vita avrebbe potuto essere sciolto, la post-modernità si gioca invece sull’idea opposta: esercita la ragione fino in fondo e sarai posto di fronte al mistero»

Dopo aver costatato che i sogni di un progresso senza limiti si stanno ritorcendo negativamente, in alcuni casi in modo catastrofico sulla persona, sulla natura e sull’umanità presente e futura, la cultura post-moderna riposa piuttosto sull’immediatezza (non si cerca più tanto lontano), sull’individualismo (non si guarda più tanto attorno), sull’irrazionale, sulla sensazione del momento, senza mirare né troppo in alto né troppo lontano e senza arrischiarsi in compromessi a lungo termine (ed ecco i timori nei confronti del matrimonio, del celibato o di un lavoro vincolante per tutta la vita…).

La cultura odierna porta in sé, inoltre, un rifiuto viscerale di tutto ciò che si presenta come assoluto, normativo, coercitivo e uniformante, che si propone con intolleranza, autorità, rigidità, troppa sicurezza e troppa chiarezza. Si avverte sempre di più, da parte in particolare dei giovani che pur coltivano un sentimento religioso, un atteggiamento che non è neppure di opposizione, ma peggio ancora di indifferenza nei confronti delle Chiese e dei partiti. Non esiste più un ateismo militante: al contrario si ricorre volentieri a tutti i credi religiosi prendendovi semplicemente quello che soddisfa in quel determinato momento.

Tutto questo favorisce una relativizzazione e una frammentazione detta anche “atomizzazione” della vita, della conoscenza e della morale in cui ciascuno diventa il criterio della verità stessa. Ognuno si sente libero, di conseguenza, di costruire una propria etica e delle verità personali, di fondarsi sull’immediatezza, le sensazioni e i sentimenti del momento, cercando di soddisfare immediatamente desideri sempre nuovi. Viviamo di conseguenza un’epoca intrisa dalla cultura dell’eccesso e del virtuale, intendendo con ciò l’abolizione del limite e la ridefinizione soggettiva del reale. «È l’epoca delle parole senza pensiero» (V.Andreoli). «L’epoca liquida delle comunità estetiche», la definisce il sociologo polacco Baumann. Nei confronti di questa nuova cultura, che sembra aver fatto piazza pulita delle certezze e dei valori su cui in passato eravamo invitati a giocare la nostra vita, due sono essenzialmente i modi di reagire che si riscontrano nella società, nella Chiesa e sicuramente in ciascuno di noi.

La prima reazione, che potremmo definire anacronistica, di contrapposizione e di difesa a oltranza, la ritroviamo innanzitutto nei movimenti nazionalisti e separatisti che si propongono di difendere la propria identità e le proprie sicurezze psicologiche, sociali, culturali ed economiche chiudendosi dietro le proprie mura e le proprie certezze, difese anche in modo fanatico, manifestando così un bisogno profondo di una appartenenza che dia loro sicurezza. Ritroviamo questa reazione di difesa anche in forze che all’interno della Chiesa si organizzano sotto forma di movimenti ben strutturati che, con l’intenzione di difendersi da questa frammentarietà, si pongono in blocco, in modo autoritario, monolitico, dogmatico, favorendo un ritorno a verità forti, a logiche unificanti e a etiche tradizionali e fondamentaliste. Una Chiesa, dobbiamo confessarlo, presente anche in ciascuno di noi, tentata di coltivare ancora il sogno della “cristianità”, preoccupata più di distinguersi dal mondo che di dialogare con esso. Una Chiesa tentata di farsi forte delle proprie certezze, delle proprie definizioni di Dio, dei propri dogmi, della propria morale, che si sente maestra in tutto e di tutti anziché compagna di viaggio, madre, amica, sorella e in cui di conseguenza vengono poco rispettati il pluralismo, la diversità, il dialogo, l’ascolto, la messa in discussione e la concertazione della base.

Accanto a queste reazioni anacronistiche si fa avanti oggi con forza, anche se discreta e silenziosa, tra i credenti e i non credenti, una seconda reazione. Pur tenendo presenti i forti limiti di questa cultura post-moderna, il primo dei quali è quello di favorire lo sviluppo di un libero mercato e di un capitalismo sempre più selvaggio (di cui è figlia) e di incoraggiare l’uomo al soggettivismo e all’’individualismo, si cerca tuttavia di entrare in un dialogo costruttivo con essa. Ci si lascia provocare, interrogare e ricondurre ad aspetti e a valori finora messi non sufficientemente in evidenza del Vangelo stesso. Si cerca la propria unità non rinchiudendosi sugli stereotipi del passato, ma dischiudendosi a una nuova autenticità, meno ideologica e più rispettosa della persona, della sua libertà e più aderente alla vita e al servizio di essa. Ci si rende così conto che il mondo di oggi non è affatto un mondo senza valori e senza punti di riferimento. Questi sono invece differenti e senza dubbio con basi meno istituzionali, meno massicciamente diffuse, meno trionfaliste, meno ideologiche, più personali e più pluraliste:

– una nuova morale, meno dogmatica, meno settaria, più aderente alla vita, più rispettosa della singolarità di ogni persona e orientata a favorire “una mutua fecondazione delle differenze”.

– un’attenzione maggiore al momento presente, al caso concreto, alla persona singola, al bisogno immediato, alla vita fatta di «dettagli e gesti quotidiani, lenti, per questione di intensità», con meno propensione alle generalizzazioni, alle razionalizzazioni, alle massificazioni, alle assolutizzazioni ed alle ideologizzazioni.

– un invito a “disarmare la nostra ragione” facendo maggiore attenzione a ciò che è vissuto personalmente in una maniera forte, umana, poetica, emotiva, sentimentale, spirituale, appassionata, privilegiando i testimoni ai maestri e ai moralisti, la persona del Cristo ed il suo Vangelo ai catechismi.

– la propensione a mantenere davanti a tutto e a tutti una attitudine umile, rispettosa, aperta e dialogante, a non lasciarsi prendere dalla frenesia, dall’efficacia e dall’utilitarismo per curare in particolar modo l’amicizia, il rispetto del creato, la cura del proprio corpo, il tratto umano, la qualità e l’ecologia dei propri legami.

– la capacità di discernere e il coraggio di perseguire tutto ciò che è vero, autentico, coerente e prettamente umano, di entrare in profonda empatia con la sofferenza letta direttamente negli occhi e nel volto di qualcuno, coinvolgendosi in prima persona, con tutto se stessi e senza calcoli di sorta. Di indignarsi per una ingiustizia subita, di spendersi fino in fondo in un volontariato che risponda ad un bisogno concreto, preciso ed immediato. La propensione mistica di stare nel mutamento, nel dissolversi delle forme e dei contenitori, nella provvisorietà dei tempi, con la percezione che nessuna misura ci contiene e ci racchiude in modo definitivo e discernere in questo agone il pungolo d’Infinito che brilla nel finito»
.
– «La possibilità di imparare a vivere in maniera creativa ed inventiva anche nelle situazioni di incertezza, di crisi, di instabilità, di ambivalenza e di disparità, dove convivono sempre di più persone di tutti i credi, di tutte le culture, di tutte le classi sociali, percependosi ciascuno e ciascuna molecole di aperto, soglie dell’incommensurabilità del mistero umano e divino».

– L’ardire di trovare gioia perfino nell’insicurezza. Come diceva Sirio Politi, il prete che viveva e lavorava nel porto di Viareggio:

«C’è una sicurezza che deve essere scoperta: la sicurezza che deriva dal riconoscere e accettare con serenità e libertà la propria insicurezza e quella di tutte le cose. Poi bisogna umilmente e fraternamente appoggiare questa nostra insicurezza alla insicurezza di tutti e permettere sorridendo che gli altri facciano altrettanto con noi. Di qui non ne verrà certamente una forza ma sicuramente la gioia dei poveri che non hanno nulla e che fraternamente si dividono il loro pezzo di pane. Sembra strano ma l’amore nasce e fiorisce soltanto nella insicurezza, in questa misteriosa povertà del cuore serenamente accettata e dolcemente offerta»

Non sono tutti questi aspetti che ci danno la possibilità di ricomprendere l’umano oltre che le Beatitudini di Gesù e lo Spirito del Suo Vangelo in
modo nuovo, motivante e suggestivo? Non è vero dunque che la società odierna sia una società senza valori. Un dialogo sincero con essa, al di là dei limiti che la contraddistinguono, può perfino aiutarci a riscoprire aspetti dell’umano e del Vangelo che nel passato erano tenuti in ombra.

Riferendoci al campo religioso, notiamo che, se dal punto di vista delle sue manifestazioni tradizionali ed ecclesiali la partecipazione è in forte calo, c’è invece un considerevole risveglio per le tematiche e le esperienze religiose e spirituali. Si parla tanto di crisi della vita religiosa consacrata e ci si lamenta del fatto che i seminari e i conventi sono sempre più vuoti. D’altra parte questi stessi conventi e monasteri, come quello di Camaldoli, di Maguzzano, di Villa Sant’Ignazio, di Bose, se sono sempre più vuoti di persone che si consacrano con i voti per tutta la vita, sono al contempo sempre più frequentati, per non dire invasi, da laici che impegnati nella vita comune, sentono il bisogno di trascorrervi tempi sabbatici, momenti di ritiro, di silenzio e di meditazione. Oltre al cosiddetto “turismo spirituale” che sta diventando sempre più di moda, sono molti coloro che si mettono in cammino per giorni e giorni come pellegrini nel digiuno e nella preghiera per raggiungere santuari o luoghi sacri. Sono sempre più numerose inoltre le persone che decidono di trascorrere le proprie ferie negli agriturismi che permettono di vivere momenti di riposo non solo fisico ma anche psichico e spirituale in sintonia con il ritmo della natura.

Si nota al contempo un gran pullulare di nuove forme di vita religiosa suscitate e animate dallo Spirito. Gruppetti di laici, di famiglie, celibi e sposati, che senza troppe etichette e strutturazioni decidono di vivere insieme o in stretto rapporto tra di loro. Piccoli gruppi o comunità che riscoprono il gusto di una vita semplice, meno schiava del consumismo, più a contatto e più rispettosa della natura e attenti a ciò che si coltiva, si acquista e si consuma. Gruppi che riscoprono l’importanza della parola di Dio, della meditazione, del silenzio e che animate da una amicizia profonda tra di loro, cercano poi di vivere nelle maniere più svariate, alternative ed originali la coerenza al Vangelo. Famiglie che hanno il coraggio di ridurre il proprio lavoro e quindi il proprio standard di consumo per una scelta di vita meno frenetica e più relazionale. Persone che hanno perso l’abitudine di confessarsi con un sacerdote ma che sempre di più desiderano confrontarsi fraternamente e francamente da amico ad amico con lui. Persone che sempre più coscienti dei propri limiti e delle proprie debolezze si lasciano guidare da un terapeuta che le aiuti a meglio conoscersi e a meglio gestire le proprie conflittualità. Molti di noi sono sempre più convinti insomma che «oggi dovremmo ritenerci e soprattutto astenerci insieme … investire una parte della potenza nell’addolcimento della nostra potenza, poiché l’umanità diventa umana quando riscopre il proprio limite e la propria la debolezza» Questa selva silenziosa, questa «economia sommersa del Regno» (Tonino Bello), è sostenuta anche da una nuova filosofia, una nuova letteratura, una nuova teologia e di conseguenza una nuova spiritualità che pur nella discrezione si fanno sempre più strada. In campo filosofico ci basti ricordare la riscoperta fatta oggi degli scritti di Levinàs in cui si sostiene con forza la necessità di «regarder le visage»,di riuscire cioè a guardare nel volto il proprio prossimo, sguardo che disarmerà facilmente le nostre tensioni, le nostre paure, le nostre aggressività.I giovani in particolare, ma anche persone molto meno giovani, hanno colto nella personalità, e in particolare nelle parole testamentarie di Steve Jobs (creatore della Apple) una sintesi avvincente del miglior spirito postmoderno.

«Tutto quello in cui inciampai semplicemente seguendo la mia curiosità ed il mio intuito si rivelarono in seguito di valore inestimabile… Dovete avere fede in qualcosa: il vostro intuito, il destino, la vita, il karma, quello che sia… Questo approccio non mi ha mai deluso e ha fatto tutta la differenza nella mia vita… A volte la vita ti colpisce in testa come un mattone. Non perdete la fede. L’unica cosa che mi ha convinto ad andare avanti nonostante le difficoltà incontrate, è stato l’amore che provavo per quello che facevo. Dovete trovare ciò che amate. Il lavoro riempirà gran parte della vostra vita e l’unico modo per essere veramente soddisfatti è di cercare e di scegliere il lavoro che più sentite di amare… Ricordare che morirò presto è stato lo strumento più importante che mi ha consentito di fare le scelte più grandi della mia vita. Perché praticamente tutto – tutte le aspettative, l’orgoglio, le paure di fallire – tutte queste cose semplicemente svaniscono di fronte alla morte, lasciandoci con quello che è veramente importante. Ricordarsi che moriremo è il modo migliore che conosco per evitare la trappola di pensare di avere qualcosa da perdere. Siete già nudi… Non c’è nessun motivo per non seguire il vostro cuore.

Il vostro tempo è limitato quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altri. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui faccia affogare la vostra voce interiore. Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e il vostro intuito. Loro sanno già quello che voi volete veramente diventare. Tutto il resto è secondario»

In campo teologico, abbiamo la riscoperta del Dio della Genesi che crea separando, separandosi, un Dio che non è geloso dell’uomo ma è contento di dargli tutta la sua autonomia. Un Dio che non vuole essere “necessario” all’uomo ma che proprio per questo può veramente diventare interessante perché Dio della gratuità che vuole instaurare con l’uomo un rapporto di alleanza, tra partner d’amore, improntato quindi sulla libertà, la corresponsabilità, la reciprocità.
Non più il Dio possente e sterminatore dei profeti idolatrici dell’Elia del Carmelo, ma debole e sempre rispettosamente vicino come la brezza leggera dell’Oreb, definita da Enzo Bianchi «il silenzio trattenuto di Dio». Non più il Dio assoluto, possessivo e fusionale della torre di Babele, «non più il Kyrios Signore e Re egemonico e dai tratti esclusivamente maschilistici, ma il Dio amante della comunione nelle diversità, decisamente più al femminile della Pentecoste. Il Dio Trinitario, comunità d’amore fra persone uguali e distinte che si ricollega alla visione cosmteandrica della realtà che vede le tre dimensioni costitutive: uomo e cosmo, in una profonda armonia e
comunione fra di loro»
.
La riscoperta del Dio del presepe che si presenta a noi piccolo, povero, umile, in punta di piedi…, un Dio che ci accoglie lasciandosi accogliere. Il
Dio dell’Eucarestia che si dona tutto ma sotto i segni semplici, umili, discreti, rispettosi, quotidiani e silenziosi di un pezzo di pane e di un poco di vino, caratteristiche di ogni autentico amore. La riscoperta del Mistero dell’incarnazione, che ci spinge a cercare Dio non più nelle alture dei cieli ma nelle profondità della nostra umanità: «Dio non lo troverai nella moltiplicazione dei riti e delle formule ma quanto più sprofonderai nel tuo essere umano, nella tua nuda santa, originaria umanità»

La riscoperta di un Dio che non è concepito solo come l’Onnipotente creatore dei primi sei giorni ma anche come il Dio che il settimo giorno si ritiene, si limita ed addolcisce la sua forza contento che i suoi figli diventino sempre più responsabili e con-creatori. «Mutazione di un Dio che diventa sempre più umano. Si va dal Dio “tappabuchi” o del mantenimento dell’ordine, al Dio “scavabuchi” dell’ebbrezza dell’amore, diventando interessante per l’uomo di oggi così geloso della sua autonomia e della sua libertà… All’umana propensione dell’uomo che sentendosi fragile e vulnerabile si è sempre assicurato di definire chiaramente la mappa del mondo, di colmare tutti i vuoti e tutte le distanze, si sostituisce oggi la percezione di una Presenza Divina cheè da nessuna parte e dappertutto, vacante, libera da ogni uso e consumo… e tuttavia permette ed accompagna tutto ciò che sta per accadere. Significa un Regno di Grazia… accogliere Dio come elemento squilibrante rispetto alla nostra presa, alla sicurezza a cui aneliamo, alle risposte che vogliamo. Significa imparare a vivere in maniera creativa ed inventiva nelle situazioni di incertezza, di crisi, di transito, di sospensione, di sfacelo, di ambivalenza, di disparità, di contaminazione, dove convivono cose di tutti i tipi. Significa far circolare Dio come stupore, amore, desiderio, sovrappiù, immenso indicibile, soffio che spira leggero. Dio allora potrebbe essere:

– tutto quello che non smette di muoverci.
– tutto quello che in me non mi basta e mi lascia aperto su altro.
– tutto quello che in me piange e piangerà fino all’ultimo.
– tutto quello che non mi permette di chiudere un altro nei limiti dei suoi difetti e carenze ma mi mantiene nella sorpresa di un di più che lo attraversa.
– tutto quello che apre, essendo Dio L’Apertura spalancata e senza fondo, che fa in modo che il mondo si faccia, si compia…e al quale noi possiamo affidarci,       sperarvi, amarlo»

Nuove e coinvolgenti visioni del mondo, dell’umanità e di Dio, che sono state rimesse in luce proprio dalla nuova sensibilità che la cultura odierna sta maturando in noi e attraverso di noi. La cultura di una società che a prima vista potrebbe apparire refrattaria alle forme di religiosità tradizionali ma assolutamente non senza valori e senza Dio. Visioni nuove che in un primo tempo possono anche in qualche modo urtare e ferire la sensibilità e le certezze di noi credenti più adulti ma che nel medesimo tempo possono renderci non solo più al passo con i tempi ma anche più liberi, più umani e più simpatici.

Il dialogo possibile secondo Giuseppe Morottiultima modifica: 2023-03-04T05:34:40+01:00da piero-murineddu
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