di Piero Murineddu
Sappiamo che gli incendi – spesso tragici per le conseguenze distruttive alle cose, per la morte di migliaia di capi di bestiame e a volte anche di persone umane – sono una triste costante estiva per la Sardegna.
In questi stessi giorni del luglio 2017, Giuseppe Bandinu, nella cui pagina feisbuk si presenta acutamente laureato in “Pecorologia teorica e applicata presso su cuìle (ovile)” – in sicura controtendenza con chi in questo social esibisce orgoglosamente i propri titoli accademici per dimostrare che non é un signor Nessuno qualsiasi – riportava la vicenda di un giovane ventenne di Torpé che per salvare il proprio gregge dalle fiamme, era rimasto bruciato nel 30% del proprio corpo.
Baldinu lamentava il fatto che della vicenda, obiettivamente EROICA, si erano occupate poche testate giornalistiche. Ad un mio controllo, effettivamente stamattina ho trovato la notizia solo in alcuni siti che riporto sotto, ma può darsi che la mia ricerca sia stata frettolosa.
In ogni caso, conosciamo il tipo d’informazione che solitamente prevale, e non credo solo in Italia.
Baldinu, a conclusione del suo “post”, riportava il proverbio che ho pensato d’incorniciare per il rilievo che merita.
Penso sia il caso che ciascuno di noi lo tenga strettissimamente presente, e non solo riferito all’ennessima tragedia che in questi giorni si é abbattuta puntuale nell’isola, ma in tutti i momenti della vita e non solo nei social. E aggiungo, ancor più delle parole, attivarsi con gesti concreti per sostenere chi patisce certe calamità, similmente ai tanti che si stanno attivando in modi diversi in questi infernali giorni di fine luglio 2021 in Sardegna.
https://www.castedduonline.it/fabrizio-il-pastore-sardo-che-si-e-bruciato-per-salvare-il-suo-gregge/
https://www.ortobene.net/rischia-morire-le-fiamme-salvare-gregge/
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10212180346056060&id=1598866405