Sulla scuola, ma anche sulla vita

di Piero Murineddu

Siamo tutti in trepida attesa di capire se e in quali condizioni potrá riprendere quella che é sicuramente, con tutti i limiti, la principale esperienza di vita comunitaria per una persona che viene su alla vita, ovvero la scuola. In questi giorni le pagine dei giornali sono comprensibilmente strapiene di notizie e opinioni sull’argomento. La discussione sul luogo fisico, idoneo o meno, prevale sul resto.

In questo modestissimo spazio ospito alcune considerazioni che toccano invece l’aspetto di una scuola realmente Educante perché ancor prima Accogliente dell’unicitá di ciascun alunno/a, quella cosa strana che di tanto in tanto si tenta di affrontare e le cui conclusioni rimangono, salvo l’impegno isolato e quasi eroico di insegnanti di valore, buone intenzioni puramente e desolatamente teoriche.

Nei due testi che propongo, vi é il riferimento a quell’educatore eccezionale che é stato don Lorenzo Milani, del quale tempo fa l’amica di Chieri Rita, in un commento su feisbuk affermava che  l’aveva fatta sempre sentire inadeguata nel suo ruolo d’insegnante, e questo nonostante che da quanto ho letto nel suo volume “Traversata del deserto con oasi” ho constatato che dell’esempio di prete Lorenzo ne ha fatto tesoro e riferimento continuo…

Similmente anche l’autrice del primo testo che propongo ha sempre visto nel prete fiorentino un faro per le sue scelte. Entrambe ora pensionate, credo non sia per puro caso se non hanno mai dismesso l’abito di educatrici impegnate ciascuna, nel modo più congeniale alla loro indole, a rendere migliore e più accettabile la vita sopratutto a chi fa più fatica. É il destino di chi mette passione in ciò che l’esistenza chiede di fare.

Delle interessanti considerazioni fatte nel secondo articolo ho omesso dei giochi d’interazione che incoraggiano e facilitano la conoscenza reciproca, utili nel rapporto tra scolari e anche tra scolari e insegnanti. Ma chi vuole, nella Rete può trovarne a volontá.

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1. Prima di valutare lo scolaro…

di Irene Baule

Sento in tv che alla scuola primaria tornano i giudizi anzichè i voti.

Da bambina ho avuto i voti numerici, a volte giusti, a volte meno.

Da insegnante ho combattuto i voti, dando il voto unico e allegando alla pagella un foglio di valutazione personale.

Sono stata denunciata con due colleghi per omissione di atti d’ufficio, denuncia poi rientrata: avevamo lavorato il doppio.

Nella mia carriera ho poi conosciuto le valutazioni con i giudizi, le lettere, i giudizi, di nuovo i numeri…
Continuo a pensare: che prima di valutare l’alunno deve essere valutata la scuola, come comunità che educa, la classe, e il gruppo degli insegnanti.

Allora ha senso valutare come l’alunno risponde agli input ricevuti e quali sono i suoi progressi rispetto alla situazione iniziale.

Altrimenti numeri, lettere o parole sono solo fare “parti uguali tra diseguali”.

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2. La scuola che sogniamo

di Margherita Bufi,Franca Carlucci e Anastasia Fracchiolla della  “Casa per la Pace” (Molfetta)

Insieme agli altri educatori, anche noi operatori scolastici siamo chiamati in prima persona a formare le nuove generazioni. Per costruire una società diversa, pacifica e nonviolenta, abbiamo in mente un’idea di scuola, che proveremo a delineare, esplicitando le riflessioni di gruppo e suggerendo alcune indicazioni operative.

La scuola a cui pensiamo, quella che ci piacerebbe realizzare e incrociare ogni qualvolta entriamo in un edificio scolastico o incontriamo le scolaresche e i loro insegnanti, è la scuola dell’accoglienza, dell’inclusione, della valorizzazione delle differenze.

È la scuola in cui ciascun alunno è libero di crescere e di diventare grande, in cui ognuno ha la possibilità di sentirsi amato, di essere ascoltato, di poter esprimere le opinioni personali e il proprio mondo interiore, senza il timore di essere giudicato e la paura di essere deriso o isolato semplicemente perché “diverso”, critico, caratterizzato da pensiero autonomo e “divergente”.

La scuola che sogniamo non è quella della meritocrazia, in cui i più bravi e capaci vanno avanti e gli ultimi restano indietro. Il nostro comune impegno è volto a garantire le pari opportunità, perché – come sosteneva don Lorenzo Milani –

“non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali” e “se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.

Non ci devono preoccupare le scelte controcorrente, non lasciamoci intrappolare da una visione del fare scuola in cui dettano legge l’espletamento frenetico della programmazione educativo-didattica e la conclusione, in tempi rigidi, delle unità d’apprendimento pianificate; sposiamo, invece, la filosofia su cui si basa la Pedagogia della lumaca, riappropriamoci della calma e della serenità dell’essere maestri, maestri di vita.

Un domani i nostri ragazzi cosa ricorderanno di noi e della scuola che andiamo loro proponendo?
Basterebbe soffermarsi a rievocare la propria esperienza scolastica per trovare le risposte.

A noi cosa è rimasto di quegli anni? Quali sono i ricordi più cari? Quali gli apprendimenti più significativi?

Forse le proposte didattiche, gli argomenti da approfondire, le esperienze da vivere a scuola dovrebbero seguire più la logica di “Una parte e piano”, piuttosto che quella del “Tutto e subito”.
Non è il caso di effettuare corse per raggiungere i traguardi di sviluppo, di svolgere il programma in fretta, di esaurire prima della chiusura del quadrimestre o dell’anno scolastico la trattazione dei contenuti selezionati.

Le bambine e i bambini, le ragazze ed i ragazzi ci chiedono altro. Desiderano insegnanti disponibili, capaci di ascoltare e leggere i loro stati d’animo, in grado di comprendere le caratteristiche tipiche dell’età che vivono, disponibili a interloquire con loro, pronti ad affiancarli nel processo di crescita cognitiva, ma non solo.

È risaputo e dimostrato oramai dagli studi psico-pedagogici che gli apprendimenti “passano” dalle relazioni interpersonali e che i rapporti sani e positivi facilitano l’acquisizione di conoscenze e abilità.

Un buon clima e un’atmosfera di lavoro serena in classe predispongono gli alunni a un atteggiamento motivante e curioso, basilare per apprendere.

La scuola del nozionismo può essere sostituita dalla scuola delle esperienze significative e dell’apprendimento attivo. La ludicità, l’operatività, l’interazione, la cooperazione possono tranquillamente entrare a far parte delle nostre proposte didattiche quotidiane in ogni ordine e grado di scuola, senza nulla togliere al compito primario d’istruire!

Sulla scuola, ma anche sulla vitaultima modifica: 2020-09-03T18:47:09+02:00da piero-murineddu
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