“Riusciremo prima o poi a guardarci negli occhi senza dover abbassare lo sguardo?”
E’ quanto mi chiedevo esattamente sei anni fa, pubblicando la mia considerazione, sotto forma di domanda, su FB. Due miei amici, Giovanni e Tonino, nel loro brevissimo commento, si ritrovavano in queste poche parole. Evidente che anche per loro il riuscire a guardarsi in faccia senza provare alcun tipo di disagio era considerato segno di vicinanza, di fiducia reciproca, di desiderio empatico, di volontà di vera comunicazione. Non per forza di pensarla allo stesso modo su tutto, perchè, per quanta sintonia si può raggiungere nel rapporto interpersonale, siamo unici e irripetibili, e la diversità, se usata bene e con intelligenza, può solamente arricchire.
Dei tre, oggi, a continuare a percorrere le strade di questa vita sono rimasto solo io.
Giovanni è stato il primo a lasciarci. Persona pacata che riusciva a farsi voler bene senza difficoltà. Con lui non era necessario affrontare grandi e profondi discorsi. La sua disponibilità a dare una mano nel momento del bisogno vi era sempre, verso chiunque.
Tonino il Viaggio Definitivo lo ha intrapreso pochi giorni fa. Molti punti in comune tra i due, principalmente quello spontaneo volerli bene che non comportava grande fatica per le persone che entravano in contatto con loro.
Dei tre, io continuo a chiedermi i tanti perchè della vita, in certi giorni estremamente faticosa, e non solo per mancanza di particolare forza fisica, ma sopratutto per la consapevolezza delle immani sofferenze che in tanti infliggono ai loro simili. Lo sforzo di guardare negli occhi le persone continuo a farlo. Certi li vedo ancora affannati a sfuggire questo sguardo, ma il problema non e’ certamente mio. Con altri l’incontro degli occhi c’è, e solitamente ci si lascia con piacere di entrambi.
Con Giovanni e Tonino ormai il guardarci è divenuta cosa normale. Aspettiamo solo di poterlo fare per sempre.