“Umbebèllo…”

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di Piero Murineddu

Veramente impegnativo per me riassumere la seconda metà della giornata di ieri. Ci provo ugualmente, perché l’insieme dei sentimenti è talmente ricco e vario che voglio che mi rimangano. Sentimenti positivi in prevalenza, iniziando però da uno talmente negativo che più incazzante non potrebbe essere.

Giornata caldissima. Finito il lavoro, assicuro nello stomaco un pasto fresco e frugale, mi rinfresco, un po’ di deodorante nelle ascelle per non ammazzare eventualmente qualcuno che osa avvicinarsi troppo e viiiiia, a prendere il treno per recarmi a Sassari per una visita medica, una delle tante che mi necessitano a tenere per quanto é possibile efficiente questo corpo che sta invecchiando.

Piacevolissima chiacchierata con Gavino, col quale concordiamo che la passione per la musica aiuta a vivere meglio ma soldi in tasca spesso non ne porta.

Arrivato all’appuntamento, un’infermiera con sembianze umane mi dice che il medico non c’è e che “pace” (!) se nessuno si è premunito di avvisarmi. Il proseguo lo salto per evitarmi parolacce. Dico alla per niente gentile “signora” infermiera che raramente mi è capitato d’incontrare persone glaciali come lei. La saluto si, ma solo per educazione, quella che non ha dimostrato costei.

La rabbia e il caldo opprimente hanno trovato conforto e sollievo nel negozietto in zona ospedale della carissima Luisella, mia compaesana e amica. Mi disseta e mi aiuta a rasserenarmi, con buonissimi dolcetti e specialmente con un rilassante scambio di opinione sui nostri rispettivi figli che stanno crescendo.

Il caffè sorbito lentamente seduto in una fresca panchina ombreggiata, mi fa dimenticare quasi completamente la pubblica dipendente che dicevo prima, più adatta a lavar le scale che aver a che fare con delle persone.

Non passa molto tempo che arrivano i miei compagni del viaggio che ci accingiamo a fare alla volta di un paesino, carinissimo ma per niente vicino: San Vero Milis, nell’oristanese.

Al solito, la guida dell’amico Giuseppe è sicura e il conversare aiuta il trascorrere del tempo.

Durante il tragitto, ad un certo punto il traffico automobilistico si rallenta e non ne capiamo il motivo. Lo scopriamo un quarto d’ora dopo, quando vediamo persone liberare la carreggiata dalla….grandine. Eia, grandine in un giornata tra le più calde di questa estate.

Giunti in paese, ci rechiamo subito nel punto stalilito per partecipare all’evento che ci ha spinti a metterci in viaggio, cioè una conferenza del teologo e docente universitario Vito Mancuso. Se non lo conosci, ti consiglio di procurarti uno dei suoi tanti libri. Probabilmente ti aiuterà ad acquisire una visione più “unificante” del vivere, e se vuoi un consiglio, non dare retta a certi, tra i quali molti preti, che lo considerano fuorviante nei confronti della “giusta” dottrina. Imbecillaggini e questi si fuorviaggini. Se una persona ti aiuta a prendere consapevolezza maggiore della vita che porti avanti, credente o meno, vai tranquillo e di tanto in tanto pure in libreria.

Il luogo è splendido. Un’antica chiesetta adibita a museo sulla quale si affaccia un rilassante e fiorito cortile. Condizioni ottimali per predisporti ad ascoltare un tema intrigante, cioé “rivoluzione”, ma quella interiore.

L’atmosfera dell’attesa è distesa e gradevole. Persone che arrivano alla spicciolata, occupando il posto a sedere e con l’espressione del viso che mostra la contentezza di trovarsi lì.

Mentre mia moglie Giovanna e l’ amico Giuseppe prendono posto in prima fila, le nostre rispettive figlie Marta e Giovanna si fanno la loro passeggiatina nei dintorni.

Nel mio giracchiare a mani in tasca, non ho difficoltà a scambiare qualche parola con uno degli organizzatori dell’evento, Giulio, che mi spiega che l’invito a Vito è all’interno del Dromos Festival, per iniziativa dell’associazione Muvi Art. Il concerto sul tardi in un paese vicino del musicista Vinicio Capossela è compreso nel programma, ma l’ orario non ci consente di rimanere.

Ad un certo punto, discretamente e fermo a braccia incrociate, mi trovo davanti il relatore, che abbraccio affettuosamente e scherzando gli raccomando di non parlare troppo in difficile. Il suo sorriso contenuto e vagamente timido, che chi lo ha incontrato conosce bene, mi dimostra che siamo sulla stessa lunghezza d’onda. Va bene che dopo, nell’ascoltarlo, mi rendo conto che per capirne il linguaggio è necessaria la giusta attenzione, ma d’altronde sempre di un filosofo si tratta, e la materia trattata non è proprio terra terra. Anzi, comprende l’universo intero, in continuo movimento com’è il respirare spontaneo che ci permette di vivere momento dopo momento.

Per non rischiare di perdermi qualche passaggio non direttamente comprensibile, avvio la registrazione audio da subito e nei prossimi giorni troverò i momenti adatti  per ritornarci.

L’esposizione del relatore è introdotta da Alessandro, ottimo attore, che, sotto forma di recitazione, ripercorre uno stralcio di un libro di Mancuso, facendolo egregiamente.

Alcuni interventi finali da parte del pubblico, specialmente di Alfredo, veneto che ha deciso da oltre un decennio di venire in zona per vivere in campagna, concludono la bella serata. Per me in particolare, un bicchierino di gustosa vernaccia è la classica ciliegina finale.

“Finale” si fa per dire, perché, ancora in paese e cercando una pizzettina al taglio, c’imbattiamo in Alessandro numero due, giovane trentenne di Cabras, a cui chiediamo dove trovare la mangiozia.

“Tranquilli, siete proprio nel posto giusto….”. Ed effettivamente la pizzetta consumata con una panchina come tavolo, era buonissima, e la compagnia di questo giovanotto spigliatissimo e simpaticissimo mi ha fatto scompisciare dalle risate. Praticamente un altro Alessandro attore naturale. Quando ha sentito e ripetuto più volte a maniera sua la tipica frase giovanile sassarese “umbebèllo”, il mio ridere scomposto ha fatto affacciare alle finestre mezzo vicinato. Un giovane che da’ primaria importanza ai rapporti umani. Praticamente, pur non essendo presente e non essendo neanche a conoscenza della conferenza, ci ha sintetizzato senza volerlo quanto da noi ascoltato poco prima da Mancuso, teologo, filosofo, biblista, docente e prete per uno o due mesi, formatosi alla “scuola” di Carlo Maria Martini, compianto ed eccelso cardinale.

Il tragitto del ritorno è stato allietato dal nostro cantare a voci molto ma moooooolto “dispari”. Sull’intero repertorio percorso, credo che “Garibaldi fu ferito…gherebelde fe ferete….goroboldo fo foroto………” abbia prevalso su tutto il resto

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“Umbebèllo…”ultima modifica: 2018-08-03T21:49:01+02:00da piero-murineddu
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