Il “Namastè” di Mario

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Namasté è un saluto originario della zona di India e Nepal e viene usato comunemente in molte regioni dell’Asia. Può essere utilizzato sia quando ci si incontra che quando ci si lascia. Viene di solito accompagnato dal gesto di congiungere le mani, unendo i palmi con le dita rivolte verso l’alto, e tenendole all’altezza del petto, del mento o della fronte, facendo al contempo un leggero inchino col capo. Nella cultura indiana, questo gesto è un mudra, un gesto simbolico utilizzato anche nello yoga e in particolare nella asana Pranamasana anche detta posizione della preghiera o posizione del salutoNamaskar è una variante usata per esprimere particolare deferenza.

 La parola Namastè letteralmente significa mi inchino a te, e deriva dal sanscritonamas (inchinarsi, salutare con reverenza) e te (a te). A questa parola è però implicitamente associata una valenza spirituale, per cui essa può forse essere tradotta in modo più completo come saluto (mi inchino a) le qualità divine che sono in te. Unita al gesto di unire le mani e chinare il capo, potrebbe essere resa con:le qualità divine che sono in me si inchinano alle qualità divine che sono in te, o anche, meno sinteticamente, unisco il mio corpo e la mente, concentrandomi sul mio potenziale divino, e mi inchino allo stesso potenziale che è in te. In sostanza, dunque, il significato ultimo del saluto è quello di riconoscere la sacralità di ognuno di noi. Oltre a essere un saluto buddhista, è anche indù, che vuol dire mi inchino alla luce del dio che c’è in te.

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Nei suoi viaggi in India, oltre che seguire le tracce di Gandhi, Mario Stella ha conosciuto il pensiero di Shri Mataji Nirmala Devi, un riferimento diventato in seguito molto importante per lui.

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Leggiamo su di lei:

Per più di quaranta anni questa donna ha viaggiato in tutto il mondo, offrendo conferenze pubbliche gratuite e l’esperienza della Realizzazione del Sé a tutti, senza  distinzione di razza, religione o di condizione economica.  Ha fatto sì che le persone potessero trasmettere questa preziosa esperienza agli altri , insieme ad altre tecniche , conosciute come meditazione Sahaja Yoga.  Shri Mataji sosteneva che in ogni essere umano esiste un potenziale spirituale innato e che questo può essere risvegliato spontaneamente. Sottolineava il fatto che questo risveglio, descritto come Realizzazione del Sé, non si può comprare. Non è mai stato chiesto del denaro, né lo sarà mai, per l’esperimento  della Realizzazione del Sé o per l’insegnamento della meditazione Sahaja Yoga. 

L’equilibrio interiore e la riduzione dello stress, che accompagnano la pratica della meditazione Sahaja Yoga, hanno già dato effetti  benefici a centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. La possibilità di attivare velocemente e facilmente la nostra energia spirituale innata e di sperimentarne i benefici è ciò che differenzia Sahaja Yoga dalle altre forme di meditazione. Con la pratica, ognuno è in grado di guidare la propria energia e di correggere i propri squilibri mentali, fisici ed emotivi, al fine di raggiungere uno stato di benessere, serenità e soddisfazione.

Oltre a Sahaja Yoga, che attualmente si è diffuso in più di 95 paesi nel mondo, Shri Mataji ha fondato un’organizzazione non governativa per donne e bambini abbandonati, diverse scuole internazionali a indirizzo olistico, cliniche che offrono trattamenti attraverso le tecniche di meditazione Sahaja Yoga e un’accademia d’arte, nata per dare nuovo vigore alla tradizione classica indiana di danza, musica e pittura.”

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 Shri Mataji raccontava di se:

“Mio padre sentiva che Io avrei fatto qualcosa di grande in questa vita. Non so se l’abbia sognato o semplicemente capito, ma diceva sempre “Devi trovare il modo di dare la Realizzazione di massa”. Con il termine “Realizzazione” intendeva un risveglio spirituale nella gente. Mi ha impartito una buona conoscenza sulle  diverse religioni e anche una buona conoscenza degli esseri umani: quali sono i loro problemi, perché si comportano in un certo modo, perché non si dedicano a Dio, perché sono ipocriti. Mi ha detto tante cose e di tutti i tipi…”

Personalmente, ho sempre guardato con diffidenza queste “filosofie” e  queste figure, passatemi il termine,  di “santoni”. Non ne ho mai approfondito i contenuti. Ho cercato tuttavia  di mantenere profondo rispetto, cercando nello stesso momento di coglierne il messaggio di pace e di comprensione universale che sicuramente li caratterizza. Per sua iniziativa e a volte dietro mio stimolo, ogni tanto Mario me ne parlava. Lo ascoltavo volentieri e puntavo a rilevare gli aspetti in comune con la mia “spiritualità”. Quando mi vedeva interessato a questo argomento nel quale lui era particolarmente coinvolto, vedevo la sua soddisfazione e probabilmente l’attenzione reciproca ci faceva sentire più vicini.

All’interno della  piccola casetta di Sennori, c’erano molti segni di questa sua “sensibilità”. Nella facciata aveva appeso un pezzo di legno che aveva avuto in regalo e la cui scritta incisa esprime l’atteggiamento di rispetto e di accoglienza che Mario ha cercato di avere sempre per tutti:

 

NAMASTE’, M’INCHINO A TE, ALLA PARTE PIU’ NOBILE DEL TUO ESSERE 

 

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Una pittura realizzata da Mario in ricordo del suo viaggio in India e Nepal

Il “Namastè” di Marioultima modifica: 2014-05-11T17:50:26+02:00da piero-murineddu
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